Recensione
Black Lagoon
7.0/10
Recensione di StefanoHab
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Se è vero che "il primo amore non si scorda mai, ma neanche il secondo", posso sicuramente affermare che Black Lagoon non lo dimenticherò facilmente, essendo stato uno dei primi anime in assoluto che ho iniziato ad apprezzare dopo essermi timidamente avvicinato a quel mondo un po' più "underground" dell'animazione nipponica. Non riesco infatti a considerare come "primi anime" quegli ormai fin troppo celebri Dragon Ball, Naruto e One Piece, che potremmo definire come una "cultura otaku di dominio pubblico in Italia", soprattutto grazie alla loro fortunata trasposizione su una delle principali reti nazionali. Diciamocelo, persino ai mercatini di Natale è possibile trovare in vendita cuscini o altri accessori che riproducono quell'irriverente teschio dal cappello di paglia (se ve lo state chiedendo, ebbene sì, l'ho visto con questi occhi).
Ma se gli shonen con pirati e ninja sono stati trasmessi dai canali TV di cui usufruiscono normalmente i bambini, un seinen come Black Lagoon in Italia è passato un po' più in sordina e non ha certo avuto lo stesso impatto televisivo, dal momento che si tratta chiaramente di un'opera destinata a un pubblico maturo. Certo, la censura anche qui la fa da padrone, e non è raro che ascoltando il doppiaggio italiano ci si chieda se si ha effettivamente a che fare con dei mercenari sanguinari oppure con dei simpatici mattacchioni vittime della Sindrome di Peter Pan. Ciò non toglie che io resti un grande estimatore del doppiaggio italiano (si, anche negli anime) e che Perla Liberatori sia una delle doppiatrici che ammiro di più, persino quando si ritrova a dover pronunciare solo un'infinitesima parte delle colorite parolacce contenute nella versione in lingua originale.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: se c'è un motivo per cui ho amato così tanto Black Lagoon, ma non certo al punto da dargli un voto superiore a un onesto e meritato 7, non è perché mi abbia lasciato nell'animo un qualsiasi messaggio. Tutt'altro: io ho amato Black Lagoon proprio per il suo essere così squisitamente tamarro, machista, cinico e oserei dire "tarantiniano". Non che l'anime non cerchi in qualche modo di trasmettere un qualche significato morale attraverso la rappresentazione di un degrado che si spinge sempre più verso il suo punto di non ritorno; tuttavia, nel corso della storia, non mi è sembrato che ci fosse qualcuno realmente interessato a "cambiare le cose", a tentare di impostare una nuova situazione esistenziale in base a valori che rifuggono da quel teatro di miseria umana che scorre davanti gli occhi dello spettatore. Persino il candido protagonista, quel Rock che da umile colletto bianco giapponese è passato dalla parte di coloro che l'hanno preso in ostaggio (qualcuno ha detto "Sindrome di Stoccolma"?), sembra più adeguarsi alle circostanze che tentare in tutti i modi di far valere le ragioni del suo cuore. Non per niente (piccolissimo spoiler) quando l'occhialuto Benny gli farà un discorso che sembra essere l'apice della rassegnazione sull'impossibilità di recuperare una mente infantile ormai corrotta e distrutta per sempre quale quella dei piccoli Hansel & Gretel, lo stremato Rock non riuscirà ad andare oltre la sua crisi di pianto e ad impedire che quello che deve succedere accada, in tutta la sua inevitabilità; prova tangibile è quell'appassionato abbraccio che darà alla piccola Gretel (o era Hansel? Dubbio esistenziale) e che, invece di risolversi in un affetto tutto sorrisi e cuoricini, sfocerà in un attacco di vomito come riflesso istintivo all'oscenità morale di un mondo allo sbando.
In sostanza, quindi, Black Lagoon non trasmette nessun vero "messaggio morale" al pubblico che lo guarda, ma si limita a lasciare che sia lo stesso spettatore a trarre le sue conclusioni da quello scenario di abiezione che si trova davanti. Sicuramente ci si diverte molto in quest'anime, con una serie di simpatici intramezzi che vanno dalle più spietate sparatorie al fulmicotone fino agli inseguimenti in auto da parte di consumatori abituali di marijuana ossessionati dalle conigliette di Playboy. Tuttavia, ritengo che sia anche sbagliato considerare quest'opera come votata alla semplice azione fine a sé stessa. Io stesso, più volte, di fronte a quella violenza e a quel cinismo senza speranza, avevo la percezione che più la vita perdesse di valore sullo schermo e più invece ne acquistasse nel profondo del mio cuore. E tutto questo, senza sentire la necessità di dovermi identificare con il protagonista Rock, che qualcuno vorrebbe spacciare per l'Angelo moralizzatore quando invece finisce spesso anche lui per piegarsi alle regole del gioco. Morale della favola: va bene gingillarsi con tutto questo ben di Dio degno del miglior film d'azione hollywoodiano di cui potrebbe andar fiero il maestro Quentin, ma non vale nemmeno la pena lasciar scorrere le immagini senza soffermarsi a fare qualche riflessione critica su quello che l'anime mostra senza proferir giudizio.
La colonna sonora, a tratti persino inquietante, non fa altro che adattarsi anch'essa a questo clima di desolazione e corruzione morale, con una ending da taglio delle vene immediato e una OST come "El Sol Se Recuesta", dal giro di chitarra latineggiante e straordinariamente incisivo.
Il lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi è talmente marcato che è impossibile non rimanerne affascinati, finendo con l'amare/odiare tanto i protagonisti delle vicende quanto gli interessanti comprimari. Certo, quando parlo di "caratterizzazione" non mi riferisco per nulla a qualsivoglia forma di realismo ma semmai proprio al contrario. Non vi è personalità, qui dentro, che non faccia tornare alla mente un qualche film di Robert Rodriguez o quanto meno di Tarantino. La filosofia (a volte spicciola) dei mercenari che popolano Roanapur, come delle varie mafie sparse per il territorio, sembra spesso essere caratterizzata da un cinismo senza precedenti, che guarda al mondo come a un immenso "homo homini lupus" in cui l'unica divinità da adorare oltre al denaro sia la pistola (o l'ascia, perché no) e dove non vi sia spazio per il sentimentalismo fine a sé stesso, come neanche per i sentimenti tout-court. Per non parlare di un personaggio come Revy, una sorta di Lara Croft in versione cinese/mercenaria/violenta/machista, che proprio attraverso il suo sguardo disincantato sul mondo riesce a regalare autentiche perle di cinismo tamarro da due soldi, come anche frasi che non sfigurerebbero tra le citazioni del miglior cinema d'azione ("il denaro non è Dio ma è potere, qualcosa di molto più utile").
Splendide poi alcune trovate narrative di grande impatto emotivo, come la storia personale di due tra i personaggi più enigmatici dell'intero anime, Hansel e Gretel, talmente crudele nel suo abbruttimento morale che a stento sono riuscito a continuare la visione, perseguitato com'ero da un malessere gastrico di chiara origine emotiva. Raramente mi era capitato di assistere a qualcosa del genere in un manga/anime, forse solo in Gunslinger Girl, che perlomeno ne condivide in parte la dolorosa, atroce e scabrosa tematica.
Eppure, a ripensarci, bisogna dire che resta l'amaro in bocca. Perché Black Lagoon, nonostante il suo fumo meraviglioso, esce fuori un arrosto che manca di sale. Perché Black Lagoon diverte, ma lo fa raccontando storie che non riescono mai a trovare una vera e propria "conclusione" (chiamiamolo "mercenary slice of life"?). Perché Black Lagoon non riesce mai a trasmettere un vero e proprio messaggio in chi lo guarda, per quanto a volte siamo tentati di pensare il contrario. Perché Black Lagoon avrebbe forse potuto meritare un 9, e deve invece limitarsi, almeno per me, a un modesto quanto rappresentativo 7.
Un'opera che dovreste assolutamente vedere se siete estimatori del cinema d'azione, specialmente quello cinico e machista di Rodriguez e Tarantino; un'opera che al contrario dovreste assolutamente evitare se siete convinti che il mondo sia il migliore dei posti possibili (e per fortuna Leibniz non ha mai scoperto l'esistenza di quest'anime), che gli orsetti volanti dal cuore d'oro esistano davvero e che la Strega di Hansel e Gretel si divertisse sul serio a costruire case fatte di marzapane.
Quando il gioco si fa duro, i duri si guardano Black Lagoon.
Ma se gli shonen con pirati e ninja sono stati trasmessi dai canali TV di cui usufruiscono normalmente i bambini, un seinen come Black Lagoon in Italia è passato un po' più in sordina e non ha certo avuto lo stesso impatto televisivo, dal momento che si tratta chiaramente di un'opera destinata a un pubblico maturo. Certo, la censura anche qui la fa da padrone, e non è raro che ascoltando il doppiaggio italiano ci si chieda se si ha effettivamente a che fare con dei mercenari sanguinari oppure con dei simpatici mattacchioni vittime della Sindrome di Peter Pan. Ciò non toglie che io resti un grande estimatore del doppiaggio italiano (si, anche negli anime) e che Perla Liberatori sia una delle doppiatrici che ammiro di più, persino quando si ritrova a dover pronunciare solo un'infinitesima parte delle colorite parolacce contenute nella versione in lingua originale.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: se c'è un motivo per cui ho amato così tanto Black Lagoon, ma non certo al punto da dargli un voto superiore a un onesto e meritato 7, non è perché mi abbia lasciato nell'animo un qualsiasi messaggio. Tutt'altro: io ho amato Black Lagoon proprio per il suo essere così squisitamente tamarro, machista, cinico e oserei dire "tarantiniano". Non che l'anime non cerchi in qualche modo di trasmettere un qualche significato morale attraverso la rappresentazione di un degrado che si spinge sempre più verso il suo punto di non ritorno; tuttavia, nel corso della storia, non mi è sembrato che ci fosse qualcuno realmente interessato a "cambiare le cose", a tentare di impostare una nuova situazione esistenziale in base a valori che rifuggono da quel teatro di miseria umana che scorre davanti gli occhi dello spettatore. Persino il candido protagonista, quel Rock che da umile colletto bianco giapponese è passato dalla parte di coloro che l'hanno preso in ostaggio (qualcuno ha detto "Sindrome di Stoccolma"?), sembra più adeguarsi alle circostanze che tentare in tutti i modi di far valere le ragioni del suo cuore. Non per niente (piccolissimo spoiler) quando l'occhialuto Benny gli farà un discorso che sembra essere l'apice della rassegnazione sull'impossibilità di recuperare una mente infantile ormai corrotta e distrutta per sempre quale quella dei piccoli Hansel & Gretel, lo stremato Rock non riuscirà ad andare oltre la sua crisi di pianto e ad impedire che quello che deve succedere accada, in tutta la sua inevitabilità; prova tangibile è quell'appassionato abbraccio che darà alla piccola Gretel (o era Hansel? Dubbio esistenziale) e che, invece di risolversi in un affetto tutto sorrisi e cuoricini, sfocerà in un attacco di vomito come riflesso istintivo all'oscenità morale di un mondo allo sbando.
In sostanza, quindi, Black Lagoon non trasmette nessun vero "messaggio morale" al pubblico che lo guarda, ma si limita a lasciare che sia lo stesso spettatore a trarre le sue conclusioni da quello scenario di abiezione che si trova davanti. Sicuramente ci si diverte molto in quest'anime, con una serie di simpatici intramezzi che vanno dalle più spietate sparatorie al fulmicotone fino agli inseguimenti in auto da parte di consumatori abituali di marijuana ossessionati dalle conigliette di Playboy. Tuttavia, ritengo che sia anche sbagliato considerare quest'opera come votata alla semplice azione fine a sé stessa. Io stesso, più volte, di fronte a quella violenza e a quel cinismo senza speranza, avevo la percezione che più la vita perdesse di valore sullo schermo e più invece ne acquistasse nel profondo del mio cuore. E tutto questo, senza sentire la necessità di dovermi identificare con il protagonista Rock, che qualcuno vorrebbe spacciare per l'Angelo moralizzatore quando invece finisce spesso anche lui per piegarsi alle regole del gioco. Morale della favola: va bene gingillarsi con tutto questo ben di Dio degno del miglior film d'azione hollywoodiano di cui potrebbe andar fiero il maestro Quentin, ma non vale nemmeno la pena lasciar scorrere le immagini senza soffermarsi a fare qualche riflessione critica su quello che l'anime mostra senza proferir giudizio.
La colonna sonora, a tratti persino inquietante, non fa altro che adattarsi anch'essa a questo clima di desolazione e corruzione morale, con una ending da taglio delle vene immediato e una OST come "El Sol Se Recuesta", dal giro di chitarra latineggiante e straordinariamente incisivo.
Il lavoro sulla caratterizzazione dei personaggi è talmente marcato che è impossibile non rimanerne affascinati, finendo con l'amare/odiare tanto i protagonisti delle vicende quanto gli interessanti comprimari. Certo, quando parlo di "caratterizzazione" non mi riferisco per nulla a qualsivoglia forma di realismo ma semmai proprio al contrario. Non vi è personalità, qui dentro, che non faccia tornare alla mente un qualche film di Robert Rodriguez o quanto meno di Tarantino. La filosofia (a volte spicciola) dei mercenari che popolano Roanapur, come delle varie mafie sparse per il territorio, sembra spesso essere caratterizzata da un cinismo senza precedenti, che guarda al mondo come a un immenso "homo homini lupus" in cui l'unica divinità da adorare oltre al denaro sia la pistola (o l'ascia, perché no) e dove non vi sia spazio per il sentimentalismo fine a sé stesso, come neanche per i sentimenti tout-court. Per non parlare di un personaggio come Revy, una sorta di Lara Croft in versione cinese/mercenaria/violenta/machista, che proprio attraverso il suo sguardo disincantato sul mondo riesce a regalare autentiche perle di cinismo tamarro da due soldi, come anche frasi che non sfigurerebbero tra le citazioni del miglior cinema d'azione ("il denaro non è Dio ma è potere, qualcosa di molto più utile").
Splendide poi alcune trovate narrative di grande impatto emotivo, come la storia personale di due tra i personaggi più enigmatici dell'intero anime, Hansel e Gretel, talmente crudele nel suo abbruttimento morale che a stento sono riuscito a continuare la visione, perseguitato com'ero da un malessere gastrico di chiara origine emotiva. Raramente mi era capitato di assistere a qualcosa del genere in un manga/anime, forse solo in Gunslinger Girl, che perlomeno ne condivide in parte la dolorosa, atroce e scabrosa tematica.
Eppure, a ripensarci, bisogna dire che resta l'amaro in bocca. Perché Black Lagoon, nonostante il suo fumo meraviglioso, esce fuori un arrosto che manca di sale. Perché Black Lagoon diverte, ma lo fa raccontando storie che non riescono mai a trovare una vera e propria "conclusione" (chiamiamolo "mercenary slice of life"?). Perché Black Lagoon non riesce mai a trasmettere un vero e proprio messaggio in chi lo guarda, per quanto a volte siamo tentati di pensare il contrario. Perché Black Lagoon avrebbe forse potuto meritare un 9, e deve invece limitarsi, almeno per me, a un modesto quanto rappresentativo 7.
Un'opera che dovreste assolutamente vedere se siete estimatori del cinema d'azione, specialmente quello cinico e machista di Rodriguez e Tarantino; un'opera che al contrario dovreste assolutamente evitare se siete convinti che il mondo sia il migliore dei posti possibili (e per fortuna Leibniz non ha mai scoperto l'esistenza di quest'anime), che gli orsetti volanti dal cuore d'oro esistano davvero e che la Strega di Hansel e Gretel si divertisse sul serio a costruire case fatte di marzapane.
Quando il gioco si fa duro, i duri si guardano Black Lagoon.