Sono passati quasi vent’anni da quando la serie Forza ha debuttato su Xbox, un titolo capace di rivaleggiare con un mostro sacro come Gran Turismo ma che in qualche modo, non ha avviato una vera e propria rivalità. C’è sempre stato assoluto rispetto tra Turn 10 e Polyphony Digital ma oltre a questo, le metodiche di sviluppo erano così radicalmente diverse che paragonare i due prodotti molto spesso aveva poco senso.
Del resto, a differenza del tradizionalismo austero di Kazunori Yamauchi, il team statunitense ha avuto un approccio più aziendale, portando nuovi capitoli ogni circa due anni sino al semi-disastro Forza Motorsport 5, che ha pagato probabilmente lo sviluppo su una macchina (Xbox One) nata senza una direzione precisa. Il “5” deve portar male perché anche Gran Turismo 5 non se la passò bene, con un lancio addirittura peggiore. Ma nel frattempo, un team parallelo aveva mosso i primi passi in un’altra direzione, un passo verso l'arcade, prendendo il buono dei Need For Speed e dei Test Drive: parliamo ovviamente di Playground Games.
Mentre infatti la serie Motorsport cominciava a sentire il peso degli anni, accanto, un manipolo di sviluppatori provenienti da Codemasters, Criterion, Slightly Mad Studios e molti altri, stavano producendo il primo Horizon, il primo Forza Horizon, un titolo che cambiò per sempre il concetto di racing arcade. Da allora si sono susseguiti quattro capitoli, con quattro differenti ambientazioni fino ad arrivare a Forza Horizon 5, protagonista di questa recensione. In questo caso, il numero “5”, è un numero fortunato.
Nel corso degli anni, abbiamo avuto modo di ammirare il Colorado, Francia e Italia, l’Outback australiano e la fredda Gran Bretagna. Ogni ambientazione aveva qualcosa di unico, in grado di immergere il giocatore in luoghi magari visti in altri franchise ma in chiave del tutto nuova, con quella magia regalata dalla possibilità di guidare bolidi mozzafiato in ogni dove nella mappa di gioco. La particolarità dei Forza Horizon parte proprio da qua, dal basare quelle che saranno le varie meccaniche, gli eventi ed eventuali innovazione partendo dalla location scelta in modo da avere una simbiosi perfetta tra quello che si vede e come si gioca. Questa è una delle chiavi del successo del franchise che con l’introduzione delle Stagioni in Forza Horizon 4 ha dato un ulteriore spinta alla varietà che in Forza Horizon 5, esplode.
Il Messico infatti, porta quanto costruito finora su un altro livello, grazie alla sua splendida biodiversità, luoghi incantevoli e meteo in grado di farci passare da giornate innevate a tremende tempeste di sabbia. Si è fatto dunque un gran salto rispetto al suo predecessore, in cui la Gran Bretagna non poteva certo vantare un numero tale di biomi da far scaturire nel giocatore quel meraviglioso senso di scoperta che invece troviamo qui: ogni strada, ogni spiaggia, ogni collina, ogni montagna, ogni duna di sabbia, ogni giungla intricata è una meraviglia ma soprattutto, divertente da esplorare o semplicemente correrci in mezzo.
In un contesto che vede per la prima volta vivere un sequel diretto, impersoniamo il campione del Festival Horizon inglese con il compito di esportare questa sequela di eventi in una terra che di tradizione motoristica non vanta poi granché. È già da qui che si nota un ulteriore attenzione ai dettagli, con il nostro alter ego che non solo ci fa da tramite ─ ovviamente ─ attraverso i vari eventi e incontri ma produce quel senso di continuità che fa scaturire al giocatore l’idea che aver passato centinaia di ore sul capitolo precedente non siano state vane, un po’ come dire “se non avessi giocato Forza Horizon 4, il 5 non esisterebbe”.
Questa nuova consapevolezza viene accompagnata da ulteriori dettagli che ne migliorano sicuramente la user experience come il fatto che ora il nostro personaggio parla, interagendo con tutti gli altri e non più in balia degli eventi. Certo, l’immersività forse viene meno, ma nella visione generale, Forza Horizon 5 si mostra molto più credibile e tangibile. Ma un altro passo aventi è verso l’inclusività, con la possibilità di creare personaggi con pronome neutro oppure con protesi in ogni arto. Tutto questo si unisce al linguaggio dei segni per chi ha disturbi uditivi, con un interprete che apparirà a schermo raccontando le cutscene di gioco (futuro update). Se The Last of Us Part II aveva creato un nuovo standard in tal senso, nel nuovo Forza Horizon si va addirittura oltre, facendoci ricordare come ci sia una grossa fetta di utenza semplicemente esclusa per la mancanza di alcuni piccoli accorgimenti. È da qui che si vuol partire, perché è da questi dettagli che si vede come Forza Horizon 5 sia un prodotto perfetto o quasi.
Il Festival lascia dunque spazio all’Avventura Horizon, una serie di eventi suddivisi in sei categorie che scandiscono la progressione, in maniera molto più naturale e organica rispetto al predecessore. Una delle poche critiche da fare a Forza Horizon 4 era infatti il suo essere dispersivo, con centinaia di eventi diversi gettati sulla mappa, creando più confusione che altro. Con una struttura che ricorda tutti gli open world action/adventure contemporanei, la mappa di gioco presenta eventi principali, tantissimi eventi secondari e quelli che potremmo associare agli incarichi, delineati da autovelox o rampe per salti che superano di gran lunga i limiti della fisica. Benché in Forza Horizon 5 la struttura è la medesima sin dal capitolo di debutto, lo scaglionare gli eventi al raggiungimento di un determinato punteggio, rende il titolo di gran lunga più godibile e meno ansiogeno: non siamo soverchiati infatti da icone sin da subito; il tutto procede al ritmo deciso dal giocatore, dando la priorità magari a una tipologia di gare che a un’altra. È infatti con il quinto capitolo che si raggiunge un perfetto equilibrio tra densità e vivibilità, cosa su cui è passata l’ultima trilogia di Assassin’s Creed, con Valhalla sicuramente più user friendly rispetto al no-sense di Odyssey. Insomma, va bene la varietà e il numero di cose da fare per intrattenere il giocatore, ma senza un percorso in grado di unire il tutto si ottiene il risultato contrario, facendo scappare l’utente.
Tutto ciò è all’insegna della libertà, molto più che nei vari prequel. Questo approccio più “tranquillo” non solo migliora la fruibilità del tutto ma aumenta a dismisura la godibilità degli eventi principali, vissuti davvero come qualcosa di prezioso e di unico, in attesa di passare ai successivi. Dal punto di vista prettamente emotivo, ci si sente parte di qualcosa, di un’avventura condivisa con milioni di giocatori di tutto il mondo e poco importa se in questo momento ci si ritrovi disconnessi qualche volta di troppo. Forza Horizon 5 è gioia di vivere un videogioco anche nel senso stretto del termine ed è uno dei pochi open world sul mercato ─ se non l’unico ─ a non far sentire l’esigenza dei viaggi rapidi, non solo perché a ogni metro è possibile godere di scorci mozzafiato, o perché il sistema di guida e solidissimo (lo vedremo dopo), ma anche perché accumulare esperienza è praticamente una costante, raccogliendo punti utili allo sblocco di perk passivi in grado potenziare il contatore delle abilità o sbloccare le ormai iconiche Ruote della Fortuna ─ della sfortuna per chi vi scrive ─ in grado di sbloccare auto o elementi per il vostro avatar. C’è da dire che, quanto questo espediente sia simpatico, invogliando il giocatore a urlare "cento! cento!" Come nel fortunato programma di Iva Zanicchi, crea un piccolo cortocircuito sulla progressione. Se è vero che l’Avventura Horizon progredisce sino alla gara finale della categoria, ma comunque gestita dai tempi del giocatore, lato auto questa viene meno, visto che è possibile avere bolidi assoluti sin dai primi momenti di gioco. Non è un limite di per sé, del resto Playground regala le auto copertina dei vecchi Forza qualora siano stati giocati, ma manca quel desiderio di arrivare a poter mettere le mani su vetture dei sogni ma che in fin dei conti non sono, essendo disponibili con discreta facilità.
Questo è un elemento da tenere in considerazione in un racing game, dove Gran Turismo ha allargato la strada a questo tipo di approccio: cominci con una Mazda Demio e termini con un Aston Martin. Lineare ma funzionale. Ma abbiamo avuto approcci contrari come in Project CARS 2, con campionati e auto liberi in cui si poteva cominciare sin da subito da vetture prototipo: libertà d’approccio ma zero senso di progressione. In Forza Horizon siamo in una situazione di mezzo, ma tendente alla controparte Slightly Mad Studios, anche se tutto ciò può risultare in fin dei conti soggettivo. Del resto c’è talmente tanta libertà a disposizione che un approccio non esclude l’altro, permettendovi di usare ad esempio un Hypercar in gare su sterrato: non ha senso, ma se è permesso, perché no!?
La questione auto da sogno, apre però il punto su uno dei due difetti più evidenti di Forza Horizon 5, elementi di contorno ma visto l’enorme qualità in ogni apparato del prodotto è un peccato poterli constatare. Da quando sono stati implementati, i Gioielli Dimenticati, permettono al giocatore di trovare in capannoni abbandonati vetture dalla grande rilevanza storica, non acquistabili né in concessionaria né alle aste. Benché sia relativamente semplice trovarle, vedere il catorcio divenire un’auto che possiamo effettivamente guidare da un senso di incompiutezza, quasi una gimmick messa lì perché sì. Quanto sarebbe più appagante avere tutto ciò più strutturato, con il ricostruire noi stessi quelle auto magari trovando pezzi in giro o vincendoli!? Questa feature è uno degli elementi che stonano un po’, così come la mancanza di qualsivoglia descrizione o racconto delle auto presenti. Forza Horizon fa dell’immediatezza il suo mestiere ma fare qualche passo in più verso gli appassionati non farebbe certo male.
Si tratta comunque di dettagli, che forse spariscono di fronte alla magnificenza di ogni anfratto del titolo, con ogni gara intrapresa che si trasforma in un’esperienza unica e memorabile.
Le categorie di gare da intraprendere sono quattro anche se una è forse di troppo. Con due di queste dedicate allo sterrato ma con declinazioni molto diverse, quelle due su asfalto quasi si sovrappongono: le cosiddette Gare Clandestine infatti, risultato essere quelle più problematiche di tutto il pacchetto, risultando anche incredibilmente sbilanciate. Partendo da un punto di vista narrativo che prevede l’organizzazione di eventi clandestini nell’Avventura Horizon, e che quindi clandestine non sono, perdono di efficacia una volta visti gli sfidanti. Questa tipologia di gare, dovrebbe spingere il giocatore a partecipare con auto “standard” elaborate meccanicamente ed esteticamente, ma vista la già citata libertà, nulla vieta di scendere in campo con pezzi da novanta come una Mercedes One. La magia di queste gare, si interrompe non appena una semplice Ford Sierra vi darà del filo da torcere in tutte le condizioni e benché nel contesto dell’arcade, siamo ben al di sopra della sospensione dell’incredulità, soprattutto per chi mastica il mondo dei motori. Questo ovviamente non accade in multiplayer, il secondo cuore dell’esperienza Horizon.
Tra Tour Horizon, Horizon Arcade, Eliminator Battle Royale, nonché sfide sul momento, o comunicazione attraverso il Forza Link, c’è l’imbarazzo della scelta, con single e multiplayer perfettamente amalgamati nella mappa di gioco. Trovare giocatori in Forza Horizon 5 ovviamente è molto semplice e qualunque sia il vostro approccio alle varie competizioni vi sentirete appagati. A differenza di Horizon Open, cui si accede solo tramite menu, tutto il comparto multiplayer si muove con noi, con milioni di giocatori che convivono a suon di sportellate. Funziona tutto alla perfezione, considerato gli anni di sviluppo precedenti che ne hanno consolidato le basi. Certo, permane ancora qualche problema di disconnessione non voluta, ma è qualcosa che verrà risolto presto.
Ci sarebbe davvero tanto da dire, dalla personalizzazione delle vetture ─ a cui comunque serve un altro passo avanti ─ agli Eventlab ma dobbiamo scendere in pista e parlare del fulcro del gioco: il modello di guida.
La già citata Mercedes One, la vettura di copertina del titolo, è in grado di far capire perfettamente il livello di accuratezza della fisica derivante dal ForzaTech. Siamo nell’ambito dell’arcade, ma non così esasperato. La One infatti, a contrario di altre vetture che presentano la medesima caratteristica ma non presente in game, possiede un assetto variabile alla pressione di un tasto (che permette anche di aprire il tetto in cabriolet o spider): in versione standard la vettura possiede ala e feritoie chiuse e un’altezza da terra maggiorata; nell’altra, diventa un’auto da corsa, bassa e con spoiler attivi. Questo cambiamento non è però solo estetico.
In posizione standard infatti, la vettura risulta molto più veloce in rettilineo e meno in curva, appunto grazie a una minore resistenza all’avanzamento ma che comporta meno grip aerodinamico per affrontare le curve alla massima velocità. Tutto il contrario avviene con la modalità “Duccio, apri tutto”, denotando un’attenzione particolare all’aerodinamica e come questa influisca sulla dinamica delle vetture. Essendo quest’ultime molto diverse tra loro, diventa chiaro come oltre alla meccanica, ciò che rende diversa una vettura da un’altra è anche la sua capacità di generare deportanza, anche se siamo ben lontani dagli Assetto Corsa e chi per lui. Nonostante ciò però, soprattutto con aiuti disattivati e sterzata impostata su simulazione, Forza Horizon 5 riesce a essere appagante, configurandosi come uno degli arcade più concreti in circolazione. Dimentichiamoci insomma i binari, anche con gli aiuti attivi. Un maggior peso delle auto rende il loro peregrinare più tangibile con anche la differenza di trazione acuita in base al terreno su cui ci troviamo: sarà infatti più complicato eccellere in gare su sterrato con auto da pista, figuriamoci contro rally raid. Benché come detto la libertà di utilizzo sia totale, è chiaro come qui più di ogni altro Horizon, la scelta della tipologia di vettura sia più attenta, adattandola alla specificità di evento o superficie.
In Forza Horizon è il gameplay che si adatta all’ambientazione e considerato che il Messico conta ben 11 biomi diversi, trovare l’auto capace di far tutto è praticamente impossibile, invogliando il giocatore a esplorare il parco auto (quasi 600 modelli disponibili) e trovare quella adatta a lui e come detto, al tipo di evento. Con una risposta dei comandi assolutamente fulminea questo racing game compie un balzo ulteriore rispetto al quarto capitolo in termini di pura giocabilità, facendo sentire a casa sia i neofiti sia chi di racing ne mastica da un po’.
Tutta questa concretezza si fa bella anche visivamente, tra le produzioni più belle al colpo d’occhio. La versione PC è assolutamente sbalorditiva, nonostante si tratti di un titolo che deve girare anche su Xbox One standard. Partendo dalle auto, le vere protagoniste del gioco, difficilmente si potrà trovare di meglio in circolazione, sia per modellazione sia nell’utilizzo degli shader che, in combinazione con il ray-tracing (presente purtroppo solo nell’Autovista) risultano quasi fotorealistiche. Anche i loro suoni sono stati ricostruiti, con motori più corposi e vicini alle controparti reali. Con una selezione musicale che forse fa qualche passo indietro rispetto al capitolo precedente, parliamo comunque di una produzione audio-video da applausi, in grado di regalare cartoline a ogni curva. L’orizzonte visivo poi, è davvero incredibile, capace di farci scorgere zone che potremmo effettivamente raggiungere a chilometri di distanza, rendendo tangibile l’intera mappa di gioco. Uno spettacolo nel vero senso del termine, anche se sporcato da qualche piccolo caricamento di troppo. Ce ne si fa una ragione.
Del resto, a differenza del tradizionalismo austero di Kazunori Yamauchi, il team statunitense ha avuto un approccio più aziendale, portando nuovi capitoli ogni circa due anni sino al semi-disastro Forza Motorsport 5, che ha pagato probabilmente lo sviluppo su una macchina (Xbox One) nata senza una direzione precisa. Il “5” deve portar male perché anche Gran Turismo 5 non se la passò bene, con un lancio addirittura peggiore. Ma nel frattempo, un team parallelo aveva mosso i primi passi in un’altra direzione, un passo verso l'arcade, prendendo il buono dei Need For Speed e dei Test Drive: parliamo ovviamente di Playground Games.
Mentre infatti la serie Motorsport cominciava a sentire il peso degli anni, accanto, un manipolo di sviluppatori provenienti da Codemasters, Criterion, Slightly Mad Studios e molti altri, stavano producendo il primo Horizon, il primo Forza Horizon, un titolo che cambiò per sempre il concetto di racing arcade. Da allora si sono susseguiti quattro capitoli, con quattro differenti ambientazioni fino ad arrivare a Forza Horizon 5, protagonista di questa recensione. In questo caso, il numero “5”, è un numero fortunato.
Nel corso degli anni, abbiamo avuto modo di ammirare il Colorado, Francia e Italia, l’Outback australiano e la fredda Gran Bretagna. Ogni ambientazione aveva qualcosa di unico, in grado di immergere il giocatore in luoghi magari visti in altri franchise ma in chiave del tutto nuova, con quella magia regalata dalla possibilità di guidare bolidi mozzafiato in ogni dove nella mappa di gioco. La particolarità dei Forza Horizon parte proprio da qua, dal basare quelle che saranno le varie meccaniche, gli eventi ed eventuali innovazione partendo dalla location scelta in modo da avere una simbiosi perfetta tra quello che si vede e come si gioca. Questa è una delle chiavi del successo del franchise che con l’introduzione delle Stagioni in Forza Horizon 4 ha dato un ulteriore spinta alla varietà che in Forza Horizon 5, esplode.
Il Messico infatti, porta quanto costruito finora su un altro livello, grazie alla sua splendida biodiversità, luoghi incantevoli e meteo in grado di farci passare da giornate innevate a tremende tempeste di sabbia. Si è fatto dunque un gran salto rispetto al suo predecessore, in cui la Gran Bretagna non poteva certo vantare un numero tale di biomi da far scaturire nel giocatore quel meraviglioso senso di scoperta che invece troviamo qui: ogni strada, ogni spiaggia, ogni collina, ogni montagna, ogni duna di sabbia, ogni giungla intricata è una meraviglia ma soprattutto, divertente da esplorare o semplicemente correrci in mezzo.
In un contesto che vede per la prima volta vivere un sequel diretto, impersoniamo il campione del Festival Horizon inglese con il compito di esportare questa sequela di eventi in una terra che di tradizione motoristica non vanta poi granché. È già da qui che si nota un ulteriore attenzione ai dettagli, con il nostro alter ego che non solo ci fa da tramite ─ ovviamente ─ attraverso i vari eventi e incontri ma produce quel senso di continuità che fa scaturire al giocatore l’idea che aver passato centinaia di ore sul capitolo precedente non siano state vane, un po’ come dire “se non avessi giocato Forza Horizon 4, il 5 non esisterebbe”.
Questa nuova consapevolezza viene accompagnata da ulteriori dettagli che ne migliorano sicuramente la user experience come il fatto che ora il nostro personaggio parla, interagendo con tutti gli altri e non più in balia degli eventi. Certo, l’immersività forse viene meno, ma nella visione generale, Forza Horizon 5 si mostra molto più credibile e tangibile. Ma un altro passo aventi è verso l’inclusività, con la possibilità di creare personaggi con pronome neutro oppure con protesi in ogni arto. Tutto questo si unisce al linguaggio dei segni per chi ha disturbi uditivi, con un interprete che apparirà a schermo raccontando le cutscene di gioco (futuro update). Se The Last of Us Part II aveva creato un nuovo standard in tal senso, nel nuovo Forza Horizon si va addirittura oltre, facendoci ricordare come ci sia una grossa fetta di utenza semplicemente esclusa per la mancanza di alcuni piccoli accorgimenti. È da qui che si vuol partire, perché è da questi dettagli che si vede come Forza Horizon 5 sia un prodotto perfetto o quasi.
Il Festival lascia dunque spazio all’Avventura Horizon, una serie di eventi suddivisi in sei categorie che scandiscono la progressione, in maniera molto più naturale e organica rispetto al predecessore. Una delle poche critiche da fare a Forza Horizon 4 era infatti il suo essere dispersivo, con centinaia di eventi diversi gettati sulla mappa, creando più confusione che altro. Con una struttura che ricorda tutti gli open world action/adventure contemporanei, la mappa di gioco presenta eventi principali, tantissimi eventi secondari e quelli che potremmo associare agli incarichi, delineati da autovelox o rampe per salti che superano di gran lunga i limiti della fisica. Benché in Forza Horizon 5 la struttura è la medesima sin dal capitolo di debutto, lo scaglionare gli eventi al raggiungimento di un determinato punteggio, rende il titolo di gran lunga più godibile e meno ansiogeno: non siamo soverchiati infatti da icone sin da subito; il tutto procede al ritmo deciso dal giocatore, dando la priorità magari a una tipologia di gare che a un’altra. È infatti con il quinto capitolo che si raggiunge un perfetto equilibrio tra densità e vivibilità, cosa su cui è passata l’ultima trilogia di Assassin’s Creed, con Valhalla sicuramente più user friendly rispetto al no-sense di Odyssey. Insomma, va bene la varietà e il numero di cose da fare per intrattenere il giocatore, ma senza un percorso in grado di unire il tutto si ottiene il risultato contrario, facendo scappare l’utente.
Tutto ciò è all’insegna della libertà, molto più che nei vari prequel. Questo approccio più “tranquillo” non solo migliora la fruibilità del tutto ma aumenta a dismisura la godibilità degli eventi principali, vissuti davvero come qualcosa di prezioso e di unico, in attesa di passare ai successivi. Dal punto di vista prettamente emotivo, ci si sente parte di qualcosa, di un’avventura condivisa con milioni di giocatori di tutto il mondo e poco importa se in questo momento ci si ritrovi disconnessi qualche volta di troppo. Forza Horizon 5 è gioia di vivere un videogioco anche nel senso stretto del termine ed è uno dei pochi open world sul mercato ─ se non l’unico ─ a non far sentire l’esigenza dei viaggi rapidi, non solo perché a ogni metro è possibile godere di scorci mozzafiato, o perché il sistema di guida e solidissimo (lo vedremo dopo), ma anche perché accumulare esperienza è praticamente una costante, raccogliendo punti utili allo sblocco di perk passivi in grado potenziare il contatore delle abilità o sbloccare le ormai iconiche Ruote della Fortuna ─ della sfortuna per chi vi scrive ─ in grado di sbloccare auto o elementi per il vostro avatar. C’è da dire che, quanto questo espediente sia simpatico, invogliando il giocatore a urlare "cento! cento!" Come nel fortunato programma di Iva Zanicchi, crea un piccolo cortocircuito sulla progressione. Se è vero che l’Avventura Horizon progredisce sino alla gara finale della categoria, ma comunque gestita dai tempi del giocatore, lato auto questa viene meno, visto che è possibile avere bolidi assoluti sin dai primi momenti di gioco. Non è un limite di per sé, del resto Playground regala le auto copertina dei vecchi Forza qualora siano stati giocati, ma manca quel desiderio di arrivare a poter mettere le mani su vetture dei sogni ma che in fin dei conti non sono, essendo disponibili con discreta facilità.
Questo è un elemento da tenere in considerazione in un racing game, dove Gran Turismo ha allargato la strada a questo tipo di approccio: cominci con una Mazda Demio e termini con un Aston Martin. Lineare ma funzionale. Ma abbiamo avuto approcci contrari come in Project CARS 2, con campionati e auto liberi in cui si poteva cominciare sin da subito da vetture prototipo: libertà d’approccio ma zero senso di progressione. In Forza Horizon siamo in una situazione di mezzo, ma tendente alla controparte Slightly Mad Studios, anche se tutto ciò può risultare in fin dei conti soggettivo. Del resto c’è talmente tanta libertà a disposizione che un approccio non esclude l’altro, permettendovi di usare ad esempio un Hypercar in gare su sterrato: non ha senso, ma se è permesso, perché no!?
La questione auto da sogno, apre però il punto su uno dei due difetti più evidenti di Forza Horizon 5, elementi di contorno ma visto l’enorme qualità in ogni apparato del prodotto è un peccato poterli constatare. Da quando sono stati implementati, i Gioielli Dimenticati, permettono al giocatore di trovare in capannoni abbandonati vetture dalla grande rilevanza storica, non acquistabili né in concessionaria né alle aste. Benché sia relativamente semplice trovarle, vedere il catorcio divenire un’auto che possiamo effettivamente guidare da un senso di incompiutezza, quasi una gimmick messa lì perché sì. Quanto sarebbe più appagante avere tutto ciò più strutturato, con il ricostruire noi stessi quelle auto magari trovando pezzi in giro o vincendoli!? Questa feature è uno degli elementi che stonano un po’, così come la mancanza di qualsivoglia descrizione o racconto delle auto presenti. Forza Horizon fa dell’immediatezza il suo mestiere ma fare qualche passo in più verso gli appassionati non farebbe certo male.
Si tratta comunque di dettagli, che forse spariscono di fronte alla magnificenza di ogni anfratto del titolo, con ogni gara intrapresa che si trasforma in un’esperienza unica e memorabile.
Le categorie di gare da intraprendere sono quattro anche se una è forse di troppo. Con due di queste dedicate allo sterrato ma con declinazioni molto diverse, quelle due su asfalto quasi si sovrappongono: le cosiddette Gare Clandestine infatti, risultato essere quelle più problematiche di tutto il pacchetto, risultando anche incredibilmente sbilanciate. Partendo da un punto di vista narrativo che prevede l’organizzazione di eventi clandestini nell’Avventura Horizon, e che quindi clandestine non sono, perdono di efficacia una volta visti gli sfidanti. Questa tipologia di gare, dovrebbe spingere il giocatore a partecipare con auto “standard” elaborate meccanicamente ed esteticamente, ma vista la già citata libertà, nulla vieta di scendere in campo con pezzi da novanta come una Mercedes One. La magia di queste gare, si interrompe non appena una semplice Ford Sierra vi darà del filo da torcere in tutte le condizioni e benché nel contesto dell’arcade, siamo ben al di sopra della sospensione dell’incredulità, soprattutto per chi mastica il mondo dei motori. Questo ovviamente non accade in multiplayer, il secondo cuore dell’esperienza Horizon.
Tra Tour Horizon, Horizon Arcade, Eliminator Battle Royale, nonché sfide sul momento, o comunicazione attraverso il Forza Link, c’è l’imbarazzo della scelta, con single e multiplayer perfettamente amalgamati nella mappa di gioco. Trovare giocatori in Forza Horizon 5 ovviamente è molto semplice e qualunque sia il vostro approccio alle varie competizioni vi sentirete appagati. A differenza di Horizon Open, cui si accede solo tramite menu, tutto il comparto multiplayer si muove con noi, con milioni di giocatori che convivono a suon di sportellate. Funziona tutto alla perfezione, considerato gli anni di sviluppo precedenti che ne hanno consolidato le basi. Certo, permane ancora qualche problema di disconnessione non voluta, ma è qualcosa che verrà risolto presto.
Ci sarebbe davvero tanto da dire, dalla personalizzazione delle vetture ─ a cui comunque serve un altro passo avanti ─ agli Eventlab ma dobbiamo scendere in pista e parlare del fulcro del gioco: il modello di guida.
La già citata Mercedes One, la vettura di copertina del titolo, è in grado di far capire perfettamente il livello di accuratezza della fisica derivante dal ForzaTech. Siamo nell’ambito dell’arcade, ma non così esasperato. La One infatti, a contrario di altre vetture che presentano la medesima caratteristica ma non presente in game, possiede un assetto variabile alla pressione di un tasto (che permette anche di aprire il tetto in cabriolet o spider): in versione standard la vettura possiede ala e feritoie chiuse e un’altezza da terra maggiorata; nell’altra, diventa un’auto da corsa, bassa e con spoiler attivi. Questo cambiamento non è però solo estetico.
In posizione standard infatti, la vettura risulta molto più veloce in rettilineo e meno in curva, appunto grazie a una minore resistenza all’avanzamento ma che comporta meno grip aerodinamico per affrontare le curve alla massima velocità. Tutto il contrario avviene con la modalità “Duccio, apri tutto”, denotando un’attenzione particolare all’aerodinamica e come questa influisca sulla dinamica delle vetture. Essendo quest’ultime molto diverse tra loro, diventa chiaro come oltre alla meccanica, ciò che rende diversa una vettura da un’altra è anche la sua capacità di generare deportanza, anche se siamo ben lontani dagli Assetto Corsa e chi per lui. Nonostante ciò però, soprattutto con aiuti disattivati e sterzata impostata su simulazione, Forza Horizon 5 riesce a essere appagante, configurandosi come uno degli arcade più concreti in circolazione. Dimentichiamoci insomma i binari, anche con gli aiuti attivi. Un maggior peso delle auto rende il loro peregrinare più tangibile con anche la differenza di trazione acuita in base al terreno su cui ci troviamo: sarà infatti più complicato eccellere in gare su sterrato con auto da pista, figuriamoci contro rally raid. Benché come detto la libertà di utilizzo sia totale, è chiaro come qui più di ogni altro Horizon, la scelta della tipologia di vettura sia più attenta, adattandola alla specificità di evento o superficie.
In Forza Horizon è il gameplay che si adatta all’ambientazione e considerato che il Messico conta ben 11 biomi diversi, trovare l’auto capace di far tutto è praticamente impossibile, invogliando il giocatore a esplorare il parco auto (quasi 600 modelli disponibili) e trovare quella adatta a lui e come detto, al tipo di evento. Con una risposta dei comandi assolutamente fulminea questo racing game compie un balzo ulteriore rispetto al quarto capitolo in termini di pura giocabilità, facendo sentire a casa sia i neofiti sia chi di racing ne mastica da un po’.
Tutta questa concretezza si fa bella anche visivamente, tra le produzioni più belle al colpo d’occhio. La versione PC è assolutamente sbalorditiva, nonostante si tratti di un titolo che deve girare anche su Xbox One standard. Partendo dalle auto, le vere protagoniste del gioco, difficilmente si potrà trovare di meglio in circolazione, sia per modellazione sia nell’utilizzo degli shader che, in combinazione con il ray-tracing (presente purtroppo solo nell’Autovista) risultano quasi fotorealistiche. Anche i loro suoni sono stati ricostruiti, con motori più corposi e vicini alle controparti reali. Con una selezione musicale che forse fa qualche passo indietro rispetto al capitolo precedente, parliamo comunque di una produzione audio-video da applausi, in grado di regalare cartoline a ogni curva. L’orizzonte visivo poi, è davvero incredibile, capace di farci scorgere zone che potremmo effettivamente raggiungere a chilometri di distanza, rendendo tangibile l’intera mappa di gioco. Uno spettacolo nel vero senso del termine, anche se sporcato da qualche piccolo caricamento di troppo. Ce ne si fa una ragione.
Playground Games porta Forza Horizon 5 e i racing game di stampo arcade in vette mai raggiunte prima. L’unione di ambientazione messicana e proposta ludica rasenta la perfezione, con un'attenzione ancora più particolareggiata alla fisica che fa fare quel piccolo passo in più alla godibilità del gameplay. Non è un gioco perfetto, ha qualche piccola stonatura ma che sparisce di fronte a tutto il resto. Uno dei capolavori di questa strana generazione di mezzo.
Pro
- Una campagna organica
- Modello di guida solido
- Tecnicamente fa paura
- Multiplayer valido come pochi
Contro
- Qualche piccola disattenzione, solo per dovere di cronaca
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