Recensione
Maria-sama ga miteru
7.0/10
Maria-sama ga miteru (abbreviato dai fan in Marimite) è la prima serie di tredici episodi di un prodotto sviluppato successivamente attraverso altre due serie TV e una serie OAV (tutti tratti da una light novel di Oyuki Konno). Si tratta di uno shoujo piuttosto tradizionale, con ambientazione scolastica e diversi elementi dal sapore yuri, cioè lesbico (o piuttosto shoujo-ai, vista la castità e la vena platonica delle relazioni tra le protagoniste).
Il titolo significa letteralmente "La Vergine Maria vi guarda", ma può essere tradotto anche come "Vergine Maria, veglia su di noi". La storia, infatti, è ambientata nell'Istituto Lillian, una scuola femminile cattolica: nel giardino, le ragazze sono solite raccogliersi in preghiera davanti a una statua della Madonna, da cui il titolo. Nell'istituto vige un complesso sistema gerarchico di relazione tra le varie studentesse. In primo luogo ogni studentessa più piccola può stringere un rapporto privilegiato con un'altra più grande, ricevendo da questa il suo rosario e diventando sorelle: rispettivamente petite soeur la minore e grande soeur la maggiore (la più grande delle due ragazze verrà quindi chiamata dall'altra onee-sama, cioè sorella maggiore). Come in ogni scuola privata per signorine che si rispetti, c'è un'élite di studentesse che guida tutte le altre (si pensi alla "Sorority" di Lady Miya in Caro fratello): costoro fanno parte del consiglio studentesco, chiamato "Yamayurikai" (Società del giglio di montagna). Quest'ultimo è composto da tre studentesse del terzo anno, soprannominate con i nomi latini di tre fiori di rosa: Gigantea, Chinensis, Foetida. Visto che ciascun membro ha una petite soeur, queste ultime sono definite rose en bouton (bocciolo) delle rispettive sorelle maggiori: quindi Rosa Gigantea en bouton, Rosa Chinensis en bouton, Rosa Foetida en bouton. Ovviamente anche i boutons, essendo studentesse del secondo anno, hanno delle sorelle minori (ciascuna delle quali è chiamata petite soeur di Rosa (Nome) en bouton). Tutta questa tiritera è necessaria per capire lo svolgersi dei primi episodi (io francamente nel primo episodio ho avuto un po' di difficoltà a raccapezzarmi, quindi mi sono fatto uno schemino delle varie "famiglie" di Rose, manco stessi leggendo un romanzo russo...).
Veniamo alla trama: Yumi Fukuzawa, studentessa del primo anno senza nessuna dote particolare, viene casualmente scelta da Sachiko Ogasawara (Rosa Chinensis en bouton) come sua sorella minore. La ragazzina si troverà quindi coinvolta nelle attività dello Yamayurikai, il consiglio studentesco. Detta così, chiunque abbia visto Caro fratello di Riyoko Ikeda/Osamu Dezaki avrà pensato a quella serie (Nanako Misono, studentessa del primo anno senza nessuna dote particolare, viene casualmente scelta per entrare nell'esclusiva "Sorority"). Bene, come si noterà fin dal primo episodio, le somiglianze con quella storica serie finiscono qui. Caro fratello era un dramma esistenziale, sociologico, psicologico (tutti i -logico che volete) e nel mezzo c'erano droghe, suicidi, intrighi incredibili, sentimenti incestuosi e via discorrendo (insomma, uno shoujo drammatico anni Settanta portato ai massimi livelli del melodramma).
Marimite è di tutta un'altra pasta, visto che è praticamente uno slice of life: non c'è una vera e propria trama, visto che nei tredici episodi si susseguono gli eventi della vita quotidiana delle ragazze, senza che accada mai qualcosa di veramente significativo (almeno per lo spettatore esterno). Se da un lato questo può sembrare positivo, perché darebbe modo di offrire un ritratto sincero e interessante della psicologia di giovani ragazze (rispetto agli estremismi da tragedia greca di Riyoko Ikeda), dall'altro si può purtroppo sottolineare lo scadimento generale nella sagra dello stereotipo poco interessante delle "ragazze giapponesi idealizzate".
Yumi è dolce, simpatica, allegra, buffa e imbranata (e quindi perfettamente inadatta al ruolo che casualmente si trova a ricoprire, ma proprio per questo apprezzata da tutte le studentesse del consiglio); Sachiko è la ragazza benestante, apparentemente algida e fredda, ma in realtà di buon cuore (e ovviamente svilupperà una sincera amicizia per Yumi). Gli altri membri dello Yamayurikai non vanno oltre: c'è la coppia Rei (Rosa Foetida en bouton) e Yoshino (sua petite soeur), rispettivamente la ragazza dall'aspetto molto mascolino (fisicamente è la copia sputata di Sailor Uranus) ma in realtà con indole estremamente femminile e versata nelle faccende domestiche (vedi Sailor Jupiter), e l'altra la ragazzina fragile e malaticcia, apparentemente l'emblema della femminilità ma in realtà con hobby più indirizzati ai maschi (viva la fantasia). C'è poi Shimako, diventata Rosa Gigantea en bouton pur essendo del primo anno, che è la ragazza bellissima e dai capelli ondulati e svolazzanti, che parla sempre e comunque sospirando (la doppiatrice è odiosa) e si preoccupa di non calpestare frutti e fiori caduti dagli alberi (!). Sua sorella maggiore è Sei (Rosa Gigantea), ragazzona molto burlona (e l'unica che praticamente si può dire davvero lesbica) che in realtà nasconde un passato malinconico e doloroso, celato sotto una maschera di allegria (viva la fantasia 2). I caratteri di Yoko (Rosa Chinensis) e Eriko (Rosa Foetida) non pervenuti. Personaggi maschili - due, un fratello e un cugino, manco i padri esistono - non pervenuti. Tutte le altre studentesse della scuola non escono dal branco dello stereotipo inutile (la fotografa impicciona, il capo del giornalino, pure lei impicciona ecc.).
Questo "imprevedibile" cast è quindi ovviamente prevedibilissimo. Le povere fanciulle si troveranno a dover affrontare difficoltà inimmaginabili: e la rappresentazione teatrale di Cenerentola in cui «ma dovevo ballare con Sailor Uranus, ora che devo ballare con un maschio vero sono in crisi e non se ne parla», e la tizia venuta dal nulla che si candida a membro dello Yamayurikai per il prossimo anno «oddio, la povera Shimako rischia di non passare automaticamente alla digievoluzione in Rosa», e la festa di San Valentino «oddio ma le piaceranno i cioccolatini e come diamine si fa a farli?», e la caccia al tesoro della scuola che permetterà di uscire con le Rose en bouton con «studentessa infame che cerca di barare e fregare la povera Yumi», e il primo appuntamento «oddio come mi vesto, dove la porto, cosa facciamo, dove mangiamo, come faccio con soli 3000 yen, sembra che io non sia mai uscita di casa per andare in centro con le amiche». Tutto questo ovviamente - insieme a sospiri, rosari e preghierine - avverrà sotto gli occhi della candida statua della Vergine Maria, che si sarà fatta quattro risate. Gli unici momenti un po' più seri e realistici (o per lo meno accettabili per chi è stato adolescente senza farsi tutti questi problemi) sono gli episodi su uno dei personaggi che deve subire un'operazione e quello sul passato di una delle ragazze (sebbene con sviluppi un po' improbabili).
Detto questo, uno si aspetterebbe una stroncatura totale della serie, mentre ho deciso di dare a Marimite un bel 7 pieno. Nonostante, infatti, la matassa di semplicità e di irrealtà banalotta - va bene che le ragazze giapponesi hanno un'educazione diversa dalla nostra, ma non ci credo che si fanno dei film mentali perché a sedici anni non sono in grado di andare in centro per un pomeriggio o che non sappiano come si ordini e si mangi al MacDonald's - la serie scorre piuttosto piacevolmente e risulta piuttosto rilassante (a tratti anche divertente, proprio per l'inadeguatezza delle protagoniste al mondo reale). Anche il livello tecnico risulta abbastanza piacevole: le animazioni sono quanto di più essenziale ci sia, pure loro quasi non pervenute (ma raramente le fanciulle fanno più che camminare e parlare), ma il character design è riuscito e molto da shoujo di fine anni Novanta/primi anni Duemila; le musiche sono piuttosto dolci, anche se limitate in numero (in compenso c'è un po' di musica classica e di opera, che è sempre un piacere). Il doppiaggio è molto buono, soprattutto Yumi e Sachiko (l'unica che ho trovato tremenda e odiosa è Shimako: non c'è una scena in cui la doppiatrice non abbia "recitato" sospirando con la bocca attaccata al microfono, ovviamente sempre con lo stesso tono monocorde: fiati e colore della voce, questi sconosciuti).
Esco dalla costola dello shoujo anni Settanta, quello iper drammatico e melò (e, infatti, il più volte citato Caro fratello, nonostante sia diversamente ma altrettanto irrealistico, è una delle mie serie preferite). Nonostante questo ho apprezzato Marimite per la sua semplicità un po' ingenua e sciocca, che ci presenta un mondo femminile quanto mai idealizzato e irreale, ma senza dubbio estremamente rilassante (e poi, ogni tanto, un cuore cinico ha bisogno di un pochino di zucchero, no?). Consigliato a chi predilige lo slice of life, il romanticismo da adolescente ingenua, le ragazze caste e pure (sconsigliato a tutti gli altri, vi annoiereste a morte).
Il titolo significa letteralmente "La Vergine Maria vi guarda", ma può essere tradotto anche come "Vergine Maria, veglia su di noi". La storia, infatti, è ambientata nell'Istituto Lillian, una scuola femminile cattolica: nel giardino, le ragazze sono solite raccogliersi in preghiera davanti a una statua della Madonna, da cui il titolo. Nell'istituto vige un complesso sistema gerarchico di relazione tra le varie studentesse. In primo luogo ogni studentessa più piccola può stringere un rapporto privilegiato con un'altra più grande, ricevendo da questa il suo rosario e diventando sorelle: rispettivamente petite soeur la minore e grande soeur la maggiore (la più grande delle due ragazze verrà quindi chiamata dall'altra onee-sama, cioè sorella maggiore). Come in ogni scuola privata per signorine che si rispetti, c'è un'élite di studentesse che guida tutte le altre (si pensi alla "Sorority" di Lady Miya in Caro fratello): costoro fanno parte del consiglio studentesco, chiamato "Yamayurikai" (Società del giglio di montagna). Quest'ultimo è composto da tre studentesse del terzo anno, soprannominate con i nomi latini di tre fiori di rosa: Gigantea, Chinensis, Foetida. Visto che ciascun membro ha una petite soeur, queste ultime sono definite rose en bouton (bocciolo) delle rispettive sorelle maggiori: quindi Rosa Gigantea en bouton, Rosa Chinensis en bouton, Rosa Foetida en bouton. Ovviamente anche i boutons, essendo studentesse del secondo anno, hanno delle sorelle minori (ciascuna delle quali è chiamata petite soeur di Rosa (Nome) en bouton). Tutta questa tiritera è necessaria per capire lo svolgersi dei primi episodi (io francamente nel primo episodio ho avuto un po' di difficoltà a raccapezzarmi, quindi mi sono fatto uno schemino delle varie "famiglie" di Rose, manco stessi leggendo un romanzo russo...).
Veniamo alla trama: Yumi Fukuzawa, studentessa del primo anno senza nessuna dote particolare, viene casualmente scelta da Sachiko Ogasawara (Rosa Chinensis en bouton) come sua sorella minore. La ragazzina si troverà quindi coinvolta nelle attività dello Yamayurikai, il consiglio studentesco. Detta così, chiunque abbia visto Caro fratello di Riyoko Ikeda/Osamu Dezaki avrà pensato a quella serie (Nanako Misono, studentessa del primo anno senza nessuna dote particolare, viene casualmente scelta per entrare nell'esclusiva "Sorority"). Bene, come si noterà fin dal primo episodio, le somiglianze con quella storica serie finiscono qui. Caro fratello era un dramma esistenziale, sociologico, psicologico (tutti i -logico che volete) e nel mezzo c'erano droghe, suicidi, intrighi incredibili, sentimenti incestuosi e via discorrendo (insomma, uno shoujo drammatico anni Settanta portato ai massimi livelli del melodramma).
Marimite è di tutta un'altra pasta, visto che è praticamente uno slice of life: non c'è una vera e propria trama, visto che nei tredici episodi si susseguono gli eventi della vita quotidiana delle ragazze, senza che accada mai qualcosa di veramente significativo (almeno per lo spettatore esterno). Se da un lato questo può sembrare positivo, perché darebbe modo di offrire un ritratto sincero e interessante della psicologia di giovani ragazze (rispetto agli estremismi da tragedia greca di Riyoko Ikeda), dall'altro si può purtroppo sottolineare lo scadimento generale nella sagra dello stereotipo poco interessante delle "ragazze giapponesi idealizzate".
Yumi è dolce, simpatica, allegra, buffa e imbranata (e quindi perfettamente inadatta al ruolo che casualmente si trova a ricoprire, ma proprio per questo apprezzata da tutte le studentesse del consiglio); Sachiko è la ragazza benestante, apparentemente algida e fredda, ma in realtà di buon cuore (e ovviamente svilupperà una sincera amicizia per Yumi). Gli altri membri dello Yamayurikai non vanno oltre: c'è la coppia Rei (Rosa Foetida en bouton) e Yoshino (sua petite soeur), rispettivamente la ragazza dall'aspetto molto mascolino (fisicamente è la copia sputata di Sailor Uranus) ma in realtà con indole estremamente femminile e versata nelle faccende domestiche (vedi Sailor Jupiter), e l'altra la ragazzina fragile e malaticcia, apparentemente l'emblema della femminilità ma in realtà con hobby più indirizzati ai maschi (viva la fantasia). C'è poi Shimako, diventata Rosa Gigantea en bouton pur essendo del primo anno, che è la ragazza bellissima e dai capelli ondulati e svolazzanti, che parla sempre e comunque sospirando (la doppiatrice è odiosa) e si preoccupa di non calpestare frutti e fiori caduti dagli alberi (!). Sua sorella maggiore è Sei (Rosa Gigantea), ragazzona molto burlona (e l'unica che praticamente si può dire davvero lesbica) che in realtà nasconde un passato malinconico e doloroso, celato sotto una maschera di allegria (viva la fantasia 2). I caratteri di Yoko (Rosa Chinensis) e Eriko (Rosa Foetida) non pervenuti. Personaggi maschili - due, un fratello e un cugino, manco i padri esistono - non pervenuti. Tutte le altre studentesse della scuola non escono dal branco dello stereotipo inutile (la fotografa impicciona, il capo del giornalino, pure lei impicciona ecc.).
Questo "imprevedibile" cast è quindi ovviamente prevedibilissimo. Le povere fanciulle si troveranno a dover affrontare difficoltà inimmaginabili: e la rappresentazione teatrale di Cenerentola in cui «ma dovevo ballare con Sailor Uranus, ora che devo ballare con un maschio vero sono in crisi e non se ne parla», e la tizia venuta dal nulla che si candida a membro dello Yamayurikai per il prossimo anno «oddio, la povera Shimako rischia di non passare automaticamente alla digievoluzione in Rosa», e la festa di San Valentino «oddio ma le piaceranno i cioccolatini e come diamine si fa a farli?», e la caccia al tesoro della scuola che permetterà di uscire con le Rose en bouton con «studentessa infame che cerca di barare e fregare la povera Yumi», e il primo appuntamento «oddio come mi vesto, dove la porto, cosa facciamo, dove mangiamo, come faccio con soli 3000 yen, sembra che io non sia mai uscita di casa per andare in centro con le amiche». Tutto questo ovviamente - insieme a sospiri, rosari e preghierine - avverrà sotto gli occhi della candida statua della Vergine Maria, che si sarà fatta quattro risate. Gli unici momenti un po' più seri e realistici (o per lo meno accettabili per chi è stato adolescente senza farsi tutti questi problemi) sono gli episodi su uno dei personaggi che deve subire un'operazione e quello sul passato di una delle ragazze (sebbene con sviluppi un po' improbabili).
Detto questo, uno si aspetterebbe una stroncatura totale della serie, mentre ho deciso di dare a Marimite un bel 7 pieno. Nonostante, infatti, la matassa di semplicità e di irrealtà banalotta - va bene che le ragazze giapponesi hanno un'educazione diversa dalla nostra, ma non ci credo che si fanno dei film mentali perché a sedici anni non sono in grado di andare in centro per un pomeriggio o che non sappiano come si ordini e si mangi al MacDonald's - la serie scorre piuttosto piacevolmente e risulta piuttosto rilassante (a tratti anche divertente, proprio per l'inadeguatezza delle protagoniste al mondo reale). Anche il livello tecnico risulta abbastanza piacevole: le animazioni sono quanto di più essenziale ci sia, pure loro quasi non pervenute (ma raramente le fanciulle fanno più che camminare e parlare), ma il character design è riuscito e molto da shoujo di fine anni Novanta/primi anni Duemila; le musiche sono piuttosto dolci, anche se limitate in numero (in compenso c'è un po' di musica classica e di opera, che è sempre un piacere). Il doppiaggio è molto buono, soprattutto Yumi e Sachiko (l'unica che ho trovato tremenda e odiosa è Shimako: non c'è una scena in cui la doppiatrice non abbia "recitato" sospirando con la bocca attaccata al microfono, ovviamente sempre con lo stesso tono monocorde: fiati e colore della voce, questi sconosciuti).
Esco dalla costola dello shoujo anni Settanta, quello iper drammatico e melò (e, infatti, il più volte citato Caro fratello, nonostante sia diversamente ma altrettanto irrealistico, è una delle mie serie preferite). Nonostante questo ho apprezzato Marimite per la sua semplicità un po' ingenua e sciocca, che ci presenta un mondo femminile quanto mai idealizzato e irreale, ma senza dubbio estremamente rilassante (e poi, ogni tanto, un cuore cinico ha bisogno di un pochino di zucchero, no?). Consigliato a chi predilige lo slice of life, il romanticismo da adolescente ingenua, le ragazze caste e pure (sconsigliato a tutti gli altri, vi annoiereste a morte).