Recensione
Liar Game - The Final Stage
8.0/10
Recensione di puddipuddi
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Premesso che questa è la mia prima recensione, cercherò di fare del mio meglio per farvi conoscere ed apprezzare quest'opera quanto ho avuto modo di fare io.
"Liar Game - The Final Stage" conclude la saga di Shin'ichi Akiyama e Nao Kanzaki sia dal punto di vista della loro relazione personale, che da quello prettamente legato al messaggio che l'accostamento di questi due personaggi si propone di trasmettere. Pertanto, al contrario di come accade in molte altre serie, si giunge ad una conclusione che sia tale e che non lasci quel senso di incompiuto che tanto odio (non so voi).
Dopo 3 mesi dal termine delle semifinali del torneo, ecco che comincia il Final Stage, nel quale Nao finisce naturalmente invischiata, e dove ritroverà alcune vecchie conoscenze. Al contrario delle sessioni precedenti, questa volta il gioco è pensato per poter essere vinto da tutti i concorrenti, sempre che questi riescano a resistere alla tentazione di diventare gli unici beneficiari di un malloppo da ben 50.000.000.000 di yen, esposto in bella vista a perenne monito. Dunque, la carne al fuoco è tanta e Nao dovrà lottare come non mai, mettendosi in gioco in prima persona per raggiungere il suo obiettivo.
Proprio qui sta uno dei punti a favore di questo film, e della serie in generale: Nao è un personaggio che si evolve, seppure con fatica, con la difficoltà e il dolore che nasce dall'abbandonare o comunque superare le proprie convinzioni di tutta una vita, e che alla fine riesce ad emanciparsi dalla figura di Shini'chi, prendendo infine posto al suo fianco come sua pari, come compagna. Anche gli altri personaggi sono abbastanza credibili e meno stereotipati rispetto alle 2 serie, anche Fukunaga (il mitico funghetto!) alla fine lascia intendere di aver imparato qualcosa e Etou impara a prendere una posizione e non rimane l'"inetto" che conosciamo. Insomma, è un capitolo in cui si tirano le conclusioni e tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto.
Altro fatto non indifferente, si scopre anche chi c'è dietro a questo fantomatico LGT office, e devo dire che è una scelta credibile e sensata (temevo questa rivelazione, paventando come burattinaio un super-cattivo annoiato con manie di grandezza), nonché in linea con il messaggio che l'opera vuole trasmettere.
Proprio su questo punto vorrei soffermarmi, dandovi la mia personale interpretazione: Com'è evidente, Nao è (non voglio dire rappresenta, perché non ne è simbolo, ne è "concretizzazione") la speranza, la bontà e la fiducia. Ed è proprio questa fiducia che dalle prove e dalle delusioni, contro ogni previsione, esce rafforzata. Il "Liar Game" non è altro che trasposizione della vita stessa, della quotidianità fatta di egoismo e prevaricazione, menzogne e raggiri, fondata su rapporti di facciata e coltellate alle spalle quando l'occasione si fa propizia. Ma è questa fiducia che Nao riesce a tenere salda che alla fine pone le basi per lo smantellamento dell'intero sistema, e della sofferenza che ne deriva. Nao mostra questa sua verità con umiltà, con spirito di sacrificio: quello che predica lo fa. Ed è proprio mettendosi in gioco in prima persona che ha successo. Nel frattempo, "Akiyama-san" si riconferma il maestro indiscusso nel suo campo, ma si palesa adesso più di prima la sua ammirazione e il suo affetto nei confronti di Nao, dalla quale si fa guidare e consigliare, perdendo un po' la sua connotazione di figura distante e superba.
Per quanto concerne un'analisi lievemente più tecnica, le musiche sono piacevoli, ricalcano quelle della serie, e accompagnano lo svolgimento della storia senza essere preponderanti. Gli ambienti al contrario rivestono un ruolo di primo piano, sono ricchi di colore e vegetazione e trasmettono uno stridente contrasto con le vicende ben poco gioiose che vi hanno luogo.
Considerando la tipologia dell'opera, la recitazione degli attori è al di sopra della media questa volta, soprattutto Erika Toda ormai gestisce il personaggio di Nao con una maestria non indifferente. Nao non appare più la ragazza "troppo ingenua per il suo stesso bene" ma una donna forte, per sé e per gli altri, ai quali sa infondere speranza. Da notare altri due personaggi a mio avviso di grande carisma, Mei e Yukina, nonché l'incorreggibile Fukunaga (che quasi sicuramente alla fine vi strapperà un sorriso).
Tirando le somme questo film è un trionfo della bontà, ma di una bontà di cui quasi ci si vergogna tanto si è assuefatti al sistema: silenziosa, mascherata, ma che alberga in ognuno di noi ed aspetta solo di essere liberata.
"Liar Game - The Final Stage" conclude la saga di Shin'ichi Akiyama e Nao Kanzaki sia dal punto di vista della loro relazione personale, che da quello prettamente legato al messaggio che l'accostamento di questi due personaggi si propone di trasmettere. Pertanto, al contrario di come accade in molte altre serie, si giunge ad una conclusione che sia tale e che non lasci quel senso di incompiuto che tanto odio (non so voi).
Dopo 3 mesi dal termine delle semifinali del torneo, ecco che comincia il Final Stage, nel quale Nao finisce naturalmente invischiata, e dove ritroverà alcune vecchie conoscenze. Al contrario delle sessioni precedenti, questa volta il gioco è pensato per poter essere vinto da tutti i concorrenti, sempre che questi riescano a resistere alla tentazione di diventare gli unici beneficiari di un malloppo da ben 50.000.000.000 di yen, esposto in bella vista a perenne monito. Dunque, la carne al fuoco è tanta e Nao dovrà lottare come non mai, mettendosi in gioco in prima persona per raggiungere il suo obiettivo.
Proprio qui sta uno dei punti a favore di questo film, e della serie in generale: Nao è un personaggio che si evolve, seppure con fatica, con la difficoltà e il dolore che nasce dall'abbandonare o comunque superare le proprie convinzioni di tutta una vita, e che alla fine riesce ad emanciparsi dalla figura di Shini'chi, prendendo infine posto al suo fianco come sua pari, come compagna. Anche gli altri personaggi sono abbastanza credibili e meno stereotipati rispetto alle 2 serie, anche Fukunaga (il mitico funghetto!) alla fine lascia intendere di aver imparato qualcosa e Etou impara a prendere una posizione e non rimane l'"inetto" che conosciamo. Insomma, è un capitolo in cui si tirano le conclusioni e tutti i pezzi del puzzle vanno al loro posto.
Altro fatto non indifferente, si scopre anche chi c'è dietro a questo fantomatico LGT office, e devo dire che è una scelta credibile e sensata (temevo questa rivelazione, paventando come burattinaio un super-cattivo annoiato con manie di grandezza), nonché in linea con il messaggio che l'opera vuole trasmettere.
Proprio su questo punto vorrei soffermarmi, dandovi la mia personale interpretazione: Com'è evidente, Nao è (non voglio dire rappresenta, perché non ne è simbolo, ne è "concretizzazione") la speranza, la bontà e la fiducia. Ed è proprio questa fiducia che dalle prove e dalle delusioni, contro ogni previsione, esce rafforzata. Il "Liar Game" non è altro che trasposizione della vita stessa, della quotidianità fatta di egoismo e prevaricazione, menzogne e raggiri, fondata su rapporti di facciata e coltellate alle spalle quando l'occasione si fa propizia. Ma è questa fiducia che Nao riesce a tenere salda che alla fine pone le basi per lo smantellamento dell'intero sistema, e della sofferenza che ne deriva. Nao mostra questa sua verità con umiltà, con spirito di sacrificio: quello che predica lo fa. Ed è proprio mettendosi in gioco in prima persona che ha successo. Nel frattempo, "Akiyama-san" si riconferma il maestro indiscusso nel suo campo, ma si palesa adesso più di prima la sua ammirazione e il suo affetto nei confronti di Nao, dalla quale si fa guidare e consigliare, perdendo un po' la sua connotazione di figura distante e superba.
Per quanto concerne un'analisi lievemente più tecnica, le musiche sono piacevoli, ricalcano quelle della serie, e accompagnano lo svolgimento della storia senza essere preponderanti. Gli ambienti al contrario rivestono un ruolo di primo piano, sono ricchi di colore e vegetazione e trasmettono uno stridente contrasto con le vicende ben poco gioiose che vi hanno luogo.
Considerando la tipologia dell'opera, la recitazione degli attori è al di sopra della media questa volta, soprattutto Erika Toda ormai gestisce il personaggio di Nao con una maestria non indifferente. Nao non appare più la ragazza "troppo ingenua per il suo stesso bene" ma una donna forte, per sé e per gli altri, ai quali sa infondere speranza. Da notare altri due personaggi a mio avviso di grande carisma, Mei e Yukina, nonché l'incorreggibile Fukunaga (che quasi sicuramente alla fine vi strapperà un sorriso).
Tirando le somme questo film è un trionfo della bontà, ma di una bontà di cui quasi ci si vergogna tanto si è assuefatti al sistema: silenziosa, mascherata, ma che alberga in ognuno di noi ed aspetta solo di essere liberata.