Recensione
Nine
9.0/10
Recensione di FairyQueen
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<b>[Attenzione, possibili spoiler.]</b>
Nine. Nove. Come gli inning di una partita di baseball, tutti da giocare, tutti importanti, tutti ugualmente determinanti ai fini del risultato finale. Nove, come i giocatori di ogni squadra, ognuno con il suo ruolo ben preciso, ognuno ugualmente prezioso, ognuno con in pugno le sorti dell’intera squadra. Nove, come i protagonisti di questa storia:
Katsuya Niimi e Susumu Karasawa, che lasceranno le rispettive brillanti carriere sportive e si dedicheranno al baseball solo per un sorriso della bella Yuri Nakao, futura manager del club di baseball (segretamente innamorata di Katsuya).
Eiji Kurahashi, impeccabile lanciatore, costretto dal padre ad abbandonare lo sport che tanto ama ma che con l’aiuto degli amici troverà la forza di ribellarsi e tornerà a giocare.
Il Coach Nakao, l’allenatore della squadra e padre di Yuri, buffissimo e inconsapevole artefice di tutta la storia e protagonista di tante piccole gag, che passa dal rischiare il licenziamento a sognare (e raggiungere) prima una vittoria e poi il Koushien, forse non sarà un granché come guida ma incarna sicuramente quello che dovrebbe essere l’amore per questo sport.
Kentarou Yamanaka, amico d’infanzia innamorato di Yuri ed “eroe” del Koushien, idolo delle ragazze, in poche parole “un degno rivale” su tutti i fronti ma destinato a perdere la partita più importante.
Yukimi Yasuda, membro del club di atletica, anche lei innamorata di Katsuya nel quale rivede il fratello deceduto in un incidente.
Jirou Yamanaka, fratello minore di Kentarou, teppistello ribelle che infondo teme il confronto con il fratello, metterà la testa a posto per amore di Yukimi e del baseball.
E infine l’ultimo, ma non per importanza, protagonista di questa storia, proprio lui: il baseball.
Nel baseball non c’è solo il lanciatore, il baseball si gioca in nove e ognuno di questi nove giocatori, come le tessere di un puzzle, contribuisce in egual misura al gioco; ma non solo, ognuno di questi nove giocatori potrebbe essere colui che, con la sua abilità, il suo impegno o semplicemente un colpo di fortuna, porterà la squadra alla vittoria.
Credo che sia sostanzialmente questo lo spirito di Nine. Non la storia di un campione baciato da mille talenti che sacrifica tutto per la vittoria finale, ma bensì la storia di tanti ragazzi normali ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti, uniti da tanti sentimenti: amore, amicizia, gioia di vivere ma anche tristezza, malinconia, grandi e piccole difficoltà della vita e soprattutto, immancabile in quasi tutti i lavori di Adachi, la passione per uno sport, il baseball, che li porterà ad incontrarsi, conoscersi e crescere insieme, riempiendo di bellissimi ricordi quello che è probabilmente il periodo più bello della vita di tutti noi.
A mio avviso, sono proprio la normalità e la semplicità la grande forza di questo manga dove i vari elementi e “coup de théatre” che, tipicamente, riescono a tenere incollato il lettore alle pagine di un manga, non sono concentrati su un unico protagonista ma bensì sono sapientemente dosati e distribuiti a tutti i personaggi e questo fa anche sì che non si possa fare a meno di affezionarsi ad ognuno di loro. In Nine c’è molto di più di una semplice storia d’amore tra un lui e una lei ostacolati da mille “terzi incomodi”, c’è molto di più di una storia sul baseball dove il Koushien è tutto. In Nine c’è raccontata semplicemente la vita di tanti ragazzi che il destino, e il baseball, hanno fatto incontrare e che da quel momento scorreranno su binari paralleli.
La storia è semplice, dicevo, ma sicuramente mai banale. Come la vita di tutti noi, scorre sostanzialmente tranquilla nella sua quotidianità, ma punteggiata qua e là da grandi e piccole avventure, grandi e piccoli aneddoti che la segnano e che sono destinati ad imprimersi nei nostri cuori e nelle nostre menti (e in quelli dei protagonisti) più di quanto possiamo immaginare sul momento. Sono le piccole cose che la renderanno degna di essere vissuta e che rendono questo manga degno di essere letto ed apprezzato.
Persino il baseball delle scuole superiori, sempre grande protagonista nei lavori di Adachi, qui recupera (o sarebbe più giusto dire “ha ancora”) la sua giusta dimensione di sport, di hobby, di “attività extracurricolare” fatto per passione e per divertimento insieme agli amici. Il mitico Koushien è visto come una chimera, un sogno lontanissimo e irraggiungibile, un “sarebbe bello se… ma…”; è visto, insomma, con gli occhi dei “perdenti”, degli sconfitti, di quelli che non ci sono mai arrivati; anzi, non ci si sono mai nemmeno avvicinati (e sono molto più numerosi dei campioni che lo vincono!), ma questo non intacca minimamente l’amore e la passione di questi ragazzi per questo sport né la gioia e l’allegria con cui continuano a scendere in campo e ad allenarsi ogni giorno. Ed è con questi sentimenti che riusciranno, alla fine, a raggiungere, increduli, il tanto agognato quanto insperato traguardo e che lo affronteranno. È con il sorriso sulle labbra che sconfiggeranno squadre, giocatori e grandi campioni che invece hanno sacrificato tutto per questo sport perdendo di vista la cosa più importante: la gioia e il piacere di giocare. Ed è sempre con il sorriso sulle labbra e il cuore colmo di soddisfazione e bellissimi ricordi che torneranno a casa e riprenderanno le loro vite, la scuola, lo studio. È con una punta di tristezza e di malinconia che lasceranno il club per prepararsi ad affrontare gli esami finali, l’università e poi la vita, una vita probabilmente senza il baseball perché nessuno di loro è un gran campione, ma sicuramente una vita senza rimpianti e vissuta fino infondo.
Nine. Nove. Come il voto che do a questo piccolo grande capolavoro.
Nine. Nove. Come gli inning di una partita di baseball, tutti da giocare, tutti importanti, tutti ugualmente determinanti ai fini del risultato finale. Nove, come i giocatori di ogni squadra, ognuno con il suo ruolo ben preciso, ognuno ugualmente prezioso, ognuno con in pugno le sorti dell’intera squadra. Nove, come i protagonisti di questa storia:
Katsuya Niimi e Susumu Karasawa, che lasceranno le rispettive brillanti carriere sportive e si dedicheranno al baseball solo per un sorriso della bella Yuri Nakao, futura manager del club di baseball (segretamente innamorata di Katsuya).
Eiji Kurahashi, impeccabile lanciatore, costretto dal padre ad abbandonare lo sport che tanto ama ma che con l’aiuto degli amici troverà la forza di ribellarsi e tornerà a giocare.
Il Coach Nakao, l’allenatore della squadra e padre di Yuri, buffissimo e inconsapevole artefice di tutta la storia e protagonista di tante piccole gag, che passa dal rischiare il licenziamento a sognare (e raggiungere) prima una vittoria e poi il Koushien, forse non sarà un granché come guida ma incarna sicuramente quello che dovrebbe essere l’amore per questo sport.
Kentarou Yamanaka, amico d’infanzia innamorato di Yuri ed “eroe” del Koushien, idolo delle ragazze, in poche parole “un degno rivale” su tutti i fronti ma destinato a perdere la partita più importante.
Yukimi Yasuda, membro del club di atletica, anche lei innamorata di Katsuya nel quale rivede il fratello deceduto in un incidente.
Jirou Yamanaka, fratello minore di Kentarou, teppistello ribelle che infondo teme il confronto con il fratello, metterà la testa a posto per amore di Yukimi e del baseball.
E infine l’ultimo, ma non per importanza, protagonista di questa storia, proprio lui: il baseball.
Nel baseball non c’è solo il lanciatore, il baseball si gioca in nove e ognuno di questi nove giocatori, come le tessere di un puzzle, contribuisce in egual misura al gioco; ma non solo, ognuno di questi nove giocatori potrebbe essere colui che, con la sua abilità, il suo impegno o semplicemente un colpo di fortuna, porterà la squadra alla vittoria.
Credo che sia sostanzialmente questo lo spirito di Nine. Non la storia di un campione baciato da mille talenti che sacrifica tutto per la vittoria finale, ma bensì la storia di tanti ragazzi normali ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti, uniti da tanti sentimenti: amore, amicizia, gioia di vivere ma anche tristezza, malinconia, grandi e piccole difficoltà della vita e soprattutto, immancabile in quasi tutti i lavori di Adachi, la passione per uno sport, il baseball, che li porterà ad incontrarsi, conoscersi e crescere insieme, riempiendo di bellissimi ricordi quello che è probabilmente il periodo più bello della vita di tutti noi.
A mio avviso, sono proprio la normalità e la semplicità la grande forza di questo manga dove i vari elementi e “coup de théatre” che, tipicamente, riescono a tenere incollato il lettore alle pagine di un manga, non sono concentrati su un unico protagonista ma bensì sono sapientemente dosati e distribuiti a tutti i personaggi e questo fa anche sì che non si possa fare a meno di affezionarsi ad ognuno di loro. In Nine c’è molto di più di una semplice storia d’amore tra un lui e una lei ostacolati da mille “terzi incomodi”, c’è molto di più di una storia sul baseball dove il Koushien è tutto. In Nine c’è raccontata semplicemente la vita di tanti ragazzi che il destino, e il baseball, hanno fatto incontrare e che da quel momento scorreranno su binari paralleli.
La storia è semplice, dicevo, ma sicuramente mai banale. Come la vita di tutti noi, scorre sostanzialmente tranquilla nella sua quotidianità, ma punteggiata qua e là da grandi e piccole avventure, grandi e piccoli aneddoti che la segnano e che sono destinati ad imprimersi nei nostri cuori e nelle nostre menti (e in quelli dei protagonisti) più di quanto possiamo immaginare sul momento. Sono le piccole cose che la renderanno degna di essere vissuta e che rendono questo manga degno di essere letto ed apprezzato.
Persino il baseball delle scuole superiori, sempre grande protagonista nei lavori di Adachi, qui recupera (o sarebbe più giusto dire “ha ancora”) la sua giusta dimensione di sport, di hobby, di “attività extracurricolare” fatto per passione e per divertimento insieme agli amici. Il mitico Koushien è visto come una chimera, un sogno lontanissimo e irraggiungibile, un “sarebbe bello se… ma…”; è visto, insomma, con gli occhi dei “perdenti”, degli sconfitti, di quelli che non ci sono mai arrivati; anzi, non ci si sono mai nemmeno avvicinati (e sono molto più numerosi dei campioni che lo vincono!), ma questo non intacca minimamente l’amore e la passione di questi ragazzi per questo sport né la gioia e l’allegria con cui continuano a scendere in campo e ad allenarsi ogni giorno. Ed è con questi sentimenti che riusciranno, alla fine, a raggiungere, increduli, il tanto agognato quanto insperato traguardo e che lo affronteranno. È con il sorriso sulle labbra che sconfiggeranno squadre, giocatori e grandi campioni che invece hanno sacrificato tutto per questo sport perdendo di vista la cosa più importante: la gioia e il piacere di giocare. Ed è sempre con il sorriso sulle labbra e il cuore colmo di soddisfazione e bellissimi ricordi che torneranno a casa e riprenderanno le loro vite, la scuola, lo studio. È con una punta di tristezza e di malinconia che lasceranno il club per prepararsi ad affrontare gli esami finali, l’università e poi la vita, una vita probabilmente senza il baseball perché nessuno di loro è un gran campione, ma sicuramente una vita senza rimpianti e vissuta fino infondo.
Nine. Nove. Come il voto che do a questo piccolo grande capolavoro.