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Se mi venisse chiesto di riassumere in una frase la mia opinione su “Jibaku Shonen Hanako-kun”, direi sicuramente che si tratta di una serie carina che però non ha senso di esistere. L’anime, tratto dall’omonimo manga di Iro Aida, si basa su un’opera sconosciuta ai più, tuttavia è riuscito ugualmente a guadagnarsi una modesta fetta di pubblico grazie al suo character design particolarmente carino. Sfortunatamente, però, questo è anche il suo unico lato positivo, in quanto è difficile chiamare “anime” un’opera che di fatto non contiene quasi nessuna scena animata.

La storia è incentrata su una studentessa di nome Nene che, al fine di esaudire un suo desiderio romantico, ha deciso di evocare Hanako-kun, un fantasmino che vive in uno dei bagni femminili della scuola. Per una serie di sfortunati eventi, però, la ragazza sarà costretta a diventare la sua assistente e ad occuparsi dei fenomeni paranormali della scuola.
Ciò che conquista il cuore dello spettatore è sicuramente l’abbondanza di ‘pucciosità’ presente in questa serie. Con questo non mi riferisco solo allo stile di disegno, ma anche alle personalità di ciascuno dei personaggi. Hanako-kun è un ragazzino sicuramente molto simpatico e misterioso, ma passa facilmente in secondo piano se paragonato alla dolcezza di Nene. La ragazza, infatti, è molto gentile e allo stesso tempo molto impacciata, al punto da creare una serie di situazioni davvero divertenti. Si tratta senz’altro di una delle colonne portanti di questa serie, nonché del mio personaggio preferito tra tutti quelli presenti. Al duo di protagonisti si aggiungerà anche Kou, un esorcista molto orgoglioso, ma anche abbastanza gentile da decidere di aiutare Nene nel suo ruolo di assistente. Sfortunatamente, nonostante si tratti di uno dei personaggi più importanti, è anche uno dei più sacrificati. Uno dei tanti difetti di questa serie, infatti, è la mancata introspezione di alcuni personaggi. Dopo alcuni episodi autoconclusivi, l’anime avrebbe dovuto procedere con l’adattamento di alcuni archi narrativi più lunghi, invece questi archi sono stati tagliati e rimodellati, eliminando molti approfondimenti importanti riguardanti alcuni personaggi secondari che nell’anime sono stati relegati al ruolo di mere comparse.

Dal punto di vista tecnico, il character design ha dei lineamenti molto morbidi, che, unito al carattere dei personaggi, crea un prodotto davvero irresistibile per le amanti delle cose dolci e carine. Ho trovato interessante anche l’inquadratura a “vignetta” utilizzata per gran parte delle scene, ma allo stesso tempo è anche ciò che mi ha delusa di più, in quanto, come ha fatto notare qualcuno, talvolta si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una visual novel. Le animazioni presenti in questa serie, infatti, sono ridotte al minimo, al punto da diventare quasi delle semplici immagini che compaiono e scompaiono una dopo l’altra, mano a mano che si procede con la lettura dei sottotitoli. Anche le OST sono decisamente dimenticabili a causa della frequente ripetizione di pochi brani, ma paragonate agli altri difetti direi che rappresentano il male minore.

La serie resta tutto sommato carina, quindi chi non ha letto il manga non ha di che lamentarsi, ma per chi lo ha fatto la questione è diversa, in quanto si tratta di un boccone davvero difficile da digerire. L’anime risulta godibile solamente grazie agli aspetti positivi ereditati dall’opera originale, ma fallisce completamente nel suo compito. Per tale motivo non posso che sconsigliare la visione dell’anime e raccomandare la lettura del manga. Non vale la pena dedicare del tempo a questa serie animata, quando esiste un formato decisamente migliore.