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"ACTORS - Songs Connection" si presenta come anime associato al progetto di Exit Tunes chiamato "Exit Tunes Presents ACTORS", una serie di cd e di audio-drama in cui doppiatori più o meno conosciuti interpretano gli studenti del "Tensho Gakuen" e cantano cover di canzoni portate alla gloria dalle voci di Vocaloid del calibro di Hatsune Miku e compagnia cantante.

Aggiungo anche che, in quanto fan di lunga data di questa serie, l'anime è stata una sorpresa inaspettata, estremamente gradita, e che ha scatenato pure una certa perplessità. Di cosa può parlare un anime su una serie che ha sì tanti personaggi, sì un'ambientazione, sì un qualche tipo di lore, ma nessuna trama e continuità precisa? Pensavo non sarebbe stato niente di diverso da uno slice of life musicale, anche se speravo di vedere qualche menzione a un certo "mistero" a cui si accenna vagamente nei sopracitati drama cd. Ma, lo ammetto, pure non se ne fosse parlato, sono talmente affezionata a questa serie che mi sarebbe andato bene comunque.

E, in effetti, inizialmente "ACTORS" non si presenta come niente di diverso da uno slice of life scolastico/musicale. Per costruire la trama sono stati introdotti tre nuovi personaggi (in un cast già infinito, ma che non incontriamo nella serie animata nella sua totalità) che nell’anime fungono da fulcro centrale attorno a cui ruotano tutte le vicende umane: Saku Otonomiya, un ragazzino tornato in città dopo il peggioramento della malattia della sorella; Sosuke Kagura, un aspirante musicista; e infine Uta Outa, amico di infanzia di Sosuke che scrive i testi per le sue canzoni. La storia è molto semplice: Sosuke e Uta vogliono fare musica, ma usare Vocaloid come voci per le loro canzoni non è abbastanza, e la loro carriera non sembra proprio riuscire a partire. È per caso che Sosuke sente Saku intonare perfettamente una delle sue canzoni, e subito gli propone di formare il trio “Sakutasuke”: inizialmente, Saku non sarà troppo sicuro di volersi legare a questo progetto, soprattutto col pensiero della sorella che grava sui suoi pensieri e sulla sua vita quotidiana, ma piano piano imparerà ad aprirsi e a fidarsi dei suoi nuovi compagni.

La trama potrebbe fermarsi qui, ma non lo fa. Intorno a Sakutasuke vivono una miriade di studenti nei loro rispettivi club scolastici, da quello di canto a quello di archeologia, e tutta la scuola, tutta la città in cui le vicissitudini di "ACTORS" si svolgono, diventano a loro volta protagoniste di una serie di vicende parallele che contornano quelle dei tre personaggi principali. In parole più chiare, oltre alla storia di Sakutasuke non rimaniamo esimi dal conoscere anche la storia di Thrive Central (la… città? Regione? Non so bene come definirla— in cui è ambientata la serie), che fin da subito ci viene presentata come un agglomerato di distretti circondato da un altissimo muro bianco… in cui, qualche volta, delle “ombre bianche” sembrano influenzare la vita dei suoi abitanti.
C’è dunque una punta di mistero che si mischia immediatamente nella formula del classico “singing anime”, lo stesso mistero che speravo di vedere menzionato e magari risolto, i cui confini nebulosi si fanno più netti e definiti via via che gli episodi proseguono.
Non voglio spoilerare niente, voglio solo dire che l’ho trovato estremamente interessante, e anche originale e innovativo. Non è qualcosa che ti viene sbattuto in faccia, se non forse proprio negli ultimi episodi, ma è piuttosto una serie di indizi, di situazioni, di parole, che piano piano iniziano a formare un insieme e avere sempre più senso.

Purtroppo, però, per quanto questa parte di storia a mio parere sia gestita piuttosto bene, ahimè nel blocco centrale di episodi la qualità di tutto il resto va un po’ a perdersi. Finisce davvero per prendere l’aspetto di uno slice of life musicale/scolastico in cui attimi di tensione relativi alla trama sottostante fanno fatica ad alzare, da soli, l’asticella del pathos, con alcuni episodi che forse si sarebbero potuti evitare (gran peccato, in un anime di soli dodici puntate!) e certe circostanze che non hanno aggiunto niente di che né alla trama, né ai personaggi.
Aggiungo, però, che ho avuto la netta impressione che "ACTORS - Songs Connection" non fosse tanto un anime per iniziare nuovi fan alla serie, bensì un regalo a quelli di lunga data, e un tentativo anche di riacchiappare quelli che si sono persi nei cinque lunghi anni in cui questa saga è esistita. Non la trovo necessariamente un difetto intrinseco: di per sé non c’è niente di insostenibile o di insopportabile nella storia per come ci viene presentata. "ACTORS", nonostante tutto, rimane estremamente godibile, niente di rivoluzionario o emotivamente coinvolgente, ma comunque interessante e talvolta intrigante - senza contare che è veramente difficile non affezionarsi ai suoi personaggi e alle loro particolarità. E non si sa mai che qualcuno, guardando l’anime, decida di riavvicinarsi alle vecchie release e a colmare quei vuoti di caratterizzazione che, un po’ per tempo e un po’ forse per qualche piccola negligenza, non sono potuti essere sviluppati nella serie stessa.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, i disegni non sono ahimè consistentemente belli come vorrei, ma il character design è fresco, vivace, colorato e adorabile — e davvero vicino a quello dei CD originali. Molto belli anche gli sfondi, ben fatti e particolareggiati.
Le musiche sono carine e accompagnano decentemente la storia, ma una menzione speciale va data senz’altro ai riarrangiamenti delle canzoni vocaloid che si incastrano all’interno della serie e, in generale, a tutti i brani interpretati dal terzetto dei protagonisti. Davvero bravo il doppiatore di Saku, ma in generale tutto il cast se la cava proprio bene davanti a un microfono.

Per concludere, "ACTORS - Songs Connection" è, di per sé, una finestrella di dodici episodi sulle storie quotidiane di una manciata di adolescenti e sui loro sogni, le loro individualità e le loro scelte, avvolti da un concept sottostante che è ciò che fa proprio venir voglia di dire “chissà cosa si verrà a sapere nel prossimo episodio”. Un anime che non pretende di lasciare significati profondi, ma solo buoni sentimenti di speranza e fiducia — e, a volte, è tutto quello di cui c’è bisogno.
Non posso dargli un voto più alto del sette, perché a livello oggettivo e razionale mi è difficile andare oltre — ma, soggettivamente, è una visione di cui sono rimasta più che soddisfatta.