Recensione
La tomba delle lucciole
10.0/10
Questo è un anime che mi ha davvero commosso. Ci sono tante opere giapponesi che trattano della guerra, delle sue brutture e di come renda dure e spietate le persone. Non può essere altrimenti, in un paese che ha vissuto la sconfitta dell'ultima guerra come un'onta epocale: da Tezuka, che dedica alla guerra due capolavori che chiunque dovrebbe leggere ("Ayako" e "La Storia dei tre Adolf"), passando per Leiji Matsumoto che ne da infinite letture (come suo costume, presenta quella idealizzata, anarchico-libertaria ed eroica, ma anche quella più realista o di condanna), per arrivare a Miyazaki che ne fa un leitmotif di svariate opere.
Quest'anime invece non bada tanto alle sottigliezze: entra a gamba a tesa sull'argomento senza se e senza ma. La storia è di una crudezza e di una drammaticità incredibile, soprattutto perché i protagonisti sono due bambini, due fratelli legati da un affetto genuino, sulle cui teste innocenti calano rovinosamente povertà, carestia e morte.
Il taglio sociologico rende il film adatto ad un pubblico non proprio giovanissimo. Dubito che i bambini siano in grado di coglierne il senso, perché probabilmente si domanderebbero il motivo delle ingiustizie che vedono svolgersi a video, e lo troverebbero noioso, non essendoci azione e colpi di scena.
"Una tomba per le lucciole" è un'opera volutamente didascalica e spietata che denuncia la violenza della guerra, ma non quella del campo di battaglia, bensì quella sottile e lenta che colpisce chi è rimasto a casa. Questo tipo di violenza è tanto più abominevole in quanto sceglie le persone più deboli ed indifese (i bambini per l'appunto), o quelle sfortunate, per mietere le proprie vittime. Allora si può vedere come la guerra faccia regredire l'animale uomo allo stato di natura, alla lotta per l'ultimo pugno di riso, per l'ultima medicina, per l'ultimo pezzo di pane. Vengono meno persino i legami di sangue, e l'amicizia come la carità umana diventano quasi impossibili.
C'è poco da dire, perché sta proprio lì la trovata del regista. La stoica e ingenua determinazione dei due fratelli che, nonostante tutto, si aggrappano l'uno all'altro e cercano disperatamente di conservare una dignità, non può che commuovere anche i meno sensibili e far stringere i pugni per la frustrazione. Delicate le remore del fratello più grande che esita nel rubare ciò che gli serve per vivere, nonostante i morsi della fame. Struggenti i deliri della piccola in preda alla fame più nera, ed alla malattia.
Alla fine, l'effetto del film si riduce ad un pensiero che non può non attraversare la mente dello spettatore: il pensiero elementare che non è giusto, che certe cose semplicemente non dovrebbero accadere. Mai.
Quest'anime invece non bada tanto alle sottigliezze: entra a gamba a tesa sull'argomento senza se e senza ma. La storia è di una crudezza e di una drammaticità incredibile, soprattutto perché i protagonisti sono due bambini, due fratelli legati da un affetto genuino, sulle cui teste innocenti calano rovinosamente povertà, carestia e morte.
Il taglio sociologico rende il film adatto ad un pubblico non proprio giovanissimo. Dubito che i bambini siano in grado di coglierne il senso, perché probabilmente si domanderebbero il motivo delle ingiustizie che vedono svolgersi a video, e lo troverebbero noioso, non essendoci azione e colpi di scena.
"Una tomba per le lucciole" è un'opera volutamente didascalica e spietata che denuncia la violenza della guerra, ma non quella del campo di battaglia, bensì quella sottile e lenta che colpisce chi è rimasto a casa. Questo tipo di violenza è tanto più abominevole in quanto sceglie le persone più deboli ed indifese (i bambini per l'appunto), o quelle sfortunate, per mietere le proprie vittime. Allora si può vedere come la guerra faccia regredire l'animale uomo allo stato di natura, alla lotta per l'ultimo pugno di riso, per l'ultima medicina, per l'ultimo pezzo di pane. Vengono meno persino i legami di sangue, e l'amicizia come la carità umana diventano quasi impossibili.
C'è poco da dire, perché sta proprio lì la trovata del regista. La stoica e ingenua determinazione dei due fratelli che, nonostante tutto, si aggrappano l'uno all'altro e cercano disperatamente di conservare una dignità, non può che commuovere anche i meno sensibili e far stringere i pugni per la frustrazione. Delicate le remore del fratello più grande che esita nel rubare ciò che gli serve per vivere, nonostante i morsi della fame. Struggenti i deliri della piccola in preda alla fame più nera, ed alla malattia.
Alla fine, l'effetto del film si riduce ad un pensiero che non può non attraversare la mente dello spettatore: il pensiero elementare che non è giusto, che certe cose semplicemente non dovrebbero accadere. Mai.