Il gulgano aveva così profetizzato: “il terremoto è solo l’inizio. Le viscere della Terra inghiottiranno i Cristalli, luce del nostro mondo, per far riemergere le creature mostruose rimaste nascoste. Ma questa non è che una parte di ciò che succederà. Qualcosa di incredibile, sinistro e imperscrutabile sta per accadere. Ma la speranza non è ancora perduta, quattro persone saranno benedette dalla luce, e così la storia avrà inizio...”.

Secoli fa, gli Antichi usarono i Cristalli di Luce per costruire una civiltà avanzata e innescarono un catastrofico flusso di luce. Furono selezionati quattro Guerrieri dell'Oscurità per ristabilire l'equilibrio e la civiltà degli Antichi cadde in rovina. I saggi Gulgani predissero che la storia si sarebbe ripetuta e che quattro Guerrieri della Luce sarebbero stati nominati per fermare un diluvio di oscurità. Molti anni dopo, un terremoto apre un'entrata alla Grotta dell'Altare vicino al villaggio di Ur. Quattro giovani orfani sotto la cura di Topapa, l'anziano del villaggio, esplorano e trovano il Cristallo del Vento che concede loro una parte del suo potere.




“Il nome "Final Fantasy" definisce un titolo generico per dei mondi che hanno in comune cose come i cristalli, gli oggetti condivisi e la magia. Ecco perché non ci dispiace cambiare i sistemi di gioco ogni volta. I sequel che cambiano solo la storia e nient'altro sarebbero noiosi, giusto? Spero che i giocatori si divertiranno a sperimentare un nuovo mondo di Final Fantasy in ogni gioco”. Hironobu Sakaguchi, 1990.

Questa dichiarazione di Sakaguchi, risalente ad oltre trent’anni fa, oltre ad essere un buon promemoria per coloro che ancora perdono tempo a criticare questo o quel nuovo Final Fantasy, rei di essere o meno Final Fantasy, o meglio, di non seguire instillati dettami di un ideale Final Fantasy presente nella testa di queste persone, sintetizza ciò che sarà il metodo di sviluppo di Squaresoft nel corso degli anni ‘90, periodo in cui raggiunge la sua definitiva maturazione. Final Fantasy III, sotto molti aspetti, si pone come l’ultimo step di un certo modo un po’ ingenuo e schematico di fare giochi di ruolo, dei Guerrieri Prescelti perché sì; il terzo e ultimo Final Fantasy per Famicom rappresenta la fine dell’infanzia dei JRPG, il diplomino che precede la successiva e turbolenta generazione dei 16-bit. L’era Famicom stava giungendo al termine, e con essa la baburu keiki (bolla economica), ma il Giappone sembrava non curarsene troppo, il Mega Drive stentava a decollare e il PC Engine era una macchina per otaku o comunque indirizzata ad un target più ristretto ed esigente, nulla a che vedere con la veneranda console Nintendo che era e rimaneva la console del popolo e delle famiglie, quella che ospitava Dragon Quest e con cui si vendevano non migliaia, ma milioni di cartucce. Squaresoft non mostrava ancora grande interesse nel trasferirsi su un hardware più potente, piuttosto fu tra le prime a credere sulla debuttante console portatile di Nintendo, il Game Boy, con lo sviluppo di Makai Toushi SaGa (1989), primo gioco di ruolo portatile e primo di una fortunata serie ideata da Akitoshi Kawazu, il quale saluta di conseguenza Final Fantasy prendendo una strada creativa tutta sua.



Dal canto suo Final Fantasy III rientra in quel gruppetto di “sequel riparatori” di cui fanno parte Akumajō Densetsu (Castlevania III: Dracula’s Curse), Super Mario Bros. 3 e The Legend of Zelda: A Link to the Past, chiamati a correggere i difetti degli audaci “numeri 2” per riportare le rispettive serie su binari più sicuri. Il tempo impiegato per lo sviluppo per questo terzo capitolo aumenta da dodici a sedici mesi, periodo in cui Squaresoft pubblica lo strategico Hanjuku Hero (1988) e Square's Tom Sawyer (1989), curioso RPG ispirato al personaggio letterario di Mark Twain. Proprio da questi due progetti arrivano due figure chiamate a sostituire parte dello staff dei primi due Final Fantasy: il designer Kazuhiko Aoki e il planner Hiroyuki Itō, qui addetto agli effetti sonori ma che in seguito sarebbe arrivato a dirigere due tra i Final Fantasy più amati di sempre, ossia VI e IX.
Sia Hanjuku Hero che Square's Tom Sawyer erano due giochi che si prendevano ben poco sul serio e caratterizzati da un tono leggero (tralasciando l’ingenuo razzismo del secondo), non è chiaro quanto ciò, contestualmente al boom di Dragon Quest, abbia inciso sul percorso creativo del terzo Final Fantasy, ma risulta abbastanza evidente il tono scelto per la narrazione; se con Final Fantasy II la serie vede il debutto del dramma, con Final Fantasy III questa conosce per la prima volta l’umorismo.



Final Fantasy III è il capitolo della serie rimasto inedito in occidente per un tempo maggiore, ben 16 anni, di conseguenza è stato a lungo il Final Fantasy meno conosciuto al di fuori del Giappone. Quando nel 2008 esce Dissidia Final Fantasy per PlayStation Portable, il protagonista di FF III, un tappetto con una curiosa armatura decorata rossa, spicca particolarmente in mezzo agli altri eroi disegnati da Yoshitaka Amano, come il Warrior of Light o Cecil, tendenzialmente dall'aspetto affascinante e longilineo, quello di FF III si presenta oltretutto con un design che ignorava totalmente l'eroe del remake 3D, dal nome Luneth, uscito appena due anni prima. L’originale Final Fantasy III inizia con quelli che sembrano quattro ragazzi, che tornano ad essere anonimi come in FF I (ma non muti, ogni tanto parlano), intenti ad esplorare una caverna con indosso tutti una buffa armatura; è la nascita del mitico Onion Knight, ideato, anche in questo caso, da Koichi Ishii, che ha disegnato tutti i Job del gioco.

“Per il Cavaliere Cipolla, volevo un'atmosfera infantile. Un bambino vestito con un'armatura ricavata da una scatola di cartone, che brandisce una spada di legno; quel tipo di impressione. Quindi indossano un elmo con una soffice decorazione”. Koichi Ishii.
 

Intendiamoci, Final Fantasy III non è una buffonata, la storia avrà comunque i suoi momenti più seri, ma il cambio di registro rispetto al gioco precedente appare evidente nei dialoghi, oppure nelle situazioni che richiedono l’utilizzo di magie “buffe” come Mini e Frog, necessarie a superare determinati ostacoli. Il Job System è invece il fiore all’occhiello di Final Fantasy III, il quale si distingue dall’originale Final Fantasy per versatilità, essendo possibile cambiare Job a piacimento nel corso dell’avventura; ogni cristallo trovato nella storia (Vento, Fuoco, Acqua e Terra) sblocca un nuovo set di classi arrivando così ad un totale di 26, anche se il vero giocatore di Final Fantasy III finisce il gioco con almeno un Onion Knight, perché così deve essere. Ispirato in modo abbastanza palese alle “vocazioni” di Dragon Quest III, tale sistema troverà la sua consacrazione in Final Fantasy V, ancora oggi considerato uno dei migliori esponenti ad averlo, ma già qui mostra tutto il suo potenziale in fatto di personalizzazione del party. Un’altra importante introduzione di Final Fantasy III sono le Summon, queste sì, marchio registrato della serie rispetto alla concorrenza, tra le otto disponibili in questo gioco di debutto ci sono già le più iconiche come Ifrith, Shiva, Odin, Leviathan e Bahamut.



Final Fantasy III riceverà tuttavia anche delle critiche per l’estrema difficoltà, in particolare del dungeon finale, ritenuto troppo lungo ed estenuante, il caso divenne talmente noto sulle riviste di settore da essere citato anche in un manga comico di Yoshida Sensha. Alla luce di queste lamentele, Final Fantasy IV introdurrà i punti di salvataggio all’interno dei dungeon, fino ad allora assenti. Final Fantasy III esce il 27 aprile 1990, appena un mese e mezzo dopo Dragon Quest IV: Michibikareshi Monotachi, il che lo rende ancora oggi lo scontro tra le due superpotenze più ravvicinato mai registrato, ed è proprio l'RPG Squaresoft a spodestare nella classifica Famitsu quello Enix, rimasto però al 1° posto per sei settimane consecutive. Il confronto nelle vendite totali rimane impari ma la serie è in costante crescita di popolarità e prestigio, con l’uscita del Super Famicom Square può guardare con fiducia e ambizione l’avvento della nuova generazione di console.

Yū Kinutani (Amon: The Dark Side of the Devilman, Ghost in the Shell: Stand Alone Complex) nel 1991 disegna un manga raccolto in tre volumi tratto dal gioco, intitolato Yūkyū no Kaze Densetsu: Final Fantasy III Yori.
 

Pixel Remaster

Nel 2021 Square Enix attua un processo di ricostruzione dei classici Final Fantasy servendosi del versatile motore Unity, pubblicando sei nuovi remake destinati a sostituire le mai amate le versioni mobile. Riproposto su console quasi sempre in coppia con il suo predecessore, Final Fantasy III ritorna in versione Pixel Remaster venduto singolarmente in digitale, oppure in bundle insieme ai suoi cinque successori, debuttando prima su Steam, iOS e Android per poi arrivare su PlayStation 4 e Nintendo Switch nell'aprile 2023. Di Final Fantasy III vale la pena sottolineare un cambio di prospettiva per quanto concerne gli sprites di alcuni job, come i Mage, il Ranger o lo stesso Onion Knight, che in battaglia appaiono leggermene in diagonale invece che di profilo, con la visione di entrambi gli occhi a donare, secondo Koichi Ishii, una maggior profondità ed espressività agli stessi, una scelta che rivedremo anche in FF IV con Rydia, Tellah, Palom e Porom. Agli occhi non attenti di un profano i primi tre Final Fantasy possono sembrare graficamente identici, ma questo fu un tratto distintivo del terzo capitolo che Kazuko Shibuya, nella sua esperienza, ha mantenuto anche in questo remake. Rispetto a Final Fantasy II, FF III è molto più rifinito e profondo, in base ai Job scelti la difficoltà può variare sensibilmente, generalmente la Pixel Remaster risulta più facile rispetto all’originale, ma al contrario di FF I è più equilibrato, avere un quick save in occasione dell’infernale dungeon finale va effettivamente a correggere un difetto aspramente criticato nel 1990.



Per il resto su Final Fantasy III, rispetto ai suoi predecessori, pende un confronto pesante, ovvero quello con il remake in 3D realizzato da Matrix Software per il Nintendo DS nel 2006 e successivamente portato anche su altre piattaforme, considerato più o meno all’unanimità come uno dei migliori casi di rifacimento di un vecchio RPG, nonché prima grande intuizione di recupero da parte del brillante Tomoya Asano (Triangle Strategy, Live A Live). La realtà è che sono due modi di vedere Final Fantasy III profondamente diversi, pensare che il remake 3D sostituisca l’originale è come pensare che Final Fantasy VII Remake sostituisca Final Fantasy VII, il concetto è il medesimo, poco importa quanto uno sia più fedele di un altro, Square Enix li considera due prodotti distinti, come dimostrato dal fatto, già accennato, che Luneth non abbia preso il posto del più iconico Onion Knight nei giochi celebrativi della serie come Dissidia o Record Keeper, oltre al fatto che FF III 3D, per chi volesse, è ancora acquistabile su Steam. Certo i dialoghi maggiormente approfonditi e lo splendido character design a cura di Akihiko Yoshida sono motivi importanti per preferire il remake, ma questo non significa che la versione 2D, che ha dalla sua una maggiore fedeltà all’originale, sia meno valida, per cui alla fine la scelta (e perché non entrambi?) è a discrezione del giocatore.

Pixel Remaster:

Final Fantasy
Final Fantasy II
Final Fantasy IV
Final Fantasy V
Final Fantasy VI