Recensione
Sword Art Online
4.0/10
I MMORPG (giochi di ruolo online multigiocatore di massa) sono un bel modo per staccare dalle fatiche della vita quotidiana per qualche ora, immergendosi in un mondo fantastico dove si può essere prodi guerrieri, affrontare grandi sfide e conoscere gente da tutto il mondo. Il divertimento però si trasforma in incubo quando si viene a scoprire che non si può fare il log out, che se si muore nel gioco si muore anche nel mondo reale e che, se qualcuno nel mondo reale stacca a forza il giocatore, egli muore.
L'unica soluzione per uscire dall'incubo è finire il gioco.
Questi sono gli avvenimenti del primo episodio di "Sword Art Online", che si presenta come un interessante survival. Seguiamo quindi le avventure di Kazuto Kirigaya, nickname Kirito, beta-tester del MMORPG a realtà virtuale Sword Art Online, intrappolato come migliaia di altre persone nel gioco.
Date le premesse mi sarei aspettato un'atmosfera cupa, di disperazione, dato che la morte è sempre dietro l'angolo. Ciò accade solo nel terzo episodio, perché poi fino al settimo si assiste ad avvenimenti a sé stanti, con grandi salti temporali tra uno e l'altro che rendono difficile la comprensione di ciò che accade. Certo, si vengono pian piano a conoscere le dinamiche del gioco, ma non essendoci un unico filo conduttore la visione mi è risultata abbastanza pesante. Dall'ottavo episodio in poi la storia ingrana.
Il comportamento del protagonista è particolare, poiché a differenza di tutti, che si coalizzano in gilde (l'unione fa la forza, a maggior ragione se si rischia davvero la vita), sta da solo, ed è comunque molto più forte della media. Tale enorme squilibrio è giustificato all'inizio, poiché essendo lui un beta-tester è normale che sappia più cose degli altri, ma non lo è più col procedere degli episodi. È anche da notare che il suo atteggiamento nei confronti degli altri cambia in ogni episodio, rendendo così difficile inquadrare bene il personaggio. Kirito conoscerà col passare del tempo numerose ragazze, tutte molto carine e che si innamorano subito si lui. Si viene quindi a creare un harem. Oltre all'harem ci sarà anche una vera e propria storia d'amore, a mio avviso sviluppata male e troppo velocemente, perché anche la ragazza, come Kirito, cambia atteggiamento ad ogni episodio, passando da arrabbiata senza motivo a innamorata pazza nel giro di poco.
Numerose sono le forzature nella trama: oltre al già citato enorme squilibrio di forza tra il protagonista e gli altri, ci sono abilità che spuntano dal nulla (chiunque conosca i giochi di ruolo sa che non è possibile), software che possono provare sentimenti, personaggi che prima dicono che faranno una cosa e un attimo dopo fanno tutto l'opposto, altri che muoiono e risorgono... insomma, un insulto ai veri giochi di ruolo e alla logica per tutta la durata della serie.
Si potrebbe anche soprassedere sulle numerose forzature se i personaggi fossero ben delineati, e invece no, perché i due protagonisti come già detto cambiano atteggiamento in continuazione, e quasi tutti i comprimari sono appena abbozzati, quando non sono veri e propri stereotipi. Non che ci sia niente di male se c'è qualche stereotipo o elemento che strizza l'occhio a una certa fetta di pubblico, ma in "Sword Art Online" ce n'è una sovrabbondanza: harem, tsundere, moe, tettone, loli, sister complex, daughter complex, furry, tentacle rape, BDSM.
Altro elemento che ho trovato molto fastidioso è il piagnisteo facile e ingiustificato di alcuni personaggi, che invece di farmi commuovere mi faceva ridere, ottenendo così l'effetto opposto.
Ma la cosa peggiore è che invece di incentivare le persone a giocare di meno, il messaggio che viene lanciato è che nel mondo virtuale i sentimenti e le persone sono uguali a quelle del mondo reale. Lo trovo davvero ridicolo.
Non posso però nascondere che ci siano anche degli elementi molto pregevoli, come le sigle di apertura e chiusura, la colonna sonora, l'ambientazione dei mondi virtuali e il character design, in particolare dei personaggi femminili e dei loro abiti. Menzione speciale ai combattimenti, che purtroppo sono pochi e brevi, ma che mi hanno trasmesso una carica e un'adrenalina incredibile, anche grazie a delle animazioni eccellenti.
Dunque "Sword Art Online" eccelle nella forma ma è molto scarno nella sostanza, cosa che lo colloca ben lontano dalla sufficienza. Un vero peccato, perché le premesse erano ottime.
L'unica soluzione per uscire dall'incubo è finire il gioco.
Questi sono gli avvenimenti del primo episodio di "Sword Art Online", che si presenta come un interessante survival. Seguiamo quindi le avventure di Kazuto Kirigaya, nickname Kirito, beta-tester del MMORPG a realtà virtuale Sword Art Online, intrappolato come migliaia di altre persone nel gioco.
Date le premesse mi sarei aspettato un'atmosfera cupa, di disperazione, dato che la morte è sempre dietro l'angolo. Ciò accade solo nel terzo episodio, perché poi fino al settimo si assiste ad avvenimenti a sé stanti, con grandi salti temporali tra uno e l'altro che rendono difficile la comprensione di ciò che accade. Certo, si vengono pian piano a conoscere le dinamiche del gioco, ma non essendoci un unico filo conduttore la visione mi è risultata abbastanza pesante. Dall'ottavo episodio in poi la storia ingrana.
Il comportamento del protagonista è particolare, poiché a differenza di tutti, che si coalizzano in gilde (l'unione fa la forza, a maggior ragione se si rischia davvero la vita), sta da solo, ed è comunque molto più forte della media. Tale enorme squilibrio è giustificato all'inizio, poiché essendo lui un beta-tester è normale che sappia più cose degli altri, ma non lo è più col procedere degli episodi. È anche da notare che il suo atteggiamento nei confronti degli altri cambia in ogni episodio, rendendo così difficile inquadrare bene il personaggio. Kirito conoscerà col passare del tempo numerose ragazze, tutte molto carine e che si innamorano subito si lui. Si viene quindi a creare un harem. Oltre all'harem ci sarà anche una vera e propria storia d'amore, a mio avviso sviluppata male e troppo velocemente, perché anche la ragazza, come Kirito, cambia atteggiamento ad ogni episodio, passando da arrabbiata senza motivo a innamorata pazza nel giro di poco.
Numerose sono le forzature nella trama: oltre al già citato enorme squilibrio di forza tra il protagonista e gli altri, ci sono abilità che spuntano dal nulla (chiunque conosca i giochi di ruolo sa che non è possibile), software che possono provare sentimenti, personaggi che prima dicono che faranno una cosa e un attimo dopo fanno tutto l'opposto, altri che muoiono e risorgono... insomma, un insulto ai veri giochi di ruolo e alla logica per tutta la durata della serie.
Si potrebbe anche soprassedere sulle numerose forzature se i personaggi fossero ben delineati, e invece no, perché i due protagonisti come già detto cambiano atteggiamento in continuazione, e quasi tutti i comprimari sono appena abbozzati, quando non sono veri e propri stereotipi. Non che ci sia niente di male se c'è qualche stereotipo o elemento che strizza l'occhio a una certa fetta di pubblico, ma in "Sword Art Online" ce n'è una sovrabbondanza: harem, tsundere, moe, tettone, loli, sister complex, daughter complex, furry, tentacle rape, BDSM.
Altro elemento che ho trovato molto fastidioso è il piagnisteo facile e ingiustificato di alcuni personaggi, che invece di farmi commuovere mi faceva ridere, ottenendo così l'effetto opposto.
Ma la cosa peggiore è che invece di incentivare le persone a giocare di meno, il messaggio che viene lanciato è che nel mondo virtuale i sentimenti e le persone sono uguali a quelle del mondo reale. Lo trovo davvero ridicolo.
Non posso però nascondere che ci siano anche degli elementi molto pregevoli, come le sigle di apertura e chiusura, la colonna sonora, l'ambientazione dei mondi virtuali e il character design, in particolare dei personaggi femminili e dei loro abiti. Menzione speciale ai combattimenti, che purtroppo sono pochi e brevi, ma che mi hanno trasmesso una carica e un'adrenalina incredibile, anche grazie a delle animazioni eccellenti.
Dunque "Sword Art Online" eccelle nella forma ma è molto scarno nella sostanza, cosa che lo colloca ben lontano dalla sufficienza. Un vero peccato, perché le premesse erano ottime.