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Quando Shiro Emiya era bambino, il suo padre adottivo gli raccontò di come aveva cercato per tutta la vita di diventare un “eroe della giustizia”, senza riuscirci; il bambino fu molto colpito da quelle parole, e decise quindi di sobbarcarsi quell’impegno, di raggiungere quel lontanissimo ideale; per farlo si fece insegnare la magia dal padre, ma non essendo un mago di nascita, Shiro si dimostrò incapace ad apprendere la quasi totalità delle basi della stregoneria.
Ora è un giovane studente delle superiori, e prende parte alla Guerra del Santo Graal: una violenta battaglia fra sette maghi, i Master, i quali evocano ognuno un Servant, ovvero le reincarnazioni di guerrieri leggendari; i Servant combatteranno uno contro l’altro per uccidersi, e l’ultimo sopravvissuto otterrà il Santo Graal, un oggetto che può realizzare qualunque desiderio del Servant e del Master che l’ha evocato.
Il povero Shiro assisterà al combattimento tra due Servant (invisibili a coloro che non conoscono la magia); uno dei due tenterà di ucciderlo, e per difendersi il giovane ne evocherà inconsciamente uno a sua volta: è Saber, un’affascinante ragazza bionda, armata, come dice il nome, di spada.
Lui non vorrebbe assolutamente rischiare la vita per una cosa senza senso come la ricerca di un oggetto leggendario ma, siccome c’è il rischio che il vincitore lo usi per scopi malvagi, decide a malincuore di partecipare, così da potere diventare un “eroe” come si era ripromesso di fare quando era piccolo.

Si potrebbe pensare quindi che lungo tutti i 24 episodi ci siano solo combattimenti uno dietro l’altro; per quanto siano una parte importante non sono predominanti, perché gli eventi procedono molto lentamente, decisamente troppo, a causa di una quantità davvero esorbitante di dialoghi, che a volte risultano parecchio noiosi. Per fare un esempio della lentezza, l’apparizione di Saber avviene alla fine del secondo episodio.
Oltre ad essere lenta, la storia è anche molto lineare; in alcuni punti si poteva facilmente capire cosa sarebbe successo dopo.

I personaggi più interessanti sono i Servant per il loro aspetto e vestiario particolare; oltretutto combattendo usano uno stile tutto loro, quindi mostrano una certa personalità - ma solo alcuni. I maghi invece non mi hanno detto molto, nemmeno Shiro è caratterizzato così profondamente. I personaggi secondari, pochi per fortuna, li reputo completamente inutili.

La situazione in cui si trova Shiro è molto interessante e merita attenzione: il ragazzo si ritrova invischiato in un affare molto più grande di lui, in un mondo che non gli appartiene, dove la sua vita è sempre a rischio; eppure non si tira indietro, è costretto a combattere perché è spinto dal suo utopico ideale di proteggere tutto e tutti.
La guerra è la cosa peggiore che ci possa essere, è il male di tutti i mali, eppure non cessa mai, perché è insita nell’uomo; la Guerra del Santo Graal non fa differenza: essa è causata dall’avidità dei maghi, che sfruttano gli spiriti del passato per raggiungere il loro obiettivo. E i Servant, avidi anche loro, acconsentono buoni buoni al massacro con la scusa di proteggere i loro Master.
Tutta questa riflessione, a mio parere interessante, non è minimamente accennata nella serie. La lotta sembra l’unica soluzione ai problemi; non vengono proposte alternative, e ciò non mi è piaciuto per niente. Gli sceneggiatori si sono impegnati soprattutto nel delineare il rapporto altalenante tra il protagonista e Saber, e ciò ovviamente è importante, ma anche quello poteva essere fatto decisamente meglio.

In definitiva, Fate/stay night non è una serie completamente da buttare via perché la storia di fondo è abbastanza interessante, ma poteva senz’altro essere accorciata e resa più profonda.