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Haruhi Suzumiya è una serie di light novel scritta da Nagaru Tanigawa accompagnata dalle tavole disegnate da Noizi Ito. L'opera è composta (per ora) da undici volumi in tutto, pubblicati in Giappone dal 2003 al 2011, ed è edita in Italia dalla Jpop (o almeno così vuole la leggenda). In teoria, la serie non è conclusa ma, considerato che l'unico spunto di trama decente introdotto si chiude con la fine dell'undicesimo volume, potremmo anche metterci una pietra sopra e considerarla finita. In ogni caso non possiamo sapere cosa frulla nella testa di Tanigawa quindi, per correttezza, continuiamo pure a dire che la serie è semplicemente in pausa.

Kyon è un normalissimo ragazzo annoiato dalla monotona normalità della sua vita. Sarebbe eccitante se si possedessero poteri sovrannaturali per combattere contro alieni, fantasmi, mostri o cose di questo genere per, magari, riuscire a fare colpo sulle ragazze. Ma aspettate! Essere al centro dell'attenzione, in questi casi, non è poi così bello: non sai mai quando il nemico ti attaccherà, troppo seccante! Allora forse è meglio restare delle persone normali, ma conoscere l'eroe di turno, in modo da potersi far coinvolgere in questa vita spericolata e godersi lo spettacolo per lo meno dalla seconda fila. Ma la realtà non è fantasia, e di certo non asseconda i desideri di un ragazzo qualsiasi. Ormai disilluso e senza alcuna speranza di poter vivere una vita fuori dal comune, Kyon si appresta a cominciare il primo anno di superiori. Ed è proprio qui che farà l'incontro che gli cambierà la vita: Haruhi Suzumiya. Una ragazza che, a differenza di Kyon, non si è rassegnata a vivere una vita banale ed è alla continua ricerca di eventi interessanti. I due formeranno la Brigata SOS, un club dallo scopo non ben definito, e grazie agli altri tre membri del gruppo Kyon verrà coinvolto in strane situazioni.

Le premesse per una storia affascinante, divertente e coinvolgente c'erano tutte ma, secondo me, il risultato finale può essere definito, al più, decisamente mediocre.
La serie, con La malinconia di Haruhi Suzumiya, comincia davvero con il piede giusto. Un protagonista, Kyon, che, per una volta, è davvero un normalissimo liceale, privo di qualsivoglia talento o particolarità (se non l'interesse provato verso ragazze un po' strambe), annoiato dalla normalità e sempre incline al sarcasmo. Ecco, forse è proprio questo il punto forte di Kyon, cioè il fatto che vada a dire (o pensare, non si capirà mai bene) proprio quello che, in genere, pensa il lettore stesso. Una protagonista, Haruhi, decisamente fuori dagli schemi. Anche lei, come Kyon, è annoiata dalla banalità della vita reale ma, a differenza del ragazzo, ha il coraggio di inseguire a testa bassa i propri sogni anche se ciò implica la totale emarginazione sociale (in questo caso autoimposta, data la sua incapacità ad adeguarsi). Gli altri tre membri della Brigata SOS (Koizumi, Nagato e Asahina) sono tutti caratterizzati in modo ottimale e diversi tra loro. In questo caso, la cosa che colpisce di più è la visione completamente diversa che i tre ragazzi hanno sullo stesso evento, avvenuto tre anni prima dell'inizio della storia, e su Haruhi.
Insomma una storia accattivante, fresca e ricca di colpi di scena, almeno nel primo volume. Il secondo e il terzo, purtroppo, non sono all'altezza del primo ("carini" sarebbe la definizione più adeguata) ma riescono comunque ad intrattenere senza risultare troppo pesanti. Il terzo, in particolare, nonostante la sua struttura episodica a capitoli "autoconclusivi", presenta alcuni elementi davvero interessanti, come la fusione tra passato e presente. Ma è con il quarto libro, La scomparsa di Haruhi Suzumiya, che la serie raggiunge il suo apice narrativo. In questo volume Tanigawa mette in bella mostra tutta la sua (indubbia) abilità narrativa ri-cominciando a mescolare, nella stessa storia, presente, passato, futuro e realtà alternative (il processo, come accennato in precedenza, era già cominciato nel secondo capitolo di La noia di Haruhi Suzumiya, "Sasa no Ha Rapusodi" - La rapsodia delle foglie di bambù -).
Ma è proprio a questo punto che cominciano i veri problemi! L'alternanza romanzi-storie brevi si fa sentire parecchio, spezzando brutalmente il ritmo della narrazione dato che la gran parte delle storie brevi è (quasi) completamente scollegata dal filone principale. Il risultato è che si hanno parti davvero interessanti (cioè quelle che portano avanti la trama) e altre che hanno l'unico effetto di rallentare la storia e quindi risultano vuote e noiose a prescindere dal fatto che siano belle o meno (e alcune parti - poche, in realtà - effettivamente interessanti lo sono).
Per fortuna il livello torna ad alzarsi negli ultimi tre volumi. Molto accattivante l'idea di svolgere il "finale" attraverso due piani temporali distinti narrati simultaneamente. Tutto ha inizio a metà del nono volume, momento in cui Kyon riceve una telefonata; da qui in poi avviene una sorta di scissione e vedremo la stessa settimana, giorno per giorno, vissuta in due realtà temporali diverse. Questa struttura "doppia" andrà avanti fino alla metà dell'undicesimo volume, quando i due piani convergeranno, in qualche modo, verso un unico finale. Come dicevo, idea davvero interessante e con un potenziale notevole, almeno in teoria. Perché nella pratica, purtroppo, le cose non stanno proprio così. Il piano temporale α è di una vuotezza sconvolgente, e non solo se paragonato al ben più interessante e coinvolgente piano β. Come quindi avrete capito, anche questa parte, come il resto dell'opera, è caratterizzata dall'evidentissimo contrasto tra alcune parti terribilmente interessanti che finirete di leggere in pochi minuti (piano temporale β) e altre parti che invece sembreranno non finire mai (piano temporale α). Bisogna però ammettere che la "fusione" delle due "storie" è stata gestita in modo a dir poco perfetto da Tanigawa, che è riuscito a rendere il tutto davvero stupefacente: onestamente non mi sarei mai aspettato un simile sviluppo.

La caratterizzazione dei personaggi, come detto, è davvero ben fatta ma, alla lunga piuttosto noiosa. La battute di Kyon perdono rapidamente di freschezza, diventando piuttosto ripetitive e scontate. L'inutilità di Asahina è davvero imbarazzante: il fatto che lei non sappia nulla del futuro (almeno quello imminente della Brigata) è strano, ma ha una motivazione convincente. Questo però le impedisce di assumere una posizione importante nella storia, relegandola quindi nel ruolo di una mascotte moe terribilmente irritante (non che le due cose siano necessariamente correlate) il cui unico scopo nella vita è preparare il te per il nostro eroe o farsi molestare da Haruhi. Il fatto che poi venga inserita anche una Asahina (grande) non cambia di molto la sua condizione. Per non dilungarmi troppo, della Brigata, personalmente, salvo solo Koizumi, la cui figura è sempre un po' ambigua (anche se questo è dovuto semplicemente al complesso d'inferiorità che Kyon nutre nei suoi confronti). Devo però ammettere che la crescita psicologica di Haruhi, per quanto affrontata dal punto di vista di Kyon, è davvero interessante (anche se, il personaggio in sé non è che mi sia piaciuto moltissimo). A conti fatti, alla lunga, i personaggi secondari sono quasi più interessanti di quelli principali, in particolar modo Tsuruya e Sasaki. Anzi, personalmente trovo che Sasaki sia il personaggio più riuscito di tutta la serie (forse non ha avuto fisicamente il tempo di diventare ripetitiva?) e avrei preferito vederla al posto di Haruhi come protagonista.

Per quanto riguarda i disegni di Noizi Ito, questi non mi sono piaciuti molto, sembrano quasi delle bozze da quanto sono approssimativi. Però c'è un evidentissimo miglioramento dal primo all'ultimo volume, e devo ammettere che gli ultimi disegni sono davvero carini, soprattutto quello in cui Sasaki saluta Kyon.

Credo di essermi dilungato fin troppo, quindi la chiudo qui. Haruhi Suzumiya è una serie con degli spunti magnifici diluiti in un oceano di nulla. Se dovessi dare un voto ai soli volumi che portano avanti la storia (primo, quarto, nono, decimo e undicesimo) il voto sarebbe un 8 pieno, ma considerando l'opera nella sua totalità, un 6 striminzito è il massimo che mi sento di assegnare.