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"In ogni era e in ogni luogo, le azioni dell'uomo restano le stesse."

I. Una doverosa introduzione
Trovo piuttosto arduo scrivere una recensione di quella che, con ogni probabilità, è la più ambiziosa e maestosa serie animata "non originale" mai pubblicata per l'home video. Ci proverò ugualmente, anche se avrò bisogno di suddividere il testo in paragrafi titolati: chi legge i miei scritti sa che non uso mai questo escamotage, ma riconosco che, nel presente caso, possa essere utile per me stesso e per l'eventuale impavido lettore. Avviata nel 1988 dall'OAV intitolato My Conquest is the Sea of Stars, la serie di Legend of the Galactic Heroes (o "Ginga Eiyū Densetsu", in lingua originale, o ancora "Heldensage vom Kosmosinsel", nell'errata traslitterazione in tedesco avanzata dagli autori) è tratta dall'omonima serie di romanzi scritti da Yoshiki Tanaka ed è suddivisa in quattro parti distribuite tra il 1989 e il 1997. Mettendo da parte il primato di "serie OAV più lunga della storia" con i suoi centodieci episodi e la presenza di alcuni "difetti" tecnici, Legend of the Galactic Heroes (per comodità, d'ora in avanti abbrevierò il titolo in "LoGH") è un'opera validissima che però potrebbe intimorire lo spettatore occasionale per via della sua mole imponente, per i suoi temi non proprio leggeri né di semplice fruizione e, infine, a causa della reperibilità soltanto parziale nella nostra lingua. Fin da subito, mi si potrebbe obiettare che centodieci episodi non rappresentino una mole poi così cospicua: difatti, sappiamo quasi tutti che alcune serie superano ampiamente un simile quantitativo di episodi, ma è pur vero che, a livello di contenuti, ogni episodio di LoGH è talmente intenso e complesso da richiedere una concentrazione e un'attenzione non indifferenti da parte dello spettatore, e a un grado ben maggiore rispetto a un prodotto standard. Comunque, più avanti avrò modo di trattare meglio quanto elencato sopra: per il momento sarà il caso di cominciare tracciando per sommi capi le caratteristiche principali della trama complessa e dei molteplici personaggi che costellano la serie.

II. Prime considerazioni sulla trama
Raccontare per filo e per segno la trama di LoGH senza rivelare dettagli importanti è, ahimè o per fortuna, un'impresa sostanzialmente impossibile. Tenendo conto del fatto che lo stralcio di trama presente sul sito è stato riveduto e corretto dal sottoscritto, penso sia inutile ripetere le stesse cose anche qui. Come già ricordato in altre mie recensioni, prima di accingermi a visionare la serie di LoGH, è stata mia premura guardare i due film introduttivi, il primo dei quali funge da prologo (il già citato My Conquest is the Sea of Stars) e il secondo, Overture to a New War, è un rifacimento coi fiocchi dei primi due episodi della serie: questi, infatti, peccano di una certa fretta nell'esposizione di informazioni e tattiche militari, rendendone quindi la visione pesante e poco godibile. Per questo motivo, sarebbe un errore soffermarsi a suddetti episodi, poiché già dal terzo in poi il canovaccio si ramifica a dismisura e in maniera ben più organica: gli episodi incentrati su strategie militari, grandi battaglie ed eventi politici da un lato e quelli che, invece, pongono l'accento sull'approfondimento dei personaggi e delle loro relazioni interpersonali dall'altro, creano una lenta ma costante progressione narrativa caratterizzata talvolta da rapidi picchi e da climax d'effetto al termine di ogni "stagione". Tali culmini narrativi sfociano sia nella morte di un personaggio di rilievo (prima, terza e quarta stagione) sia in un evento di portata epocale (fine della seconda stagione) sia in entrambi gli sviluppi contemporaneamente. Da rilevare che nessun elemento della trama appare futile e ciò perché quest'ultima, forte della genialità dell'autore dei romanzi originali, è orchestrata in modo da funzionare sempre e comunque, sicché a ogni evento ne corrispondono altri del tutto consequenziali e logici. Ciò non vuol dire che nella serie non siano presenti dei colpi di scena, anzi, ce ne sono parecchi e alcuni sono abbastanza scioccanti e drammatici: il punto è che tutto funziona bene, a ogni causa corrisponde un effetto e non si avverte mai la sensazione di trovarsi di fronte a palesi forzature. Personalmente, trovo sia molto raro imbattersi in un'opera la cui sceneggiatura non scada mai nel prevedibile e che non zoppichi qua e là. Dal canto suo, grazie anche all'eccellente adattamento ad opera di un manipolo di sceneggiatori che ha saputo rendere giustizia al materiale originale, LoGH è totalmente esente da suddetti problemi ed è in grado di stupirci sempre con la sua imprevedibilità. Insomma, nonostante la sua notevole complessità e i numerosi sviluppi intricati e stratificati, la trama non subisce battute d'arresto e si regge in piedi con assoluta costanza.

III. I personaggi: un profilo generale
Complice di una base strutturale così solida è, certamente, l'ampia pletora di personaggi che costituisce una parte fondamentale del cuore pulsante della serie. Come accennato nell'abbozzo di trama del sito al quale ho contribuito, sullo sfondo di una guerra intergalattica in un lontano futuro seguiamo da vicino le vicissitudini e i rapporti interpersonali di due rappresentanti delle rispettive parti: Reinhard von Müsel per l'Impero e Yang Wenli per l'Alleanza dei Pianeti Liberi. Il primo è il tipico "self-made man", l'uomo che si è fatto da solo: un po' come Napoleone Bonaparte. Infatti, Reinhard non ha nobili natali né, tanto meno, raccomandazioni di alcun tipo. Una volta entrato a far parte dell'esercito, battaglia dopo battaglia, il giovane dai capelli d'oro dimostra le sue ineguagliabili doti strategiche, raggiungendo, infine, le più alte cariche militari (tanto da essere nobilitato con un nuovo cognome, ossia "von Lohengramm"). Lo scopo di Reinhard è di sostituirsi niente meno che all'Imperatore: almeno inizialmente, sembra proprio che a spingerlo in tale direzione sia la rivendicazione "romantica" della libertà della sorella Annerose, divenuta all'età di quindici anni l'oggetto del desiderio proprio del monarca. Sebbene a un primo sguardo tali ragioni possano sembrare un po' "deboli", in realtà le mire al trono di Reinhard nascondono una personalità ben più profonda e affascinante: egli è un individuo che muove le masse, è un uomo che vince una battaglia ancora prima di cominciarla (parafrasando un'efficace affermazione pronunciata da Yang nel diciannovesimo episodio), è un leader capace e caparbio che riesce a ottenere tutto ciò che vuole, ma senza mai perdere la sua umanità. E nei pochi casi in cui ciò accade per motivi politici, il giovane ha modo di riflettere su se stesso e le proprie azioni. Insomma, Reinhard è uno di quegli uomini che cambiano la storia, né più né meno. A fare da contraltare a un personaggio che già da solo potrebbe reggere sulle spalle un'intera serie è il secondo protagonista, lo schivo ed edonista Yang Wenli: quest'uomo dai capelli scuri e l'espressione bonaria è, infatti, un amante del buon vino e del tè, così come non rinuncia mai al piacere di un salutare sonnellino ogni volta che se ne presenti l'occasione. Studioso e appassionato di storia (forse anche per questo mi sono immedesimato più del solito), Yang combatte una guerra che gli interessa poco o per nulla, e ciò non perché sia un inetto, tutt'altro: è un uomo estremamente capace, un abile stratega, un comandante accorto e dal multiforme ingegno, un libero pensatore, un vero e proprio filosofo della storia e della politica (pur essendo un democratico, non solo critica la democrazia stessa senza troppi ripensamenti, ma addirittura afferma di ammirare un comandante nemico ben più dei politici a capo dell'Alleanza). Forse però, proprio per questi motivi, in realtà il suo sogno più grande è quello di ritirarsi da un esercito al quale si è unito soltanto per pagarsi gli studi e trascorrere il resto della propria vita in tutta tranquillità. Non avrebbe potuto esserci migliore antitesi per Reinhard e le sue mire. Non a caso Yang è un personaggio che mi è rimasto particolarmente impresso e che, sono certo, serberò ancora a lungo nei miei ricordi. In verità, ricorderò entrambi gli "eroi della galassia" che danno il titolo alla serie. Prima parlavo di un grande quantitativo di personaggi: ebbene, due protagonisti così articolati trovano negli altri comprimari uno dei loro punti di forza. Da un lato, infatti, ci sono imperiali di rilievo come Siegfried Kircheis, un ragazzone alto e allampanato dai capelli rossi, oltre che amico più fidato di Reinhard; Paul von Oberstein, un reietto con i bulbi oculari artificiali, la passione per i cani e lo sguardo impassibile che non manca di offrire a Reinhard suggerimenti e strategie spesso apparentemente discutibili; i due inseparabili e straordinari combattenti Wolfgang Mittermeyer, un uomo sposato con la testa sulle spalle, e Oskar von Reuenthal, un affascinante donnaiolo dagli occhi eterocromi - da menzionare, in particolare, i suggestivi flashback sul loro passato e sullo sviluppo della loro amicizia pura e incondizionata. E mi fermo ai più importanti, perché potrei dilungarmi ancora parlando di tutti gli imperiali "secondari" (dico solo che il folle Ovlesser mi ha ricordato "La Hire", soprannome di un famoso e feroce condottiero realmente esistito alle dipendenze di Giovanna d'Arco). Dall'altro lato, anche Yang è supportato da diversi comprimari, tra i quali assumono maggiore rilievo Julian Mintz, giovane aspirante soldato che diventerà vieppiù importante lungo il corso della serie; Walter von Shönkopp, abilissimo comandante del corpo armato del Rosen Ritter; il pilota Olivier Poplin e i suoi modi da dongiovanni; Dusty Attenborough, il più giovane e promettente ammiraglio dell'Alleanza; l'anziano veterano Alexandre Bewcock (come dimenticare il suo commovente ed eroico commiato?). Avrete notato fin qui che la maggior parte dei personaggi di LoGH sia di sesso maschile, ma è pur vero che le poche figure femminili presenti nella serie siano davvero memorabili. Tra esse annoveriamo Jessica Edwards, energico capo di un partito politico; Susanna Benemunde, folle d'amore e gelosia nei confronti del Kaiser; Frederica Greenhill, in diverse occasioni fonte di sostegno insostituibile per Yang; Hildegarde von Mariendorf, consigliera fondamentale per Reinhard; Katerose von Kreutzer, una giovane pilota scontrosa e segnata dalla durezza della vita. In altre parole, ciascuno dei personaggi, sia nel caso in cui compaia in pochissimi episodi o, al contrario, lungo tutta la serie, non esiste senza uno scopo né risulta fuori luogo o ridondante. Si può amarlo, o odiarlo, o restarne indifferenti, ma non si può non considerarlo. E, a mio avviso, questo è un pregio assolutamente non secondario.

IV. Altre considerazioni su trama e personaggi
In LoGH c'è veramente di tutto: storie d'amore, vicende familiari, lotte dinastiche, nozioni di politica e finanza, rivolte civili, guerre intestine, scene d'interrogatorio, esecuzioni pubbliche, inganni, tradimenti, assassinii, vita quotidiana e chi più ne ha più ne metta. E come nella realtà, seppur la serie sia ambientata in un tempo futuro distante quasi duemila anni dal nostro, nulla è veramente cambiato dalla situazione attuale (proprio come ben rammenta la citazione posta all'inizio della presente recensione, con le loro azioni gli uomini restano uguali a se stessi) e la gente muore senza che nessuno, ricco o povero, ne sia risparmiato. A incontrare la morte sono sia comprimari sia personaggi secondari sia "le masse", e la morte, placida o cruenta che sia, è illustrata senza veli né censure. Nel caso specifico della morte violenta, gli autori mostrano allo spettatore fiumi di sangue e una quantità spropositata di decapitazioni e sventramenti. Impressionanti, in particolar modo, le sequenze che mostrano lo spargimento di sangue dei soldati nelle battaglie spaziali: dall'esterno si tratta soltanto di esplosioni colossali, ma all'interno di quelle navi gigantesche i soldati si trascinano a terra chiamando le proprie madri e tenendosi le interiora con le mani, ancora prima di rendersi conto che ormai sia giunta la fine. Un'altra sequenza che custodirò a lungo nella mia memoria è la manifestazione cittadina che finisce in tragedia nel ventunesimo episodio: mi vengono i brividi al pensiero del lento avvicinarsi dell'inevitabile dramma iniziato dapprima con una parola "ribelle" da parte di uno dei manifestanti e terminato, dopo una serie di sequenze prive di musica e definite soltanto dalla potenza delle immagini, con un massacro generale di uomini, donne e bambini. In tutto questo, però, è di massima importanza notare che in LoGH non avviene mai una riduttiva separazione tra bene e male, una netta divisione tra buoni e cattivi: è la storia di due "nazioni" in conflitto, l'una contro l'altra e viceversa, con tutto quel che ne consegue. Seguiamo le vicende di personaggi da entrambe le parti, così come assistiamo agli intrighi e ai complotti di terze (il pianeta "neutrale" Phezzan e il suo leader senza scrupoli Adrian Rubinsky, il quale cerca di trarre vantaggio da entrambe le fazioni principali per i propri scopi) e quarte parti (i Terraisti dell'arcivescovo De Villier, un gruppo di fanatici che ricorrono a metodi coercitivi disumani pur di promuovere il ritorno dell'umanità sul lontano pianeta Terra). Nessuno è esente da critiche: nell'Impero ci sono individui abietti (in un certo senso l'enigmatico Kaiser Friedrich IV, il cospiratore Braunschweig, l'infido Lichtenlade, il becero Flegel) esattamente come nell'Alleanza (l'approfittatore Job Trunhit, per esempio), così come un nemico (un termine, quest'ultimo, da prendere in considerazione in modo diverso secondo il punto di vista preso in esame) può essere anche un ottimo padre di famiglia (il soldato imperiale Kempf, il politico Heydrich Lang) o un brillante architetto (Silverberche, il quale mi ha ricordato Albert Speer, l'architetto personale di Hitler e artefice di alcuni dei progetti edili più importanti del Terzo Reich), o infine, un eccellente comandante della vecchia guardia (l'imperiale Merkatz, il già menzionato Bewcock per l'Alleanza). Di volta in volta, insomma, tiferemo per l'una o per l'altra parte, giacché è veramente difficile prendere le difese soltanto di una delle due; o almeno, per me è stato impossibile farlo. In definitiva, in LoGH trama e personaggi sono legati in maniera indissolubile e si completano a vicenda immergendoci e coinvolgendoci completamente.

V. Background strutturale e riferimenti culturali
Per ciò che concerne il background su cui si posa la narrazione, bisogna rilevare che l'attenzione al dettaglio rasenta la perfezione. Tanto per farsi una prima idea della complessità intrinseca di LoGH, è sufficiente pensare che l'autore dei romanzi abbia persino stilato una cronologia dettagliata precedente ai fatti narrati della serie, tant'è che diversi episodi, come il quarantesimo, offrono numerosissime informazioni sugli eventi del passato, sulla nascita e la caduta di governi e imperatori, su guerre che hanno avuto conseguenze catastrofiche, sulla fondazione di colonie planetarie sparse per il cosmo e così via. Per contestualizzare ancora meglio storia, personaggi e luoghi, Tanaka ha inventato almeno tre nuovi sistemi di datazione: un calendario universale usato dall'Alleanza, un altro utilizzato dall'Impero e, infine, uno per il Neue Reich. Ed è sorprendente scoprire che tutti e tre i suddetti calendari possono essere tradotti secondo il nostro sistema di datazione attuale. Inoltre, lungo la serie avremo modo di scoprire le origini dell'Impero galattico, fondato da Rudolf von Goldenbaum, e quelle dell'Alleanza dei Pianeti Liberi, nata dall'iniziativa di un eroe ribelle, tale Arle Heinessen; a tutto ciò si aggiunge una serie di altri personaggi storici fittizi, comunque verosimili e ben elaborati che contribuiscono a rendere l'opera profondamente composita e sviluppata su più strati. Tornando, invece, al tempo presente dell'ambientazione della serie, a darci una mano nel districarci in un mondo così eterogeneo e variegato è un narratore onnisciente la cui voce introduce e termina ogni puntata e interviene anche tra una sequenza e l'altra per spiegare i meccanismi e i nessi degli eventi più importanti. Una consistente cura per i dettagli si riscontra, inoltre, non solo nelle battaglie spaziali rappresentate a puntino con tanto di mappe virtuali che mutano in tempo reale col proseguire dello scontro, ma anche nelle fazioni in guerra rese differenti l'una dall'altra per mezzo di uniformi e gradi: in sostanza, lo spettatore comprende immediatamente la fazione d'appartenenza dei personaggi non appena appaiono sullo schermo. Nel caso dell'Impero galattico, l'uniforme è nera in ogni sua parte e ciascun grado militare è prontamente identificabile grazie ad alcuni particolari come mantelli di diverso colore, mostrine e applique di vario genere sulle spalle e sul petto. Nel caso dell'Alleanza, invece, l'uniforme è costituita da una casacca verde scuro e da un paio di pantaloni color beige; in più, alcuni alleati indossano con una certa frequenza un basco. Oltre all'importanza delle apparenze, in LoGH anche i nomi rivestono un ruolo di primo piano, tanto che nelle prime puntate (e in realtà lungo tutta la serie), appaiono in sovrimpressione titoli, gradi e nomi ogni volta che un nuovo personaggio fa la sua comparsa (vale lo stesso anche per i luoghi e le navi). Nell'Impero, la nomenclatura è marcatamente di foggia tedesca (Reinhard, Siegfried, Oskar, Wolfgang e così via); nel caso dell'Alleanza, di Phezzan e dei Terraisti si spazia dal russo al cinese (Rubinsky, Wenli) finanche al tedesco (Julian, Katerine, Schönkopp, Frederica), al francese (Poplin, De Villier) e all'inglese (Edwards, Bewcock, Greenhill, Attenborough). Per quanto riguarda il Reich galattico, mi sembrano degni di nota i cospicui riferimenti alla cultura tedesca tout court ("Herr" e "Freulein" per "signore" e "signorina", soprannomi come "Wölfe der Sturm", il "lupo della tempesta") e alla mitologia norrena. Riguardo a quest'ultimo punto, non è un mistero che alla fine dell'Ottocento, per via di un processo storico che ha le sue radici nel Romanticismo e nell'intrinseco sentimento di nazionalismo di quel periodo, già da tempo in Germania si guardava con attenzione alle proprie origini culturali, tanto che, per fare un esempio, Richard Wagner compose opere monumentali basandosi sul poema epico medievale scritto in alto tedesco conosciuto come Nibelungenlied ("l'Anello dei Nibelunghi"); a tal proposito, dunque, l'idea di Tanaka di inserire il Reich galattico in un contesto molto simile dà origine a un espediente narrativo e strutturale davvero singolare e d'effetto, e tutto ciò è chiaramente ripreso nella serie animata. Non solo i personaggi (ancora, Siegfried), ma anche le astronavi e i pianeti devono il loro nome alla cultura germanica o a qualche eroe o divinità norrena: ad esempio, "Odin" è il pianeta base dell'Impero; la Fortezza di Iserlohn è armata con il cosiddetto "Thor Hammer" (un "martello di Thor" che ricorda molto il raggio laser della Morte Nera starwarsiana); l'ammiraglia di Reinhard si chiama "Brunhild" come la celebre valchiria di wagneriana memoria; la nave di Kircheis, la "Barbarossa", è un riferimento a Federico Hohenstaufen detto, per l'appunto, "Barbarossa" (celebre imperatore del Sacro Romano Impero nel XII secolo). A tutto ciò si aggiunge che, nel Reich galattico, si crede veramente alle divinità scandinave, oltre al fatto che gli imperiali si riferiscono all'aldilà menzionando il "Valhalla", la sala di Asgard in cui gli eroi norreni, morti gloriosamente in battaglia, attendono di combattere un'ultima volta nel Ragnarök, l'apocalisse finale (nella serie si fa riferimento anche a quest'ultimo proprio in un'omonima operazione militare promossa da Reinhard). Per contro, è curioso notare invece come le navi dell'Alleanza dei Pianeti Liberi siano insignite di nomi tratti dalla mitologia greca e da quella dei Babilonesi e delle civiltà precolombiane: la prima ammiraglia di Yang è, infatti, la Hyperion, universalmente noto come il nome uno dei titani, ma non mancano altri nomi famosi come Quetzalcoatl (il "serpente piumato" degli Aztechi), Leonidas (il re più famoso degli Spartani), Marduk (dio babilonese del giudizio e della magia) e, ancora, Achilleus, Patroklos, Ajax e Ulysses (quattro celeberrimi personaggi dell'Iliade). Infine, giusto per fare qualche altro esempio (non bastano mai), non mancano riferimenti colti alla cultura storica: nel tredicesimo episodio, in occasione dell'invasione dell'Alleanza nel territorio dell'Impero, Yang Wenli menziona correttamente la tattica della "terra bruciata" utilizzata nel 1812 dai Russi per mettere in difficoltà l'armata di Napoleone; in un dialogo sono menzionati i cosiddetti "hòi pollòi" (metto gli accenti per facilitarne la corretta lettura), allocuzione greca che indica "i molti" o, in senso stretto, la "maggior parte" di un gruppo, nonché termine molto familiare per chi, come me, al liceo traduceva versioni dal greco antico. In un altro dialogo, il personaggio di Mecklinger cita con assoluta naturalezza, pur senza specificarne la provenienza, una frase attribuita ad Alessandro Magno: "Personalmente, non temo un esercito di leoni capeggiato da una pecora, bensì ho paura di un'armata di pecore guidata da un leone". Suddetta traduzione è mia, così come mi appartiene la traduzione della frase originale tratta dalla Wikipedia inglese: "Dicono che un gregge di pecore guidato da un leone soverchierà un branco di leoni guidato da una pecora". Di esempi così se ne potrebbero fare molti altri, ma mi limiterò a dire che, senza dubbio, espedienti del genere costituiscono un notevole valore aggiunto alla serie.

VI. Gli autori e lo stile
A contribuire al senso di epico che permea l'intera serie è un'équipe di produttori e autori davvero di rilievo: è proprio grazie a essa che le opere scritte da Yoshiki Tanaka "prendono vita" nel miglior modo possibile. Innanzitutto, la regia di Noboru Ishiguro, una vera istituzione nel mondo degli anime, è molto sobria e semplice, eppure estremamente calibrata e sapiente. La maggior parte delle sequenze non richiede chissà quali riprese movimentate (l'ossatura alla base della serie è costituita da dialoghi e le battaglie spaziali, considerata la loro vasta portata, sono illustrate a una certa distanza), però, quando occorre, le scene d'azione incentrate su scontri a terra, con pistole e asce alla mano, sono rappresentate con fluidità e senza sbavature di alcun tipo. In secondo luogo, il character design è curato da numerosi autori tra i quali si annoverano Matsuri Okuda, Shingo Araki (Saint Seiya), Yoshiaki Kawajiri (Ninja Scroll, Vampire Hunter D: Bloodlust), Yoshinori Kanemori (Alexander) e Tomonori Kogawa (Space Runaway Ideon): in generale, i personaggi risaltano grazie a connotati "solenni" e semi-realistici che non sfociano mai nel fotorealismo vero e proprio. Da rilevare, inoltre, che i personaggi "crescono" verosimilmente nel corso degli anni, sia in termini di fisionomia generale (il viso di Julian è ben più adulto verso la fine della serie rispetto alle sue prime apparizioni) sia per quanto riguarda dettagli di altro genere (i capelli di Reinhard diventano gradualmente più lunghi una stagione dopo l'altra). In terzo luogo, il mecha design di Katō Naoyuki, peraltro illustratore dei romanzi originali, è di tutto rispetto, soprattutto per quanto concerne le navi spaziali: sebbene queste tendano tutte a somigliarsi un po' troppo tra loro (eccezion fatta per i caccia monoposto e navi ammiraglie imperiali come la Brunhild, bianca e affusolata, e la Barbarossa, color vermiglio), in realtà alcuni dettagli di forma e colore permettono allo spettatore di identificare alla prima occhiata se le navi colossali presenti sullo schermo appartengano all'Impero o all'Alleanza (grigie nel primo caso, verde spento nel secondo). Nonostante il comparto grafico sia, quindi, di eccellente fattura, tuttavia c'è qualche postilla da rilevare: soprattutto nelle prime due serie, il character design e lo stile grafico sono alquanto altalenanti. Già dal sesto-settimo episodio, infatti, essi variano da uno stile "retrò" a uno piuttosto "moderno" anche tra una scena e l'altra o, addirittura, tra un fotogramma e l'altro nello stesso episodio, causando non poco fastidio. Con le dovute ricerche, ho scoperto che ciò è da ascrivere al restauro di alcune scene risalenti alla prima versione in Laser Disc degli anni Novanta in occasione del riversamento in DVD nei primi anni del Duemila: ad esempio, alcuni personaggi sono stati rifatti da capo (come nelle puntate 15 e 40), così come nel quarantaquattresimo episodio si palesa un lieve utilizzo di Computer Graphic per alcuni carri armati in movimento. In certi casi, gli episodi sono stati rifatti integralmente, mentre in altri si è scelto di sfruttare il sistema di cui parlavo sopra. Non è niente di trascendentale, si capisce, però è opportuno tenerlo presente.

VII. La colonna sonora
Per quanto riguarda il comparto sonoro c'è veramente poco di cui lamentarsi: i doppiatori di tutti i personaggi restano, chi più chi meno, impressi per bravura e grande capacità di caratterizzazione (con particolare riferimento alle eccellenti voci dei due protagonisti, Ryō Horikawa per Reinhard e il purtroppo già compianto Kei Tomiyama per Yang), mentre le musiche meritano un discorso a parte. Intervistato in merito al suo monumentale Barry Lyndon, il cineasta statunitense Stanley Kubrick così affermava: "Per quanto bravi possano essere i nostri migliori compositori, non sono certo un Beethoven, un Mozart o un Brahms. Perché usare della musica che è meno valida quando c'è una tale quantità di grandi musiche per orchestra, del passato e della nostra stessa epoca, che si possono utilizzare?" [da Ciment M., KUBRICK, Rizzoli, Milano, 2002; p.183] Forse l'affermazione del grande regista è un po' estrema, ma rende bene l'idea dell'atteggiamento degli autori di LoGH, i quali, volontariamente o meno, si sono perfettamente appropriati della lezione di Kubrick. Quasi ogni scena della serie è, infatti, accompagnata da brani di musica colta che spaziano dal Barocco al classicismo, dal Romanticismo al tardo-Romanticismo per sconfinare, infine, nella prima metà del Novecento. In particolare, mi sembra il caso di rilevare che le sequenze con feste e banchetti vantano brani barocchi di Händel e Torelli. Le sequenze di battaglia e tutte le scene drammatiche sono invece supportate dal sinfonismo eroico di Beethoven (poco da dire su "Ludovico van" che, personalmente, reputo a dir poco immenso e del quale non mancano comunque alcune sonate per pianoforte in brevi scene particolarmente evocative) e da quello universale di Gustav Mahler e Anton Bruckner (le loro opere sinfoniche sono parecchio estese e sembrano toccare le più intime corde della natura e dell'universo), dalle sinfonie più contenute ma ugualmente potenti di Robert Schumann, Antonín Dvořák e Johannes Brahms e da quelle malinconiche di Jean Sibelius (parafrasando lo stesso compositore, alcune sonorità da lui ideate evocano "l'acqua che scorre" o "la prima neve che cade"), per finire con le sinfonie cupe di Dmitrij Šostakovič (compositore vessato che, rammento, componeva sotto l'oppressivo e opprimente regime sovietico) e qualche sortita dell'esiguo sinfonismo wagneriano (difatti, l'autore era principalmente impegnato nella composizione di opere liriche). Inoltre, nelle scene di vita quotidiana, in alcuni dialoghi e anche in certi incipit ed explicit affidati al narratore, si annoverano le sinfonie di Mozart e Haydn (la perfezione del primo non è in discussione in questa o in qualunque altra sede, mentre il secondo è il "padre della sinfonia" da un punto di vista formale), così come qualche brano di Bach, Chopin e Liszt (per forza di cose, sebbene siano necessari ulteriori commenti in particolare sul sommo Bach, mi astengo dall'aggiungere altro). Insomma, ce n'è davvero per tutti i gusti, soprattutto per gli amanti della musica comunemente definita "classica". Se proprio dovessi trovare un difetto nell'uso di suddetta musica da parte degli autori, direi che la brusca interruzione di certi brani per motivi di regia provoca un certo fastidio soprattutto a chi, come me, conosce a memoria la quasi totalità dei brani utilizzati nella serie. Ciò nonostante, c'è la possibilità che anche le orecchie dei meno appassionati di musica classica possano risentirne. Ad ogni modo, a completare la già ricchissima colonna sonora non originale, sono due inni militari per le rispettive fazioni a cura di Shinsuke Kazato, il quale si occupa di mettere in musica anche le otto sigle complessive. Ciascuna delle quattro "parti" della serie ha, infatti, una propria sigla d'apertura in lingua inglese e una di chiusura in giapponese: quelle che mi hanno colpito di più sono la prima opening ("Skies of Love", cantata da Michiru Akiyoshi) e la prima ending ("Hikaru no Hashi no Koete", cantata dalla voce commovente e sentita di Kei Ogura), nonché la terza sigla d'apertura ("Sea of Stars", cantata da LISA). Le altre mi hanno lasciato indifferente, anche se la quarta opening è riuscita a farsi odiare per via della voce stonata della cantante (ed è un vero peccato, giacché macchia, anche se in minima parte, la serie conclusiva).

VIII. L'importanza dei sottotitoli
Prima facevo riferimento alla parziale reperibilità nella nostra lingua. Nonostante la sua popolarità in patria, purtroppo LoGH non è mai stato localizzato in nessun paese del mondo (eccezion fatta per i doppiaggi francese e cinese del film OAV introduttivo) e ciò perché, secondo le voci che circolano in rete, dagli archivi originali dei produttori è assente la cosiddetta "traccia internazionale", ossia quella provvista soltanto di suoni e musica sulla quale si può missare un nuovo doppiaggio. Inevitabilmente, l'unica possibilità è di visionare la serie grazie ai sottotitoli, ma anche in questo caso sorge un problema non indifferente: nella nostra lingua la serie è stata sottotitolata da un gruppo di appassionati soltanto fino a metà o poco più, mentre, per il resto, la salvezza è rappresentata dai sottotitoli in lingua inglese. Per una questione personale di coerenza generale, ho deciso di visionare il tutto in inglese, sia i film introduttivi sia l'intera serie. Pur con la mia buona conoscenza dell'inglese, si è trattato comunque di una vera sfida poiché, per via dei temi e dei dialoghi spesso non proprio semplici, i sottotitoli sfoggiavano una sintassi complessa ed erano ricchi di termini a dir poco specifici e tecnici. D'altro canto, è chiaro che non si sia trattato di un'impresa facile, ma con un po' di buona volontà quasi nulla è impossibile e in questo caso l'esperienza è stata, per giunta, anche parecchio istruttiva. Ciò nondimeno è un vero peccato non potersi godere LoGH in italiano, poiché, a mio avviso, molti termini (soprattutto nomi e gradi militari) potrebbero rendere meglio se pronunciati secondo la loro lingua d'appartenenza: un esempio su tutti, il nome "Siegfried" in giapponese è pronunciato "Sigufurido" con "s" sorda e varie vocali in più, mentre in tedesco la pronuncia di "sigfrid" prevede una "s" sonora e solo due vocali. Per carità, si tratta di una mera questione linguistica d'importanza secondaria in questa sede - preciso che amo e rispetto visceralmente la lingua e la cultura giapponese, però ammetto di aver immaginato quale effetto avrebbe sortito una localizzazione in una lingua occidentale come la nostra. Ad ogni modo, non mi dispiacerebbe neanche un lavoro di sottotitolazione ufficiale come si deve, sicché acquisterei senz'altro l'edizione Blu-ray (da noi costerebbe sicuramente meno rispetto all'attuale versione giapponese). Naturalmente, lo stesso discorso può essere applicato riguardo alla pubblicazione in una lingua occidentale dei romanzi originali, possibilmente anche nella nostra. Chissà, magari avverrà qualcosa del genere quando avrò bisogno di un bastone per camminare.

IX. Ultime annotazioni
Ringraziando il paziente lettore che è riuscito ad arrivare "indenne" (si spera) fino alla fine di questo papiro, mi accingo a terminare la mia recensione. Così com'è stato piuttosto complicato scrivere di quest'opera, allo stesso modo per me è molto difficile consigliarla a qualcuno a cuor leggero o senza colpo ferire. Credo che, in questo caso più che in altri, si debba procedere seguendo principalmente (ma non esclusivamente) i propri gusti: se siete interessati a una "space opera" d'ampio respiro incentrata sulla politica, sulla guerra e sulle vite di esseri umani verosimili in rapporto a quest'ultima, allora Legend of the Galactic Heroes è ciò che state cercando. In ogni caso, sarebbe comunque un peccato farsi scappare la visione di un'opera di rara bellezza e così unica nel suo genere come questa. Per quanto mi riguarda, non la dimenticherò mai.

"Die Sage ist vorüber, die Historie beginnt".