Recensione
Shirobako
9.0/10
"Shirobako" è il classico anime che non avrei mai e poi mai visto, lo avrei saltato a piedi pari a causa del character design un po' troppo moe per i miei gusti, personaggi con la testa un po' troppo grande, gli occhi squadrati e il naso ridotto a un puntino, tutte cose che mi infastidiscono. Eppure, sentendolo elogiare così tanto, ho deciso di dargli una chance, ed è stata un'ottima decisione.
"Shirobako" racconta le avventure lavorative di Aoi, una ragazza che lavora come assistente di produzione presso uno studio d'animazione, e di tutte le peripezie che lei e gli altri membri dello staff devono affrontare per portare a termine "Exodus", il primo anime originale prodotto dallo studio dopo tanti anni. C'è il regista sensibile e un po' svogliato, che non consegna gli storyboard a causa del suo "animo sensibile" che non gli permette di stare al passo con i ritmi della produzione, i supervisori dell'animazione, il produttore esecutivo che vive addosso al regista, i tecnici del suono, gli animatori e poi gli assistenti come Aoi. Oltre a raccontare della vita di tutti i personaggi strambi (eppure così realistici!) che popolano la MusAni, "Shirobako" racconta delle ex compagne di liceo con cui Aoi aveva giurato di creare un anime insieme: c'è l'esperta di animazione 3D, la sceneggiatrice, Ema che voleva fare l'animatrice e ha trovato lavoro assieme ad Aoi alla MusAni, e infine Shizuka, che ha intrapreso la difficile strada del doppiaggio, finora con risultati scarsissimi.
"Shirobako" racconta, coi modi tipici dello slice of life, una storia adulta e commovente.
Vengono seguite attentamente tutte le fasi di creazione di un anime, ponendo l'accento anche su cose a cui difficilmente lo spettatore medio pensa (ad esempio viene fatto vedere come si creano gli effetti sonori, come una donna che cammina nell'acqua, tenendo bene a mente il carattere del personaggio), con un vortice di personaggi straordinari. Sebbene i rapporti tra personaggi siano quasi esclusivamente lavorativi, da ogni battuta viene fuori qualcosa sulla loro psicologia, come l'affascinante personaggio di Endo, un animatore di grande esperienza, che da una parte rivaleggia con un'altra supervisor dell'animazione e vorrebbe dare del suo meglio senza scendere a compromessi, dall'altra è schiacciato dalla preoccupazione di finire di pagare il mutuo e non può permettersi colpi di testa.
In questo modo, tutti i personaggi attraversano momenti difficili di grandi dubbi personali e lavorativi, e gli altri in modo gentile o dietro le quinte riescono sempre a dar loro la spinta necessaria a ritrovare la strada giusta per raggiungere il loro obiettivo.
Il personaggio che preferisco sotto questo punto di vista è Shizuka, la ragazza che vuole diventare una doppiatrice. Lei è quella più svantaggiata di tutte, l'unica che continua a ricevere porte in faccia; troppo esuberante agli occhi degli altri, forse troppo volenterosa, e ogni volta arriva a un passo dal realizzare il suo sogno, ma viene scartata. Caratterizzata in modo sottile, e non come una qualunque macchietta a cui siamo abituati, forse è il personaggio più complesso e più positivo di tutti.
Sono interessanti tutti i personaggi che si aggirano per lo studio, dal primo all'ultimo.
L'anime mostra in modo abbastanza realistico la vita in uno studio d'animazione, mettendo in risalto tutti i problemi pratici, i capricci e i colpi di testa di alcune figure con cui devono avere rapporti lavorativi (come lo studio esterno che lavora senza alcuna cura, o l'editor superficiale e bugiardo che li mette nei guai, o ancora l'autore capriccioso che manda loro messaggi criptici dicendo che il loro lavoro non va bene, senza mai essere chiaro ma continuando solo a insultarli - tutte figure che, per quanto possano sembrare macchiette, chiunque abbia letto un po' di free talk, ossia le colonne di lato dei manga in cui gli autori raccontano dei loro fatti personali, che molto spesso raccontano delle loro brutte avventure con gli editor o del loro coinvolgimento nella produzione degli anime tratti dalle loro opere, o qualche semplice pagina di wikipedia sa benissimo esistere davvero), ma tutti i personaggi sono accomunati da una passione incredibile per il loro lavoro.
Così come esiste il disegnatore delle nuvole che vive solo per quello, così esiste l'animatore che si occupa di disegnare solo rovine e così via.
A parte tutte le fasi di lavorazione molto interessanti, ci sono un sacco di riferimenti davvero gustosi, come una puntata dedicata a tale "Kanno" regista di "Ava", che è ovviamente Anno di Evangelion. Deliziosa anche la ricostruzione della sigla dell'anime vintage di cui è appassionata la protagonista, "Andes Chucky", che riprende tutte le sonorità e gli elementi tipici degli anni '70.
Ma, come ho detto prima, "Shirobako" non è solo uno slice of life, ma ha momenti di grande commozione e tensione, come le audizioni di Shizuka, e tutte le volte che arriva vicina al traguardo.
Dal punto di vista tecnico, il design degli uomini è molto diverso da quello delle ragazze, quasi realistico, e per questo l'ho apprezzato molto di più.
Non ci sono mai cali di qualità, e anche le parti dell' "anime dentro l'anime" sono realizzate in modo maniacale. Belli gli sfondi, la scelta dei colori e le parti in 3D. Le animazioni dei personaggi sono un po' legnose, come succede in tutti gli anime degli ultimi anni, ma niente di fastidioso.
Molto molto belle anche le musiche, sempre adatte al contesto.
Per quanto riguarda l'edizione italiana, attualmente è disponibile su Youtube sul canale ufficiale della Yamato Video in versione sottotitolata. Benchè questa versione sia stata criticata ferocemente, come si evince dai commenti sotto agli episodi su Youtube stesso, per quelle che sono le mie conoscenze di giapponese l'adattamento è ottimo. Sinceramente preferisco che rimanga così, senza un doppiaggio italiano (ovviamente, i doppiatori originali sono tutti straordinari), perché sarebbe molto difficile adattarlo per una trasmissione televisiva, imbevuto com'è di elementi tipici della gerarchia sociale e lavorativa che vige in Giappone, cose che tradotte fedelmente sarebbero incomprensibili per il grande pubblico italiano (vedasi gli adattamenti dei poveri film Ghibli) e che invece troppo modificati distruggerebbero lo spirito dell'opera originale. Secondo me i sottotitoli sono un compromesso eccellente e che è stato ben adattato rispetto all'italiano, soprattutto per quanto riguarda tutte le espressioni tipiche di rito in ambito lavorativo.
Veramente un bel lavoro, sotto tutti i punti di vista, da non lasciarsi assolutamente sfuggire.
"Shirobako" racconta le avventure lavorative di Aoi, una ragazza che lavora come assistente di produzione presso uno studio d'animazione, e di tutte le peripezie che lei e gli altri membri dello staff devono affrontare per portare a termine "Exodus", il primo anime originale prodotto dallo studio dopo tanti anni. C'è il regista sensibile e un po' svogliato, che non consegna gli storyboard a causa del suo "animo sensibile" che non gli permette di stare al passo con i ritmi della produzione, i supervisori dell'animazione, il produttore esecutivo che vive addosso al regista, i tecnici del suono, gli animatori e poi gli assistenti come Aoi. Oltre a raccontare della vita di tutti i personaggi strambi (eppure così realistici!) che popolano la MusAni, "Shirobako" racconta delle ex compagne di liceo con cui Aoi aveva giurato di creare un anime insieme: c'è l'esperta di animazione 3D, la sceneggiatrice, Ema che voleva fare l'animatrice e ha trovato lavoro assieme ad Aoi alla MusAni, e infine Shizuka, che ha intrapreso la difficile strada del doppiaggio, finora con risultati scarsissimi.
"Shirobako" racconta, coi modi tipici dello slice of life, una storia adulta e commovente.
Vengono seguite attentamente tutte le fasi di creazione di un anime, ponendo l'accento anche su cose a cui difficilmente lo spettatore medio pensa (ad esempio viene fatto vedere come si creano gli effetti sonori, come una donna che cammina nell'acqua, tenendo bene a mente il carattere del personaggio), con un vortice di personaggi straordinari. Sebbene i rapporti tra personaggi siano quasi esclusivamente lavorativi, da ogni battuta viene fuori qualcosa sulla loro psicologia, come l'affascinante personaggio di Endo, un animatore di grande esperienza, che da una parte rivaleggia con un'altra supervisor dell'animazione e vorrebbe dare del suo meglio senza scendere a compromessi, dall'altra è schiacciato dalla preoccupazione di finire di pagare il mutuo e non può permettersi colpi di testa.
In questo modo, tutti i personaggi attraversano momenti difficili di grandi dubbi personali e lavorativi, e gli altri in modo gentile o dietro le quinte riescono sempre a dar loro la spinta necessaria a ritrovare la strada giusta per raggiungere il loro obiettivo.
Il personaggio che preferisco sotto questo punto di vista è Shizuka, la ragazza che vuole diventare una doppiatrice. Lei è quella più svantaggiata di tutte, l'unica che continua a ricevere porte in faccia; troppo esuberante agli occhi degli altri, forse troppo volenterosa, e ogni volta arriva a un passo dal realizzare il suo sogno, ma viene scartata. Caratterizzata in modo sottile, e non come una qualunque macchietta a cui siamo abituati, forse è il personaggio più complesso e più positivo di tutti.
Sono interessanti tutti i personaggi che si aggirano per lo studio, dal primo all'ultimo.
L'anime mostra in modo abbastanza realistico la vita in uno studio d'animazione, mettendo in risalto tutti i problemi pratici, i capricci e i colpi di testa di alcune figure con cui devono avere rapporti lavorativi (come lo studio esterno che lavora senza alcuna cura, o l'editor superficiale e bugiardo che li mette nei guai, o ancora l'autore capriccioso che manda loro messaggi criptici dicendo che il loro lavoro non va bene, senza mai essere chiaro ma continuando solo a insultarli - tutte figure che, per quanto possano sembrare macchiette, chiunque abbia letto un po' di free talk, ossia le colonne di lato dei manga in cui gli autori raccontano dei loro fatti personali, che molto spesso raccontano delle loro brutte avventure con gli editor o del loro coinvolgimento nella produzione degli anime tratti dalle loro opere, o qualche semplice pagina di wikipedia sa benissimo esistere davvero), ma tutti i personaggi sono accomunati da una passione incredibile per il loro lavoro.
Così come esiste il disegnatore delle nuvole che vive solo per quello, così esiste l'animatore che si occupa di disegnare solo rovine e così via.
A parte tutte le fasi di lavorazione molto interessanti, ci sono un sacco di riferimenti davvero gustosi, come una puntata dedicata a tale "Kanno" regista di "Ava", che è ovviamente Anno di Evangelion. Deliziosa anche la ricostruzione della sigla dell'anime vintage di cui è appassionata la protagonista, "Andes Chucky", che riprende tutte le sonorità e gli elementi tipici degli anni '70.
Ma, come ho detto prima, "Shirobako" non è solo uno slice of life, ma ha momenti di grande commozione e tensione, come le audizioni di Shizuka, e tutte le volte che arriva vicina al traguardo.
Dal punto di vista tecnico, il design degli uomini è molto diverso da quello delle ragazze, quasi realistico, e per questo l'ho apprezzato molto di più.
Non ci sono mai cali di qualità, e anche le parti dell' "anime dentro l'anime" sono realizzate in modo maniacale. Belli gli sfondi, la scelta dei colori e le parti in 3D. Le animazioni dei personaggi sono un po' legnose, come succede in tutti gli anime degli ultimi anni, ma niente di fastidioso.
Molto molto belle anche le musiche, sempre adatte al contesto.
Per quanto riguarda l'edizione italiana, attualmente è disponibile su Youtube sul canale ufficiale della Yamato Video in versione sottotitolata. Benchè questa versione sia stata criticata ferocemente, come si evince dai commenti sotto agli episodi su Youtube stesso, per quelle che sono le mie conoscenze di giapponese l'adattamento è ottimo. Sinceramente preferisco che rimanga così, senza un doppiaggio italiano (ovviamente, i doppiatori originali sono tutti straordinari), perché sarebbe molto difficile adattarlo per una trasmissione televisiva, imbevuto com'è di elementi tipici della gerarchia sociale e lavorativa che vige in Giappone, cose che tradotte fedelmente sarebbero incomprensibili per il grande pubblico italiano (vedasi gli adattamenti dei poveri film Ghibli) e che invece troppo modificati distruggerebbero lo spirito dell'opera originale. Secondo me i sottotitoli sono un compromesso eccellente e che è stato ben adattato rispetto all'italiano, soprattutto per quanto riguarda tutte le espressioni tipiche di rito in ambito lavorativo.
Veramente un bel lavoro, sotto tutti i punti di vista, da non lasciarsi assolutamente sfuggire.