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Voto 10.

Bene, stavolta è stato veloce. Tanto è come a scuola: se uno va molto bene (o male) è facile dare un voto. Ma parlando di Aoi Bungaku Series ciò sarebbe riduttivo e mi toglierebbe il piacere di soffermarmi sui vari aspetti, a cominciare dalle storie. Storie, al plurale, perché la serie altro non è che l'adattamento di sei capolavori della letteratura giapponese del novecento: “Non più umano” (Ningen Shikkaku ) e “Corri Melos!” (Hashire Merosu) di Osamu Dazai, ”Nella foresta sotto i ciliegi in fiore”(Sakura no mori no mankai no shita) di Ango Sakaguchi, “Cuore” (Kokoro) di Natsume Sōseki, "Il filo del ragno" (Kumo no Ito) e "L'urlo infernale" (Jigokuhen) di Ryūnosuke Akutagawa. Come è prevedibile aspettarsi, sono racconti che setacciano, e in profondità, gli incubi, il delirio, l'ipocrisia, l'amicizia, l'angoscia e molti altri lati scomodi o spesso trattati superficialmente dell'esistenza.

Qualche riga anche sul comparto tecnico, iniziando dalla parte grafica: le animazioni e i fondali sono ai massimi livelli e risulta pure funzionale l'utilizzo del 3D, che spesso è, di solito, a parer mio, mal gestito; al tutto va aggiunto uno dei pochi aspetti che va incontro ai gusti del grande pubblico, ossia la partecipazione al character design di mangaka molto famosi quali Tite Kubo (Bleach), Takeshi Obata (Death Note), Takeshi Konomi (Il principe del tennis). Un appunto speciale alle colonne sonore, soprattutto dei primi 8 episodi curati da Hideki Taniuchi: basterebbero loro da sole a commuovere lo spettatore.

Detto ciò, vorrei farvi partecipi di un ragionamento, il vero motivo che mi ha spinto a scrivere la recensione. Accingendomi a vedere la serie, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: <q>Perché hanno fatto un anime e non una serie televisiva?</q>, rivelando così il mio inconscio snobbismo verso l'animazione. Cercando però di darmi una risposta, la prima che mi è venuta in mente è stata: <q>per il vil denaro</q>!, rispetto all'animazione, ci vogliono molti più soldi per rendere, da un alto, le ambientazioni storiche con la scenografia e, dall'altro, gli stati d'animo, i deliri, i sogni, le follie con la computer grafica e gli effetti speciali. Ma durante la visione di Aoi Bungaku è andata facendosi spazio la possibilità che questa potesse essere solo una parte della risposta. Mi spiego prendendo ad esempio “Corri, Melos!”, ma potrei, in modo diverso, utilizzare le altre storie: qui abbiamo uno sceneggiatore che deve trasporre un racconto in opera teatrale e, durante la stesura del testo, la storia gli ricorda una vicenda vissuta da ragazzo. Abbiamo così più piani narrativi, dall'azione principale al ricordo, dagli stati psicologici del protagonista alla recitazione sul palco, che si intrecciano costantemente tra loro e grazie all'animazione riescono a mantenere una fluidità e un'omogeneità difficilmente riproducibili con altre tecniche narrative. La conclusione che ne ho tratto è che l'animazione sembra fatta apposta quando non si ha più a che fare con la realtà, non tanto per la presenza di creature e situazioni fantastiche bensì quando sono lo spazio e il tempo stessi che vanno a farsi benedire.

(Va beh, dai Fran, non la fare tanto lunga). In conclusione: se volete vedere un buon anime con delle belle storie e delle belle animazioni guardatelo; se volete capire come mai l'animazione può essere una forma d'arte guardate Aoi Bungaku Series a maggior ragione.