A Rose in the Twilight - Recensione PSVita
Una ragazzina sperduta, un gigante e una maledizione. L'unico indizio da seguire è il sangue.
di Arashi84
A circa 6 mesi di distanza da Yomawari: Night Alone, arriva in Europa, su Playstation Vita, un’altra opera di Nippon Ichi: A rose in the twilight. Anche in questo caso l’horror e le atmosfere cupe si uniscono in qualche modo al kawaii, così come solo i giapponesi sembrano saper fare.
A rose in the twilight ci trascina infatti nel mondo misterioso di Rose, una ragazzina di cui non sappiamo nulla, che si risveglia in una sorta di castello decaduto e abbandonato. I suoi ricordi sono impressi nel sangue e per conoscere la sua tragica storia, non resta altro da fare che recuperare quelle memorie tinte di rosso.
Quando Rose si sveglia tra le rovine del castello sembra non sapere nulla del perché si trovi in quel luogo né di ciò che dovrà fare per uscirne sana e salva. Grazie ai primi indizi che ci vengono offerti scopriamo dell’esistenza di una maledizione, la maledizione delle spine, che probabilmente affligge anche la ragazzina stessa, la quale porta sul dorso una grossa rosa bianca (e sappiamo bene che non c’è rosa senza spina). Il gigante senza nome che Rose incontra immediatamente dopo, le fa paura ma è chiaro che l’unico modo per uscire da quel castello sia collaborare con la strana creatura. Mentre gli indizi si susseguono, il sangue sparso per il castello riporta alla mente di Rose ricordi dolorosi che la guideranno verso il compimento di questa avventura.
A rose in the twilight è un puzzle game che vive di prove ed errori, e seppur gli enigmi non siano sempre eccessivamente complicati, riusciranno comunque a mettere a dura prova i vostri nervi poiché spesso è richiesta tanta precisione, la stessa precisione di cui però Nippon Ichi non ha dotato la piccola Rose. La ragazzina salta in maniera lieve, cade, cade e cade, di continuo. Se siete il tipo di giocatore che fa ballonzolare il suo personaggio per aumentarne la velocità di movimento, scordatevi questo metodo, a Rose basta saltare 5 scalini per spiaccicarsi a terra… e morire. In A rose in the twilight si cade e si muore, tante volte, a volte la morte è necessaria per risolvere gli enigmi (c’è anche il relativo trofeo “muori 100 volte”) e Rose compie il suo dovere a costo di affrontare esperienze terribili.
La rosa che Rose porta sulla schiena può assorbire il rosso che troverà in giro per il castello, difatti, assorbendo tale colore da oggetti vari, sarà possibile sbloccare strade e risolvere enigmi. Se “morte” e “rosso sangue” sembrano essere le parole d’ordine di questo gioco, ad esse bisogna affiancare il termine “collaborazione”, poiché sarà proprio tramite l’aiuto reciproco tra Rose e il gigante che si avanzerà nei diversi livelli.
Occasionalmente ci imbatteremo in qualche nemico da combattere con l’astuzia.
Muovendosi su un piano bidimensionale, Rose e il gigante percorrono il castello procedendo per piccole aree collegate tra loro, sopraffatti da un’atmosfera cupa e opprimente che ha come unico colore un seppia sbiadito che mette in risalto gli elementi utili colorati in rosso e che dà ancora più evidenza all’importanza del sangue come mezzo per proseguire.
Tutto ciò in netto contrasto con l’aspetto puccioso e adorabile della piccola Rose (che somiglia a Kohina di Gugure! Kokkuri-san), la quale sarà sottoposta a terribili torture che non faranno che aumentare il senso di angoscia che questo gioco porta con sé.
Purtroppo però le ambientazioni sono poco varie per cui diventano alla lunga noiose, inoltre è parecchio fastidioso il fatto che sia Rose che il gigante non riescano a voltarsi velocemente da un lato all’altro, per cui prima di rivolgerci nella direzione desiderata ci ritroveremo a compiere qualche passo praticamente all’indietro.
Molto belli i siparietti delle memorie del sangue che riaffiorano nella mente di Rose, presentati in stile teatrino delle ombre.
La colonna sonora è ben fatta e coglie al meglio l’atmosfera, il gioco è totalmente in inglese ma i dialoghi sono davvero pochissimi per cui non è da considerarsi in qualche modo un difetto.
A rose in the twilight ci trascina infatti nel mondo misterioso di Rose, una ragazzina di cui non sappiamo nulla, che si risveglia in una sorta di castello decaduto e abbandonato. I suoi ricordi sono impressi nel sangue e per conoscere la sua tragica storia, non resta altro da fare che recuperare quelle memorie tinte di rosso.
Quando Rose si sveglia tra le rovine del castello sembra non sapere nulla del perché si trovi in quel luogo né di ciò che dovrà fare per uscirne sana e salva. Grazie ai primi indizi che ci vengono offerti scopriamo dell’esistenza di una maledizione, la maledizione delle spine, che probabilmente affligge anche la ragazzina stessa, la quale porta sul dorso una grossa rosa bianca (e sappiamo bene che non c’è rosa senza spina). Il gigante senza nome che Rose incontra immediatamente dopo, le fa paura ma è chiaro che l’unico modo per uscire da quel castello sia collaborare con la strana creatura. Mentre gli indizi si susseguono, il sangue sparso per il castello riporta alla mente di Rose ricordi dolorosi che la guideranno verso il compimento di questa avventura.
A rose in the twilight è un puzzle game che vive di prove ed errori, e seppur gli enigmi non siano sempre eccessivamente complicati, riusciranno comunque a mettere a dura prova i vostri nervi poiché spesso è richiesta tanta precisione, la stessa precisione di cui però Nippon Ichi non ha dotato la piccola Rose. La ragazzina salta in maniera lieve, cade, cade e cade, di continuo. Se siete il tipo di giocatore che fa ballonzolare il suo personaggio per aumentarne la velocità di movimento, scordatevi questo metodo, a Rose basta saltare 5 scalini per spiaccicarsi a terra… e morire. In A rose in the twilight si cade e si muore, tante volte, a volte la morte è necessaria per risolvere gli enigmi (c’è anche il relativo trofeo “muori 100 volte”) e Rose compie il suo dovere a costo di affrontare esperienze terribili.
La rosa che Rose porta sulla schiena può assorbire il rosso che troverà in giro per il castello, difatti, assorbendo tale colore da oggetti vari, sarà possibile sbloccare strade e risolvere enigmi. Se “morte” e “rosso sangue” sembrano essere le parole d’ordine di questo gioco, ad esse bisogna affiancare il termine “collaborazione”, poiché sarà proprio tramite l’aiuto reciproco tra Rose e il gigante che si avanzerà nei diversi livelli.
Occasionalmente ci imbatteremo in qualche nemico da combattere con l’astuzia.
Muovendosi su un piano bidimensionale, Rose e il gigante percorrono il castello procedendo per piccole aree collegate tra loro, sopraffatti da un’atmosfera cupa e opprimente che ha come unico colore un seppia sbiadito che mette in risalto gli elementi utili colorati in rosso e che dà ancora più evidenza all’importanza del sangue come mezzo per proseguire.
Tutto ciò in netto contrasto con l’aspetto puccioso e adorabile della piccola Rose (che somiglia a Kohina di Gugure! Kokkuri-san), la quale sarà sottoposta a terribili torture che non faranno che aumentare il senso di angoscia che questo gioco porta con sé.
Purtroppo però le ambientazioni sono poco varie per cui diventano alla lunga noiose, inoltre è parecchio fastidioso il fatto che sia Rose che il gigante non riescano a voltarsi velocemente da un lato all’altro, per cui prima di rivolgerci nella direzione desiderata ci ritroveremo a compiere qualche passo praticamente all’indietro.
Molto belli i siparietti delle memorie del sangue che riaffiorano nella mente di Rose, presentati in stile teatrino delle ombre.
La colonna sonora è ben fatta e coglie al meglio l’atmosfera, il gioco è totalmente in inglese ma i dialoghi sono davvero pochissimi per cui non è da considerarsi in qualche modo un difetto.
A rose in the twilight è un’avventura intrigante che vi accompagnerà per una decina di ore coinvolgendovi con le sue atmosfere oscure e malinconiche. Se amate i puzzle game e avete nervi saldi potrebbe rivelarsi un ottimo, piccolo, riempitivo tra un gioco “grosso” e l’altro. Il classico vino buono nella botte piccola, meglio se rosso, molto rosso.