The Medium - Recensione
Quando l'horror fa il suo dovere.
di Revil-Rosa
Spaventarsi però fa brutto e per questo si parte prendendo in giro i classici, che ormai sono solo vecchi pupazzi mal mossi, e si prosegue deridendo uno dopo l’altro il film di turno per le discutibili e strampalate scelte dei protagonisti. Prodotto spazzatura dopo prodotto spazzatura, senza nemmeno rendersene conto, l’interesse per l’horror crolla e ad animarlo rimangono solo patetici mostrilli fatti di gore e cattivo gusto o, peggio ancora, youtuber che urlano per attirare l’attenzione.
Dove sono finite quelle storie capaci di guardare negli occhi il lato più oscuro dell’umanità e tirarne fuori l’ispirazione? Dove sono andate quelle avventure fatte di introspezione e suspance? Quei racconti che fanno venire i brividi e non perché ad attenderci alla fine vi è un grottesco mostro che da libero sfogo alle più infide torture fisico-psicologiche, ma perché la situazione portata in esame è così terribilmente verosimile? Trovare un buon film horror è un compito estremamente complicato, secondo solo al trovare un buon gioco horror. La casa di sviluppo polacca Bloober Team vanta una grande esperienza in materia e The Medium segna il loro ambizioso debutto sulle nuove console: dopo aver infestato il marketplace di Xbox Series, ora la storia di Marianne approda anche su Playstation Store e nei negozi con l’edizione fisica per entrambe le console di punta di Sony e Microsoft.
L’inaspettato fascino della telecamera ad inquadratura fissa e degli oscuri misteri di un recente passato.
Nella Cracovia del 1999, una ragazza di nome Marianne torna a casa per porgere l’ultimo saluto al padre, mancato per questioni naturali non troppo tempo prima. Marianne lungi dall’essere una persona comune, fin da quando ha memoria la ragazza ha infatti il potere di parlare con i morti, aiutandoli a compiere il trapasso e abbandonarsi liberamente al Dopo. Dopo il toccante saluto al padre, Marianne riceve un'inquietante telefonata da un uomo misterioso che sembra sapere tutto di lei, compreso il sogno ricorrente che la tormenta fin da piccola. La voce invita la ragazza a recarsi a Niwa, un resort abbandonato caduto in disgrazia dopo un brutale massacro che ha portato alla morte di ospiti e personale. Non senza dubbi e paure, la coraggiosa Marianne decide di recarsi davvero sul posto, spinta dalla curiosità di saperne di più sul sogno e sullo sconosciuto che sembra sapere tutto di lei. Ad attendere la giovane non sarà però un uomo, bensì il macabro mistero che avvolge il resort e i suoi fantasmi.Dire che il potere di Marianne le permette di parlare con i morti è un poco riduttivo, è più corretto infatti dire che una parte di lei entra nella loro dimensione, esplorandola ed interagendo con oggetti e persone che la popolano. La logica dietro questo potere non è così lineare come potrebbe sembrare e, seppur in maniera minore, si potrebbe paragonare al mistero della Spiaggia di Death Stranding. Il potere da medium è in un certo senso un ‘mistero nel mistero’, una peculiarità che aggiunge profondità alle vicende perché permette alla protagonista di interagire con i diretti interessati. Il risultato è un layer di ragionamento aggiuntivo che fa assumere all’investigazione di Marianne una doppia valenza: non si cerca solo di capire quali siano state le vicende che hanno portato alla tragedia del resort Niwa, ma anche di entrare nella psiche degli attori principali coinvolti, così da comprendere a pieno le sfaccettature della tetra storia narrata. Detto questo, in più occasioni Marianne si trova in bilico tra le due realtà e, soggetta alle leggi di entrambe, l’esplorazione del resort si fa ancora più suggestiva di quanto si sia mai visto in altri esponenti del genere.
Avanzare in parallelo in due mondi, uguali ma diversi, è un’esperienza davvero peculiare. Dover prestare attenzione non ad una, ma a due ‘stanze’ contemporaneamente può essere faticoso in alcuni momenti e per questo la tentazione di guardare una sola delle due realtà è forte, anche perché i punti di interesse sono spesso evidenziati da entrambe le parti, tuttavia è davvero affascinante poter osservare in contemporanea la versione reale e quella ultraterrena dello stesso luogo così come è più interessante doversi adoperare per permettere ad entrambe le versioni di Marianne di proseguire nell’esplorazione piuttosto che cercare semplicemente l’ennesima strada secondaria per aggirare un ostacolo.
Se una porta è chiusa in una delle due realtà non è detto che lo sia anche dall’altra, così come delle scale potrebbero essere crollate nel mondo ultraterreno ma essere intatte in quello dei vivi. Queste situazioni danno vita ad una serie di puzzle che porteranno il giocatore ad esplorare ogni angolo delle ambientazioni, manipolando una o l’altra realtà per influenzare l'altra.
Le atmosfere di The Medium sono fredde e crude come da tradizione nelle produzioni slave e, soprattutto, come si confà ad un buon horror, ma ciò che colpisce di più sono l’attenzione posta nelle reazioni dei personaggi, agghiacciantemente verosimile, e nella narrazione. Ogni mistero e soluzione su The Medium viene introdotto in modo naturale, con tempistiche ben calcolate e con la giusta enfasi, portando inoltre alla nascita di tanti piccoli interrogativi detti e non detti che spingono il giocatore ad interrogarsi sulla vera natura di certi eventi.
Il risultato finale è proprio come quello di un puzzle di cui all’inizio non si capisce il senso, ma tassello dopo tassello si riesce ad intravedere il quadro generale sebbene fino alla fine alcuni pezzi rimangano davvero difficili da collocare: la forma si incastra eppure il colore non sembra quello giusto… alla fine però tutto torna e non importa se le intuizioni del giocatore fossero corrette o errate perché hanno reso il viaggio memorabile. Ragionare sugli indizi forniti per cercare di risolvere il giallo contribuisce non poco a rendere il tuffo nella tetra e macabra follia emotiva che ha travolto e sconvolto il resort Niwa un viaggio degno di essere affrontato.
Messa da parte l’ottima storia e la ancor più bella narrazione, un altro punto davvero degno di nota di The Medium è la scelta, nel 2021, di proporre l’uso della telecamera fissa, decisione quanto mai ardita per un titolo così ambizioso sicché già ai tempi della Playstation 2 tale soluzione appariva obsoleta e poco pratica. Eppure, inaspettatamente, su The Medium funziona benissimo.
Le inquadrature forzate danno il giusto senso di claustrofobia, impotenza e inquietudine, rendendo spesso impossibile capire se dietro l’angolo si nasconde un pericolo o un indizio. Da notare inoltre che in questo le fasi con la doppia visione risultano chiare e ordinate seppur ricche di elementi. La colonna sonora accompagna alla perfezione le scene, ma lo scotto da pagare per queste atmosfere così calzanti è una colonna sonora ricca di tracce poco orecchiabili se estratte dal loro contesto. E’ stato inoltre un vero piacere constatare che in tutta l’esperienza non si sono mai verificati cali di frame rate o altre magagne tecniche, nemmeno nelle fasi più concitate con due mondi a schermo.
Detto questo, la grafica è ottima seppur ovviamente non ai livelli dei big Sony, non che qualcuno si aspetti standard del genere da case indipendenti. Discorso analogo per il DualSense, reattivo e suggestivo in ogni fase dell'avventura seppur giustamente non così protagonista dell'esperienza come in Ratchet & Clank: Rift Apart o Astrobot. Una chicca in più che farà felici i possessori di Playstation 5 ma che i giocatori Xbox e Pc non rimpiangeranno più di tanto. Segnaliamo infine che i caricamenti di The Medium sono tra i più lunghi che abbiamo avuto modo di provare su Playstation 5, ma sicché per sua stessa natura il gioco non offre uno ma ben due livelli contemporaneamente non è poi così strano che anche i tempi di caricamente siano raddoppiati.
GIUDIZIO FINALE
The Medium è senza dubbio una delle migliori esperienze horror che si possono trovare su console. La storia è tanto intrigante quanto agghiacciante e in ogni suo momento la narrazione riesce a rendere giustizia ai colpi di scena, costruendo il giusto pathos indizio dopo indizio. Il giocatore è naturalmente spinto a fare teorie e ipotesi sugli eventi, scavando a fondo in quella che è la sua idea di follia e rimanendo di conseguenza catturato dalla misteriosa storia.
La tensione creata da The Medium è diametralmente opposta a quella di un horror come Dead Space: il gioco di EA punta a spaventare il giocatore tramite la minaccia, facendolo sentire costantemente in pericolo di vita, ma qui la morte di Marianne non è poi un’opzione così spaventosa. Sebbene non manchino zone spaventose e pericoli mostruosi, la paura che The Medium fa scaturire nel giocatore nasce dal pensiero di ciò che potrebbe essere successo ai fantasmi con cui si parla e dalla consapevolezza che, nel limite del possibile, tragedie del genere potrebbero non essere solo opere di fantasia.
La tensione creata da The Medium è diametralmente opposta a quella di un horror come Dead Space: il gioco di EA punta a spaventare il giocatore tramite la minaccia, facendolo sentire costantemente in pericolo di vita, ma qui la morte di Marianne non è poi un’opzione così spaventosa. Sebbene non manchino zone spaventose e pericoli mostruosi, la paura che The Medium fa scaturire nel giocatore nasce dal pensiero di ciò che potrebbe essere successo ai fantasmi con cui si parla e dalla consapevolezza che, nel limite del possibile, tragedie del genere potrebbero non essere solo opere di fantasia.
Gioco testato su Playstation 5.