Recensione
<i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> è la seconda serie dedicata al titolo creato nel 2007 dallo Studio Bones; a differenza di quest’ultimo, però, gli episodi sono solo 12, conferendo all’opera un ritmo più serrato rispetto a quello visto in precedenza, ove alcuni episodi si atteggiavano sostanzialmente a filler.
Ciò detto, la trama dell’anime riprende dopo qualche anno di distanza dagli eventi narrati nel corso della prima serie; protagonisti della storia sono ancora i Contractor, ovvero degli esseri umani dotati di incredibili poteri, comparsi contemporaneamente a due distorsioni spazio-temporali, una a Tokyo l’altra in Sud America, denominate rispettivamente “Hell’s Gate” ed “Heaven’s Gate”. In questo senso, come già spiegato nel corso della prima stagione, il termine Contractor si riferisce proprio a quella logica contrattuale che regola l’esercizio dei poteri, a ogni loro utilizzo, infatti, corrisponde il pagamento di una così detta ricompensa. I Contractor inoltre appaiono privi di sentimenti, e le loro azioni sembrano (almeno all’apparenza) ispirate unicamente alla logica e alla razionalità. In questo mondo in cui il cielo stellato è una mera finzione, ancora una volta protagonista principale è il contractor Hei (Lee Shenshung), noto più semplicemente come l’Oscuro Mietitore, che dopo anni di oblio ricompare nel momento esatto in cui la vita di un ragazzina di nome Suou Pavlichenko viene sconvolta da una serie di eventi improvvisi. La storia sostanzialmente segue l’avventura che i due dovranno affrontare, un’avventura che tuttavia non risulta chiara nelle sue premesse, che verranno spiegate solo nei successivi OAV <i>Darker than Black: Kuro no Keiyakusha Gaiden</i>, in cui gli autori illustreranno gli eventi immediatamente successivi al termine della prima serie.
A livello di personaggi, <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> presenta diverse new entry, e anzi, lo stesso Hei è profondamente diverso dal personaggio descritto nei primi 26 episodi, risultando più cupo e aggressivo. Presenza costante al suo fianco è quella di Suou, una ragazzina sull’orlo dell’adolescenza che rappresenterà nel corso della storia quel lato ‘umano’ dell’Oscuro Mietitore che appare ormai perso. Accanto a questi due personaggi, faranno la loro comparsa anche nuovi contractor, come quelli del Ministero degli Affari Interni e delle Comunicazioni, e farà il suo ritorno anche una delle coprotagoniste della prima serie, ovvero la risoluta Misaki Kirihara, che, ancora una volta, si lancerà alla caccia di quell’Oscuro Mietitore di cui sembra invaghita.
Dal punto di vista della realizzazione materiale, <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> supera il suo predecessore, che comunque era decisamente valido, presentando disegni e animazioni di ottima qualità. Anche il doppiaggio e la parte sonora in generale sono stati curati in modo ineccepibile, e in tal senso una menzione va all’opening Tsukiakari no Michishirube (Guidepost of the Moonlight) cantata dagli Stereopony.
A fronte di queste premesse, va però osservato che <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> si rivela essere un prodotto potenzialmente ottimo, ma castrato da una serie di difetti dello schema narrativo. Anzitutto pesa la scelta degli autori di raccontare gli eventi tra le due serie solo nei successivi OAV intitolati <i>Darker than Black: Kuro no Keiyakusha Gaiden</i>; lo spettatore, infatti, senza aver prima preso visione di questi ultimi non è in condizione di comprendere appieno la sequenza degli eventi narrati nei precedenti (anche se successivi a livello temporale) 12 episodi della serie. Allo stesso modo, come è ‘sbagliato’ l’incipit, così è ‘sbagliato’ anche il finale, in cui gli autori sostanzialmente evitano di fornire le dovute spiegazioni, e anzi decidono di aprire nuovi scenari, che, se da un parte lasciano aperta la porta a un terza serie, dall’altra lasciano anche un certo senso di amaro in bocca. La serie, infatti, è coinvolgente e appassionante, ma proprio questi pregi rendono ancor più difficile digerire un finale che in sostanza rappresenta un nulla di fatto.
In conclusione <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> è comunque una buona serie, e senza dubbio è una visione obbligata per chi ha apprezzato la prima stagione, tuttavia, nel momento in cui s’inizia la visione si deve avere bene in mente che le eventuali spiegazioni saranno tutte contenute nella futura terza serie, o almeno così si spera.
Ciò detto, la trama dell’anime riprende dopo qualche anno di distanza dagli eventi narrati nel corso della prima serie; protagonisti della storia sono ancora i Contractor, ovvero degli esseri umani dotati di incredibili poteri, comparsi contemporaneamente a due distorsioni spazio-temporali, una a Tokyo l’altra in Sud America, denominate rispettivamente “Hell’s Gate” ed “Heaven’s Gate”. In questo senso, come già spiegato nel corso della prima stagione, il termine Contractor si riferisce proprio a quella logica contrattuale che regola l’esercizio dei poteri, a ogni loro utilizzo, infatti, corrisponde il pagamento di una così detta ricompensa. I Contractor inoltre appaiono privi di sentimenti, e le loro azioni sembrano (almeno all’apparenza) ispirate unicamente alla logica e alla razionalità. In questo mondo in cui il cielo stellato è una mera finzione, ancora una volta protagonista principale è il contractor Hei (Lee Shenshung), noto più semplicemente come l’Oscuro Mietitore, che dopo anni di oblio ricompare nel momento esatto in cui la vita di un ragazzina di nome Suou Pavlichenko viene sconvolta da una serie di eventi improvvisi. La storia sostanzialmente segue l’avventura che i due dovranno affrontare, un’avventura che tuttavia non risulta chiara nelle sue premesse, che verranno spiegate solo nei successivi OAV <i>Darker than Black: Kuro no Keiyakusha Gaiden</i>, in cui gli autori illustreranno gli eventi immediatamente successivi al termine della prima serie.
A livello di personaggi, <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> presenta diverse new entry, e anzi, lo stesso Hei è profondamente diverso dal personaggio descritto nei primi 26 episodi, risultando più cupo e aggressivo. Presenza costante al suo fianco è quella di Suou, una ragazzina sull’orlo dell’adolescenza che rappresenterà nel corso della storia quel lato ‘umano’ dell’Oscuro Mietitore che appare ormai perso. Accanto a questi due personaggi, faranno la loro comparsa anche nuovi contractor, come quelli del Ministero degli Affari Interni e delle Comunicazioni, e farà il suo ritorno anche una delle coprotagoniste della prima serie, ovvero la risoluta Misaki Kirihara, che, ancora una volta, si lancerà alla caccia di quell’Oscuro Mietitore di cui sembra invaghita.
Dal punto di vista della realizzazione materiale, <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> supera il suo predecessore, che comunque era decisamente valido, presentando disegni e animazioni di ottima qualità. Anche il doppiaggio e la parte sonora in generale sono stati curati in modo ineccepibile, e in tal senso una menzione va all’opening Tsukiakari no Michishirube (Guidepost of the Moonlight) cantata dagli Stereopony.
A fronte di queste premesse, va però osservato che <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> si rivela essere un prodotto potenzialmente ottimo, ma castrato da una serie di difetti dello schema narrativo. Anzitutto pesa la scelta degli autori di raccontare gli eventi tra le due serie solo nei successivi OAV intitolati <i>Darker than Black: Kuro no Keiyakusha Gaiden</i>; lo spettatore, infatti, senza aver prima preso visione di questi ultimi non è in condizione di comprendere appieno la sequenza degli eventi narrati nei precedenti (anche se successivi a livello temporale) 12 episodi della serie. Allo stesso modo, come è ‘sbagliato’ l’incipit, così è ‘sbagliato’ anche il finale, in cui gli autori sostanzialmente evitano di fornire le dovute spiegazioni, e anzi decidono di aprire nuovi scenari, che, se da un parte lasciano aperta la porta a un terza serie, dall’altra lasciano anche un certo senso di amaro in bocca. La serie, infatti, è coinvolgente e appassionante, ma proprio questi pregi rendono ancor più difficile digerire un finale che in sostanza rappresenta un nulla di fatto.
In conclusione <i>Darker than Black: Ryuusei no Gemini</i> è comunque una buona serie, e senza dubbio è una visione obbligata per chi ha apprezzato la prima stagione, tuttavia, nel momento in cui s’inizia la visione si deve avere bene in mente che le eventuali spiegazioni saranno tutte contenute nella futura terza serie, o almeno così si spera.