Recensione
“Fate/Grand Order” è l’ultimo dei videogiochi realizzati in casa Type-Moon. Ideato per dispositivo mobile, è da un anno e mezzo un’applicazione molto popolare sia in Giappone sia tra i fan del brand sparsi per il mondo, e forte dei più di sette milioni di download si può dire un esperimento decisamente di successo per Kinoko Nasu e soci. Tanto di successo che nella stagione autunnale 2016 è stata annunciata una trasposizione animata del capitolo introduttivo del gioco, prodotta da Aniplex e animata dallo studio Lay-duce, andata in onda sulle reti giapponesi l’ultimo dell’anno.
L’intreccio di questo special consiste nella narrazione delle prime avventure del giovane Fujimaru Ritsuka all’interno dei laboratori di Chaldea, un’organizzazione per la sicurezza mondiale che unendo conoscenze di magia e scienza tenta di preservare la sopravvivenza della razza umana sulla Terra. Tale obbiettivo vuole essere raggiunto inviando indietro nel tempo dei giovani aspiranti Master, come Fujimaru, dotati della predisposizione naturale a stringere un contratto con potenti famigli, i Servant, o Anime Eroiche, che grazie alle loro straordinarie abilità nel combattimento possano sconfiggere i nemici del pianeta e dell’umanità. Fujimaru, inizialmente spaesato al suo arrivo nella gigantesca e alienante struttura, stringe presto amicizia con Mash, ragazza timida almeno quanto enigmatica, con la quale si ritrova catapultato indietro nel tempo per porre rimedio a una serie di eventi che, tra le altre cose, rischiano di portare all’estinzione la razza umana in un futuro molto prossimo rispetto al loro. Ritrovatisi nel mezzo di una guerra per il Santo Graal, i due sono costretti, per sopravvivere e completare la propria missione per conto di Chaldea, a scontrarsi con nemici potenti e pericolosi, personalità non certo nuove agli occhi dei fan di “Fate”, sebbene stavolta in abiti un po’ diversi rispetto al solito.
Una cosa che salta all’occhio fin dalle prime battute è che non tutti gli studi d’animazione si chiamano ufotable. La scoperta dell’acqua calda, in sostanza, ma è bene mettere in chiaro subito che la fluidità e l’eleganza delle animazioni che avevano caratterizzato “Zero” e “Unlimited Blade Works” qui purtroppo mancano. Personalmente mi ritengo ugualmente soddisfatto dal lavoro svolto dagli animatori, soprattutto pensando che il budget a disposizione non dev’essere stato eccessivo; gli scontri tra Servant ne risentono in modo più accentuato, un po’ statici e sbrigativi, ma non risultano eccessivamente grossolani. Diciamo che la fruizione si lascia apprezzare di più per il character design piacevole e rinnovato, per il lavoro sempre valido di doppiatori versatili ed espressivi e soprattutto per il fanservice. Oh sì, tanto, tanto fanservice. Il giocatore medio di Fate/Grand Order, infatti, vuole vedere quante più Anime Eroiche possibile azzuffarsi e legnarsi come se non ci fosse un domani, vuole vedere personaggi nuovi, oltre a quelli canonici, vuole sentirli parlare e vederli muovere, perché questo nel gioco non è possibile, o non in modo così dinamico e naturale. Vuole ammirare tutti gli attacchi e i Noble Phantasm dei propri beniamini finalmente in un vero scontro. La trasposizione animata diventa in questo senso un complemento del gioco e semplicemente per questo motivo vince in partenza in fatto di intrattenimento, almeno con i fan già affezionati al brand. Importa poco che gli scontri durino un minuto o poco più, ciò che conta sono la quantità e la varietà degli scontri stessi, e di quantità questo titolo può averne quanta ne vuole, se si conta che è una specie di gioco delle figurine in cui collezionare eroi mitici e personaggi storici di ogni epoca e cultura.
D’altro canto la pecca più grossa è probabilmente il voler concentrare tutta l’attenzione su questi aspetti a scapito della sceneggiatura e dell’intreccio. I personaggi non risultano troppo credibili a contatto con le prove che si trovano a superare; troppo poco sgomento ed eccessivamente risoluto il protagonista nell’atto di assurgere a salvatore dell’umanità, così come altrettanto improbabile è la sua comparsa dietro al proprio Servant durante lo scontro finale; un po’ di attenzione in più avrebbe potuto prevenire degli scivoloni grossolani in questo senso.
In conclusione le mie aspettative non sono state tradite, anzi, nonostante lo scetticismo iniziale il risultato mi è parso quanto di meglio ci si potesse aspettare da un prodotto nato con l’unico scopo di mandare in solluchero i fan di Type-Moon - e spremere ulteriormente i loro portafogli -, a maggior ragione se animato da uno studio con poca esperienza. Risulta per lo più gradevole e scorrevole, in alcuni punti pure piacevole da vedere e comunque sempre sufficiente. Non lo considero riservato esclusivamente ai fan più navigati, ma a mio giudizio questi ultimi saranno più propensi a lasciarsi trascinare da una narrazione che non spiega - e non vuole spiegare - tutto, ma che spero si riservi di gettare luce sui misteri proposti in futuri ulteriori adattamenti.
L’intreccio di questo special consiste nella narrazione delle prime avventure del giovane Fujimaru Ritsuka all’interno dei laboratori di Chaldea, un’organizzazione per la sicurezza mondiale che unendo conoscenze di magia e scienza tenta di preservare la sopravvivenza della razza umana sulla Terra. Tale obbiettivo vuole essere raggiunto inviando indietro nel tempo dei giovani aspiranti Master, come Fujimaru, dotati della predisposizione naturale a stringere un contratto con potenti famigli, i Servant, o Anime Eroiche, che grazie alle loro straordinarie abilità nel combattimento possano sconfiggere i nemici del pianeta e dell’umanità. Fujimaru, inizialmente spaesato al suo arrivo nella gigantesca e alienante struttura, stringe presto amicizia con Mash, ragazza timida almeno quanto enigmatica, con la quale si ritrova catapultato indietro nel tempo per porre rimedio a una serie di eventi che, tra le altre cose, rischiano di portare all’estinzione la razza umana in un futuro molto prossimo rispetto al loro. Ritrovatisi nel mezzo di una guerra per il Santo Graal, i due sono costretti, per sopravvivere e completare la propria missione per conto di Chaldea, a scontrarsi con nemici potenti e pericolosi, personalità non certo nuove agli occhi dei fan di “Fate”, sebbene stavolta in abiti un po’ diversi rispetto al solito.
Una cosa che salta all’occhio fin dalle prime battute è che non tutti gli studi d’animazione si chiamano ufotable. La scoperta dell’acqua calda, in sostanza, ma è bene mettere in chiaro subito che la fluidità e l’eleganza delle animazioni che avevano caratterizzato “Zero” e “Unlimited Blade Works” qui purtroppo mancano. Personalmente mi ritengo ugualmente soddisfatto dal lavoro svolto dagli animatori, soprattutto pensando che il budget a disposizione non dev’essere stato eccessivo; gli scontri tra Servant ne risentono in modo più accentuato, un po’ statici e sbrigativi, ma non risultano eccessivamente grossolani. Diciamo che la fruizione si lascia apprezzare di più per il character design piacevole e rinnovato, per il lavoro sempre valido di doppiatori versatili ed espressivi e soprattutto per il fanservice. Oh sì, tanto, tanto fanservice. Il giocatore medio di Fate/Grand Order, infatti, vuole vedere quante più Anime Eroiche possibile azzuffarsi e legnarsi come se non ci fosse un domani, vuole vedere personaggi nuovi, oltre a quelli canonici, vuole sentirli parlare e vederli muovere, perché questo nel gioco non è possibile, o non in modo così dinamico e naturale. Vuole ammirare tutti gli attacchi e i Noble Phantasm dei propri beniamini finalmente in un vero scontro. La trasposizione animata diventa in questo senso un complemento del gioco e semplicemente per questo motivo vince in partenza in fatto di intrattenimento, almeno con i fan già affezionati al brand. Importa poco che gli scontri durino un minuto o poco più, ciò che conta sono la quantità e la varietà degli scontri stessi, e di quantità questo titolo può averne quanta ne vuole, se si conta che è una specie di gioco delle figurine in cui collezionare eroi mitici e personaggi storici di ogni epoca e cultura.
D’altro canto la pecca più grossa è probabilmente il voler concentrare tutta l’attenzione su questi aspetti a scapito della sceneggiatura e dell’intreccio. I personaggi non risultano troppo credibili a contatto con le prove che si trovano a superare; troppo poco sgomento ed eccessivamente risoluto il protagonista nell’atto di assurgere a salvatore dell’umanità, così come altrettanto improbabile è la sua comparsa dietro al proprio Servant durante lo scontro finale; un po’ di attenzione in più avrebbe potuto prevenire degli scivoloni grossolani in questo senso.
In conclusione le mie aspettative non sono state tradite, anzi, nonostante lo scetticismo iniziale il risultato mi è parso quanto di meglio ci si potesse aspettare da un prodotto nato con l’unico scopo di mandare in solluchero i fan di Type-Moon - e spremere ulteriormente i loro portafogli -, a maggior ragione se animato da uno studio con poca esperienza. Risulta per lo più gradevole e scorrevole, in alcuni punti pure piacevole da vedere e comunque sempre sufficiente. Non lo considero riservato esclusivamente ai fan più navigati, ma a mio giudizio questi ultimi saranno più propensi a lasciarsi trascinare da una narrazione che non spiega - e non vuole spiegare - tutto, ma che spero si riservi di gettare luce sui misteri proposti in futuri ulteriori adattamenti.