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Se si volesse rinominare la morbosità, non si dovrebbe vagare oltre, il titolo dell'opera in questione le calzerebbe a pennello. "Nisemonogatari", seconda trasposizione della collana di romanzi di Nishio Ishin dedicata alle vicende di Araragi Koyomi, lavoro che non posso che valutare a metà o, con un po' più di magnanimità, poco più. D'altronde che valore artistico potrei fornire all'ossessivo trastullo che l'ostentata tensione sessuale di gran parte della serie continua a propinare agli occhi degli spettatori?

Scendendo un momento dal piedistallo della disamina, iniziamo a trattare questa serie con meno accidia. L'opera prosegue, nella medesima collocazione temporale nella quale "Bakemonogatari" s'era interrotto, le vicende del sopra citato protagonista, l'ex-vampiro Araragi, la cui già notevole viziosità è destinata a crescere verso vette di lascivia mirabili.
Le vicende narrate saranno questa volta divise unicamente in due grandi archi, scelta che si rivelerà assai infelice data la linearità degli sviluppi, i quali porteranno la storia a vertere sulle vicende della famiglia Araragi, introducendo le sorelle di Koyomi con le relative relazioni verso il sovrannaturale. Così l'attenzione si calerà massimamente verso il rapporto del fratello con ciascuna delle due sorelle, riducendo nettamente la presenza scenica del grazioso harem che quell'irresistibile studente era andato formando nella precedente serie. Cionondimeno, si è riusciti a rendere ugualmente l'opera una celebrazione della più maestosa ninfomania, con un personaggio che quando non è obnubilato dalla propria ottusità pare l'incarnazione di un Es incontrollato alla costante ricerca della propria soddisfazione libidica.
Relegando quest'insofferenza verso il costume a seguire, la serie oscura la totalità dei comprimari delineati in "Bakemonogatari", introducendo per l'appunto le sorelle di Koyomi e taluni antagonisti, tutti caratterialmente sottili poco più d'uno spillo.
Abbiamo così un nuovo insieme di personaggi connotati da rara passività, i quali paiono più che altro spunti artificiosi volti a imbastire una pseudo-trama che, tirando le somme, nemmeno sussisterà, retta da un'ingombrante inerzia degli accadimenti.

Come colmare un simile vuoto di trama se non con le due panacee che l'animazione contemporanea ha scoperto agire splendidamente verso le mediocri pretese dell'attuale pubblico? E allora s'inneggi all'eccelsa qualità grafica, a onor del vero connotata da scenografie tristemente più banali rispetto a quelle decisamente più saporite e frenetiche di "Bakemonogatari" e al riempitivo per eccellenza, la sessualità spicciola e ridicola, il fanservice, che in "Nisemonogatari" pare divenire un'arte nella quale il regista si cimenta con virtuosismo impareggiabile.
Non si tratta d'infarcire qualche scena con immagini inopportune o vestire donzelle secondo abbigliamenti improbabili; in "Nisemonogatari" s'assiste all'ossessiva e ingiustificata ostentazione di inquadrature assolutamente estemporanee e inutilmente provocanti, storpiando diversi dialoghi a questa maniera, per poi coronare il lavoro con intere scene, per di più incestuose, dedicate al puro intrattenimento pateticamente perverso.
Non è mia intenzione tenere una lezione di morale, bensì accusare un utilizzo talmente strumentale dell'animazione che si svende così alle richieste più basse del pubblico, dimenticando sempre più il suo ruolo artistico, che, perlomeno, ci si augurerebbe che convivesse con la sua necessità d'essere un mezzo economicamente finalizzato.

Allibente è pure la mera quantità di eventi che viene trattata, rendendo l'intera serie un prolisso prologo a potenziali trasposizioni future di altri capitoli della saga di Ishin.
Seppur non venga toccata la trama effettiva, neppure si ricorre ai ripari, approfondendo le relazioni con i personaggi, nuovi o meno, in quanto, al di là delle comparse e dell'attribuzione dei relativi nomi, s'assiste al solo accenno di tratti caratteriali. Le stesse sorelle Araragi, sulle quali ingannevolmente si potrebbe supporre verta la serie, non sono che le ennesime concubine del fortunato protagonista e la loro effettiva funzione pare quella di rivelare le tenebrose profondità della perversione di quest'ultimo.

Da quest'epurazione e prostituzione di quanto imbastito in "Bakemonogatari" emergono così figure con nomi, non più personaggi, che si muovono in ambientazioni pregevolmente postmoderne, forti di un facilmente esauribile carisma consumato dalla sua stessa ripetitività e dall'abisso sul quale si regge. E tutte queste sagome scorrono sui binari di una necessità alquanto sempliciotta, rea della sua risibile volgarità.
Certo non tutto è da ardere, purtuttavia la serie si regge in tale frangente solo in forza delle reminiscenze del lavoro suo predecessore, evocando saltuariamente atmosfere gradevoli.
Tirando le somme di quanto sin qui discusso, "Nisemonogatari" non solo incorre nella medesima decadenza auto-inflittasi dal suo predecessore, ma riesce a consumare ancor più le proprie, ahimè, esistenti potenzialità e questo è ciò che cagiona il maggior dispiacere, appiattendo ruoli e vicende nella macina della banalità.