Recensione
Una lettera per Momo
8.0/10
Cara Momo... inizia così la nuova fatica di Hiroyuki Okiura, con la giovane protagonista che rilegge per l'ennesima volta una lettera incompiuta lasciatale dal defunto padre, mentre, assieme alla madre, si trasferisce nella sperduta isola di Shio, nel mare interno di Seto. Strappata dai luoghi metropolitani a lei familiari, la ragazza viene catapultata in un mondo che sembra rimasto indietro nel tempo di cinquant'anni. Ancora frastornata dalla recente perdita, si muove con aria quasi apatica, facendo fatica a relazionarsi con gli altri, questo almeno finché non succede qualcosa di strano. All'inizio è solo una sensazione, ma le cose peggiorano sempre di più e, come in una favola dei tempi andati, si ritrova ad avere a che fare con tre demoni che sono venuti ad abitare nella sua soffitta.
Okiura pesca a piene mani dal folklore nipponico, facendo letteralmente uscire dalle pagine di un vecchio libro illustrato queste tre strampalate figure che iniziano a scombussolare la vita di Momo. Ma questo è solo un pretesto. L'autore vuole raccontare la storia di una perdita, segnata dal rimpianto per delle parole dette con rabbia, e del viaggio, più metaforico che reale, che compie la protagonista per accettare il senso di vuoto lasciato dalla scomparsa del padre. Ma il racconto parla anche di come le persone possono reagire a una perdita come questa. Mentre Momo si comporta in maniera apatica, isolandosi da chi le sta vicino e rimpiangendo la sua vecchia casa, sua madre Ikuko cerca di ricominciare una nuova vita, tenendosi così impegnata che finisce per trascurare persino sua figlia.
La narrazione inizia in maniera lenta e, seguendo i cambi di umore di Momo, aumenta gradualmente il ritmo fino al finale, caratterizzato da una vena drammatica, che segna il ricongiungimento tra madre e figlia dopo il lutto che ha sconvolto le loro vite. La storia è un po' lineare, ma funzionale al racconto... però gli manca qualcosa. I personaggi sembrano piatti, quasi stereotipati, la protagonista soprattutto sembra recitare un ruolo già visto, mentre i mostri sono poco più di una macchietta, cosa che sulle prima fa ridere, ma a lungo andare tende a stancare. Sembrano solo un pretesto per smuovere Momo dalla sua apatia e, tranne per il finale, non fanno altro che combinare guai.
Il racconto in sé poi non è così originale e ricorda fin troppo alcuni lavori dello studio Ghibli, con la protagonista che si trasferisce in un paesino rurale per superare un momento difficile e riscopre la gioia di vivere grazie a un aiuto soprannaturale. Da quello che ho letto, il regista ha impiegato ben sette anni a pianificare la trama, scrivere il copione e disegnare gli storyboard... ma il risultato finale non è che sia dei più brillanti. Non fraintendetemi, non è un brutto film, anzi è molto bello e le quasi due ore di visione scorrono via che è un piacere; ma dal regista di "Jin-Roh" mi aspettavo molto di più (va beh che in quel caso la sceneggiatura era di Oshii). Sembra che Okiura prenda fin troppo spunto dai lavori di Miyazaki e soci, perdendoci però in originalità.
Per quello che riguarda il lato tecnico la pellicola può vantare animazioni di altissimo livello, con un character design che punta molto sulle espressioni facciali dei protagonisti e dei fondali assolutamente spettacolari, che riescono a rendere in maniera molto realistica il paesino rurale in cui sono ambientate le vicende. Per contro le musiche non spiccano particolarmente dal contesto. Il doppiaggio italiano invece è davvero ben fatto, con un'ottima resa delle voci e delle belle interpretazioni. Tirando le somme, si tratta di un bel lungometraggio, come non se ne vedevano da molto tempo, che però non riesce a soddisfare appieno le aspettative che hanno anticipato la sua uscita.
Okiura pesca a piene mani dal folklore nipponico, facendo letteralmente uscire dalle pagine di un vecchio libro illustrato queste tre strampalate figure che iniziano a scombussolare la vita di Momo. Ma questo è solo un pretesto. L'autore vuole raccontare la storia di una perdita, segnata dal rimpianto per delle parole dette con rabbia, e del viaggio, più metaforico che reale, che compie la protagonista per accettare il senso di vuoto lasciato dalla scomparsa del padre. Ma il racconto parla anche di come le persone possono reagire a una perdita come questa. Mentre Momo si comporta in maniera apatica, isolandosi da chi le sta vicino e rimpiangendo la sua vecchia casa, sua madre Ikuko cerca di ricominciare una nuova vita, tenendosi così impegnata che finisce per trascurare persino sua figlia.
La narrazione inizia in maniera lenta e, seguendo i cambi di umore di Momo, aumenta gradualmente il ritmo fino al finale, caratterizzato da una vena drammatica, che segna il ricongiungimento tra madre e figlia dopo il lutto che ha sconvolto le loro vite. La storia è un po' lineare, ma funzionale al racconto... però gli manca qualcosa. I personaggi sembrano piatti, quasi stereotipati, la protagonista soprattutto sembra recitare un ruolo già visto, mentre i mostri sono poco più di una macchietta, cosa che sulle prima fa ridere, ma a lungo andare tende a stancare. Sembrano solo un pretesto per smuovere Momo dalla sua apatia e, tranne per il finale, non fanno altro che combinare guai.
Il racconto in sé poi non è così originale e ricorda fin troppo alcuni lavori dello studio Ghibli, con la protagonista che si trasferisce in un paesino rurale per superare un momento difficile e riscopre la gioia di vivere grazie a un aiuto soprannaturale. Da quello che ho letto, il regista ha impiegato ben sette anni a pianificare la trama, scrivere il copione e disegnare gli storyboard... ma il risultato finale non è che sia dei più brillanti. Non fraintendetemi, non è un brutto film, anzi è molto bello e le quasi due ore di visione scorrono via che è un piacere; ma dal regista di "Jin-Roh" mi aspettavo molto di più (va beh che in quel caso la sceneggiatura era di Oshii). Sembra che Okiura prenda fin troppo spunto dai lavori di Miyazaki e soci, perdendoci però in originalità.
Per quello che riguarda il lato tecnico la pellicola può vantare animazioni di altissimo livello, con un character design che punta molto sulle espressioni facciali dei protagonisti e dei fondali assolutamente spettacolari, che riescono a rendere in maniera molto realistica il paesino rurale in cui sono ambientate le vicende. Per contro le musiche non spiccano particolarmente dal contesto. Il doppiaggio italiano invece è davvero ben fatto, con un'ottima resa delle voci e delle belle interpretazioni. Tirando le somme, si tratta di un bel lungometraggio, come non se ne vedevano da molto tempo, che però non riesce a soddisfare appieno le aspettative che hanno anticipato la sua uscita.