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9.0/10
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<b>Attenzione: la recensione contiene spoiler</b>

Prima di parlare di "Tenshi no Koi", o come lo chiameremo in italiano, traducendo il titolo internazionale che stavolta rende giustizia al contenuto del film a cui è affibbiato, "I miei giorni piovosi", c'è da dire che da parte di un qualsiasi spettatore considerare questo film simile, se non peggio, a un film di Moccia è un insulto pesante, se non blasfemo.
La tematica non è poi tanto lontana dalla verità sociale che imperversa da anni in Giappone: tanti sono infatti i giovani, ragazze ma anche ragazzi, che si prostituiscono in maniere più o meno evidenti per raggiungere la ricchezza o quanto meno l'agiatezza economica di cui pochi sembrano realmente disporre. Come aveva già mostrato il documentario uscito nel 2006 "The Great Happiness Space: Tale of an Osaka Love Thief", che aveva provocato non poco stupore, se non ribrezzo, e in alcuni casi approvazione nei più alti ambienti statunitensi ed europei, l'amore in Giappone si compra a qualsiasi età e prezzo. Certo, se il documentario mostrava in maniera più cruda la realtà degli Host Club e dei locali e bagni per uomini, questo film, uscito tre anni dopo, è molto più limpido, mostrando tuttavia fin dove arriva la corruzione della personalità e quindi direttamente di sé stessi.

Rio è la protagonista diciassettenne di questo film, che nei primi fotogrammi vediamo con due anni di meno mentre si trova in ospedale per fare degli accertamenti (che poi si scopriranno legati a un incidente), mentre in un'altra stanza, ma con il suo stesso cognome (della serie: a volte il caso tira strani scherzi), a Kouki, un uomo sulla trentina, viene pronosticato un tumore che lo porterà a una triste fine, senza forze o memoria: terribile per lui che studia e insegna storia all'università, ma soprattutto gli viene data una data termine, due anni di vita.
Rincontriamo pochi fotogrammi più tardi i nostri protagonisti, proprio verso lo scadere del tempo. Lei ha messo su un gruppo di prostituzione con le amiche, inganna per procurarsi nuove alleate in un gioco che non solo è disgustoso, ma anche impregnato dall'odore meschino del denaro, intrattiene una relazione con una compagna di classe che in lei (e questo lo capiremo solo a fine film) vede l'unica luce della sua vita, ma soprattutto mostra cosa comporta la mancanza di una figura genitoriale. Lui invece, sbadato, cerca di farsi delle foto per il suo funerale. Il caso vuole che ritirando le fotografie i due si scambino i pacchi per via del caso di omonimia: è qui che nasce il film, ciò che stavamo aspettando. Per Rio è un colpo di fulmine, non solo riesce a incontrare l'uomo, a detta delle sue amiche strano, rappresentato nelle foto, ma, anzi, lo esamina, lo segue, ci studia e sempre di più se innamora, arrivando ad accontentarsi di un appuntamento, non da manga come ci si aspetta alla sua età, ma da adulti, in giro per siti storici o in biblioteca. Lui le nasconde la verità fino all'ultimo, mostrando come l'amore riesca spesso a ridare vita e speranza ad una persona che l'ha completamente persa.

La pioggia qui è simbolica: segna la fine ma anche l'inizio di una nuova storia.
Certamente il film va capito nelle sue sfumature, nelle piccole realtà della vita, ma è in questo che si discosta mostrando come anche i più giovani possano essere capaci di grandi cose, sia in senso positivo che negativo.
La regia mi è piaciuta molto, buoni i tempi di gestione, ottimo il cast, soprattutto Shōsuke Tanihara (Kouki). Consiglio il film vivamente.