Armored Core VI: Fires of Rubicon – Recensione

Un'opera in cui se ti affezioni, muori

di Marcello Ribuffo

“1997-2023 FromSoftware” è un insieme di lettere e numeri che appaiono in basso, nella prima schermata del menu di gioco di Armored Core VI: Fires of Rubicon, un insieme che non può non far scorrere qualche brivido lungo la schiena.
 
Copertine sempre riuscite

Il 1997 infatti è stato l'anno di debutto del franchise, continuando la tradizione From Software di vedere un mondo in decadenza e un'umanità che quando non ne è responsabile ne è quantomeno complice. Figlio di Mobile Suite Gundam e altre opere simili, tutti i capitoli della serie mettono l'accento sulla sofferenza provocata dalla guerra, sulla violenza insensata e una distruzione di massa fuori controllo per cui, come potete immaginare, non si ride praticamente mai.

Alcuni capitoli, tra cui forse il più riuscito finora, For Answer, portano il giocatore ad affrontare momenti agghiaccianti, a riflettere su quanto la guerra distrugga l'umanità di soldati e civili, ed è con queste premesse che si arriva al 2023 e al miracolo Fires of Rubicon, a conti fatti, il miglior Armored Core che From Software abbia mai creato.
L'ultimo AC uscito infatti risale al lontano 2013, ma in questi dieci anni, il team di Tokyo è cresciuto a punto tale da divenire un istituzione nel panorama videoludico, grazie a titoli del calibro dei Souls, di Sekiro e del successo planetario Elden Ring, per cui quello che ci troviamo tra le mani è un titolo di un'importanza cruciale.

Armored Core VI infatti è figlio della crescita di From Software, con tanti elementi che richiamano in qualche modo i lavori realizzati finora, a cominciare da una struttura narrativa costituita da personaggi carismatici e da risvolti di trama in grado di emozionare come poche produzioni.
Ci troviamo su Rubicon, un lontano pianeta in cui si trova il Coral, una strana sostanza utilizzabile come potentissima fonte di energia e che, come da prassi, ha dato il via a una devastante guerra che ha portato alla distruzione totale. La ricomparsa del Coral però, ha risvegliato la sete di conquista delle corporazioni e in un mondo ormai devastato saremo chiamati come mercenari a cambiare le sorti del conflitto.
 
Amici o nemici, dipende da voi

In una struttura a là Ace Combat, con una suddivisione in missioni, con tanto di briefing, ci ritroveremo ad affrontare Armored Core VI con una discreta varietà di situazioni ma una cosa salta quasi immediatamente all'occhio: se ti affezioni, muori.
È incredibile quello che gli sceneggiatori sono riusciti a fare con i tanti personaggi con cui “interagiremo”, nonostante un approccio che potrebbe risultare impersonale. Al contrario di quanto avvenuto per esempio in Daemon X Machina, lavoro simile sviluppato dal produttore di Armored Core 2 e 3, in cui oltre al mecha si è dato spazio anche ai piloti, qui la situazione è differente, fatta di sole comunicazioni via radio. Al massimo, possiamo incontrare i vari personaggi a bordo dei loro Armored Core e se come detto, il tutto possa sembrare distante, freddo e appunto, impersonale, è proprio questo aspetto che innalza la scrittura dei personaggi.

Grazie a un doppiaggio di assoluto livello (inglese, sottotitoli in italiano) pur non incontrando mai di persona i nostri compagni d'armi o nemici, siamo coinvolti emotivamente, con trame e sottotrame che via via si intersecano nelle tre run da compiere per scoprire i tre diversi finali. Se ti affezioni muori però: certe dinamiche narrative, comportano a un certo punto una scelta, una scelta che può prevedere uno scontro con chi ti è stato amico, producendo strani sensi di colpa. Eppure, non vediamo mai davvero gli altri personaggi, per cui, com'è possibile sviluppare tanta empatia? Questo perché il focus principale di tutto sono proprio gli Armored Core e per quanto questo possa risultare banale, in realtà è necessario per rendere i piloti e mecha un tutt'uno, mostrando come lo stile e l'armamentario del Core, non sia altro che un ulteriore sub-strato narrativo, in grado di dirci tanto su chi abbiamo davanti.
 
Boss come da tradizione

Tra colpi scena e situazioni da anime, ricordando i fasti del già citato Mobile Suit Gundam o momenti a là Zone of the Enders, Armored Core VI scorre via che è un piacere e nonostante alcune (poche) missioni meno riuscite di altre, la voglia di comprendere a fondo quanto stia davvero accadendo è tanta, anche perché sin dalle prime battute, vi è una strana sensazione, quasi da Nexus di Demon's Souls. From Software riesce a sorprendere, raccontando storie di guerra e di soldati nonostante mecha dal design e potenza incredibili ma, proprio come i Mobile Suit, in fin dei conti si tratta di puri mezzi militari.

Se ti affezioni però, muori. Tutto ruota attorno al proprio Armored Core, che come da tradizione è altamente personalizzabile e vorremmo cominciare proprio da questo aspetto. Quello che colpisce è la cura mostrata a tutto il reparto di personalizzazione, che va al di là del semplice cambiare pezzi e armi o inserire qualche decalcomania. Si ha a che fare con un software in grado di calcolare in tempo reale decine di strati diversi, maschere di livello e addirittura la modifica del reticolo dei wrap per adattarli al meglio alle forme stravaganti delle componenti. Raramente (forse mai) si è visto un editor di questo livello ed è qualcosa da cui EA per la serie Need For Speed, potrebbe prendere spunto. Poi, ovviamente si passa al poter cambiare colore di ogni componente con differenti materiali e grado di usura, sino alle parti che in questo caso però, influiscono direttamente sul gameplay.

È molto facile affezionarsi al proprio AC, al proprio set di armi, al proprio set di braccia e gambe ma in Fires of Rubicon, è il più grande errore che si possa fare. La varietà di situazioni comporta un adattamento forzato, la modifica anche drastica della propria build, passando da una cavalletta impazzita a un pachiderma indistruttibile. Se il livello di difficoltà generale si può dire abbastanza nella media, una volta capito come muovere i primi passi in questo contesto, come da tradizione From Software, vi sono dei picchi alle volte inspiegabili, con un equilibrio di gioco che va a farsi friggere e che porta a situazioni spiacevoli. L'approccio ad Armored Core infatti varia in base alla tipologia di nemico affrontato e molto di questo approccio dipende da fattori strutturali come il sistema di targeting e la telecamera, spesso una difficoltà aggiuntiva agli scontri. Capita in certi frangenti infatti che la telecamera semplicemente non funzioni, non sia abbastanza pronta per seguire i movimenti nemici, trovandoci spiazzati e colpiti alle spalle senza capire come. Il target sui nemici, automatico in questo capitolo ma che può divenire manuale se siete dei temerari, spesso si perde via nonostante l'attrezzatura adeguata, per cui la frustrazione è sempre dietro l'angolo.
 
La guerra non cambia mai

Non avviene spesso fortunatamente, ma quando avviene bisogna armarsi non solo fino ai denti ma anche di santa pazienza. Questo per lo meno quando si combatte contro alcuni boss, scenografici come al solito, ma anche poco godibili in alcuni casi, ad esempio quando si affrontano Armored Core simili al nostro. L'utilizzo di quattro armi contemporaneamente è molto appagante quando si attacca, con la possibilità di combinare diversi effetti per superare le difese nemiche, tra proiettili, esplosivi, armi ad energia e molto altro. Tuttavia, quando questi colpi invece si ricevono si assiste a un effetto collaterale un po' particolare: non si vede più nulla. Certi nemici infatti, riescono a creare un vero e proprio muro di fuoco, in cui si fa veramente fatica a capire cosa stia succedendo, portando il giocatore a colpire a caso, come fossimo in un picchiaduro premendo i tasti senza un filo logico. E questo accade non solo con certi boss principali ma anche con nostri pari, uno sparare senza particolari strategie. Questa “sporcizia” non rovina del tutto l'esperienza, sia chiaro, ma è un peccato vista la cura presente in molti frangenti, con ottimi feedback dei colpi, che variano in base all'arma utilizzata così come le hitbox. Purtroppo manca la possibilità di colpire in modo preciso l'avversario, disabilitando il diverso tipo di equipaggiamento, che sicuramente avrebbe portato oltre che una maggiore varietà maggiore stratificazione al gameplay. Sembra comunque una scelta voluta, in cui la distruzione totale del nemico è l'unico modo per poter avanzare.

È in queste fasi che la parametrica presente in Armored Core dà il suo meglio, con i vari elementi che devono intersecarsi cercando di rispettare i valori di sovraccarico energetico e di peso. Come detto, il mech può essere creato a misura del proprio stile di gioco, stando però attenti a valori importanti come la specializzazione di fuoco o melee, spinta propulsiva oltre ai classici valori di resistenza. Creare l'equilibrio perfetto non è facile e cambiare componenti di volta in volta, sia trovati in giro che comprati, sarà praticamente una prassi tranne quando, il gioco vi spinge a forza a creare una sola build. Come detto, l'equilibrio di gioco non è dei migliori e spesso l'unico modo per affrontare determinate missioni è quello di carrozzarsi al massimo, usare armi pesanti e pregare, il che fa un po' crollare il castello di carte. L'adattamento sì, è fondamentale, ma lo è anche trovare approcci differenti. Ci si può intestardire, vista anche all'affezione a un certo set, ma ricordatevi che la scomunica è sempre dietro l'angolo.
 
Per chi ha nostalgia di Zone of the Enders


Il comportamento del Core può dunque cambiare drasticamente, mutando capacità dal giorno alla notte. Ma c'è una cosa che accomuna tutte le battaglie: lo stagger. Essendo Masaru Yamamura – il papà di Sekiro – il lead director di Fires of Rubicon, la barra gialla presente nell'UI risulta abbastanza familiare, un indicatore della stabilità che una volta raggiunto il massimo rende inermi, come se si perdesse un “equilibrio soulsiano”. Qui i danni subiti o inflitti vengono ampliati a dismisura ed è con questo sistema che si rende unico il gameplay. È infatti attraverso questo sistema che la personalizzazione prende vita, con l'idea di creare un coltellino svizzero che non solo crei danni ma che prima di tutto faccia perdere stabilità agli avversari. Sta tutto qui dunque, trovare la giusta strategia, il giusto set di armi e il gioco è fatto. Dopo diversi tentativi, certo.
Nonostante i problemi citati precedentemente, Armored Core VI è uno dei titoli più appaganti da giocare, con adrenalina a fior di pelle, feedback preciso di ogni colpo, anche corpo a corpo, in ambienti malinconici e un tappeto musicale che avvolge il tutto come una calda coperta. Ogni colpo sparato regala sensazioni positive e riesce a far capire benissimo quanto si sia andati avanti rispetto Verdict Day del 2013 o anche a un Daemon X Machina di qualche anno fa.
 
Per chi è fan di Gundam

Con mappe decisamente più striminzite rispetto Elden Ring, si è potuto spingere su tutto il comparto tecnico. Sono, come sempre del resto, i micro-dettagli a fare la differenza, dalla cura delle animazioni delle armi, al particellare presente nei reattori, fino ad ambienti di gioco che raccontano più di quanto sembra. Non è cosa da poco di questi tempi inoltre, che Armored Core VI sia arrivato sui nostri schermi privo di particolari problemi, tra framerate e glitch di varia natura, con un codice pulito in tutti i frangenti, anche quelli più coincitati. Non si può non menzionare in un lavoro From Software la colonna sonora, composta da temi di varia natura, dal synth pop al jazz, senza dimenticare cori nelle fasi narrative più cruciali. Abbiamo a che fare con l'inorganicità e benché le ost ce lo ricordino, non manca l'umanità, emotività, producendo interessanti esperimenti. Brani come Steel Haze riescono a produrre sensazioni diverse in base al contesto che stiamo vivendo, nonostante le note, siano le medesime.

Veniamo infine all'online, che non prevede partite in cooperativa e nemmeno "invasioni" di alcun tipo. Tutta la campagna è solo e soltanto single player, con scontri PvP dedicati a un menu separato. È sicuramente la parte meno riuscita del pacchetto, con matchmaking non proprio idilliaco e con partite che si sviluppano attraverso lobby in cui è molto difficile trovare posto. Sicuramente lo scontro con altri utenti regala sensazioni diverse, anche se la strategia non esiste, divenendo un semplice buttar giù tutto ciò che si ha sperando di colpire qualcosa. Non un'esperienza esaltante.
 
Armored Core VI: Fires of Rubicon rappresenta una svolta importante per From Software, dimostrando come l'esperienza acquisita in questi ultimi dieci anni, permetta loro di approcciare situazioni diverse nel migliori dei modi. Benché non sia il progetto di punta, il titolo rappresenta una delle vette qualitative del 2023, nonostante alcuni problemi storici della software house, come un equilibrio di gioco mal calcolato. È uno dei casi in cui l'esperienza avuta con un videogioco coincide con l'effettiva qualità dell'opera stessa. Ma non affezionatevi però.


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