Recensione
Honey and Clover
10.0/10
"Honey and Clover" è un capolavoro e non ci sono ma che tengano. Ecco, direi che con questa semplice e ardita frase potrei concludere la mia recensione.
Il gusto è soggettivo e ognuno è libero di leggere ciò che più gli aggrada, infatti, questo manga è stato snobbato, disprezzato e ignorato dagli italiani e, nonostante il suo immenso valore non si trova quasi più in commercio. Ma i motivi del flop di Honey and Clover li esaminerò in seguito.
"Una stanza di sei tatami con una cucina di tre, senza bagno situata a dieci minuti a piedi dall'università"
Questa frase ci introduce nell'appartamento di alcuni studenti dell'Accademia di Belle Arti di Tokyo, tra cui spiccano Yuta Takemoto, Takumi Mayama e Shinobu Morita.
Chica Umino proietta subito il lettore nella vita caotica di questi tre talentuosi studenti con tavole inizialmente acerbe, quasi sovrabbondanti di disegni e dialoghi. Tra gag di vario tipo e bizzarri misteri ci si fa un'idea iniziale di questi personaggi, la cui vita subirà presto cambiamenti con l'entrata in scena di Hagumi "Hagu" Hanamoto, parente del loro professore Shuji Hanamoto e infine di Ayumi Yamada, loro compagna di corso.
In dieci volumi si articola un periodo della vita di questi e altri protagonisti, dalla durata di qualche anno. Tra queste pagine prende corpo una vicenda verosimilissima, in cui ognuno può ritrovare la propria quotidianità, riflettere e immedesimarsi in una o più delle persone di questo bizzarro gruppo. Un'immedesimazione quasi dolorosa, dolce ma malinconica.
Honey and Clover è come la vita: quasi sfocato, dolce, a volte doloroso e difficile, a volte sfrenato, energico ed euforico, ricco di amore, passione e amicizia. Questo lo sanno sia i personaggi e sia coloro che hanno deciso di seguire le loro vicende. L'abilità di Chica Umino sta proprio nel ritrarre con estrema maestria ognuno di questi aspetti, di sviscerarli e rinnovarli, di mostrarne ogni sfaccettatura e sfumatura, di farci vivere assieme a lei e alle sue creature una sorta di viaggio, senza però darci mai risposte chiare e nette, ma lasciando che ciascuno tragga le proprie conclusioni.
Non si può parlare più di tanto di comprimari, protagonisti, comparse. Tutti hanno il loro momento, ostacoli da superare, qualcosa da cercare (che non è detto che troveranno), una maturazione da affrontare, pensieri e parole da comunicare. Perfino Leader, il dolcissimo e peloso cane della Fujiwara design "parla", consola e comunica. Segno di una sensibilità fuori dal comune della Umino, che ritrae l'animo umano e perché no, anche degli animali, facendoci anche comprendere che non è possibile neanche per noi stessi conoscerci del tutto, perché ogni creatura è un mistero, unico e irripetibile.
Ed è quello che capiranno tutti, in particolare Takemoto, nel suo viaggio alla ricerca di sè stesso, in cui non troverà risposte, o meglio non le troverà tutte, ma riuscirà comunque a compiere una delle maturazioni più belle mai narrate da mente umana.
Risate e tanta malinconia, in questa narrazione atipica, che regala tantissime, infinite emozioni, a seconda anche dei personaggi coinvolti e delle loro scelte. Scelte anche sofferte, ma, come dice il prof Shu, mai scuse per fuggire dai problemi. Come quella di Ayumi, che accetta la realtà per raggiungere la felicità, come quella di Mayama che lotta per le persone che ama, come lo stesso Shu che ricomincia a vivere la sua vita come protagonista, non di riflesso per mezzo di Hagu, come l'algida Rika che si aggrappa alla vita, come Hagu che trova un coraggio mai avuto, come Morita che sceglie da se la sua strada. E in tutto ciò, è possibile scorgere una vena di sano ottimismo, una positività non comune, un buonismo se vogliamo, ma ragionato, che nasce dall'osservazione della realtà, che non scade nella stucchevolezza o nella finzione, ma in grado di scaldare il cuore.
E come non parlare anche dei numerosi simboli ricorrenti come il quadrifoglio, una pianta di basilico, la ruota, la torre e le metafore tra questi elementi e il diverso percorso compiuto dai personaggi.
Ad una narrazione sopraffina ed estremamente corale, si affiancano dei disegni personalissimi e adattissimi al tipo di racconto. Il tratto di Chica Umino, ancora un po' acerbo nei primi volumi, riesce ad amplificare e a far comprendere ogni cosa, anche la più ambigua, grazie alla sua estrema espressività, che arriva al suo culmine nello splendido finale (e migliora nella sua opera successiva Un Marzo da Leoni!), che, pur essendo abbastanza aperto, risulta il più adatto e il migliore per questa storia, un finale che non ricorre a soluzioni facili e comode, un finale profondo e maturo che riesce a commuovere anche più degli altri splendidi nove volumi.
Uno splendido racconto di formazione, uno spaccato della vita quotidiana, uno slice of life dolcissimo e malinconico, che ha per sfondo l'Arte, la passione, il talento di questi personaggi, il loro impegno o anche la loro pigrizia (qualcuno ha detto Shinobu Morita??). Questo e infinitamente di più è Honey and Clover: un manga che tutti dovrebbero avere il diritto di leggere, per il suo estremo e raro valore.
Eppure, come dicevo all'inizio, qui da noi, a differenza della madrepatria dove ha riscosso (e riscuote tuttora) notevole successo, questa serie è stata snobbata e disprezzata, trattata come un fumetto stupido, infantile e per femminucce, le sono stati preferiti gli smut di Mayu Shinjo e Minami Kanan, oppure i soliti shonen-fotocopia di dubbia utilità. Il motivo di tutto questo? A quanto pare ad allontanare i lettori sono stati i disegni e la scritta "Planet Shojo" in copertina. Niente bishounen e niente tettone o i disegnini puliti in stile CLAMP a quanto pare per gli italiani sono una scusa sufficiente per dire che un manga è brutto. Poco importa se questi disegni emozionano, poco importa che le illustrazioni siano dolcissime ed espressive. Poco importa se la narrazione sia magistrale, che commuove e diverte al tempo stesso, poco importa che l'immedesimazione e l'empatia che suscitano i personaggi raggiunga livelli altissimi.
E infine, venendo alla seconda motivazione ho una considerazione da fare: Honey and Clover è un josei, ma se anche fosse stato shoujo avrebbe mantenuto il suo valore. Non è sempre vero che shoujo= storiella da amore da quattro soldi. Shoujo indica solo che il manga in questione è stato pubblicato su una rivista letta prevalentemente da ragazze, non indica il contenuto della serie. Ma in un paese ancora maschilista come il nostro, dove "le cose da femmine" vengono valutate come le peggiori porcate esistenti, dove ciò che è scritto da donne viene svalutato spesso a priori e ritenuto inferiore rispetto a un'opera dello stesso tipo scritta da un uomo, ormai, non mi stupisco più di nulla.
Il gusto è soggettivo e ognuno è libero di leggere ciò che più gli aggrada, infatti, questo manga è stato snobbato, disprezzato e ignorato dagli italiani e, nonostante il suo immenso valore non si trova quasi più in commercio. Ma i motivi del flop di Honey and Clover li esaminerò in seguito.
"Una stanza di sei tatami con una cucina di tre, senza bagno situata a dieci minuti a piedi dall'università"
Questa frase ci introduce nell'appartamento di alcuni studenti dell'Accademia di Belle Arti di Tokyo, tra cui spiccano Yuta Takemoto, Takumi Mayama e Shinobu Morita.
Chica Umino proietta subito il lettore nella vita caotica di questi tre talentuosi studenti con tavole inizialmente acerbe, quasi sovrabbondanti di disegni e dialoghi. Tra gag di vario tipo e bizzarri misteri ci si fa un'idea iniziale di questi personaggi, la cui vita subirà presto cambiamenti con l'entrata in scena di Hagumi "Hagu" Hanamoto, parente del loro professore Shuji Hanamoto e infine di Ayumi Yamada, loro compagna di corso.
In dieci volumi si articola un periodo della vita di questi e altri protagonisti, dalla durata di qualche anno. Tra queste pagine prende corpo una vicenda verosimilissima, in cui ognuno può ritrovare la propria quotidianità, riflettere e immedesimarsi in una o più delle persone di questo bizzarro gruppo. Un'immedesimazione quasi dolorosa, dolce ma malinconica.
Honey and Clover è come la vita: quasi sfocato, dolce, a volte doloroso e difficile, a volte sfrenato, energico ed euforico, ricco di amore, passione e amicizia. Questo lo sanno sia i personaggi e sia coloro che hanno deciso di seguire le loro vicende. L'abilità di Chica Umino sta proprio nel ritrarre con estrema maestria ognuno di questi aspetti, di sviscerarli e rinnovarli, di mostrarne ogni sfaccettatura e sfumatura, di farci vivere assieme a lei e alle sue creature una sorta di viaggio, senza però darci mai risposte chiare e nette, ma lasciando che ciascuno tragga le proprie conclusioni.
Non si può parlare più di tanto di comprimari, protagonisti, comparse. Tutti hanno il loro momento, ostacoli da superare, qualcosa da cercare (che non è detto che troveranno), una maturazione da affrontare, pensieri e parole da comunicare. Perfino Leader, il dolcissimo e peloso cane della Fujiwara design "parla", consola e comunica. Segno di una sensibilità fuori dal comune della Umino, che ritrae l'animo umano e perché no, anche degli animali, facendoci anche comprendere che non è possibile neanche per noi stessi conoscerci del tutto, perché ogni creatura è un mistero, unico e irripetibile.
Ed è quello che capiranno tutti, in particolare Takemoto, nel suo viaggio alla ricerca di sè stesso, in cui non troverà risposte, o meglio non le troverà tutte, ma riuscirà comunque a compiere una delle maturazioni più belle mai narrate da mente umana.
Risate e tanta malinconia, in questa narrazione atipica, che regala tantissime, infinite emozioni, a seconda anche dei personaggi coinvolti e delle loro scelte. Scelte anche sofferte, ma, come dice il prof Shu, mai scuse per fuggire dai problemi. Come quella di Ayumi, che accetta la realtà per raggiungere la felicità, come quella di Mayama che lotta per le persone che ama, come lo stesso Shu che ricomincia a vivere la sua vita come protagonista, non di riflesso per mezzo di Hagu, come l'algida Rika che si aggrappa alla vita, come Hagu che trova un coraggio mai avuto, come Morita che sceglie da se la sua strada. E in tutto ciò, è possibile scorgere una vena di sano ottimismo, una positività non comune, un buonismo se vogliamo, ma ragionato, che nasce dall'osservazione della realtà, che non scade nella stucchevolezza o nella finzione, ma in grado di scaldare il cuore.
E come non parlare anche dei numerosi simboli ricorrenti come il quadrifoglio, una pianta di basilico, la ruota, la torre e le metafore tra questi elementi e il diverso percorso compiuto dai personaggi.
Ad una narrazione sopraffina ed estremamente corale, si affiancano dei disegni personalissimi e adattissimi al tipo di racconto. Il tratto di Chica Umino, ancora un po' acerbo nei primi volumi, riesce ad amplificare e a far comprendere ogni cosa, anche la più ambigua, grazie alla sua estrema espressività, che arriva al suo culmine nello splendido finale (e migliora nella sua opera successiva Un Marzo da Leoni!), che, pur essendo abbastanza aperto, risulta il più adatto e il migliore per questa storia, un finale che non ricorre a soluzioni facili e comode, un finale profondo e maturo che riesce a commuovere anche più degli altri splendidi nove volumi.
Uno splendido racconto di formazione, uno spaccato della vita quotidiana, uno slice of life dolcissimo e malinconico, che ha per sfondo l'Arte, la passione, il talento di questi personaggi, il loro impegno o anche la loro pigrizia (qualcuno ha detto Shinobu Morita??). Questo e infinitamente di più è Honey and Clover: un manga che tutti dovrebbero avere il diritto di leggere, per il suo estremo e raro valore.
Eppure, come dicevo all'inizio, qui da noi, a differenza della madrepatria dove ha riscosso (e riscuote tuttora) notevole successo, questa serie è stata snobbata e disprezzata, trattata come un fumetto stupido, infantile e per femminucce, le sono stati preferiti gli smut di Mayu Shinjo e Minami Kanan, oppure i soliti shonen-fotocopia di dubbia utilità. Il motivo di tutto questo? A quanto pare ad allontanare i lettori sono stati i disegni e la scritta "Planet Shojo" in copertina. Niente bishounen e niente tettone o i disegnini puliti in stile CLAMP a quanto pare per gli italiani sono una scusa sufficiente per dire che un manga è brutto. Poco importa se questi disegni emozionano, poco importa che le illustrazioni siano dolcissime ed espressive. Poco importa se la narrazione sia magistrale, che commuove e diverte al tempo stesso, poco importa che l'immedesimazione e l'empatia che suscitano i personaggi raggiunga livelli altissimi.
E infine, venendo alla seconda motivazione ho una considerazione da fare: Honey and Clover è un josei, ma se anche fosse stato shoujo avrebbe mantenuto il suo valore. Non è sempre vero che shoujo= storiella da amore da quattro soldi. Shoujo indica solo che il manga in questione è stato pubblicato su una rivista letta prevalentemente da ragazze, non indica il contenuto della serie. Ma in un paese ancora maschilista come il nostro, dove "le cose da femmine" vengono valutate come le peggiori porcate esistenti, dove ciò che è scritto da donne viene svalutato spesso a priori e ritenuto inferiore rispetto a un'opera dello stesso tipo scritta da un uomo, ormai, non mi stupisco più di nulla.