Labyrinth of Galleria - Recensione
Ritorna il dungeon crawler vecchia scuola... svecchiato da Nippon Ichi Software!
di Revil-Rosa
A cinque anni di distanza dal debutto in Europa di Labyrinth of Refrain: Coven of Dust, la casa di sviluppo Nippon Ichi Software ripropone in occidente la propria visione sul genere dei dungeon crawler con Labyrinth of Galleria: The Moon Society, capitolo che definire sequel sarebbe fuorviante essendo di fatto completamente scollegato dal precedente anche se, proprio come per la storia della strega Dronya, il giocatore viene portato ad esplorare labirintici ed insidiosi bassifondi alla scoperta di misteri e tesori rimasti sopiti per lungo tempo. Come sarà tornare su un dungeon crawler by NIS nel 2023?
Torna il dungeon crawler vecchia scuola secondo NIS!
Ai margini della città si trova una antica villa storica, abbandonata da tempo ma recentemente rimessa a posto da un nobile con un obiettivo ben preciso: recuperare i nove Curio de Art. I Curio sono artefatti mistici, al limite del leggendario, di cui molti dubitano della effettiva esistenza sicché si racconta che essi abbiano poteri e proprietà magiche. La villa è da sempre al centro di voci sinistre, si dice infatti che appartenesse ad un ricchissimo duca che negli anni accumulò enormi ricchezze e che, per timore di venire derubato, strinse un patto con un demone così da poter espandere ancora di più i propri averi e allo stesso tempo impedire ad ospiti indesiderati di impossessarsene. Il tutto al modico prezzo della propria anima. Non sono molte le persone che credono a queste voci, ma il nobile pare essere di diversa opinione e ingaggia una vecchia strega per indagare sulla vicenda e recuperare i nove Curio de Art, artefatti il cui valore è considerato inestimabile.La Strega ingaggia giovani donne da usare come tramite per un essere magico soprannominato Fantie che, condividendo l'anima della signorina, può esercitare i propri poteri nel mondo terreno. Dopo alcuni fallimenti, la Strega recluta la giovane Eureka de Soleil, una nobile di una casata minore e poco conosciuta che è ben contenta di poter prestare servizio nella magione. Tratta con l'inganno nello stringere patto con l'essere magico, Eureka si trova a prestare la propria energia vitale per esplorare i pericolosi bassifondi della magione, preclusi agli esseri umani perché pervasi da un miasma tossico. Il vastissimo labirinto non è propriamente sotterraneo, l'area è infatti raggiungibile solo attraversando un portale magico nascosto in un armadio, armadio che ben presto si scoprirà essere uno dei fantomatici Curio de Art. Fantie guiderà quindi i Soldati-Marionetta, personaggi creati dal giocatore e altamente personalizzabili, tra i pericolosi dungeon per recuperare gli oggetti del duca, incontrare i bizzarri abitanti dei labirinti, fare luce sui misteri della magione e sull'origine stessa delle leggende che sono andate a formarsi.
Sebbene personaggi, ambientazioni, contesti e motivazioni siano piuttosto lontani dal precedente capitolo, ben presto ci si rende conto che scusanti diverse portano alla stessa formula: dare vita alle marionette per esplorare labirinti inaccessibili all'uomo. Come da tradizione nei giochi NIS, esuberanti personaggi e arguti dialoghi animano una storia dai toni allegri ma dalle basi ricche di drama. Se nei vari Disgaea questa formula viene portata all'eccesso con personaggi al limite dell'assurdo che si vedono, ad un certo punto, costretti ad affrontare le proprie paure e insicurezza nella loro pittoresca e originale maniera, in Labyrinth of Galleria tutto questo viene reso più annacquato. I toni non sono poi così esagerati, le battute non così frequenti e gli sviluppi procedono ad un ritmo lento.
In un mondo di titoli che colgono ogni occasione per mettere ansia al giocatore così da donare maggiore importanza alle vicende, Labyrinth of Galleria decide invece di prendersi i suoi tempi con dialoghi di lunghezza medio-bassa diluiti in svariate ore di esplorazione e combattimento nei labirinti. Proprio come in Labyrinth of Refrain, questa scelta rende la storia meno fruibile e affezionarsi ai suoi protagonisti è difficile sicché per la maggior parte del tempo vedremo i soldati-marionetta che di fatto non hanno alcuna rilevanza nella storia. Detto questo, nonsotante un cast di protagonisti meno accattivante, il contesto della Magione Galleria con i suoi misteri e leggende appare decisamente più intrigante delle vicende di Dronya e per questo la trama cattura molto di più nonostante i ritmi fin troppo pacati.
Inutile dire che, come da tradizione per la casa, il cuore del gioco è da ricercarsi nel suo arzigogolato gameplay. Labyrinth of Refrain proponeva tutta una serie di originali novità per svecchiare un genere, quello dei dungeon crawler in prima persona, che sembrava non avere più niente di nuovo da dire. Labyrinth of Galleria recupera tutto il brio del predecessore, aggiungendo solo qualche piccolo dettaglio per dare più spazio ai fan della personalizzazione e dando una grande spolverata al level design per mischiare le carte in tavola. Considerando la quantità delle opzioni fornite nel primo capitolo, non è un male che si sia aggiunto poco al secondo, tuttavia la sensazione di stare giocando esattamente lo stesso titolo è forte, soprattutto se si decide di non approfondire troppo le meccaniche. In Labyrinth of Galleria si scende in campo con cinque Covenant, ovvero una sorta di formazione al cui interno si possono inserire un numero variabile di personaggi. Ogni Covenant fornisce diversi bonus alle statistiche e un set di abilità particolari la cui efficacia sarà definita dalla media delle statistiche dei personaggi al suo interno. Inutile dire che tale impostazione offre un livello di personalizzazione altissimo e, cosa importantissima, permette di dare spazio e utilità ad un elevato numero di personaggi, come spesso accade in questo genere di titoli.
La fase di creazione personaggi è rimasta pressoché la stessa: il giocatore sceglie una delle classi disponibili, inizialmente sei ma poi se ne sbloccheranno altre, quindi procede si con l'estetica e la voce. Si può scegliere il sesso del personaggio e selezionare una delle tre forme, oguna con quattro colori; inutile dire che andando avanti nel gioco si sbloccheranno altre varianti sia di forma che di colore così da creare il proprio esercito di marionette e non di cloni. Ogni classe ha un proprio set di statistiche e abilità, quest'ultime fisse con la possibilità di aggiungerne altre. Le statistiche possono venire alterate cambiando la personalità, la quale viene definita simpaticamente dalla composizione di una frase. E' infine possibile regolare il tasso di crescita delineando l'attitudine e il segno lunare o solare. Nonostante tutte le opzioni, creare un personaggio è piuttosto veloce e alla fine si riesce a delineare in modo ottimale la posizione che si vorrà dare in battaglia. Non è semplice capire che ruolo si vorrà affidare ad un dato personaggio, soprattutto nelle prime fasi, ma grazie alle Covenant è difficile 'sbagliare completamente' un soldato e bene o male uno spazio per lui si troverà sempre.
La parte più divertente del gioco è senza dubbio la parte di esplorazione, Galleria aggiunge infatti nuove varianti che rendono la navigazione nei dungeon ancora più varie del precedente. In Labyrinth of Galleria, proprio come su Refrain, il giocatore ha disposizone una serie di azioni speciali da usare dentro e fuori dalle battaglie: saltare trappole, sfondare muri, identificare tracce magiche o nascondersi dai nemici sono solo alcune delle abilità che Fantie conferirà al gruppo per agevolare l'esplorazione. Il rovescio della medaglia di questo variegato sistema è che l'esplorazione è tutto fuorché lineare: in quasi nessun dungeon crawler è possibile mappare tutte le caselle di un piano al primo giro, ma su Galleria spesso si rimane tagliati fuori da certe aree per molto tempo perché mancano abilità specifiche e questo rende difficile capire dove andare. Sfondare un muro per trovare un passaggio segreto da molta soddisfazione, così come la da usare la stessa abilità per evitare una zona particolarmente ricca di trappole o nemici, tuttavia sapere che sfondare i muri per trovare aree segrete è la base per avanzare normalmente nella storia è tutto fuorché incoraggiante. Spesso ci si troverà bloccati senza sapere dove andare, costretti a sfondare l'ennesima parete nella speranza di trovare quell'interruttore per l'unica porta chiusa rimasta.
Dal punto di vista grafico Nippon Ichi Software non ha mai brillato particolarmente, ma se nel 3D si rivela indietro di alcune generazione, nel 2D gli artwork colorati e vari di Takehiko Harada riescono a sopperire a tutte le mancanze. Al giorno d'oggi è raro trovare un artista che riesca a dare così tanta personalità a personaggi generici, i quali riescono ad essere ben distinguibili tra loro nonostante il numero elevato e, nel caso di personaggi della stessa classe, dello stesso vestiario. Detto questo, i fan storici della casa noteranno di certo alcune somiglianze con altri loro beniamini ma se questo fosse realmente un problema difficilmente Dragon Quest sarebbe il titolo che è oggi. Menzione d'onore in fine alla colonna sonora, sempre in linea con le produzioni della casa e capace di accompagnare le lunghe esplorazioni senza venire (troppo) a noia.
GIUDIZIO FINALE
Labyrinth of Galleria è un ottimo dungeon crawler vecchia scuola, Nippon Ichi Software è riuscita ancora una volta a svecchiare il genere senza snaturarlo. Le similitudini con Labyrinth of Refrain sono tante, forse troppe, ma dopo cinque anni dal precedente capitolo e con una così vasta gamma di opzioni è difficile rimanerne annoiati, soprattutto considerando che Labyrinth of Galleria eredita solo il gameplay dal predecessore, narrativamente i due giochi sono completamente scollegati.
L'unica vera pecca di questa poca evoluzione è che insieme ai pregi ne sono stati ereditati anche i difetti, nello specifico il level design – qui più ardito e originale – rivela fin da subito la triste necessità di avanzare a tentoni nella parte di esplorazione, aspetto che unito agli atipici ritmi narrativi e un cast non sempre all'altezza, rischia di portare il giocatore ad un prematuro drop. Un vero peccato perché è difficile trovare sistemi di gioco altrettanto profondi e con un bilanciamento di difficoltà così ben calibrato.
L'unica vera pecca di questa poca evoluzione è che insieme ai pregi ne sono stati ereditati anche i difetti, nello specifico il level design – qui più ardito e originale – rivela fin da subito la triste necessità di avanzare a tentoni nella parte di esplorazione, aspetto che unito agli atipici ritmi narrativi e un cast non sempre all'altezza, rischia di portare il giocatore ad un prematuro drop. Un vero peccato perché è difficile trovare sistemi di gioco altrettanto profondi e con un bilanciamento di difficoltà così ben calibrato.
Gioco testato su Playstation 5.