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8.0/10
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Tutti me ne hanno parlato, qualcuno mi ha quasi costretto a guardarlo a forza di citarlo e mandarmi immagini, così alla fine mi sono deciso, prendendo il coraggio a quattro mani, e ho iniziato a proiettare il fansub sul mio schermo.
K-ON è la produzione Moe dell’anno. Pochi personaggi, sui quali possiamo avere tantissime informazioni, dal compleanno al gusto di gelato preferito, fino al gruppo sanguineo, per soddisfare la brama di input dell’otaku medio.
Un gruppo di ragazzine al primo anno di superiori (16 anni in Giappone), decide di fondare un club di musica leggera o come sarebbe meglio definirlo, di musica pop. Ritsu (batteria), la presidentessa autoproclamata è un personaggio tsundere classico, che incarna uno stereotipo noioso e abusato. Anche la sua amica Mio (basso), dai lunghi capelli neri, timida, coscienziosa e frignona si genera da uno stereotipo sul quale i vari sceneggiatori ormai amano calcare la mano. Le due, insieme fondano il club e si prodigano nel cercare membri (ne servono altri due per ufficializzarlo) con metodi un tantino discutibili. Il terzo acquisto è la bionda Tsugumi (tastiera) una facoltosa e altolocata ragazzina dai modi gentili (ma non snob) e dalla folte sopraciglia, un elemento molto sexy secondo il gusto nipponico. Infine ecco arrivare Yui (chitarra) , che sfora un po’ i classici parametri Moe e definisce un nuovo tipo di personaggio subito apprezzato dal febbricitante pubblico entusiasta. Yui è una ragazzina svogliata, annoiata, perennemente apatica, distratta e con un inconcepibile incapacità nel collegare il suo cervello alla realtà che la circonda. Eppure nel suo comportarsi sostanzialmente come una bambina di circa due anni ha subito rapito il cuore dell’otaku medio. Perché? Forse che l’oliato nirvana meccanico degli stereotipi Moe abbia iniziato ad incrinarsi?
Per rispondere a questa domanda bisogna ovviamente parlare di chi ha prodotto questa fortunata serie, cominciando proprio da chi l’ha creata ossia Reiko Yoshida. Un nome non da poco quindi (RomeoxGiuliet, Maria-sama ga Miteru) ma ricordiamoci che qua si parla di una sceneggiatrice. Ergo, come mai la creazione di un anime viene affidata a sceneggiatori e non a mangaka e chara designer? La risposta è più semplice di quello che può sembrare: negli ultimi anni il bisogno frenetico di serie “culto” ha spinto i produttori giapponesi ad affidarsi sempre più agli scripter per la creazione delle serie, ossia partendo da un canovaccio sul quale disegnare il personaggio e non viceversa. Una scelta che pare azzeccata comunque, in quanto alcuni grandi successi commerciali degli ultimi anni sono stati proprio generati da sceneggiatori. Una decisione non facile tuttavia quella di affidare l’intera sceneggiatura ad una singola persona (pratica caduta in disuso ormai da una decina di anni) in quanto con un team di più scripter un episodio fiacco può essere “rianimato” dal successivo, sceneggiato da un altro soggetto. Spariamo quindi altri nomi nell’etere : Kazuya Sakamoto, Taichi Ishidate, Tatsuya Ishihara, Noriyuki Kitanohara, Futoshi Nishiya, Yukiko Horiguchi ok basta basta… Chi sono queste persone? Sceneggiatori e registi a dirla breve, screenplayer anche, che si sono alternati nelle varie puntate. Ma che non hanno solo creato questa serie, sono infatti staff in moltissime serie di grande impatto degli ultimi 5 anni (Clannad, Air, La malinconia di Haruhi Suzumiya…) e che alternandosi dietro le quinte rendono fluido ed eterogeneo un prodotto di soli dodici episodi al quale però lavorano centinaia di cervelli. Il risultato non è sgradevole, quindi questa nuova moda del tornello in regia non è da screditare.
Tornando all’anime vero e proprio possiamo dice che, come molti prodotti Moe/Lolicon , non brilla certo per la trama. I personaggi maschili sono completamente assenti, le ragazzine vivono ovviamente da sole (come ogni normale adolescente) e la vicenda si sviluppa su elementi quanto mai fiacchi. La creazione di un ambiente “sterile”, non sporcato da presenze maschili o parentali, innalza queste piccole protagoniste al rango di semi-divinità, dando l’illusione allo spettatore che esista da qualche parte un mondo caramellato, dolce e profumato, in cui loro, le ragazze del K-ON lo aspettano per giocare tutti assieme appassionatamente. Se la morale scade, lo share invece decolla. Perché il punto forte di questo prodotto è di sicuro un character design azzeccato, che da ampio spazio ai sentimenti piccoli, banali, ma spesso sottovalutati a cui un fruitore medio ama affezionarsi perché in qualche modo riesce subito a farli propri. Per fare un esempio è molto più semplice immedesimarsi e comprendere le sensazioni di un piccolo litigio tra amici che un terribile lutto dato da una guerra aliena. Lo slice of life (perché è di questo che stiamo parlando) si basa proprio su questa idea. Nato dalle telenovelas degli anni ’80 e gradualmente addolcito in versione sit-com, si evolve aggiungendo alla sit-com un elemento in più : il proseguire degli eventi. Una trama sobria quindi, che mescola all’immutabilità dei personaggi (che bene o male restano sempre gli stessi) una linea temporale che prosegue, donando allo spettatore uno spaccato di vita quotidiana generalmente salubre, senza troppi drammi e quindi anche molto digeribile da un’utenza variegata.
Il disegno è “gommoso”, i volti e le articolazioni delle nostre eroine si deformano e si schiacciano mentre parlano, con espressioni facciali esagerate, dagli occhi al mento fino alle guance (una vera chicca d’animazione) che paiono appunto fatte di gomma e che mescolano elementi chibi a un tratto formale e canonico. Originale la Key Animation, fluidissima, dona allo spettatore sensazioni di omogeneità e lava via lo statico che tanto infastidisce l’occhio. Bene gli sfondi, curati ma non particolarmente apprezzabili, nulla la luce. E la musica? Si, perché in una anime che parla di musica leggera uno si aspetta quanto meno un po’ di canzonette. Ovviamente ci sono e sono a mio parare molto azzeccate. Testi Moe, pure loro, disimpegnati, leggeri, molto frivoli, perfetti quindi per la composizione che potrebbero avere un gruppo di sedicenni.
Nel complesso un anime che si fa guardare, senza farsi bere d’un sorso. A tratti noiosetto, a tratti esilarante anche; sicuramente destinato a un pubblico adolescenziale o Lolicomplessato. Tuttavia la presenza di una trama solida, seppur lineare, eleva questo prodotto a un rango superiore rispetto ai suoi predecessori e gli dona un bell’otto.