Paper Beast - Recensione
Un viaggio surreale da vivere letteralmente in prima persona.
di Revil-Rosa
La risposta è, come praticamente sempre, nì.
L’esperienza di gioco immersiva offerta dalla realtà virtuale rende anche il più mediocre dei titoli qualcosa di memorabile e, notare bene, l’effetto novità non svanisce nel giro di 5 minuti (Wiimote stiamo guardando te). A rendere la magia del VR duratura non è solo l’intrinseca figaggine dell’essere davvero dentro al gioco, in parte è anche merito del parco titoli disponibile su Playstation 4 il quale, sebbene non abbia un grande numero di giochi all’attivo, offre una qualità media sorprendentemente alta. Detto questo, di veri e propri Gioconi che rendano l’acquisto di un Playstation VR qualcosa di più di un semplice sfizio è difficile individuarne, Paper Beast cambierà le cose?
Dal creatore di Another World, From Dust e Heart of Darkness, Paper Beast ci porta in un nuovo unico e bizzarro mondo partorito dalla tanto brillante quanto creativa mente di Eric Chahi
La storia di Paper Beast è ambientata in un futuro in cui le simulazioni quantistiche di mondi sono alla portata di tutti ed è proprio durante il caricamento di uno di questi che succede qualcosa di inaspettato. Dopo un blackout il nostro alter-ego, o forse dovremmo dire noi visto il tipo di gioco, si trova catapultato in uno strano deserto costellato da surreali montagne cristalline e abitato da creature di carta dall’aspetto fragile ed elegante come gli origami. Muovendo i primi passi in questo assai bizzarro panorama si impareranno ben presto i pochi, ma completi, semplici ed intuitivi comandi che permetteranno al giocatore di esplorare liberamente il territorio e interagire con la flora e la fauna che lo popolano. Prendere, nutrire, tirare a sé o lanciare via le creature è divertente, soprattutto soffermandosi ad osservare le loro reazioni, ma questi non sono che strumenti di un sistema decisamente più complesso.
Il giocatore sarà chiamato a risolvere enigmi ambientali dalla difficoltà crescente, originali ed intuitivi, ma soprattutto mai banali o scontati. Per superare tali sfide sarà necessario influenzare i dintorni in modo diretto o indiretto, volendo in modo analogo a quanto fatto dal Detective Miller nella terza-quarta stagione di Expanse, andando a creare situazioni tali per cui gli animali o le cose possano agire in modo da aiutare il giocatore. Questo sistema trae la sua forza dal mondo vivo e variegato, nonché in evoluzione, di Paper Beast che non solo affascina per il suo stile artistico, ma conquista per la naturalezza delle sue reazioni: tal volta semplici altre sorprendenti, ma sempre accurate e strabilianti, nonché fedeli a quelli che sono i meccanismi di flora e fauna.
Capitolo dopo capitolo, il giocatore si addentrerà sempre più a fondo in questo mondo vivo e pulsante che sembra uscito da un quadro di Dalì, facendo nel mentre conoscenza con tanti strani esseri e oggetti. Un esempio di flora bizzarra con la quale si viene a contatto nelle prime fasi di gioco è una sorta di palma che da un lato risucchia tutto quello con cui entra in contatto e dall’altro sputa ciò che ha assorbito. Per risolvere “l’enigma” è stato necessario spostare la palma di qua e di là in modo tale da creare degli assembramenti di sabbia sui quali saltare senza venire inghiottiti dall’acqua. Un altro enigma invece richiedeva di spostare una sorta di medusa-lampadina in modo tale che degli pseudo-scarabei andassero a giocare in determinate zone così da modificare il terreno. Flessibilità mentale e spirito di osservazione saranno le chiavi per avanzare velocemente in Paper Beast. Occhi per vedere saranno invece l’unico requisito minimo per poterne rimanere stregati.
L’affascinante narrazione di Paper Beast è portata avanti silentemente dagli animali che accompagneranno il giocatore nel suo viaggio, guidandolo blandamente verso i nuovi enigmi, ma soprattutto aiutandolo a comprendere i misteri della terra su cui si trova che, come verrà reso noto quasi subito, non si tratta di un mondo simulato. Detto questo, la naturale curiosità del giocatore sarà il vero motore primo dell’avventura e Pixel Reef Studio ha dimostrato di sapere come stuzzicare in tal senso: il desiderio di scoprire cos’altro il surreale mondo di Paper Beast potrà offrire, insieme agli interessanti misteri accennati in modo più o meno palese, saranno ciò che manterrà vivo l’interesse del giocatore mentre la cura artistica e il tratto distintivo di Eric Chahi sapranno lasciarlo a bocca aperta ogni volta. Soprattutto grazie all’esperienza immersiva offerta dal visore Playstation VR.
Come tutti coloro che hanno avuto modo di provare la realtà virtuale sanno, il nemico numero dei prodotti VR è la motion sickness, ovvero la sensazione di nausea che viene quando ci si muove all’interno degli ambienti virtuali. La logica, così come la sensazione di mal’essere, è la stessa dietro il mal d’auto o del mal di mare e proprio come loro la percezione di tali fastidi varia a seconda della persona. Detto questo, a generare il problema è la discrepanza fra il movimento percepito dal cervello e quello percepito dal corpo e ad aggravarlo troviamo poi una serie di questioni legate alla rappresentazione dell’immagine (questo però è un altro discorso…).
Il mondo dell’informatica è al lavoro per ridurre al minimo questo genere di problemi e bisogna ammettere, mettendo a confronto i primi e gli ultimi giochi usciti, che sono già stati fatti dei grandi passi avanti, ma nel frattempo Pixel Reef Studio ha trovato un funzionale escamotage per rendere il movimento davvero libero minimizzando la motion sickness. In Paper Beast ci si muove tramite teletrasporti istantanei selezionando un area con il joystick, in questo modo è possibile portare a termine lunghe sessioni di gioco senza alcuna ripercussione. A patto ovviamente di evitare rapidi teletrasporti ripetuti a breve distanza, in quel caso però il giocatore dimostrerebbe di avere una forte indole masochista e raggiungere lo stato di nausea sarebbe probabilmente il suo vero obiettivo.
Oltre l’intrigante modalità storia, Paper Beast offre anche una modalità Sandbox dove è possibile dare forma al proprio ambiente personale manipolando tutto, dalla conformazione del terreno alla sua tipologia, dalla regolazione del sole fino ai tipi di vegetazione e agli animali che vivono nel nostro spazio, i quali poi agiranno e si comporteranno in modo diverso a seconda di come plasmeremo il tutto.
La modalità Sandbox è fine a sé stessa, ma proprio per la sua radicale diversità con quella che è la modalità Storia può essere un bel modo per staccare un po’ e rilassarsi con un’attività più statica che permette di godere a pieno dello splendido stile di Paper Beast. Menzione d’onore infine per la colonna sonora composta da Roly Porter e TsuShiMaMiRe, bizzarra e surreale come le affascinanti ambientazioni e sorprendentemente orecchiabile, soprattutto se associata al contesto in cui viene proposta.
GIUDIZIO FINALE
Paper Beast è senza dubbio uno dei giochi che tutti i possessori di Playstation VR hanno il dovere morale di acquistare. Non solo rende giustizia a quella che è la magia della realtà virtuale offrendo ambientazioni e panorami magici e surreali nei quali perdersi, ma soprattutto gestisce in modo funzionale le peculiarità del visore rendendo le interazioni con il mondo e i suoi elementi comode ed intuitive, limitando al minimo la motion sickness pur offrendo un sistema di gioco abbastanza dinamico. Dulcis in fundo, lo stile di Eric Chahi si avverte in modo chiaro dietro ogni nota musicale, movenza delle creature o nuvola che svolazza nel cielo. I fan dell’autore avranno modo di immergersi (letteralmente) in un altro dei suoi evocativi mondi mentre tutti gli altri entreranno in contatto con qualcosa di unico che difficilmente li lascerà indifferenti.
Gioco testato su Playstation 4.