Recensione
Run with the Wind
10.0/10
Recensione di zettaiLara
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Immaginate di essere al culmine della frustrazione in una vita da studente universitario in cui tutto dovrebbe essere finalmente semplice, ma invece nulla sta andando come dovrebbe: per la fame avete appena rubato un panino al convenience store e siete scappati via veloci come il vento, nell'oscurità, senza voltarvi indietro.
Immaginate di avere la sfortuna di venire rincorsi subito, da un giovane uomo in bicicletta che vi affianca e, tuttavia, anziché minacciarvi di denunciarvi alla polizia, vi chiede qualcosa di inaspettato, con gli occhi che brillano luminosi nella notte: "Ti piace correre?!"
L’incontro tra Kakeru Kurahara e Haiji Kiyose avviene così, imprevisto e dirompente come una folata di vento che spezza una scomoda impasse. La fuga di Kakeru muta forma, diviene una corsa verso un domani diverso, in cui il sogno di una prestigiosa maratona cui prendere parte potrebbe non essere più soltanto utopia. Potrebbe, semmai, divenire quel traguardo da spostare sempre più in là, ad ogni giorno che passa, ove i confini si smarriscono, come di un cielo pulito e di nuvole spazzate via dalla brezza.
"Run with the Wind" è il titolo internazionale scelto per l’opera "Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru" (letteralmente: 'il vento soffia forte'), prodotta e animata da Production I.G. a partire dall'omonimo romanzo dell’acclamata autrice di "Fune wo Amu" ("La grande traversata"), Shion Miura, e trasmessa in simulcast da Crunchyroll anche per l’Italia a partire dall'autunno 2018, per un totale di ventitré episodi complessivi.
Il vento è bastardo quando soffia forte. Ci illude di avere le ali ai piedi quand'è alle nostre spalle, fa credere di aver maturato d’un tratto capacità che invece non possediamo e lascia i muscoli indolenziti quand'invece a noi si frappone, facendosi un muro contro il quale lottare e talora inveire.
Correre richiede una fatica mentale, prima che fisica. Chiunque può cimentarsi a correre, ma continuare a farlo non è per tutti. Quando si corre si è soli con sé stessi, soli e indifesi di fronte al proprio io, al silenzio e al vuoto interiore generati da un piede che si muove ritmicamente dietro l'altro, muscoli in sincronia, chilometro dopo chilometro. Qual è allora il significato e la bellezza della corsa, dal momento che si tratta di uno sport solitario, privo di fascino a vedersi, che non appaga gli occhi di chi guarda e tanto meno di chi lo pratica?
"All’inizio correre non mi piaceva, ma ero costretto. Una volta iniziato ho pensato che piuttosto che essere costretto era più divertente correre per una mia scelta. Per questo ho deciso di provarci sul serio, così forse amerò la corsa." - Shindo -
Quando Kakeru viene invitato da Haiji ad alloggiare nell’unica stanza rimasta vuota nel fatiscente dormitorio Chikusei-so ribattezzato 'Aotake', condiviso con altri otto studenti universitari, il ragazzo non ha altra scelta che accettare, poiché non dispone più di un soldo né di un tetto sopra la testa. Quello che non sa è che la personalità calcolatrice di Haiji "oni" Kiyose non attendeva che lui, atleta di talento e pedina inconscia e fondamentale assieme ai compagni, per il progetto impossibile di formare una squadra di atletica leggera per correre la leggendaria maratona Tokyo-Hakone Ekiden.
Nessuno intende ovviamente sottostare alla follia di Haiji, eppure nessuno potrà sottrarsi, un po’ perché l’eccezionale carisma insito nel gongolante sorriso del 'demone' farà casualmente leva sui tasti più dolenti di ciascuno, e un po’ perché ognuno intenderà trovare da sé una propria ragione per giustificare cotanta titanica impresa. Così, non si potrà che sorridere di fronte agli sforzi immani dell'otaku Ouji (ovvero ‘principe’) la cui stanza straripa di manga, e alla frivola leggerezza dei biondi gemelli Jouta e Jouji, o venire spronati noi stessi dall'atteggiamento sereno e positivo dello studente straniero Musa e dell’universitario modello da tutti soprannominato Shindo (ovvero ‘bambino prodigio’). Oppure, ancora, sbottare indignati alla coercizione imposta da Haiji come l’esperto di quiz King e finanche arrivare a inarcare un sopracciglio allo stesso modo del caustico studente di giurisprudenza Yuki, di fronte all'atteggiamento bonario e lassista del senpai Nicochan, universitario ripetente e fumatore incallito.
Come si possa pensare di trasformare uno studentato in un vero e proprio club di atletica leggera, e di far sbocciare il sogno di Hakone in un manipolo di povere anime interessate a tutto fuorché alla corsa, solo Haiji saprà spiegarlo; e tanto i membri dell'Aotake quanto gli spettatori della serie animata si ritrovano irrimediabilmente soggiogati da un mattatore che sa muovere i fili del gruppo con delle abilità tanto eclettiche da lasciare chiunque a bocca aperta.
In qualità di anime sportivo "Run with the Wind" si colloca naturalmente all'interno di uno dei filoni sempreverdi, popolari e talora abusati dei manga e dell’animazione nipponica, quello degli 'spokon'; allo stesso tempo la serie fa affacciare lo spettatore su qualcosa di nuovo e non così banale, dapprima mediante un incipit sicuramente atipico, per poi catalizzarne l’attenzione sino all'ultimo episodio grazie a una tematica inesplorata, una sapiente realizzazione tecnica e una miscela calibrata alla perfezione di commedia, dramma, sport, umorismo e introspezione.
In un Giappone che in generale difficilmente brilla o viene ricordato per riconoscimenti più o meno prestigiosi ottenuti nello sport, "Run with the Wind" spalanca una finestra realistica e molto ben curata sul mondo della maratona universitaria, e in particolare sull'evento mediatico rappresentato dalla Tokyo-Hakone-Tokyo Ekiden: si tratta di una corsa a staffetta della durata complessiva di 217,90 chilometri corsi in dieci sezioni divise in due parti, tra il 2 e il 3 gennaio di ogni anno, il tutto trasmesso in diretta televisiva da Nippon Television con gli occhi dell'intero Giappone puntati addosso. Sì, perché la Hakone Ekiden è l'evento sportivo più atteso dell'anno nella terra del Sol Levante, che pure richiama di regola maggiore attenzione attorno al baseball: quando è tempo di Ekiden tuttavia, il piccolo grande mondo racchiuso all'interno dell'arcipelago giapponese si ferma, e osserva i suoi più veloci esponenti correre per una vittoria dal significato più importante di una medaglia olimpica.
Ecco perché questo Paese può incredibilmente vantare alcuni tra i più veloci atleti del mondo nella disciplina della corsa su lunga distanza, grazie a una tradizione che risale al periodo post-atomico. Per rimettersi in piedi in una nazione devastata nella terra e nell'animo, il Giappone ha infatti iniziato a istituire maratone ed Ekiden (letteralmente 'maratona a staffetta') già negli anni '40 e a goderne di un boom negli anni '50, là dove il mondo occidentale vi giunge invece tra gli anni '70 e '80 e quello africano solo agli inizi del '90. I tempi fatti registrare dagli atleti giapponesi di oggi non sono paragonabili a quelli dei migliori maratoneti di origine africana, essendo collocati spesso appena fuori dal podio, e tuttavia il fascino dello sport rimane concreto, vivido e tangibile.
Arriva poi il momento, nell'anno 2006, in cui l'acclamata autrice Shion Miura raccoglie il testimone dell'evento per stendere l'opera originale "Kaze ka Tsuyoku Fuiteiru" in forma di lungo romanzo, da cui poi deriva dapprima un film live action nel 2009, quindi la fedele trasposizione animata di "Run with the Wind" del 2018 per NTV.
Le opere della Miura, conosciute e tradotte nel mondo in varie lingue, non sono invero nuove ad adattamenti, sia in forma animata che di serie TV e film live action; la scrittrice si è laureata in regia presso la prestigiosa università Waseda di Tokyo, ed è stata insignita del celebre Premio Naoki nel 2006 per il libro "Mahoro Ekimae Tada Benriken", trasposto poi in una serie di film, uno spettacolo per la televisione e un manga. Medesima felice sorte ha avuto il romanzo "Fune wo Amu" del 2011, divenuto un film live action nel 2013 vincitore di svariati Japan Academy Prize, ovvero i Premi Oscar nipponici, quindi una serie animata di Fuji TV nel 2016, infine pubblicato anche in Italia nel 2018 per Einaudi con il titolo "La grande traversata".
"Run with the Wind" ha dunque origine dal cuore profondo dell'arte e dello sport del Giappone, e al cuore dei Giapponesi e non solo ci arriva da una parte tramite un gruppo di personaggi calzanti, straordinari nella loro ordinarietà, e dall'altra cercando di rispondere a domande che tutti noi prima o poi ci poniamo, rosi dal dubbio: "Per che cosa sto correndo? Dove sto andando? Che cosa voglio raggiungere nella vita? C'è qualcosa che voglio dimostrare a me stesso? C'è addirittura bisogno che io cerchi di dimostrare qualcosa a me stesso?"
Una delle chiavi di lettura fondamentali di "Run with the Wind" risiede proprio negli eletti chiamati giocoforza a divenire atleti: un gruppo di protagonisti universitari, innanzitutto, non più liceali e dunque alle prese con i problemi legati alla necessità di entrare nel mondo del lavoro o comunque di trovare la propria strada nella vita. Si tratta di una schiera di personaggi del tutto diversi tra loro eppure ordinari come chiunque, accomunati da quell'ingenua allergia all'inutile fatica fisica che li rende umanissimi. Così umani che risulta impossibile non fare il tifo per ciascuno, sperando non troppo segretamente che il sogno di qualificarsi alla maratona non resti davvero tale.
E se la matricola Kakeru sembra il classico protagonista taciturno, ombroso e introverso, gravato dal peso di un passato di cui non va fiero, la figura di Haiji gli funge da perfetto contraltare: studente intelligente, trascinatore costante, infaticabile uomo di casa che sforna pasti attentamente equilibrati per tutti, capitano acuto, manager insostituibile e fieramente orgoglioso di una squadra fatta letteralmente nascere dal nulla. Al suo quarto anno di lettere presso l’Università Kansei, Haiji non vuole sentire parlare di scuse per nessuno, nemmeno per sé stesso dopo l’infortunio che lo ha costretto a separarsi a lungo dalla corsa; il suo atteggiamento d’incrollabile fiducia e la sua verve, uniti alle velate ombre del suo passato, delineano un personaggio multicolore incredibilmente sfaccettato, ottimamente caratterizzato e davvero imprescindibile nella riuscita di una serie come "Run with the Wind".
L'intero Aotake rassomiglia addirittura quasi a un piccolo sistema solare che gravita interamente attorno alla forza attrattiva ed espansiva di Haiji, suo fulcro e luce, sua vera emblematica stella.
"Per quanto tu possa correre da solo, non sei mai davvero - solo -." - Haiji -
Basterebbero dunque già questi dieci singolari uomini per accorgersi che affezionarsi a un anime sulla corsa è cosa fin troppo facile anche per chi di sport nella vita reale è a digiuno, o di anime sportivi non ne apprezza; "Run with the Wind" sa fare però molto più di questo, poiché, per quanto nessun episodio lasci mai l’atletica in secondo piano e anzi si spinga anche a cenni piuttosto tecnici in merito, ognuno scorre in scioltezza e sa regalare un motivo diverso e sempre nuovo per distinguersi. Spesso è proprio una sottile vena umoristica o il tono da scanzonata commedia a irrompere là dove la tensione sta sobbollendo e il dramma pronto ad esplodere, sovvertendo abilmente la situazione. Non accade poi sovente di assistere a serie animate recanti dialoghi tutto sommato concisi eppure sempre efficaci, in cui nessuna parola è sprecata né di troppo, e da cui si possono anzi trarre significati che vanno oltre quello apparente, per non parlare del gioco citazionistico del mondo di anime e manga che ci regala la personalità flemmatica dell’otaku Ouji.
"E allora parlami alla mia velocità (cit.)"
"Non c'è niente che gli altri possano fare e tu no.
By Doraemon." - Ouji -
L’anime segue i dieci ragazzi passo dopo passo, accompagnandoli nella loro crescita sia personale che sportiva attraverso le innumerevoli difficoltà tecniche e pratiche del percorso, e qui la corsa si fa anche metafora, divenendo un viaggio di ciascuno verso il proprio obiettivo; così, una disciplina nata per essere un qualcosa di profondamente solitario diviene un lavoro di gruppo e, al tempo stesso, una vittoria proclamata innanzitutto nei confronti di sé stessi, prima di qualsivoglia traguardo. Nel fare questo, "Run with the Wind" ben esprime uno dei concetti più forti e radicati della società nipponica, a riguardo della preponderanza del gruppo a dispetto del singolo, e della possibilità di riuscire in qualcosa proprio in quanto gruppo, piuttosto che in qualità di qualcuno che voglia emergere e distinguersi a tutti i costi dalla massa.
Allo stesso modo, un gruppetto di sconosciuti che con il proprio vicino di stanza non condivide nulla ad eccezione di un tetto sopra la testa, inizia in verità a guardarsi l'un l'altro per davvero, a far caso ai nuovi abiti o scarpe da corsa del compagno, alla postura altrui e alle piccole grandi cose che conducono all'interessarci della persona per chi è, oltre che per come è. Una condivisione che diviene quasi un concetto di famiglia e aiuto reciproco, preponderante rispetto alla mera velocità rincorsa, letteralmente, da chi si prepara per un evento come la Ekiden.
"L'unica cosa che ti interessa è la velocità?
Allora correre non ha senso. Prendi lo shinkansen o un aereo! Sono più veloci!
Apri gli occhi, Kakeru. Non basta rincorrere la velocità. Quella è... una cosa futile." - Haiji -
Haiji, che pure ha sperimentato sulla propria pelle che cosa significhi il lasciarsi dominare puramente dall'istinto, capisce sin dal primo istante che Kakeru è il tassello che manca per ricomporre la propria vita, e lo prende per mano con la sicurezza e il volto fiero di chi guarda finalmente dritto con certezza davanti a sé.
Kakeru di contro ha la corsa nel nome, dal momento che 'kakeru' è proprio una lettura del kanji del verbo correre 'hashiru - 走る', ma di fatto serba uno sguardo rivolto sempre a terra, di colui che quando corre in realtà davanti a sé non vede e non comprende nulla, men che meno l'accettazione della debolezza.
Corrono vere e proprie scintille tra i due, e lo scontro è inevitabile, così come la forza e la ricchezza che scaturiscono dal confronto e dal dover infine fermarsi per guardare oltre, ben più in là di noi stessi. L’abilità di Kakeru alla corsa non è dunque discriminante in quanto tale, bensì nel momento in cui diviene sprone e ispirazione per i compagni alle sue spalle, e la cosa si fa curiosamente reciproca, tanto che risulterà commovente l' "avanti, guarda avanti!!" che proprio Kakeru griderà al compagno di squadra che più di tutti deve arrivare a superare le fatiche degli allenamenti.
Sarà dunque proprio attraverso il percorso di crescita che potremo leggere nel cambiamento nello sguardo di Kakeru che la storia propone a lui come a noi una chiave di lettura sul significato di correre, sulla possibilità di rincorrere un sogno rialzandosi da terra dopo averci sbattuto il fondoschiena, di guardare avanti senza vergogna di sé, senza paura del passato né del domani, senza più voltarsi indietro col rimorso.
"So che ti sfugge cosa significa davvero correre.
Fermati. Guarda il panorama. E poi ricomincia lentamente a correre." -Haiji -
Il vento che soffia forte è dunque un sobillatore dell'animo.
Se nessuna disciplina sportiva può dirsi banale, la corsa è tuttavia forse lo sport più primordiale che ci sia, che esiste da quando esiste l’umanità. Correre fa parte di quelle abilità insite nell'uomo almeno quanto il nutrirsi o il reggersi in piedi; è in noi naturalmente, senza che alcuno debba fare alcunché per apprendere come mettere un piede dopo l’altro incrementando un po’ alla volta la velocità. Si corre per spostarsi, fuggire o difendersi, per raggiungere qualcosa o qualcuno. Raggiungere infine uno scopo. Chiunque goda di una discreta salute può cimentarsi a farlo, oggi con fatica e il fiato corto, domani magari soffrendo un po' meno se l'allenamento persevera e la costanza d’impegno anche. Improvvisarsi maratoneti è, ovviamente, tutto fuorché naturale, ma il principio non varia: se vuoi correre, puoi farlo, e lo strumento non sei altro che tu stesso.
"Accidenti... quando mi guardano così... non posso far altro che mettercela tutta." - Ouji -
Nella figura di Ouji tale assunto si sublima come in nessun altro, e allo stesso tempo può forse diventare motivo di critica nei confronti della serie o quantomeno farci aggrottare la fronte perplessi di fronte ai tanti e notevoli miglioramenti del giovane. Indubbiamente il 'miracolo' di Ouji risulta forse un po' forzato se rapportato al tutto sommato breve lasso di tempo in cui viene compiuto, tuttavia è arduo essere pignoli su quest'aspetto notando come l'anime non risparmi mai di rimarcare l'importanza delle sfiancanti routine di allenamenti, e che, se si desidera rinvenire un elemento martellante, questo è proprio quello dell'incredibile fatica che trasuda dagli sforzi compiuti da ciascuno.
"Se vogliamo correre ad Hakone, non possiamo sperare di uscirne incolumi." - Haiji -
Pescando dall'ottimo materiale di base fornito dalla Miura, Production I.G. riesce a tradurre brillantemente in immagini, suoni, colori e sequenze animate tutto ciò che nel romanzo si può soltanto immaginare; lo fa con la solida competenza di chi già in serie animate come "Haikyuu!!" ha dato prova del meglio di sé.
Non stupiamoci dunque affatto di fronte a sfondi riprodotti dalla realtà dei sobborghi di Tokyo con una fedeltà e una precisione straordinarie, o vedendo come la luce si soffermi diversamente sugli stessi oggetti e luoghi nelle varie ore del giorno, o ancora nella fluidità del movimento che si coglie nelle muscolature o negli attimi più fuggevoli, come la brezza che s'insinua leggera fra i capelli di Kakeru, o della ciocca portata dietro l'orecchio dalla giovane manager Hanako.
Non stupiamoci nemmeno di rinvenire Hiromi Kikuta ("Haikyuu!!", "Mr. Osomatsu") alla direzione del suono, e alle magistrali musiche orchestrali il compositore Yuki Hayashi di "My Hero Academia", che infondono nello spettatore un coinvolgimento emotivo talmente intenso ed efficace, da far scaturire persino le lacrime. Non sono da meno in tal senso le sigle di apertura e chiusura, affidate alle sonorità rock del gruppo j-pop Unison Square Garden con l'incalzante "Catch up, Latency" prima, e la più adrenalinica "Kaze Tsuyoku, Kimi Atsuku" dei Q-MHz poi; pregevolissimi e calzanti anche a livello di testi i temi di chiusura interamente scritti, composti e arrangiati da Taichi Mukai, la cui limpida voce in "Reset" posa l'attenzione su quell'aspetto di Haiji lasciato tra le righe, mentre in "Michi" si evoca il sogno di Hakone con l'intera squadra al completo.
La regia di Kazuya Nomura ("Ghost in the Shell - The Rising", "Joker Game", "Sengoku Basara 2") è impeccabile almeno quanto il lavoro alla sceneggiatura di Kohei Kiyasu ("The Kirishima Thing") e le animazioni dirette da Takashi Mukouda ("Tengen Toppa Gurren Lagann", "Space Dandy") e Hideki Takahashi ("Haikyuu!!", "Neon Genesis Evangelion"), unitamente al character design pulito, preciso e privo di fronzoli di Takahiro Chiba, direttore generale delle animazioni in "Ballroom e Youkoso" e ancora una volta in "Haikyuu!!".
Rimane decisamente impresso, in effetti, come né la storia né i singoli episodi registrino mai alcuna sbavatura e nemmeno cali tecnici; e non solo la narrazione non si smarrisce né si disgrega col passare del minutaggio, ma si assiste piuttosto qui invece a un tangibile crescendo emotivo, che nel sorprendente finale ci fa constatare come nessuna aspettativa sia stata tradita o delusa e che, semmai, il vento ci è rimasto accanto sostenendoci con una tenerezza ben maggiore di quella che credevamo possibile.
"Run with the Wind" è però anche una serie la cui bellezza si apprezza attraverso tanti piccoli dettagli, taluni apparentemente insignificanti: un caldo hanten (casacca) lasciato sulle spalle, le occhiaie di qualcuno, il cielo grigio e greve che rimanda la mente di Haiji a ricordi indesiderati, e che è ricorrente nel rimarcare il realismo impresso alle situazioni, di come cioè non si possa correre soltanto quando fuori splende il sole e la brezza è rinfrescante.
Alla pregevole fattura tecnica si affianca poi il lavoro del doppiaggio, qui davvero di altissimo livello, considerato che Takeo Ōtsuka giunge su Kakeru pressoché da esordiente, mentre Toshiyuki Toyonaga (Yuuri Katsuki di "Yuri!!! on Ice") regala una prova mirabile e decisamente istrionica sulla figura di Haiji, così come Miyu Irino (Shoya Ishida de "La Forma della voce") su Akane 'Ouji' Kashiwazaki. Accanto a loro ricordiamo anche l'ottima esecuzione di Kouki Uchiyama (Kei Tsukishima di "Haikyuu!!", Soul di "Soul Eater", Raku Ichijou di "Nisekoi") su Takashi 'Shindo' Sugiyama, Kazuyuki Okitsu (Saku Hagita di "Orange", Reiji Andou di "Prison School") su Yukihiko 'Yuki' Iwakura, Takanori Hoshino (Kugaha di "Noragami Aragoto", Goro Mine di "Ballroom e Yokoso", Reji Nitta di "Uchuu Kyodai") su Akihiro 'Nicochan' Hirata e Satoshi Hino (Hayato Shinkai in "Yowamushi Pedal") su Fujioka, quindi Junya Enoki (Keisuke Tsuji di "Tsuredure Children!") e Yūto Uemura (Hiro di "Darling in the FRANXX", Atsushi Nakajima di "Bungo Stray Dogs") sui gemelli Jōta e Jōji Kizuki dalla parlata decisamente giovanile, il bravo Hideaki Kabumoto sullo studente straniero Musa Kamala alle prese con un giapponese non sempre sciolto e Riki Kitazawa su Yohei Sakaguchi.
"Mi è capitato di disperarmi.
Mi sentivo tradito da me stesso e dal mondo intero.
Però mi sbagliavo.
La corsa è tornata da me in una forma ancora più bella.
Si può essere così fortunati?" - Haiji -
"Run with the Wind" è un'incredibile sorpresa, un anime che convince e stupisce a più riprese, un gioiellino che brilla di luce propria: è una storia a ben vedere semplice eppure accattivante, narrata in maniera piuttosto coinvolgente e finemente curata in ogni suo lato. Se già la trasposizione dal romanzo è rispettosa, la serie animata va anche oltre, amplificando quanto presente del libro originale e illuminandone la resa.
Non c'è da aver remora ad affezionarsi ai membri dell'Aotake, temendo che prima o poi qualcuno venga inevitabilmente messo in ombra da altri o dalla storia stessa, perché proprio la Ekiden consente a ciascuno di ricavarsi il proprio adeguato spazio all'interno delle vicende che conducono ad Hakone. Ognuno di loro tocca il proprio punto più basso per poi risalire. Ognuno di loro, ciascuno con le proprie debolezze e punti di forza, è riflesso e metafora di ciascuno di noi, di dolore e di rinascita.
Davvero pare ironico affermare che nell'ambito di una serie sullo sport il risultato non sia ciò che più conti, ma in effetti non lo è, perché esiste sempre qualche cosa di più importante di questo, qualcosa per cui valga la pena sforzarci sino al limite anche quando l'orizzonte appare grigio o fumoso.
Cadere sette volte e rialzarsi otto, recita un celebre proverbio giapponese. Per poi vedere la vetta, stavolta per davvero.
"Le montagne di Hakone...
sono le più ripide del mondo!!!"
Immaginate di avere la sfortuna di venire rincorsi subito, da un giovane uomo in bicicletta che vi affianca e, tuttavia, anziché minacciarvi di denunciarvi alla polizia, vi chiede qualcosa di inaspettato, con gli occhi che brillano luminosi nella notte: "Ti piace correre?!"
L’incontro tra Kakeru Kurahara e Haiji Kiyose avviene così, imprevisto e dirompente come una folata di vento che spezza una scomoda impasse. La fuga di Kakeru muta forma, diviene una corsa verso un domani diverso, in cui il sogno di una prestigiosa maratona cui prendere parte potrebbe non essere più soltanto utopia. Potrebbe, semmai, divenire quel traguardo da spostare sempre più in là, ad ogni giorno che passa, ove i confini si smarriscono, come di un cielo pulito e di nuvole spazzate via dalla brezza.
"Run with the Wind" è il titolo internazionale scelto per l’opera "Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru" (letteralmente: 'il vento soffia forte'), prodotta e animata da Production I.G. a partire dall'omonimo romanzo dell’acclamata autrice di "Fune wo Amu" ("La grande traversata"), Shion Miura, e trasmessa in simulcast da Crunchyroll anche per l’Italia a partire dall'autunno 2018, per un totale di ventitré episodi complessivi.
Il vento è bastardo quando soffia forte. Ci illude di avere le ali ai piedi quand'è alle nostre spalle, fa credere di aver maturato d’un tratto capacità che invece non possediamo e lascia i muscoli indolenziti quand'invece a noi si frappone, facendosi un muro contro il quale lottare e talora inveire.
Correre richiede una fatica mentale, prima che fisica. Chiunque può cimentarsi a correre, ma continuare a farlo non è per tutti. Quando si corre si è soli con sé stessi, soli e indifesi di fronte al proprio io, al silenzio e al vuoto interiore generati da un piede che si muove ritmicamente dietro l'altro, muscoli in sincronia, chilometro dopo chilometro. Qual è allora il significato e la bellezza della corsa, dal momento che si tratta di uno sport solitario, privo di fascino a vedersi, che non appaga gli occhi di chi guarda e tanto meno di chi lo pratica?
"All’inizio correre non mi piaceva, ma ero costretto. Una volta iniziato ho pensato che piuttosto che essere costretto era più divertente correre per una mia scelta. Per questo ho deciso di provarci sul serio, così forse amerò la corsa." - Shindo -
Quando Kakeru viene invitato da Haiji ad alloggiare nell’unica stanza rimasta vuota nel fatiscente dormitorio Chikusei-so ribattezzato 'Aotake', condiviso con altri otto studenti universitari, il ragazzo non ha altra scelta che accettare, poiché non dispone più di un soldo né di un tetto sopra la testa. Quello che non sa è che la personalità calcolatrice di Haiji "oni" Kiyose non attendeva che lui, atleta di talento e pedina inconscia e fondamentale assieme ai compagni, per il progetto impossibile di formare una squadra di atletica leggera per correre la leggendaria maratona Tokyo-Hakone Ekiden.
Nessuno intende ovviamente sottostare alla follia di Haiji, eppure nessuno potrà sottrarsi, un po’ perché l’eccezionale carisma insito nel gongolante sorriso del 'demone' farà casualmente leva sui tasti più dolenti di ciascuno, e un po’ perché ognuno intenderà trovare da sé una propria ragione per giustificare cotanta titanica impresa. Così, non si potrà che sorridere di fronte agli sforzi immani dell'otaku Ouji (ovvero ‘principe’) la cui stanza straripa di manga, e alla frivola leggerezza dei biondi gemelli Jouta e Jouji, o venire spronati noi stessi dall'atteggiamento sereno e positivo dello studente straniero Musa e dell’universitario modello da tutti soprannominato Shindo (ovvero ‘bambino prodigio’). Oppure, ancora, sbottare indignati alla coercizione imposta da Haiji come l’esperto di quiz King e finanche arrivare a inarcare un sopracciglio allo stesso modo del caustico studente di giurisprudenza Yuki, di fronte all'atteggiamento bonario e lassista del senpai Nicochan, universitario ripetente e fumatore incallito.
Come si possa pensare di trasformare uno studentato in un vero e proprio club di atletica leggera, e di far sbocciare il sogno di Hakone in un manipolo di povere anime interessate a tutto fuorché alla corsa, solo Haiji saprà spiegarlo; e tanto i membri dell'Aotake quanto gli spettatori della serie animata si ritrovano irrimediabilmente soggiogati da un mattatore che sa muovere i fili del gruppo con delle abilità tanto eclettiche da lasciare chiunque a bocca aperta.
In qualità di anime sportivo "Run with the Wind" si colloca naturalmente all'interno di uno dei filoni sempreverdi, popolari e talora abusati dei manga e dell’animazione nipponica, quello degli 'spokon'; allo stesso tempo la serie fa affacciare lo spettatore su qualcosa di nuovo e non così banale, dapprima mediante un incipit sicuramente atipico, per poi catalizzarne l’attenzione sino all'ultimo episodio grazie a una tematica inesplorata, una sapiente realizzazione tecnica e una miscela calibrata alla perfezione di commedia, dramma, sport, umorismo e introspezione.
In un Giappone che in generale difficilmente brilla o viene ricordato per riconoscimenti più o meno prestigiosi ottenuti nello sport, "Run with the Wind" spalanca una finestra realistica e molto ben curata sul mondo della maratona universitaria, e in particolare sull'evento mediatico rappresentato dalla Tokyo-Hakone-Tokyo Ekiden: si tratta di una corsa a staffetta della durata complessiva di 217,90 chilometri corsi in dieci sezioni divise in due parti, tra il 2 e il 3 gennaio di ogni anno, il tutto trasmesso in diretta televisiva da Nippon Television con gli occhi dell'intero Giappone puntati addosso. Sì, perché la Hakone Ekiden è l'evento sportivo più atteso dell'anno nella terra del Sol Levante, che pure richiama di regola maggiore attenzione attorno al baseball: quando è tempo di Ekiden tuttavia, il piccolo grande mondo racchiuso all'interno dell'arcipelago giapponese si ferma, e osserva i suoi più veloci esponenti correre per una vittoria dal significato più importante di una medaglia olimpica.
Ecco perché questo Paese può incredibilmente vantare alcuni tra i più veloci atleti del mondo nella disciplina della corsa su lunga distanza, grazie a una tradizione che risale al periodo post-atomico. Per rimettersi in piedi in una nazione devastata nella terra e nell'animo, il Giappone ha infatti iniziato a istituire maratone ed Ekiden (letteralmente 'maratona a staffetta') già negli anni '40 e a goderne di un boom negli anni '50, là dove il mondo occidentale vi giunge invece tra gli anni '70 e '80 e quello africano solo agli inizi del '90. I tempi fatti registrare dagli atleti giapponesi di oggi non sono paragonabili a quelli dei migliori maratoneti di origine africana, essendo collocati spesso appena fuori dal podio, e tuttavia il fascino dello sport rimane concreto, vivido e tangibile.
Arriva poi il momento, nell'anno 2006, in cui l'acclamata autrice Shion Miura raccoglie il testimone dell'evento per stendere l'opera originale "Kaze ka Tsuyoku Fuiteiru" in forma di lungo romanzo, da cui poi deriva dapprima un film live action nel 2009, quindi la fedele trasposizione animata di "Run with the Wind" del 2018 per NTV.
Le opere della Miura, conosciute e tradotte nel mondo in varie lingue, non sono invero nuove ad adattamenti, sia in forma animata che di serie TV e film live action; la scrittrice si è laureata in regia presso la prestigiosa università Waseda di Tokyo, ed è stata insignita del celebre Premio Naoki nel 2006 per il libro "Mahoro Ekimae Tada Benriken", trasposto poi in una serie di film, uno spettacolo per la televisione e un manga. Medesima felice sorte ha avuto il romanzo "Fune wo Amu" del 2011, divenuto un film live action nel 2013 vincitore di svariati Japan Academy Prize, ovvero i Premi Oscar nipponici, quindi una serie animata di Fuji TV nel 2016, infine pubblicato anche in Italia nel 2018 per Einaudi con il titolo "La grande traversata".
"Run with the Wind" ha dunque origine dal cuore profondo dell'arte e dello sport del Giappone, e al cuore dei Giapponesi e non solo ci arriva da una parte tramite un gruppo di personaggi calzanti, straordinari nella loro ordinarietà, e dall'altra cercando di rispondere a domande che tutti noi prima o poi ci poniamo, rosi dal dubbio: "Per che cosa sto correndo? Dove sto andando? Che cosa voglio raggiungere nella vita? C'è qualcosa che voglio dimostrare a me stesso? C'è addirittura bisogno che io cerchi di dimostrare qualcosa a me stesso?"
Una delle chiavi di lettura fondamentali di "Run with the Wind" risiede proprio negli eletti chiamati giocoforza a divenire atleti: un gruppo di protagonisti universitari, innanzitutto, non più liceali e dunque alle prese con i problemi legati alla necessità di entrare nel mondo del lavoro o comunque di trovare la propria strada nella vita. Si tratta di una schiera di personaggi del tutto diversi tra loro eppure ordinari come chiunque, accomunati da quell'ingenua allergia all'inutile fatica fisica che li rende umanissimi. Così umani che risulta impossibile non fare il tifo per ciascuno, sperando non troppo segretamente che il sogno di qualificarsi alla maratona non resti davvero tale.
E se la matricola Kakeru sembra il classico protagonista taciturno, ombroso e introverso, gravato dal peso di un passato di cui non va fiero, la figura di Haiji gli funge da perfetto contraltare: studente intelligente, trascinatore costante, infaticabile uomo di casa che sforna pasti attentamente equilibrati per tutti, capitano acuto, manager insostituibile e fieramente orgoglioso di una squadra fatta letteralmente nascere dal nulla. Al suo quarto anno di lettere presso l’Università Kansei, Haiji non vuole sentire parlare di scuse per nessuno, nemmeno per sé stesso dopo l’infortunio che lo ha costretto a separarsi a lungo dalla corsa; il suo atteggiamento d’incrollabile fiducia e la sua verve, uniti alle velate ombre del suo passato, delineano un personaggio multicolore incredibilmente sfaccettato, ottimamente caratterizzato e davvero imprescindibile nella riuscita di una serie come "Run with the Wind".
L'intero Aotake rassomiglia addirittura quasi a un piccolo sistema solare che gravita interamente attorno alla forza attrattiva ed espansiva di Haiji, suo fulcro e luce, sua vera emblematica stella.
"Per quanto tu possa correre da solo, non sei mai davvero - solo -." - Haiji -
Basterebbero dunque già questi dieci singolari uomini per accorgersi che affezionarsi a un anime sulla corsa è cosa fin troppo facile anche per chi di sport nella vita reale è a digiuno, o di anime sportivi non ne apprezza; "Run with the Wind" sa fare però molto più di questo, poiché, per quanto nessun episodio lasci mai l’atletica in secondo piano e anzi si spinga anche a cenni piuttosto tecnici in merito, ognuno scorre in scioltezza e sa regalare un motivo diverso e sempre nuovo per distinguersi. Spesso è proprio una sottile vena umoristica o il tono da scanzonata commedia a irrompere là dove la tensione sta sobbollendo e il dramma pronto ad esplodere, sovvertendo abilmente la situazione. Non accade poi sovente di assistere a serie animate recanti dialoghi tutto sommato concisi eppure sempre efficaci, in cui nessuna parola è sprecata né di troppo, e da cui si possono anzi trarre significati che vanno oltre quello apparente, per non parlare del gioco citazionistico del mondo di anime e manga che ci regala la personalità flemmatica dell’otaku Ouji.
"E allora parlami alla mia velocità (cit.)"
"Non c'è niente che gli altri possano fare e tu no.
By Doraemon." - Ouji -
L’anime segue i dieci ragazzi passo dopo passo, accompagnandoli nella loro crescita sia personale che sportiva attraverso le innumerevoli difficoltà tecniche e pratiche del percorso, e qui la corsa si fa anche metafora, divenendo un viaggio di ciascuno verso il proprio obiettivo; così, una disciplina nata per essere un qualcosa di profondamente solitario diviene un lavoro di gruppo e, al tempo stesso, una vittoria proclamata innanzitutto nei confronti di sé stessi, prima di qualsivoglia traguardo. Nel fare questo, "Run with the Wind" ben esprime uno dei concetti più forti e radicati della società nipponica, a riguardo della preponderanza del gruppo a dispetto del singolo, e della possibilità di riuscire in qualcosa proprio in quanto gruppo, piuttosto che in qualità di qualcuno che voglia emergere e distinguersi a tutti i costi dalla massa.
Allo stesso modo, un gruppetto di sconosciuti che con il proprio vicino di stanza non condivide nulla ad eccezione di un tetto sopra la testa, inizia in verità a guardarsi l'un l'altro per davvero, a far caso ai nuovi abiti o scarpe da corsa del compagno, alla postura altrui e alle piccole grandi cose che conducono all'interessarci della persona per chi è, oltre che per come è. Una condivisione che diviene quasi un concetto di famiglia e aiuto reciproco, preponderante rispetto alla mera velocità rincorsa, letteralmente, da chi si prepara per un evento come la Ekiden.
"L'unica cosa che ti interessa è la velocità?
Allora correre non ha senso. Prendi lo shinkansen o un aereo! Sono più veloci!
Apri gli occhi, Kakeru. Non basta rincorrere la velocità. Quella è... una cosa futile." - Haiji -
Haiji, che pure ha sperimentato sulla propria pelle che cosa significhi il lasciarsi dominare puramente dall'istinto, capisce sin dal primo istante che Kakeru è il tassello che manca per ricomporre la propria vita, e lo prende per mano con la sicurezza e il volto fiero di chi guarda finalmente dritto con certezza davanti a sé.
Kakeru di contro ha la corsa nel nome, dal momento che 'kakeru' è proprio una lettura del kanji del verbo correre 'hashiru - 走る', ma di fatto serba uno sguardo rivolto sempre a terra, di colui che quando corre in realtà davanti a sé non vede e non comprende nulla, men che meno l'accettazione della debolezza.
Corrono vere e proprie scintille tra i due, e lo scontro è inevitabile, così come la forza e la ricchezza che scaturiscono dal confronto e dal dover infine fermarsi per guardare oltre, ben più in là di noi stessi. L’abilità di Kakeru alla corsa non è dunque discriminante in quanto tale, bensì nel momento in cui diviene sprone e ispirazione per i compagni alle sue spalle, e la cosa si fa curiosamente reciproca, tanto che risulterà commovente l' "avanti, guarda avanti!!" che proprio Kakeru griderà al compagno di squadra che più di tutti deve arrivare a superare le fatiche degli allenamenti.
Sarà dunque proprio attraverso il percorso di crescita che potremo leggere nel cambiamento nello sguardo di Kakeru che la storia propone a lui come a noi una chiave di lettura sul significato di correre, sulla possibilità di rincorrere un sogno rialzandosi da terra dopo averci sbattuto il fondoschiena, di guardare avanti senza vergogna di sé, senza paura del passato né del domani, senza più voltarsi indietro col rimorso.
"So che ti sfugge cosa significa davvero correre.
Fermati. Guarda il panorama. E poi ricomincia lentamente a correre." -Haiji -
Il vento che soffia forte è dunque un sobillatore dell'animo.
Se nessuna disciplina sportiva può dirsi banale, la corsa è tuttavia forse lo sport più primordiale che ci sia, che esiste da quando esiste l’umanità. Correre fa parte di quelle abilità insite nell'uomo almeno quanto il nutrirsi o il reggersi in piedi; è in noi naturalmente, senza che alcuno debba fare alcunché per apprendere come mettere un piede dopo l’altro incrementando un po’ alla volta la velocità. Si corre per spostarsi, fuggire o difendersi, per raggiungere qualcosa o qualcuno. Raggiungere infine uno scopo. Chiunque goda di una discreta salute può cimentarsi a farlo, oggi con fatica e il fiato corto, domani magari soffrendo un po' meno se l'allenamento persevera e la costanza d’impegno anche. Improvvisarsi maratoneti è, ovviamente, tutto fuorché naturale, ma il principio non varia: se vuoi correre, puoi farlo, e lo strumento non sei altro che tu stesso.
"Accidenti... quando mi guardano così... non posso far altro che mettercela tutta." - Ouji -
Nella figura di Ouji tale assunto si sublima come in nessun altro, e allo stesso tempo può forse diventare motivo di critica nei confronti della serie o quantomeno farci aggrottare la fronte perplessi di fronte ai tanti e notevoli miglioramenti del giovane. Indubbiamente il 'miracolo' di Ouji risulta forse un po' forzato se rapportato al tutto sommato breve lasso di tempo in cui viene compiuto, tuttavia è arduo essere pignoli su quest'aspetto notando come l'anime non risparmi mai di rimarcare l'importanza delle sfiancanti routine di allenamenti, e che, se si desidera rinvenire un elemento martellante, questo è proprio quello dell'incredibile fatica che trasuda dagli sforzi compiuti da ciascuno.
"Se vogliamo correre ad Hakone, non possiamo sperare di uscirne incolumi." - Haiji -
Pescando dall'ottimo materiale di base fornito dalla Miura, Production I.G. riesce a tradurre brillantemente in immagini, suoni, colori e sequenze animate tutto ciò che nel romanzo si può soltanto immaginare; lo fa con la solida competenza di chi già in serie animate come "Haikyuu!!" ha dato prova del meglio di sé.
Non stupiamoci dunque affatto di fronte a sfondi riprodotti dalla realtà dei sobborghi di Tokyo con una fedeltà e una precisione straordinarie, o vedendo come la luce si soffermi diversamente sugli stessi oggetti e luoghi nelle varie ore del giorno, o ancora nella fluidità del movimento che si coglie nelle muscolature o negli attimi più fuggevoli, come la brezza che s'insinua leggera fra i capelli di Kakeru, o della ciocca portata dietro l'orecchio dalla giovane manager Hanako.
Non stupiamoci nemmeno di rinvenire Hiromi Kikuta ("Haikyuu!!", "Mr. Osomatsu") alla direzione del suono, e alle magistrali musiche orchestrali il compositore Yuki Hayashi di "My Hero Academia", che infondono nello spettatore un coinvolgimento emotivo talmente intenso ed efficace, da far scaturire persino le lacrime. Non sono da meno in tal senso le sigle di apertura e chiusura, affidate alle sonorità rock del gruppo j-pop Unison Square Garden con l'incalzante "Catch up, Latency" prima, e la più adrenalinica "Kaze Tsuyoku, Kimi Atsuku" dei Q-MHz poi; pregevolissimi e calzanti anche a livello di testi i temi di chiusura interamente scritti, composti e arrangiati da Taichi Mukai, la cui limpida voce in "Reset" posa l'attenzione su quell'aspetto di Haiji lasciato tra le righe, mentre in "Michi" si evoca il sogno di Hakone con l'intera squadra al completo.
La regia di Kazuya Nomura ("Ghost in the Shell - The Rising", "Joker Game", "Sengoku Basara 2") è impeccabile almeno quanto il lavoro alla sceneggiatura di Kohei Kiyasu ("The Kirishima Thing") e le animazioni dirette da Takashi Mukouda ("Tengen Toppa Gurren Lagann", "Space Dandy") e Hideki Takahashi ("Haikyuu!!", "Neon Genesis Evangelion"), unitamente al character design pulito, preciso e privo di fronzoli di Takahiro Chiba, direttore generale delle animazioni in "Ballroom e Youkoso" e ancora una volta in "Haikyuu!!".
Rimane decisamente impresso, in effetti, come né la storia né i singoli episodi registrino mai alcuna sbavatura e nemmeno cali tecnici; e non solo la narrazione non si smarrisce né si disgrega col passare del minutaggio, ma si assiste piuttosto qui invece a un tangibile crescendo emotivo, che nel sorprendente finale ci fa constatare come nessuna aspettativa sia stata tradita o delusa e che, semmai, il vento ci è rimasto accanto sostenendoci con una tenerezza ben maggiore di quella che credevamo possibile.
"Run with the Wind" è però anche una serie la cui bellezza si apprezza attraverso tanti piccoli dettagli, taluni apparentemente insignificanti: un caldo hanten (casacca) lasciato sulle spalle, le occhiaie di qualcuno, il cielo grigio e greve che rimanda la mente di Haiji a ricordi indesiderati, e che è ricorrente nel rimarcare il realismo impresso alle situazioni, di come cioè non si possa correre soltanto quando fuori splende il sole e la brezza è rinfrescante.
Alla pregevole fattura tecnica si affianca poi il lavoro del doppiaggio, qui davvero di altissimo livello, considerato che Takeo Ōtsuka giunge su Kakeru pressoché da esordiente, mentre Toshiyuki Toyonaga (Yuuri Katsuki di "Yuri!!! on Ice") regala una prova mirabile e decisamente istrionica sulla figura di Haiji, così come Miyu Irino (Shoya Ishida de "La Forma della voce") su Akane 'Ouji' Kashiwazaki. Accanto a loro ricordiamo anche l'ottima esecuzione di Kouki Uchiyama (Kei Tsukishima di "Haikyuu!!", Soul di "Soul Eater", Raku Ichijou di "Nisekoi") su Takashi 'Shindo' Sugiyama, Kazuyuki Okitsu (Saku Hagita di "Orange", Reiji Andou di "Prison School") su Yukihiko 'Yuki' Iwakura, Takanori Hoshino (Kugaha di "Noragami Aragoto", Goro Mine di "Ballroom e Yokoso", Reji Nitta di "Uchuu Kyodai") su Akihiro 'Nicochan' Hirata e Satoshi Hino (Hayato Shinkai in "Yowamushi Pedal") su Fujioka, quindi Junya Enoki (Keisuke Tsuji di "Tsuredure Children!") e Yūto Uemura (Hiro di "Darling in the FRANXX", Atsushi Nakajima di "Bungo Stray Dogs") sui gemelli Jōta e Jōji Kizuki dalla parlata decisamente giovanile, il bravo Hideaki Kabumoto sullo studente straniero Musa Kamala alle prese con un giapponese non sempre sciolto e Riki Kitazawa su Yohei Sakaguchi.
"Mi è capitato di disperarmi.
Mi sentivo tradito da me stesso e dal mondo intero.
Però mi sbagliavo.
La corsa è tornata da me in una forma ancora più bella.
Si può essere così fortunati?" - Haiji -
"Run with the Wind" è un'incredibile sorpresa, un anime che convince e stupisce a più riprese, un gioiellino che brilla di luce propria: è una storia a ben vedere semplice eppure accattivante, narrata in maniera piuttosto coinvolgente e finemente curata in ogni suo lato. Se già la trasposizione dal romanzo è rispettosa, la serie animata va anche oltre, amplificando quanto presente del libro originale e illuminandone la resa.
Non c'è da aver remora ad affezionarsi ai membri dell'Aotake, temendo che prima o poi qualcuno venga inevitabilmente messo in ombra da altri o dalla storia stessa, perché proprio la Ekiden consente a ciascuno di ricavarsi il proprio adeguato spazio all'interno delle vicende che conducono ad Hakone. Ognuno di loro tocca il proprio punto più basso per poi risalire. Ognuno di loro, ciascuno con le proprie debolezze e punti di forza, è riflesso e metafora di ciascuno di noi, di dolore e di rinascita.
Davvero pare ironico affermare che nell'ambito di una serie sullo sport il risultato non sia ciò che più conti, ma in effetti non lo è, perché esiste sempre qualche cosa di più importante di questo, qualcosa per cui valga la pena sforzarci sino al limite anche quando l'orizzonte appare grigio o fumoso.
Cadere sette volte e rialzarsi otto, recita un celebre proverbio giapponese. Per poi vedere la vetta, stavolta per davvero.
"Le montagne di Hakone...
sono le più ripide del mondo!!!"