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Ehi, hai sentito la voce che gira? Sembra che le maghe esistano davvero!

Però scommetto che tu già lo sapevi. Sapevi che le maghe sono queste piccole ragazzine che stringono un patto con un dolcissimo animaletto: in cambio della realizzazione di un desiderio a loro scelta le maghe dedicheranno la loro vita a uccidere le cattivissime streghe!

...oppure non è vero?

Nel 2011 esce in Giappone “Puella Magi ★ Madoka Magica”, uno degli anime più celebri e discussi di tutto il decennio. Un anime che ha rivoluzionato il concetto di mahou shoujo, fino ad allora legato a stereotipi ritenuti troppo difficili da scardinare. Un’opera che è stata amata e che è stata odiata, un caleidoscopio di emozioni e di sofferenze culminate nell'ultimo atto (per ora?) “La Storia della Ribellione”, il lungometraggio uscito nel 2013 che ha confermato nel bene e nel male tutto ciò che si pensava di questa storia mefistofelica.

Quest’anno è arrivata la trasposizione animata dello smartphone game “Magia Record: Puella Magi Madoka Magica Side Story”, disponibile su VVVVID, ovviamente animata da Shaft e che ha in comune diversi membri dello staff dell’opera originale.

Ehi, hai sentito la voce che gira? Sembra che “Madoka Magica” sia tornato!

...oppure non è vero?

Benvenuti a Kamihama

Voci, appunto. O meglio “Uwasa”, ovvero la realizzazione fisica di queste voci, un potere che ricorda sia quello delle Streghe (la connessione tra i due elementi non è stata ancora spiegata) sia vere e proprie maledizioni. “Se scrivi il tuo nome sul sesto gradino, e il nome della persona con cui vuoi rompere sul settimo, è come un certificato di rottura! Non vi è più concesso di riallacciare i rapporti per tutta l’eternità! E se per caso fate pace, chi chiede scusa verrà rapito dal mostro delle catene!”

La protagonista di questa nuova saga è Iroha Tamaki, una giovane maga che ha stipulato un contratto con Kyubey per salvare sua sorella, Ui, da una malattia molto grave. Almeno così sembrerebbe. Perché Ui è scomparsa, nessuno sa che fine abbia fatto, ma soprattutto nessuno si ricorda di lei. La sua presenza è svanita dal nostro mondo. Lo stesso Kyubey non ricorda più nulla di lei, nonostante lei fosse il soggetto del contratto stipulato, come se la stessa Iroha con il suo desiderio avesse richiesto di cancellarla dalla memoria di chiunque.

Da precisare che l’opera è solo a metà del suo percorso, quindi per ogni domanda che ha trovato una risposta altri dilemmi si sono palesati; non siamo quindi tenuti a sapere quale fosse la natura del reale desiderio di Iroha, così come che fine abbia fatto Ui o cosa sia il cucciolo di Kyubey che accompagna la protagonista, anche se forse si potrebbe immaginare. La nuova maghetta rosa si ricorda tutto d’un tratto dell’esistenza della sorella e, indagando sull'accaduto, comprende che la risposta risiede a Kamihama, una città che pullula di maghe più forti del normale, streghe più forti del normale, e che si dice che sia il posto in cui le maghe “possano essere salvate”.

La serie rimane sicuramente distante dal “kira kira” classico delle majokko, rimanendo tuttavia altrettanto ben distante anche dall'estremo opposto rappresentato dalla serie principale. Non troverete retorica goethiana o le sue tinte dark-macabre, si verte perlopiù su un “mistery majokko”, con la maggior parte delle puntate a schema procedurale: sconfiggere l’Uwasa di turno, aiutare una maga che farà parte del party o che rappresenterà un’alleata, il tutto mentre si cercano nuovi indizi per comprendere che fine abbia fatto la piccola Ui.

Ammetto che, detto in questo modo, sembrerebbe davvero qualcosa di semplice, ma il più grande difetto di quest’anime corrisponde proprio nella scrittura di ogni singolo episodio: eccessivamente complessa, eccessivamente verbosa e con fin troppi personaggi a fare capolino, il tutto senza il dovuto respiro narrativo che possa permettere di assimilare le informazioni al meglio.

Per evitare spoiler, non mi soffermerò sulle “Ali di Magius”, una fazione di maghe che porteranno il caos a Kamihama ma anche negli spettatori. Non sono tanto le loro azioni o le loro motivazioni a essere incomprensibili (o meglio, lo sono nei limiti imposti con correttezza dalla trama), bensì il modo in cui vengono inserite nella storia. Il ritmo narrativo dell’opera è risultato incongruo, andando a rovinare momenti cardine della storia, rendendo necessaria più di una visione per episodio, essenziale per assimilare al meglio la totalità delle informazioni. I dubbi possono fare parte dell’esperienza di fruizione, ma il caos che si è venuto a creare con tutti questi elementi in ballo ha rovinato la visione a molti fan.

Apprezzabile il party di protagoniste: Iroha verrà perlopiù accompagnata da Yachiyo Nanami (doppiata dalla sempre ottima Sora Amamiya), una maga veterana di Kamihama e dagli atteggiamenti chiaramente “Homureggianti”. A loro si uniranno altre maghe, finendo per vivere tutte insieme e ricreando situazioni da "simil" slice of life; il tema dell’amicizia e dell’affetto tra compagne rimarrà sempre ben saldo e non sarà una scusa per ghigliottinare il cuore dello spettatore.

Tutto quello detto finora vale esclusivamente per i primi nove episodi della serie.

Museo della Memoria

Il Museo della Memoria è il luogo dove sono registrate le esistenze di tutte le maghe, nel quale le “Ali di Magius” invitano le protagoniste. Non dirò altro in merito alla sua funzione, mi permetto solo di asserire al momento che questo posto sembri volerci spingere al “non dimenticare” da dove questa serie è partita, come se fosse possibile, forse un po' per prendere in giro il fandom e forse un po' per lanciare un messaggio a nuovi spettatori.

Non sarebbe giusto, ma è così, non posso impormi contro la palese realtà dei fatti: è impossibile parlare di “Magia Record” senza considerare l’esistenza di “Madoka Magica”. Molti hanno iniziato l’opera aspettandosi un... sequel? Prequel? Qualunque cosa potesse essere, era lecito aspettarsi dei forti rimandi stilistici, non solo connessi all'impatto visivo. Non è stato così. Qualcosa che deve essere chiarito è che questa non è una serie che tenta di ricalcare i fasti di “Madoka Magica”, è una serie dai toni diversi ma esclusivamente pensata per i fan della serie; i riferimenti alla serie principale sono presenti (sì, Madoka Kaname viene citata ben due volte), ma si naviga così tanto nel caos che è complesso avere delle aspettative, anche ora che siamo al giro di boa.

Se le Streghe erano frutto della corruzione di anime pie raggirate da un demonio, le Uwasa non sono altro che moniti a non cadere in atteggiamenti disdicevoli. La loro genesi di per sé è un riferimento alle leggende urbane giapponesi indirizzate a un pubblico molto giovane (come quella di “Hanako-san del Gabinetto”, così celebre in questi anni); tecnicamente le Uwasa più che a delle Streghe son quindi vicine a delle yūrei, dei veri e propri fantasmi (attendendo spiegazioni più chiare). Tutto ciò ci aiuta a comprendere il valore didascalico dell’opera: all'interno dell’anime, infatti, troviamo un messaggio contro il bullismo, il nemico più grande è quello realmente invisibile, ovvero i problemi reali che possono avere le ragazzine, costrette a sentire sulle proprie spalle il peso di voci inudibili, quella cattiveria infantile e spesso manifestata in modo indiretto, capace di distruggere la loro vita di adolescenti.

Una grandissima differenza, quindi, risiede nel messaggio finora veicolato; non vi è nessuna presunzione di portare temi complessi o innovativi, anzi, la serie si presenta come “soft”: la morte è solo uno spettro lontano, il bene e il male sembrano due rette parallele e l’amicizia è la cosa che più conta. Questo perlomeno finché il Museo non apre le sue porte, certo.

Come detto, Yachiyo ricorda in diversi modi Homura: entrambe subiscono il peso della “consapevolezza”, portano con sé dei segreti e spesso le troviamo accigliate se non scontrose senza un apparente motivo. Non è raro però vedere la nuova maga sorridere, così come tutte le nuove protagoniste che, nonostante possano aver vissuto dei traumi più o meno gravi, non sembrano emotivamente disastrate come le protagoniste precedenti, talvolta pure incapaci di avere relazioni sociali soddisfacenti. Nel loro volto possiamo scorgere speranza anche nei momenti più tetri, donandoci quella fiducia nel futuro che non appartiene propriamente alla serie. Finora però l’alchimia tra Yachiyo e Iroha non si può paragonare a quella tra Madoka e Homura, anche se la speranza è che i prossimi episodi portino a un’intensificazione del loro rapporto. Il party nella sua totalità è imparagonabile a quello precedente, entrato nella storia dell'animazione a pieno titolo.

“Magia Record” ha però il grande pregio di provare a continuare il discorso inerente alla natura delle maghe. Parliamo di un universo narrativo che negli anni è stato espanso a dismisura, però magari senza avere il coraggio di introdurre degli elementi che potessero donare quel senso di “closure” alla storia. Conscio che parliamo di un franchise estremamente sadico, bisogna ammettere che chi vede questa serie vuole perlomeno un po’ illudersi; quel che viene introdotto nell’ultima parte dell’anime potrebbe perlomeno portarci a una più ampia comprensione della natura delle Streghe. Non a caso tra le protagoniste ritroviamo Mami, la quale sta cercando a Kamihama il modo di “salvare le maghe”. Le probabilità che il tutto sia deleterio sono alte, ma non è da escludere che ciò che scopriremo alla fine della seconda stagione possa essere invece un nuovo inizio/fine (dipende dai punti di vista), che molti fan sentono il bisogno di avere soprattutto dopo le “due” conclusioni precedenti (serie e film).

Mettendo da parte i già citati limiti dell’anime, concludo promuovendo a pieni voti gli ultimi episodi. I toni diventano più maturi e fa capolino lo spettro della morte, facendoci ritrovare un pelo di quella disperazione essenziale per "sentirci a casa". Fino a poco prima, difatti, la morte aleggiava ma con ingenuo imbarazzo, ben consci che non fosse una possibilità reale, per quanto in modo macabro un po’ lo si sperasse. I pregi “tecnici” della serie principale ci sono tutti: musiche sempre godibili, effetti grafici di altissimo impatto, rappresentazione dei vari nemici e dei vari scontri che lasciano puntualmente a bocca aperta. Poco da dire, sotto questo punto di vista viene confermato tutto ciò che c’era di positivo.

Alla fin fine son davvero apprezzabili i misteri che girano intorno la serie, e se rivisti in un secondo momento, gli episodi diventano anche molto godibili (ma non tutti hanno, com'è giusto che sia, abbastanza voglia o tempo per farlo). È innegabile però che manchi qualcosa di forte, quel sussulto al quale eravamo abituati e che forse, chissà, potrà arrivare nella seconda stagione.

Del resto, che serie di Madoka sarebbe senza Notte di Walpurgis.