Recensione
Death Note
7.0/10
Partiamo col presupposto che la valutazione non intende che l’anime non sia un capolavoro: Death Note è un lavoro molto complesso e affascinante che cattura lo spettatore facendolo rimanere col fiato sospeso per cercare di anticipare le mosse dei personaggi o capire quali trucchi o strategie attueranno per ottenere la vittoria, in un sadico gioco che vede da una parte il bene e dall’altra il male (nonostante le due parti possano essere interscambiabili in base ai propri ideali; infatti Light nonostante quello che fa, e come lo fa, si può davvero considerare il cattivo?) combattere a suon di strategie e inganni. Nonostante questo non posso dargli più di 7 per un semplice motivo: gli ultimi 11 episodi. Mentre per i primi 26 la storia è coinvolgente e cattura, negli ultimi 11 (in pratica la parte con Near e Mello) è tutto troppo raggruppato, infatti sono stati messi dentro ben 5 volumi del manga e il risultato è un agglomerato di situazioni che potevano essere più approfondite in una ventina di episodi. Il finale inoltre è stato leggermente modificato e la nuova versione risulta noiosa e inutile in quanto l’unica cosa degna di nota è la mistica apparizione a un Light ormai morto di L.
Parlando delle sigle secondo me l’unica degna di nota è la seconda opening Whats up People, una delle sigle più forti e malate, ma fantastiche, mai fatte. In definitiva reputo Death Note un capolavoro, un capolavoro che sarebbe stato ancora più capolavoro se avessero curato di più la parte finale.
Parlando delle sigle secondo me l’unica degna di nota è la seconda opening Whats up People, una delle sigle più forti e malate, ma fantastiche, mai fatte. In definitiva reputo Death Note un capolavoro, un capolavoro che sarebbe stato ancora più capolavoro se avessero curato di più la parte finale.