Recensione
Remy è una dolce bambina che vive serenamente in un paesino francese con la mamma, Anne Barberin, e la sorellina Nana; in realtà, la piccola è una trovatella ed è stata cresciuta dalla famiglia Barberin dopo che Jerôme, il capofamiglia, l’aveva trovata per strada a Parigi ancora in fasce.
La vita di Remy cambia bruscamente quando Jerôme fa ritorno ferito dalla capitale, dove svolgeva il suo lavoro: non essendo più in grado di mantenere la famiglia, egli decide senza alcuno scrupolo di vendere Remì a un losco individuo, nonostante le suppliche della moglie.
Fortunatamente la bambina viene riscattata dal signor Vitali, un artista di strada che aveva già avuto modo di conoscerla e di apprezzarne le doti canore; Remy accetta di seguirlo, anche con la speranza di ritrovare la sua vera madre, e in breve tempo si affeziona molto al vecchio e ai suoi animali, i cani Capi, Dolce e Zerbino e la scimmietta Belcuore.
La compagnia di artisti viaggia attraverso la Francia guadagnandosi da vivere con gli spettacoli e Remì si troverà ad affrontare momenti difficili, ma incontrerà anche delle persone che la aiuteranno a superarli, come la signora Milligan e suo figlio Arthur o Mattia e gli altri orfanelli che lavorano per il signor Garofoli.
Ispirata al romanzo “Senza famiglia” di Hector Malot, questa serie apporta vari cambiamenti alla trama originale, in primo luogo trasformando il protagonista in una bambina e modificando di conseguenza alcuni rapporti interpersonali, poi introducendo nuovi personaggi (come Nana), eliminandone altri (per esempio, i Driscoll) e semplificando notevolmente la storia, probabilmente per renderla più appetibile a un pubblico infantile.
Inevitabile è il confronto con l’anime del 1977 diretto da Osamu Dezaki e noto in Italia con il titolo “Remì” o “Ascolta sempre il cuore Remì”, che è più fedele al romanzo e molto più ricco di pathos, oltre ad avere disegni di qualità nettamente superiore, realizzati dall’eccellente Akio Sugino.
La versione italiana è discreta per quanto riguarda la scelta delle voci e l’interpretazione dei doppiatori, mentre l’adattamento fa supporre qualche modifica nei dialoghi, che sembrano essere stati alleggeriti nei momenti più drammatici; inoltre, nel passaggio televisivo, certe scene, ritenute evidentemente troppo crude, sono state censurate (ma alcune sono parzialmente visibili nei flashback di altri episodi).
Tutto sommato, l’anime è godibile e potrà essere apprezzato dagli appassionati del genere Meisaku.
La vita di Remy cambia bruscamente quando Jerôme fa ritorno ferito dalla capitale, dove svolgeva il suo lavoro: non essendo più in grado di mantenere la famiglia, egli decide senza alcuno scrupolo di vendere Remì a un losco individuo, nonostante le suppliche della moglie.
Fortunatamente la bambina viene riscattata dal signor Vitali, un artista di strada che aveva già avuto modo di conoscerla e di apprezzarne le doti canore; Remy accetta di seguirlo, anche con la speranza di ritrovare la sua vera madre, e in breve tempo si affeziona molto al vecchio e ai suoi animali, i cani Capi, Dolce e Zerbino e la scimmietta Belcuore.
La compagnia di artisti viaggia attraverso la Francia guadagnandosi da vivere con gli spettacoli e Remì si troverà ad affrontare momenti difficili, ma incontrerà anche delle persone che la aiuteranno a superarli, come la signora Milligan e suo figlio Arthur o Mattia e gli altri orfanelli che lavorano per il signor Garofoli.
Ispirata al romanzo “Senza famiglia” di Hector Malot, questa serie apporta vari cambiamenti alla trama originale, in primo luogo trasformando il protagonista in una bambina e modificando di conseguenza alcuni rapporti interpersonali, poi introducendo nuovi personaggi (come Nana), eliminandone altri (per esempio, i Driscoll) e semplificando notevolmente la storia, probabilmente per renderla più appetibile a un pubblico infantile.
Inevitabile è il confronto con l’anime del 1977 diretto da Osamu Dezaki e noto in Italia con il titolo “Remì” o “Ascolta sempre il cuore Remì”, che è più fedele al romanzo e molto più ricco di pathos, oltre ad avere disegni di qualità nettamente superiore, realizzati dall’eccellente Akio Sugino.
La versione italiana è discreta per quanto riguarda la scelta delle voci e l’interpretazione dei doppiatori, mentre l’adattamento fa supporre qualche modifica nei dialoghi, che sembrano essere stati alleggeriti nei momenti più drammatici; inoltre, nel passaggio televisivo, certe scene, ritenute evidentemente troppo crude, sono state censurate (ma alcune sono parzialmente visibili nei flashback di altri episodi).
Tutto sommato, l’anime è godibile e potrà essere apprezzato dagli appassionati del genere Meisaku.