Atelier Lulua: The Scion of Arland - Recensione
Si torna ad Arland per il ventesimo appuntamento con la serie di Gust
di TWINKLE
L’avventura di Lulua però è solo all’inizio, con il suo piccolo atelier itinerante dovrà compiere un viaggio che dal suo villaggio la porterà al regno di Arls, patria della famosa principessa alchimista Meruru, fino ad Arland, dove sua madre ha mosso i primi passi nell’arte dell’alchimia; con l’aiuto di nuovi compagni e di famosi avventurieri del passato, i misteri dell’ Alchemyruddle e di Arland aspettano solo di essere svelati.
E sono venti, non sono molte le serie che possono vantarsi di aver raggiunto un tale traguardo; proprio come dimostrano le sue graziose protagoniste con la loro intraprendenza, la saga degli Atelier di casa Gust ha superato, più o meno indenne, i molti ostacoli che inevitabilmente si parano dinnanzi quando si ha a che fare con una serialità così longeva e serrata. Arrivata in occidente con la trilogia Iris ma consacrata tra gli appassionati con le successive saghe di Arland (Rorona, Totori e Meruru) e Dusk (Ayesha, Escha & Logy, Shallie) per PlayStation 3 e PlayStation Vita, con la più recente trilogia Fushigi/Mysterious inaugurata con Sophie la serie ha attraversato una fase di stanca, caratterizzata da un calo delle vendite in terra natia sempre più marcato, toccando con l’ultimo Lydie & Suelle, nonostante il suo debutto su Nintendo Switch, il minimo storico.
Se la crisi del mercato console in Giappone può essere tra le attenuanti di tale flessione, è anche pacifico che Gust e Koei Tecmo, prima di avviare una nuova trilogia, debbano valutare con cautela la futura direzione da intraprendere per la ventennale serie e dello studio stesso, l’avvento in tal senso di nuove proposte come Nights of Azure e Blue Reflection appare come un segnale di sperimentazione da parte di Gust, con l’obiettivo forse di essere meno dipendente dalla serie alchemica.
C’è però da raddrizzarla questa serie, e Gust ci prova con il metodo più abusato del mondo: guardandosi indietro. Dopo il piacevole quanto strambo spin-off celebrativo Nelke & the Legendary Alchemists, perché non tornare a quei luoghi e a quei personaggi con cui la serie ha raggiunto il suo apice di popolarità? Dunque Arland, per la quarta volta, collocato narrativamente a qualche anno di distanza da Meruru e una ventina da Rorona, Atelier Lulua: The Scion of Arland si gioca la carta della nostalgia riportandoci in quei luoghi e riproponendo personaggi più o meno amati che, come da tradizione, in realtà ben poco risentono del passare degli anni. Prosegue dunque la linea di successione tra maestra e allieva che da Rorona ha portato prima a Totori e poi a Piana, qui maestra della giovane Lulua (il ruolo di principessa non ha evidentemente permesso a Meruru di avere allieve), la quale sente non poco il peso di un cognome come quello di Fixell.
Pur prendendo atto della pacatezza tipica della serie, la sceneggiatura di Gust sembra vacillare in una prima parte della storia non proprio esaltante, nella quale la personalità di Lulua non riesce proprio ad emergere al di fuori di un consistente assortimento di “eeeh?!” e “sugoooi”, salvo poi risollevarsi dal giro di boa grazie a loro, alle superstar del gioco e al concetto di eredità generazionale. Questo perché Rorona, Totori e Meruru sembrano, nel mondo di Arland, incarnare in tutto e per tutto lo status di idol, considerate un modello per chi ne vuole seguire le ombre, ammirate alle volte fino alla venerazione avendo, con la loro arte alchemica, portato benessere nei luoghi ma anche donato un futuro a tante persone (vedasi la storia di Piana).
Certo se lasciare alla formazione professionale di Lulua e ai nuovi personaggi buona parte della storia, estraendo dal mazzo la carta Rorona solo nelle fasi più avanzate, ha il suo senso ai fini narrativi, il fiuto del fan-service da parte di Koei Tecmo, che decide di rendere disponibili i servigi di Totori e Meruru solo tramite DLC o Season Pass non proprio fra i più economici, può considerarsi quantomeno discutibile. Anche perché i compagni di Lulua non riescono forse ad incidere quanto i loro predecessori, al di fuori forse dello scorbutico Aurel, che forse proprio per il suo rapporto un po’ tsundere con la protagonista, risulta il più interessante da seguire. Eva è una graziosa ragazza che va in giro con un cannone, ma è abbastanza innocua la sua backstory dell’orfanotrofio, mentre l’affascinante prestigiatore Ficus concede giusto qualche momento di svago, poi abbiamo un muscoloso pirata.. ecco va detto che la nostra Elmerulia ha questa non so che attitudine di circondarsi fortuitamente di bellocci, in un mondo popolato da ragazze vestite da bomboniere ottocentesche, non è poco. Le ragazze pare abbiano invece una particolare passione per tutto ciò che esplode: la prima richiesta di Eva è una bomba, la negoziante Pamela ti chiederà di creare per lei una bomba, per superare degli ostacoli serviranno delle bombe, le armi di distruzione devono essere una peculiare moda in quel di Arland.
Il fatto che Atelier Lulua segua la trilogia Arland non vuol dire che strutturalmente il gioco abbia fatto tabula rasa dell’evoluzione e sia tornato al 2009. Fortunatamente Gust sembra aver fatto tesoro di alcuni aspetti visti negli Atelier successivi, come l’assetto personaggi offensivi e di supporto e gli attacchi di interruzione degli alchimisti, applicazioni che rendono i combattimenti più simili a quelli della trilogia Dusk che non a quanto proposto nella serie Mysterious, il che è bene. Da Atelier Firis prende l’atelier itinerante, una carovana dalla facoltà Mary Poppinsiana (molto piccola da fuori, enorme una volta messo piede al suo interno) che ci segue nei nostri viaggi risparmiandoci non poco l'andirivieni per le nostre attività di sintesi, queste decisamente epurate da alcune astrusità viste in precedenza, senza tuttavia mancare di una certa profondità; coloro che vorranno creare gli oggetti di consumo più efficaci e le armi più potenti dovranno come da tradizione padroneggiare il sistema di sintesi per conferire loro effetti bonus, attraverso un attento bilanciamento delle componenti elementali dei materiali utilizzati.
Come accennato nell’introduzione saranno le pagine dell’Alchemyruddle a muovere le nostre azioni, divise tra obiettivi primari, che fanno progredire la storia, e obiettivi secondari, essenziali per creare gli oggetti migliori, sbloccare nuovi eventi e completare al 100% il gioco; se si è abbastanza abili o fortunati, è possibile portarsi avanti con gli obiettivi secondari dei capitoli successivi, chiaramente nei limiti delle nostre attuali possibilità di crafting spot e bestie a noi note. I mesi passano nel corso delle nostre attività, ma sembrano non incombere quei limiti di tempo più o meno stringenti, a mo’ di spada di Damocle, tanto temuti nei capitoli del passato, meccanica che strideva con quel senso di rilassatezza che permea la serie Atelier. Pur rimanendo ancorati a metrature classiche, per quel che concerne le ambientazioni il meteo dinamico e il ciclo giorno-notte rendono i paesaggi di Arland più belli che mai, e la presenza di più città, anche se abbastanza contenute, conferiscono la giusta varietà di NPC ed eventi a loro correlati.
Torna Mel Kishida al character design, dopo averlo ammirato in Blue Reflection, a ricordarci quanto ci fosse mancato il suo tratto morbido e votato all’eleganza, trovandosi perfettamente a suo agio su più fronti di personalità, con la prova del nove rappresentata da una Rorona adulta e madre, un precedente con il suo coefficiente di rischio per una protagonista così amata, ma il cui risultato può dirsi del tutto riuscito. Solita eccellente cura di marchio Gust. per la colonna sonora, nel suo ormai affermato contrasto tra musiche tranquille per l’esplorazione e hard rock per le boss battle, per il doppiaggio si metta in conto il personale grado di assimilazione di tutti quei “eeeh?!” e “sugoooi” citati in precedenza.
La constatazione di una certa semplificazione del concetto gestionale di tempo e sintesi non impedisce all’ultimo Atelier di detenere quel senso di soddisfazione che si prova al completamento di quella mega-bomba al plutonio di neve velenosa o di quel medicinale che oltre a curare i nostri compagni resusciterebbe anche un cimitero di elefanti, tali sono gli effetti aggiunti con le nostre abilità alchemiche che trascendono generazioni di graziose fanciulle e di barili. Qualcosa di più poteva fare, Atelier Lulua: The Scion of Arland, in sede di scrittura, ma per il resto c’è tutto quello che serve al giovane alchimista con annessa ammirazione di luoghi e incontri di nostalgia.