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10.0/10
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Nel 2006 viene pubblicato sulla rivista GFantasy della Square Enix il primo capitolo di “Pandora Hearts”, manga scritto e illustrato da Jun Mochizuki che terminerà poi nel 2015, per un totale di 104 capitoli e 24 volumi.

Protagonista del fumetto è il futuro duca Oz Vessalius, il quale, il giorno della cerimonia di maturità, viene gettato in Abyss dalle divinità della morte vestite di rosso che lo accusano di un atroce peccato, ovvero la sua stessa esistenza. Nelle profondità dell’abisso, però, incontra Alice il B-Rabbit, un chain con cui stipulerà un contratto che lo aiuterà a tornare nel suo mondo. Una volta riacquistata la libertà, con l’aiuto dei membri dell’organizzazione, Pandora comincerà a cercare i ricordi perduti di Alice e il motivo del suo peccato.

E' difficile descrivere a parole la bellezza di "Pandora Hearts", e altrettanto complicato è individuare dove risieda, esattamente, la sua grandezza. L’opera nata dalla penna e dalla matita della maestra Mochizuki, infatti, presenta molteplici sfaccettature e abbraccia diverse tematiche e argomenti, i quali, tutti insieme, hanno contribuito a renderlo un manga unico nel suo genere. Basti pensare al fatto che sia classificato come shonen: non v’è dubbio che ci siano situazioni tipiche del genere, come combattimenti e spargimenti di sangue considerevoli. Tuttavia, essendo stato concepito dalla mente di una donna, non mancano elementi che lo rendono più adatto alle ragazze che ai ragazzi. Il tema dell’amore, di fatto, è sempre presente, in tutte le sue forme: da quello tra uomo e donna a quello tra zio e nipoti, passando per l’onnipresente affetto fraterno, a volte più puro e innocente, altre più morboso e ossessivo. Non mancheranno, poi, delle hints shonen-ai, in alcuni casi davvero palesi (e questa è l’unica cosa che non mi è mai andata giù, non essendo un’amante del genere). “Pandora Hearts”, dunque, è in grado di regalare una quantità di emozioni non indifferente, senza aver bisogno di un ottimo doppiaggio o ost tristi per commuovere il lettore (questo è stato il primo manga, infatti, a farmi versare lacrime in più di un’occasione).

Ma questo ancora non basta per comprendere l’eccezionalità della storia di Oz e compagni. Uno dei punti forti del manga sta, infatti, nel modo in cui è costruito, nella tecnica narrativa. Dopo il primo volume, le prime parole che vengono in mente al lettore sono “mistero” e “confusione”. Non potrebbe essere altrimenti, dato che rispecchiano perfettamente anche lo stato in cui si trovano i nostri protagonisti all’inizio della loro avventura. Ecco dunque che il lettore, assieme ai personaggi del fumetto, comincia un lungo viaggio nel tentativo di avere risposte ai suoi quesiti. Come chi vive direttamente la vicenda in prima persona, resterà sorpreso dinanzi alle rivelazioni avute volume per volume, allibito di fronte agli innumerevoli colpi di scena presenti in ogni capitolo. A proposito di plot twist, posso affermare con certezza che “Pandora Hearts” ne è la regina incontrastata: pochissimi potranno sembrare ovvi, ma la maggior parte di essi, nonostante indizi disseminati qua e là, non se la sarebbe mai aspettata nessuno. Trovare le risposte giuste è, tra l’altro, un compito ancor più arduo se l’autrice mette nelle nostre mani informazioni che noi abbiamo classificato, senza dubbio alcuno, come “la verità”. Non a caso, qualcuno ha soprannominato Jun “Trollchizuki”: leggete e scoprirete perché.
Insomma, all’inizio sembra che “Pandora Hearts” sia un manga troppo complesso e confusionario, ma arrivati all’ultimo volume, proprio come i personaggi avranno trovato la loro “luce”, anche noi avremo trovato la nostra, dopo aver raccolto tutti i tasselli giusti, scartato quelli falsi, e averli messi al loro posto.

Dunque, ho parlato di come questo manga appaia dall’esterno; ma per quanto riguarda la sostanza, la storia in sé per sé? Più volte, all’interno dell’opera, si legge la definizione “fiaba – o favola – ridicola”. Ecco, il sostantivo non poteva essere più adatto, e nel corso dei capitoli se ne capisce il motivo. Ma anche l’aggettivo, in un certo senso, non è del tutto sprecato. Perché la storia di “Pandora Hearts” non sarebbe niente senza i suoi personaggi. Sono loro che la fanno, con le loro azioni, le loro decisioni. Anche l’origine di tutto, ciò che ha generato il caos che fa da sfondo alle vicende dei nostri protagonisti, non è frutto di un destino ingiusto o crudele, ma delle azioni delle persone, della volontà umana, dei capricci e degli egoismi degli uomini. E' proprio questa la lezione più bella che ho imparato dal manga in questione: siamo noi che decidiamo della nostra vita, non è il fato, non è una forza superiore. Quindi, se mai ti sembrerà che la tua vita non va come vorresti, non è perché “il destino ha deciso così”, ma perché qualcun altro ha manipolato la storia a suo piacimento. Una volta appurata tale situazione, dovrai agire di conseguenza, tessendo con le tue stesse mani la trama della tua vita. Questo è quello che fanno ogni giorni i personaggi di “Pandora Hearts”: lottano per i propri ideali, vanno avanti per capire meglio se stessi, fanno determinate scelte senza lasciare che siano gli altri a decidere per loro o che siano loro a decidere per gli altri, usando il “per qualcun altro” come scusa. Questi due modi pensare sono propri, rispettivamente, di Elliot e Break, che proprio per questo rientrano tra i miei personaggi preferiti. Ma il diritto di continuare a vivere, di raggiungere dei traguardi, di creare legami importanti con altre persone non spetta solo agli esseri umani nel vero senso del termine: anche chi è un chain, o un’eco di qualcun altro, imparerà che il solo fatto di esistere, di possedere un “io”, basta e avanza per poter fare tutto ciò, per avere il diritto di amare ed essere amati. Insomma, tutti i personaggi di “Pandora Hearts” sono semplicemente meravigliosi, e nessuno di essi mancherà di crescere, di maturare, di prendere coscienza di se stesso e di ciò che desidera. L’unico neo in mezzo al mucchio sembrerebbe Alice, la solita tsundere, senza un briciolo di raziocinio o teoria di pensiero. Ma è proprio questo a renderla unica e speciale: Alice è semplicemente spontanea, segue il suo istinto senza pensarci troppo su, non maschera mai le sue emozioni, non nasconde mai i suoi pensieri. Condivido appieno le parole di Oz, che l’ha definita “come il sole”.

Ma la sensei non sbaglia un colpo neanche per quanto riguarda la veste grafica: i disegni, che nei primi capitoli non sembravano un granché, col tempo sono migliorati tantissimo, arrivando ad essere tra i più belli che abbia mai visto. Mochizuki, grazie anche all’aiuto dei suoi valenti assistenti, riesce a rappresentare con dovizia di particolari capelli, vestiti tipici dell’epoca vittoriana, palazzi nobiliari, servizi da té, paesaggi naturali e così via. Ottima anche la regia delle inquadrature, senza dimenticare il modo in cui si passa da una vignetta all’altra: non è mai troppo repentino, ed è capace di rendere al meglio, ad esempio, il tempo che i personaggi si prendono per pensare e rispondere, oppure l’importanza di una certa situazione, prolungandola per più riquadri.

In conclusione, “Pandora Hearts” sembra il manga perfetto, anche se non è esente da difetti: a volte le scene sono un po’ esagerate, con personaggi un po’ troppo disperati o fuori controllo. Tuttavia, a fare da contrappeso, ci sono molte battute e situazioni divertenti più che riuscite. Dunque, grazie ai personaggi che plasmano la storia con le proprie mani, i misteri che incuriosiscono il lettore fino all’ultimo volume, gli eclatanti colpi di scena e i superbi disegni, la “fiaba ridicola” non può che meritarsi un 10.