Recensione
Recensione di Metal_Movie90
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Adesso che si è concluso, posso finalmente mettermi a scrivere una bella recensione di questo anime, uno dei più discussi e popolari del 2016. Partito in sordina e quasi sconosciuto nell’ambiente, se non per una ristrettissima cerchia di appassionati conoscitori del materiale di partenza che lo attendevano con ansia, “Re:ZERO” si è trasformato in breve tempo prima in una sleeper hit, e successivamente (dopo la trasmissione del memorabile episodio 15) in un vero e proprio fenomeno di culto, pur senza raggiungere livelli di fama mainstream come “L’Attacco dei Giganti” e “One-Punch Man” (e forse è anche meglio così). Merita tutto questo successo? E’ indubbiamente un’opera che si ama o si odia per sua natura, è molto difficile stare nel mezzo, siamo al livello di opere controverse come “Neon Genesis Evangelion” e la serie “Monogatari”. Come probabilmente vi siete già resi conto sbirciando il mio voto numerico, io sono tra quelli che l’hanno amato, e in questa recensione cercherò di spiegare i motivi.
Metto subito le mani avanti e vi anticipo cosa ne penso dell’opera nella sua globalità. “Re:ZERO” per me non è un capolavoro né tantomeno uno dei migliori anime mai realizzati, ha parecchi difetti anche evidenti che gli impediscono di raggiungere quell’eccellenza necessaria per entrare nella mia top ten (ma anche top twenty) di sempre. Ma è comunque un gran bell’anime, uno dei migliori nel suo genere (se non il migliore di quelli che ho visto negli ultimi anni) e un vero e proprio punto di svolta per gli ormai stra-abusati adattamenti di light novel. Un anime capace di appassionarmi e mandarmi in fissa come pochi altri (l’ultimo che mi viene in mente è “Kiseijuu”), e che va ben oltre quello che dovrebbe essere sempre l’obiettivo principale di un’opera di intrattenimento: raccontare una bella storia.
Qualche piccola nota informativa. “Re:ZERO” è l’adattamento ad opera dello studio White Fox (“Katanagatari”, “Steins;Gate”, “Akame ga Kill!”) dell’omonima light novel scritta da Tappei Nagatsuki e illustrata da Shinichirou Otsuka, a sua volta tratta dalla web novel (l’origine di tutto) pubblicata dallo stesso autore, scrittore non professionista, sul celebre sito “Shousetsuka ni Narou!!!” (“Diventa un autore di romanzi!!!”), oramai trampolino di lancio per molte pubblicazioni di questo tipo. L’anime in questione adatta in venticinque episodi i primi tre archi narrativi della storia, e nel momento in cui scrivo è in pari con la pubblicazione della light novel, arrivata allo stesso punto. La web novel invece, iniziata molto tempo prima e tuttora in corso, si trova al sesto arco narrativo (su undici previsti, a quanto ho sentito) ancora da completare. La conclusione è dunque logica e immediata: di materiale da adattare per un’eventuale seconda stagione dell’anime ce n’è eccome, pure troppo! Se si farà o meno questo seguito (al momento non ancora annunciato) non è dato saperlo, e dipende tutto da tre fattori: le vendite di BD, novel e merchandising; gli impegni dello studio White Fox; e il ritmo con cui l’autore tradurrà in light novel il materiale inedito della web novel (perché secondo me è scontato che si baseranno su quello). Possiamo solo pazientare quindi, ma sono abbastanza fiducioso.
Prima ancora di addentrarmi nell’analisi dei pregi e difetti dell’opera, vorrei togliermi qualche sassolino dalla scarpa, anche se in una recensione non è proprio mia abitudine (e corretto) parlare di queste cose. Come potete facilmente immaginare, il fatto che “Re:ZERO” abbia avuto di colpo un improvviso aumento della popolarità, seguendo una sorta di principio newtoniano di azione e reazione, lo ha reso bersaglio di un’ondata assurda di critiche ed hate esasperato come raramente ne ho viste nell’epoca di internet. Adesso, io rispetto i gusti personali di chiunque, sono sacrosanti e, se un’opera non piace a qualcuno, io non gli posso dire nulla, è giusto così. Il problema è che molta gente non fa altrettanto e, quando viene a mancare il rispetto per il prossimo, necessario in ogni discussione civile, la cosa mi lascia sempre amareggiato. Tralasciando abitudini ridicole e infantili come quella di farsi più account su un sito e assegnare il voto minimo ogni volta in modo da abbassare la media, una delle frasi che più mi ha lasciato perplesso, per non dire infastidito, è stata questa: “Ho iniziato a vedere “Re:ZERO”, visto che se ne parla così tanto, ma non mi sta piacendo, è un problema mio?”. Andiamo, gente, non è il problema di nessuno, i gusti personali non lo sono mai. Un’altra cosa che non mi è piaciuta (poi chiudo questa parentesi) è vedere molti utenti rispondere così a chi ha espresso un parere negativo sull’anime: “Hai osato criticare “Re:ZERO”, sacrilegio, adesso preparati che arrivano i superfan e ti disintegrano!”. D’accordo, posso capire che venga detto in maniera ironica, ma, sul serio, cosa abbiamo fatto di così male io e gli altri fan dell’opera da meritarci questa fama di loggia massonica che non perdona chi critica il loro anime preferito?!
Ok, ho fatto durare il preambolo anche fin troppo; se siete tra i lettori che hanno avuto abbastanza pazienza per arrivare fino a qui, posso finalmente iniziare a parlare dei motivi che mi hanno fatto amare “Re:ZERO”. Il primo è abbastanza evidente: l’idea di fondo, ovvero il potere di resurrezione dalla morte del protagonista, che si risveglia ogni volta che muore a un checkpoint prestabilito (cosa che fa molto videogame). Di anime che iniziano con un nerd/’sfigato’ trasportato in un modo parallelo, di solito fantasy, ne abbiamo oramai di ogni varietà e gusto: il capostipite “Sword Art Online”, “Log Horizon”, “Overlord”, “Danmachi”, passando per i recenti “Konosuba” e “Grimgar of Fantasy and Ash”, per citare i primi che mi vengono in mente. Non che tutti questi siano brutti anime, ma nessuno di loro ha quell’arma in più, quello spunto, quell’idea geniale capace di farlo elevare dalla massa e di portare una ventata di aria fresca nel genere. Ebbene, “Re:ZERO”, grazie all’insolita (ma non inedita, basta vedere “Steins;Gate” e “All You Need Is Kill”, per rimanere in ambito giapponese) abilità del protagonista Subaru, riesce a proporre un’originale e personalissima variazione sul tema, che dona brio a una storia nel complesso lineare ma caratterizzata da una grande imprevedibilità di fondo. Se potessi tornare nel passato a raccontare a me stesso la trama di “Re:ZERO” per filo e per segno, il me stesso del passato rimarrebbe sbalordito nel constatare l’originalità degli sviluppi scelti dall’autore, roba che non si vede in un anime fantasy tutti i giorni. Il ritmo con cui questa storia viene gestita è eccellente, in ogni episodio non ci si annoia mai e i cliffhanger abbondano, e, quando la situazione è tranquilla, l’autore ne approfitta per rilasciare con una gestione a dir poco egregia e centellinata informazioni sul background e sulla lore di Lugunica, il mondo in cui il nostro malcapitato protagonista si è ritrovato catapultato. Mondo che non esce dai canoni tipici del fantasy made in Japan (i cliché abbondano), ma che si fa apprezzare per la coerenza con cui viene costruito, e chi ha letto il prosieguo della novel racconta cose molto interessanti in proposito!
Veniamo a un altro dei punti di forza dell’anime: i personaggi. Protagonista a parte (a cui dedicherò un approfondimento a breve), anche qui non abbiamo nulla di particolarmente innovativo. Ci sono molti stereotipi, in primis la principessa da salvare e le due maid, ma quello che conta è che non si scade mai nella macchietta, anzi tutti i personaggi (anche quelli che appaiono pochissimo come il mercante di frutta) sono convincenti e ben caratterizzati, a ciascuno di loro è riservato un ruolo più o meno importante nello sviluppo della storia, e questa non è assolutamente una cosa da poco. Dovessi citare il mio preferito, direi indubbiamente Crush (bella e carismatica), ma anche Emilia non è da meno, vi assicuro che è ben più della solita principessa in pericolo. Poi, va beh, il suo vestito e i suoi capelli argentei sono splendidi e la doppiatrice ha giocato un ruolo fondamentale nel farmela piacere. Menzione speciale per le già citate maid, Ram e Rem, tipologia di personaggio che non mi fa impazzire, ma che qui sono usate talmente bene, da avermi fatto quasi cambiare idea: la seconda in particolare si rende protagonista di alcuni dei momenti più belli della serie, e la sua tenerezza l’ha già resa una celebrità nella comunità di appassionati sia in patria che nel resto del mondo (il nostro Paese non fa eccezione). Molti utenti si sono lamentati del fatto che, con tutti questi personaggi femminili (la maggioranza) che ruotano attorno al protagonista, anche “Re:ZERO” sia a tutti gli effetti un harem. Personalmente non sono d’accordo, primo perché è sbagliato definire una serie harem solo per l’abbondante numero di donne, secondo perché nessuna di queste in “Re:ZERO” prova inizialmente fiducia nei confronti di Subaru e, anche dopo averla guadagnata, rimangono tutto meno che delle succubi passive del suo fascino.
Citavo il doppiaggio. Ecco, l’ho trovato decisamente superiore alla media, così come l’impegno nell’adattamento del materiale di partenza. Raramente infatti (anzi, forse mai) sono stato testimone di una così grande dedizione da parte di uno studio e relativo staff nella realizzazione di un’opera: White Fox e collaboratori ci hanno creduto davvero in questo anime e, andando controcorrente in un mercato che oramai vede sempre più adattamenti usa e getta per pubblicizzare novel e manga, hanno deciso di accontentare i fan realizzando un adattamento fedelissimo e con meno tagli possibile. La prova di questo impegno è concreta e innegabile, già solo il fatto che in molti episodi non sono presenti la sigla di apertura o quella di chiusura (o entrambe) per avere più minutaggio a disposizione dovrebbe convincere anche i più scettici. A livello tecnico, l’anime non brilla per chissà quali disegni e animazioni spacca-mascella, anzi ogni tanto c’è qualche calo (il budget non deve essere stato proprio elevato). Ma fa comunque il suo, soprattutto nei momenti più importanti e, se c’è una cosa che ho apprezzato davvero, sono le incredibili animazioni facciali dei personaggi nei momenti più drammatici, roba che mi ha lasciato davvero di sasso, soprattutto se abbinata al già citato doppiaggio di altissimo livello. Ho trovato ottima anche l’OST, che sottolinea perfettamente ogni momento con musiche azzeccate, così come tutte le opening e le ending. Tra queste non posso non citare le mie preferite: “STYX HELIX” di Myth&Roid e “Stay Alive” di Rie Takahashi (la doppiatrice di Emilia) sono canzoni davvero belle, con musiche e testi che ben si adattano al racconto e validissime anche ascoltate al di fuori della serie (le ho tuttora in playlist). Insomma, dal punto di vista puramente tecnico, “Re:ZERO” setta di fatto un nuovo standard, un nuovo benchmark a cui tutti gli studi d’ora in avanti dovranno fare riferimento per lavori di questo tipo, volenti o nolenti.
E’ arrivato il momento di fare un bel discorso su quello che reputo il principale punto di forza della serie, il protagonista Natsuki Subaru. Per me, detto sinceramente, è uno dei personaggi più convincenti se non memorabili mai apparso in un anime, un autentico Okarin in salsa fantasy. E proprio con Okarin (il protagonista di “Steins;Gate”, per chi non lo sapesse) condivide una caratteristica peculiare, che normalmente sarebbe una nota negativa, mentre qui si trasforma in un pregio: la sua odiosità. Subaru è un concentrato di quasi tutti gli aspetti che non vorremmo vedere in un protagonista: sbruffone, pieno di se’, logorroico, insopportabile oltre ogni limite, anche un po’ impedito (ma non stupido, tra poco ne parlerò). Non tiene mai la bocca chiusa e deve sempre farsi notare e riconoscere, anche quando questo significa solo guai per lui. E perché? Perché a seguito della sua convocazione improvvisa in un mondo fantasy parallelo la sua anima da NEET ‘sfigato’ lo porta a credere di essere il protagonista assoluto della storia (non viene detto chiaramente, ma questa è l’interpretazione che gli do io), e grazie al potere che gli viene concesso si convince di essere l’unico protettore delle persone a lui care che incontra (in tal caso, la bella principessa Emilia). E’ l’esatto opposto del tipico eroe del genere, nonché un netto passo avanti rispetto a personaggi simili che, dopo essere stati catapultati in realtà parallele, si trasformano in breve tempo in eroi senza macchia e invincibili (ogni riferimento a opere ben note è puramente casuale). Di contro Subaru non possiede nessuna abilità fisica o capacità speciale, ad eccezione del suo potere (di cui non può parlare con nessuno a causa di un terribile vincolo). I primi sette-otto episodi ci mostrano il nostro protagonista costretto a ingegnarsi e a sopportare morti e rinascite per venire a capo di situazioni molto complicate, con il rischio ripetitività (altra critica fatta da molti) scongiurato dalla varietà delle situazioni e, come ho già detto, dal fatto che l’autore svela piano piano le informazioni salienti ad ogni puntata, come fosse un mistery-thriller a tutti gli effetti. Ed è proprio già in questi primi episodi che si vede che Subaru è sì impedito, ma non stupido, dato che riesce a usare bene la testa e a sfruttare ogni situazione favorevole (o a crearne di nuove) per superare tutti gli ostacoli.
Questa situazione raggiunge un vero e proprio punto di svolta nella seconda parte dell’anime, in particolare nell’arco che va dall’episodio 13 al controverso episodio 18, che reputo la parte migliore in assoluto. Senza fare troppi spoiler, in questa parte Subaru tocca davvero il fondo della sua avventura nel mondo parallelo, a causa delle sue scelte e della sua mancanza di maturità e consapevolezza. L’autore si diverte moltissimo a fargli vivere un autentico inferno in Terra (il cui picco viene raggiunto nell’episodio 15), e con questo vuole sovvertire gli stereotipi del genere che vogliono un’avventura fantasy come un viaggio di piacere. E lo fa in maniera secondo me molto intelligente e mai troppo spinta, non siamo assolutamente ai livelli di opere mature e violente come “Berserk”, e secondo me non è nemmeno necessario, dato che il target dell’opera è di tutt’altro genere. Qui lo dico e non lo nego: guardare un miserabile soffrire e subirne di tutti i colori in un altro mondo non è mai stato così dannatamente interessante! Questa parte dell’anime è stata ferocemente criticata da molti spettatori nel corso della trasmissione, non per la potenza dei contenuti (purtroppo smorzata da un’evidente censura delle parti più macabre), ma per il fatto che molti l’hanno ritenuta solamente uno specchietto per le allodole, una furbata da parte dell’autore per nascondere evidenti mancanze nella storia. Vedere bollati ottimi episodi quali il 13 e il 18 come episodi esca, tutto fumo e niente arrosto, mi ha lasciato parecchio amareggiato. Si può essere d’accordo o meno sul contenuto, non lo metto in dubbio, ma davvero un anime capace di generare così tante discussioni e articoli di analisi del fenomeno su siti molto famosi può essere considerato vuoto? Oggettivamente, mi sembra un’ingiustizia.
Tornando in tema, ed evitando di nuovo altri possibili spoiler, lo sbocco di questa parte, il punto focale di “Re:ZERO” a mio parere, è il cambiamento a cui va incontro il protagonista, che dopo aver raggiunto il punto più basso diventa (ma è costretto a diventare) una persona migliore. Non siamo di fronte a nulla di rivoluzionario, ma vedere Subaru cambiare da mezza calzetta senza arte né parte a personaggio badass è stata una cosa bellissima, una delle migliori storie di maturazione (in gergo si direbbe “zero to hero”) a cui abbia mai assistito. Maturazione che avviene tra l’altro (piccolo spoiler, ma è doveroso farlo notare) senza alcun power up: Subaru non diventa di colpo fortissimo, non acquisisce nessuna abilità speciale, semplicemente capisce che deve usare ancora meglio la testa e non lasciarsi trascinare dalle sue emozioni. Questo è, in definitiva, la storia che ci racconta l’anime di “Re:ZERO”: un appassionante e convincente racconto di formazione del suo protagonista. Di nuovo, roba che non si vede proprio nel primo anime fantasy che vi capita fra le mani.
In mezzo a tutto questo ben di Dio, che oramai dovrebbe aver convinto anche i più scettici a dargli una possibilità, purtroppo ci sono molti difetti, alcuni dei quali non posso proprio ignorare. Beh, il primo è scontato, e non è una vera e propria pecca: chi detesta il genere non cambierà idea. Specialmente se detesta ancora di più gli stereotipi otaku giapponesi (maid, loli, donne gatto etc.) che qui sono presenti, pur senza abbondare. Faccio notare però che il fanservice è completamente assente. Il difetto più evidente tra quelli “veri” è senza alcun dubbio una certa inconsistenza del ritmo degli eventi: ho già detto che il rischio noia è scongiurato, ma ho trovato molte parti fin troppo allungate (per concludere l’episodio in un determinato momento) e altre invece troppo condensate, con puntate in cui succede veramente di tutto. A farne le spese sono purtroppo alcuni momenti importanti, che con una migliore gestione ne avrebbero beneficiato e che invece rischiano di apparire troppo superficiali. Questo è evidente soprattutto nella seconda parte dell’anime. Legato a questo vi è un altro difetto, ovvero quello di alcuni passaggi troppo bruschi e senza apparente soluzione di continuità, specialmente tra un episodio e l’altro, che possono lasciare lo spettatore disorientato. Nulla di grave, sono parti che si possono eliminare nell’ottica del risparmiare più tempo possibile per adattare gli eventi fondamentali, ma secondo me si poteva fare di più. Un'altra caratteristica che non ho apprezzato è che i dialoghi di Subaru a volte sono veramente troppo lunghi, l’ho già detto che la sua logorrea è una caratteristica fondamentale del personaggio, ma in molti casi l’inesperienza dell’autore (scrittore non professionista) si nota tutta, con conversazioni e monologhi che potevano essere benissimo accorciati di due o tre battute senza stravolgere il contenuto. Si nota poi l’assenza di un villain carismatico e memorabile, Betelgeuse è un pazzo che riesce a farsi odiare per bene ma nulla più, e poi secondo me è fin troppo sopra le righe (nonché più logorroico di Subaru, non serve aggiungere altro). Personalmente considero l’intero mondo fantasy come il vero villain di “Re:ZERO”, con tutti i suoi pericoli e le sue trappole, e questo mi conforta un po’. Ultimo difetto, ma anche questo lo è fino a un certo punto: chi vuole delle risposte, deve attaccarsi al tram. La spiegazione di molti aspetti salienti della storia (in primis la maledizione di Subaru) e del mondo di Lugunica è inevitabilmente rimandata al prosieguo. Se mai ci sarà, altrimenti bisognerà per forza leggere le novel. L’anime in questione infatti adatta solamente una piccolissima parte di una vastissima opera fantasy che l’autore deve ancora concludere. Il finale è compiuto, è molto bello e dona un senso a tutto quello che è avvenuto nel resto della serie, ma il rischio di non sentirsi soddisfatti dopo aver visto l’ultimo episodio e di volerne sapere di più è purtroppo molto alto.
Bene, direi che ho scritto tutto quello che potevo scrivere su “Re:ZERO”. Se siete tra i (spero molti) lettori pazienti che sono arrivati alla fine di questa lunghissima recensione vi ringrazio davvero, e mi auguro di avervi messo anche solo quella minima curiosità sufficiente a farvi dare una possibilità all’opera. Se poi non vi piacerà, pazienza, almeno ci avete provato. Di solito sono un tipo molto sintetico, che ama andare dritto al punto, e anche in questa recensione ho cercato di seguire questa impostazione, il problema è che tutti gli aspetti di “Re:ZERO” meritavano secondo me un approfondimento doveroso, sintomo del fatto che questa è un’opera che ha molto da dire, che vi piaccia o no. In conclusione, la risposta è sì, “Re:ZERO” si merita abbondantemente tutto il successo che ha avuto/sta avendo e la palma di anime più chiacchierato del momento. Un’opera che qualsiasi appassionato dovrebbe avere nel proprio palmares e che difficilmente riuscirò a rimpiazzare nell’immediato futuro; nel frattempo mi sto già impegnando per potenziare il mio giapponese e leggere così il seguito direttamente in lingua originale. Subaru, Emilia e compagni: non è arrivato ancora il momento di abbandonarmi!
Metto subito le mani avanti e vi anticipo cosa ne penso dell’opera nella sua globalità. “Re:ZERO” per me non è un capolavoro né tantomeno uno dei migliori anime mai realizzati, ha parecchi difetti anche evidenti che gli impediscono di raggiungere quell’eccellenza necessaria per entrare nella mia top ten (ma anche top twenty) di sempre. Ma è comunque un gran bell’anime, uno dei migliori nel suo genere (se non il migliore di quelli che ho visto negli ultimi anni) e un vero e proprio punto di svolta per gli ormai stra-abusati adattamenti di light novel. Un anime capace di appassionarmi e mandarmi in fissa come pochi altri (l’ultimo che mi viene in mente è “Kiseijuu”), e che va ben oltre quello che dovrebbe essere sempre l’obiettivo principale di un’opera di intrattenimento: raccontare una bella storia.
Qualche piccola nota informativa. “Re:ZERO” è l’adattamento ad opera dello studio White Fox (“Katanagatari”, “Steins;Gate”, “Akame ga Kill!”) dell’omonima light novel scritta da Tappei Nagatsuki e illustrata da Shinichirou Otsuka, a sua volta tratta dalla web novel (l’origine di tutto) pubblicata dallo stesso autore, scrittore non professionista, sul celebre sito “Shousetsuka ni Narou!!!” (“Diventa un autore di romanzi!!!”), oramai trampolino di lancio per molte pubblicazioni di questo tipo. L’anime in questione adatta in venticinque episodi i primi tre archi narrativi della storia, e nel momento in cui scrivo è in pari con la pubblicazione della light novel, arrivata allo stesso punto. La web novel invece, iniziata molto tempo prima e tuttora in corso, si trova al sesto arco narrativo (su undici previsti, a quanto ho sentito) ancora da completare. La conclusione è dunque logica e immediata: di materiale da adattare per un’eventuale seconda stagione dell’anime ce n’è eccome, pure troppo! Se si farà o meno questo seguito (al momento non ancora annunciato) non è dato saperlo, e dipende tutto da tre fattori: le vendite di BD, novel e merchandising; gli impegni dello studio White Fox; e il ritmo con cui l’autore tradurrà in light novel il materiale inedito della web novel (perché secondo me è scontato che si baseranno su quello). Possiamo solo pazientare quindi, ma sono abbastanza fiducioso.
Prima ancora di addentrarmi nell’analisi dei pregi e difetti dell’opera, vorrei togliermi qualche sassolino dalla scarpa, anche se in una recensione non è proprio mia abitudine (e corretto) parlare di queste cose. Come potete facilmente immaginare, il fatto che “Re:ZERO” abbia avuto di colpo un improvviso aumento della popolarità, seguendo una sorta di principio newtoniano di azione e reazione, lo ha reso bersaglio di un’ondata assurda di critiche ed hate esasperato come raramente ne ho viste nell’epoca di internet. Adesso, io rispetto i gusti personali di chiunque, sono sacrosanti e, se un’opera non piace a qualcuno, io non gli posso dire nulla, è giusto così. Il problema è che molta gente non fa altrettanto e, quando viene a mancare il rispetto per il prossimo, necessario in ogni discussione civile, la cosa mi lascia sempre amareggiato. Tralasciando abitudini ridicole e infantili come quella di farsi più account su un sito e assegnare il voto minimo ogni volta in modo da abbassare la media, una delle frasi che più mi ha lasciato perplesso, per non dire infastidito, è stata questa: “Ho iniziato a vedere “Re:ZERO”, visto che se ne parla così tanto, ma non mi sta piacendo, è un problema mio?”. Andiamo, gente, non è il problema di nessuno, i gusti personali non lo sono mai. Un’altra cosa che non mi è piaciuta (poi chiudo questa parentesi) è vedere molti utenti rispondere così a chi ha espresso un parere negativo sull’anime: “Hai osato criticare “Re:ZERO”, sacrilegio, adesso preparati che arrivano i superfan e ti disintegrano!”. D’accordo, posso capire che venga detto in maniera ironica, ma, sul serio, cosa abbiamo fatto di così male io e gli altri fan dell’opera da meritarci questa fama di loggia massonica che non perdona chi critica il loro anime preferito?!
Ok, ho fatto durare il preambolo anche fin troppo; se siete tra i lettori che hanno avuto abbastanza pazienza per arrivare fino a qui, posso finalmente iniziare a parlare dei motivi che mi hanno fatto amare “Re:ZERO”. Il primo è abbastanza evidente: l’idea di fondo, ovvero il potere di resurrezione dalla morte del protagonista, che si risveglia ogni volta che muore a un checkpoint prestabilito (cosa che fa molto videogame). Di anime che iniziano con un nerd/’sfigato’ trasportato in un modo parallelo, di solito fantasy, ne abbiamo oramai di ogni varietà e gusto: il capostipite “Sword Art Online”, “Log Horizon”, “Overlord”, “Danmachi”, passando per i recenti “Konosuba” e “Grimgar of Fantasy and Ash”, per citare i primi che mi vengono in mente. Non che tutti questi siano brutti anime, ma nessuno di loro ha quell’arma in più, quello spunto, quell’idea geniale capace di farlo elevare dalla massa e di portare una ventata di aria fresca nel genere. Ebbene, “Re:ZERO”, grazie all’insolita (ma non inedita, basta vedere “Steins;Gate” e “All You Need Is Kill”, per rimanere in ambito giapponese) abilità del protagonista Subaru, riesce a proporre un’originale e personalissima variazione sul tema, che dona brio a una storia nel complesso lineare ma caratterizzata da una grande imprevedibilità di fondo. Se potessi tornare nel passato a raccontare a me stesso la trama di “Re:ZERO” per filo e per segno, il me stesso del passato rimarrebbe sbalordito nel constatare l’originalità degli sviluppi scelti dall’autore, roba che non si vede in un anime fantasy tutti i giorni. Il ritmo con cui questa storia viene gestita è eccellente, in ogni episodio non ci si annoia mai e i cliffhanger abbondano, e, quando la situazione è tranquilla, l’autore ne approfitta per rilasciare con una gestione a dir poco egregia e centellinata informazioni sul background e sulla lore di Lugunica, il mondo in cui il nostro malcapitato protagonista si è ritrovato catapultato. Mondo che non esce dai canoni tipici del fantasy made in Japan (i cliché abbondano), ma che si fa apprezzare per la coerenza con cui viene costruito, e chi ha letto il prosieguo della novel racconta cose molto interessanti in proposito!
Veniamo a un altro dei punti di forza dell’anime: i personaggi. Protagonista a parte (a cui dedicherò un approfondimento a breve), anche qui non abbiamo nulla di particolarmente innovativo. Ci sono molti stereotipi, in primis la principessa da salvare e le due maid, ma quello che conta è che non si scade mai nella macchietta, anzi tutti i personaggi (anche quelli che appaiono pochissimo come il mercante di frutta) sono convincenti e ben caratterizzati, a ciascuno di loro è riservato un ruolo più o meno importante nello sviluppo della storia, e questa non è assolutamente una cosa da poco. Dovessi citare il mio preferito, direi indubbiamente Crush (bella e carismatica), ma anche Emilia non è da meno, vi assicuro che è ben più della solita principessa in pericolo. Poi, va beh, il suo vestito e i suoi capelli argentei sono splendidi e la doppiatrice ha giocato un ruolo fondamentale nel farmela piacere. Menzione speciale per le già citate maid, Ram e Rem, tipologia di personaggio che non mi fa impazzire, ma che qui sono usate talmente bene, da avermi fatto quasi cambiare idea: la seconda in particolare si rende protagonista di alcuni dei momenti più belli della serie, e la sua tenerezza l’ha già resa una celebrità nella comunità di appassionati sia in patria che nel resto del mondo (il nostro Paese non fa eccezione). Molti utenti si sono lamentati del fatto che, con tutti questi personaggi femminili (la maggioranza) che ruotano attorno al protagonista, anche “Re:ZERO” sia a tutti gli effetti un harem. Personalmente non sono d’accordo, primo perché è sbagliato definire una serie harem solo per l’abbondante numero di donne, secondo perché nessuna di queste in “Re:ZERO” prova inizialmente fiducia nei confronti di Subaru e, anche dopo averla guadagnata, rimangono tutto meno che delle succubi passive del suo fascino.
Citavo il doppiaggio. Ecco, l’ho trovato decisamente superiore alla media, così come l’impegno nell’adattamento del materiale di partenza. Raramente infatti (anzi, forse mai) sono stato testimone di una così grande dedizione da parte di uno studio e relativo staff nella realizzazione di un’opera: White Fox e collaboratori ci hanno creduto davvero in questo anime e, andando controcorrente in un mercato che oramai vede sempre più adattamenti usa e getta per pubblicizzare novel e manga, hanno deciso di accontentare i fan realizzando un adattamento fedelissimo e con meno tagli possibile. La prova di questo impegno è concreta e innegabile, già solo il fatto che in molti episodi non sono presenti la sigla di apertura o quella di chiusura (o entrambe) per avere più minutaggio a disposizione dovrebbe convincere anche i più scettici. A livello tecnico, l’anime non brilla per chissà quali disegni e animazioni spacca-mascella, anzi ogni tanto c’è qualche calo (il budget non deve essere stato proprio elevato). Ma fa comunque il suo, soprattutto nei momenti più importanti e, se c’è una cosa che ho apprezzato davvero, sono le incredibili animazioni facciali dei personaggi nei momenti più drammatici, roba che mi ha lasciato davvero di sasso, soprattutto se abbinata al già citato doppiaggio di altissimo livello. Ho trovato ottima anche l’OST, che sottolinea perfettamente ogni momento con musiche azzeccate, così come tutte le opening e le ending. Tra queste non posso non citare le mie preferite: “STYX HELIX” di Myth&Roid e “Stay Alive” di Rie Takahashi (la doppiatrice di Emilia) sono canzoni davvero belle, con musiche e testi che ben si adattano al racconto e validissime anche ascoltate al di fuori della serie (le ho tuttora in playlist). Insomma, dal punto di vista puramente tecnico, “Re:ZERO” setta di fatto un nuovo standard, un nuovo benchmark a cui tutti gli studi d’ora in avanti dovranno fare riferimento per lavori di questo tipo, volenti o nolenti.
E’ arrivato il momento di fare un bel discorso su quello che reputo il principale punto di forza della serie, il protagonista Natsuki Subaru. Per me, detto sinceramente, è uno dei personaggi più convincenti se non memorabili mai apparso in un anime, un autentico Okarin in salsa fantasy. E proprio con Okarin (il protagonista di “Steins;Gate”, per chi non lo sapesse) condivide una caratteristica peculiare, che normalmente sarebbe una nota negativa, mentre qui si trasforma in un pregio: la sua odiosità. Subaru è un concentrato di quasi tutti gli aspetti che non vorremmo vedere in un protagonista: sbruffone, pieno di se’, logorroico, insopportabile oltre ogni limite, anche un po’ impedito (ma non stupido, tra poco ne parlerò). Non tiene mai la bocca chiusa e deve sempre farsi notare e riconoscere, anche quando questo significa solo guai per lui. E perché? Perché a seguito della sua convocazione improvvisa in un mondo fantasy parallelo la sua anima da NEET ‘sfigato’ lo porta a credere di essere il protagonista assoluto della storia (non viene detto chiaramente, ma questa è l’interpretazione che gli do io), e grazie al potere che gli viene concesso si convince di essere l’unico protettore delle persone a lui care che incontra (in tal caso, la bella principessa Emilia). E’ l’esatto opposto del tipico eroe del genere, nonché un netto passo avanti rispetto a personaggi simili che, dopo essere stati catapultati in realtà parallele, si trasformano in breve tempo in eroi senza macchia e invincibili (ogni riferimento a opere ben note è puramente casuale). Di contro Subaru non possiede nessuna abilità fisica o capacità speciale, ad eccezione del suo potere (di cui non può parlare con nessuno a causa di un terribile vincolo). I primi sette-otto episodi ci mostrano il nostro protagonista costretto a ingegnarsi e a sopportare morti e rinascite per venire a capo di situazioni molto complicate, con il rischio ripetitività (altra critica fatta da molti) scongiurato dalla varietà delle situazioni e, come ho già detto, dal fatto che l’autore svela piano piano le informazioni salienti ad ogni puntata, come fosse un mistery-thriller a tutti gli effetti. Ed è proprio già in questi primi episodi che si vede che Subaru è sì impedito, ma non stupido, dato che riesce a usare bene la testa e a sfruttare ogni situazione favorevole (o a crearne di nuove) per superare tutti gli ostacoli.
Questa situazione raggiunge un vero e proprio punto di svolta nella seconda parte dell’anime, in particolare nell’arco che va dall’episodio 13 al controverso episodio 18, che reputo la parte migliore in assoluto. Senza fare troppi spoiler, in questa parte Subaru tocca davvero il fondo della sua avventura nel mondo parallelo, a causa delle sue scelte e della sua mancanza di maturità e consapevolezza. L’autore si diverte moltissimo a fargli vivere un autentico inferno in Terra (il cui picco viene raggiunto nell’episodio 15), e con questo vuole sovvertire gli stereotipi del genere che vogliono un’avventura fantasy come un viaggio di piacere. E lo fa in maniera secondo me molto intelligente e mai troppo spinta, non siamo assolutamente ai livelli di opere mature e violente come “Berserk”, e secondo me non è nemmeno necessario, dato che il target dell’opera è di tutt’altro genere. Qui lo dico e non lo nego: guardare un miserabile soffrire e subirne di tutti i colori in un altro mondo non è mai stato così dannatamente interessante! Questa parte dell’anime è stata ferocemente criticata da molti spettatori nel corso della trasmissione, non per la potenza dei contenuti (purtroppo smorzata da un’evidente censura delle parti più macabre), ma per il fatto che molti l’hanno ritenuta solamente uno specchietto per le allodole, una furbata da parte dell’autore per nascondere evidenti mancanze nella storia. Vedere bollati ottimi episodi quali il 13 e il 18 come episodi esca, tutto fumo e niente arrosto, mi ha lasciato parecchio amareggiato. Si può essere d’accordo o meno sul contenuto, non lo metto in dubbio, ma davvero un anime capace di generare così tante discussioni e articoli di analisi del fenomeno su siti molto famosi può essere considerato vuoto? Oggettivamente, mi sembra un’ingiustizia.
Tornando in tema, ed evitando di nuovo altri possibili spoiler, lo sbocco di questa parte, il punto focale di “Re:ZERO” a mio parere, è il cambiamento a cui va incontro il protagonista, che dopo aver raggiunto il punto più basso diventa (ma è costretto a diventare) una persona migliore. Non siamo di fronte a nulla di rivoluzionario, ma vedere Subaru cambiare da mezza calzetta senza arte né parte a personaggio badass è stata una cosa bellissima, una delle migliori storie di maturazione (in gergo si direbbe “zero to hero”) a cui abbia mai assistito. Maturazione che avviene tra l’altro (piccolo spoiler, ma è doveroso farlo notare) senza alcun power up: Subaru non diventa di colpo fortissimo, non acquisisce nessuna abilità speciale, semplicemente capisce che deve usare ancora meglio la testa e non lasciarsi trascinare dalle sue emozioni. Questo è, in definitiva, la storia che ci racconta l’anime di “Re:ZERO”: un appassionante e convincente racconto di formazione del suo protagonista. Di nuovo, roba che non si vede proprio nel primo anime fantasy che vi capita fra le mani.
In mezzo a tutto questo ben di Dio, che oramai dovrebbe aver convinto anche i più scettici a dargli una possibilità, purtroppo ci sono molti difetti, alcuni dei quali non posso proprio ignorare. Beh, il primo è scontato, e non è una vera e propria pecca: chi detesta il genere non cambierà idea. Specialmente se detesta ancora di più gli stereotipi otaku giapponesi (maid, loli, donne gatto etc.) che qui sono presenti, pur senza abbondare. Faccio notare però che il fanservice è completamente assente. Il difetto più evidente tra quelli “veri” è senza alcun dubbio una certa inconsistenza del ritmo degli eventi: ho già detto che il rischio noia è scongiurato, ma ho trovato molte parti fin troppo allungate (per concludere l’episodio in un determinato momento) e altre invece troppo condensate, con puntate in cui succede veramente di tutto. A farne le spese sono purtroppo alcuni momenti importanti, che con una migliore gestione ne avrebbero beneficiato e che invece rischiano di apparire troppo superficiali. Questo è evidente soprattutto nella seconda parte dell’anime. Legato a questo vi è un altro difetto, ovvero quello di alcuni passaggi troppo bruschi e senza apparente soluzione di continuità, specialmente tra un episodio e l’altro, che possono lasciare lo spettatore disorientato. Nulla di grave, sono parti che si possono eliminare nell’ottica del risparmiare più tempo possibile per adattare gli eventi fondamentali, ma secondo me si poteva fare di più. Un'altra caratteristica che non ho apprezzato è che i dialoghi di Subaru a volte sono veramente troppo lunghi, l’ho già detto che la sua logorrea è una caratteristica fondamentale del personaggio, ma in molti casi l’inesperienza dell’autore (scrittore non professionista) si nota tutta, con conversazioni e monologhi che potevano essere benissimo accorciati di due o tre battute senza stravolgere il contenuto. Si nota poi l’assenza di un villain carismatico e memorabile, Betelgeuse è un pazzo che riesce a farsi odiare per bene ma nulla più, e poi secondo me è fin troppo sopra le righe (nonché più logorroico di Subaru, non serve aggiungere altro). Personalmente considero l’intero mondo fantasy come il vero villain di “Re:ZERO”, con tutti i suoi pericoli e le sue trappole, e questo mi conforta un po’. Ultimo difetto, ma anche questo lo è fino a un certo punto: chi vuole delle risposte, deve attaccarsi al tram. La spiegazione di molti aspetti salienti della storia (in primis la maledizione di Subaru) e del mondo di Lugunica è inevitabilmente rimandata al prosieguo. Se mai ci sarà, altrimenti bisognerà per forza leggere le novel. L’anime in questione infatti adatta solamente una piccolissima parte di una vastissima opera fantasy che l’autore deve ancora concludere. Il finale è compiuto, è molto bello e dona un senso a tutto quello che è avvenuto nel resto della serie, ma il rischio di non sentirsi soddisfatti dopo aver visto l’ultimo episodio e di volerne sapere di più è purtroppo molto alto.
Bene, direi che ho scritto tutto quello che potevo scrivere su “Re:ZERO”. Se siete tra i (spero molti) lettori pazienti che sono arrivati alla fine di questa lunghissima recensione vi ringrazio davvero, e mi auguro di avervi messo anche solo quella minima curiosità sufficiente a farvi dare una possibilità all’opera. Se poi non vi piacerà, pazienza, almeno ci avete provato. Di solito sono un tipo molto sintetico, che ama andare dritto al punto, e anche in questa recensione ho cercato di seguire questa impostazione, il problema è che tutti gli aspetti di “Re:ZERO” meritavano secondo me un approfondimento doveroso, sintomo del fatto che questa è un’opera che ha molto da dire, che vi piaccia o no. In conclusione, la risposta è sì, “Re:ZERO” si merita abbondantemente tutto il successo che ha avuto/sta avendo e la palma di anime più chiacchierato del momento. Un’opera che qualsiasi appassionato dovrebbe avere nel proprio palmares e che difficilmente riuscirò a rimpiazzare nell’immediato futuro; nel frattempo mi sto già impegnando per potenziare il mio giapponese e leggere così il seguito direttamente in lingua originale. Subaru, Emilia e compagni: non è arrivato ancora il momento di abbandonarmi!