logo GamerClick.it

-

Attenzione: la recensione contiene spoiler!

Non ci siamo proprio.
Se almeno in Goood Ending (GE) le scelte del protagonista, seppure "forti", erano giustificate dal suo percorso di crescita e alla fine riuscivamo a vedere i protagonisti che effettivamente maturavano e riuscivano a realizzare le proprie aspirazioni, in Domestic Girlfriend (DG) assistiamo ad una vera opera di "distruzione narrativa" da parte dell'autrice che, in una manciata di capitoli, disintegra lo sviluppo caratteriale di due dei tre personaggi principali, visto che poi il terzo per tutta l'opera non solo non è cresciuto per nulla, ma è persino regredito.

L'opera pare strutturarsi come un classico racconto di crescita, fisica e mentale. Il protagonista dovrebbe quindi imparare dalle sue esperienze incontrando vari personaggi e dalle sue relazioni amorose (incestuose) con le sue sorellastre. Dico pare perché se da subito appare chiaro che una delle relazioni sia fortemente deleteria e drammatica (il suo tema fondamentale è il "doppio suicidio", se non fisico, almeno morale e sociale) che si trasforma poi in una vera e propria ossessione, l'altra invece nasce come incontro casuale che si trasforma in supporto reciproco e in una relazione, che, anche se non certo priva di problemi, sembra arrivare infine ad un livello sano e basato sull'interdipendenza anziché sulla codipendenza.

I vari sotto-archi non fanno che ripeterci che l'eccessiva dipendenza dalle persone per rimediare ai propri "vuoti esistenziali" è deleteria e negativa (un esempio è Momo che dipende dalle sue relazioni sentimentali per sopperire al vuoto di una famiglia inesistente), che rimanere attaccati al passato abbandonando i propri sogni non porta alla vera felicità (l'arco di Juri), che la felicità di una persona nasce dal seguire i propri sogni non lasciandosi influenzare da nessuno (quello che il Padre di Rui e Hina dice a Natsuo), che non si può distruggere la propria vita per un errore commesso in passato (Togen) e che ciò che è accaduto in passato non deve condizionare la propria vita (Arisu), che non si è responsabili per le decisioni altrui anche se non ci si è comportati al meglio (il compagno di college di Natsuo il cui amico gay si era suicidato dopo essere stato respinto da lui), che la dipendenza dalle sostanze stupefacenti e - viene fatto quasi esplicitamente il parallelo - dalle relazioni (codipendenza) è negativo, ma che se si ritrova il senso di sé si può comunque essere ripartire da zero ed essere felici (Misaki), che la comunicazione in una coppia è fondamentale. Tutte cose che Natsuo dovrebbe aver imparato ed assimilato (in molti casi è proprio lui a consigliare ad altri come comportarsi in maniera positiva!) e che dovrebbero portarlo ad una scelta chiara tra l'autolesionismo e il costruirsi un futuro.
E invece no.

Il finale distrugge completamente il significato di tutti gli archi precedenti, ci restituisce un Natsuo che regredisce a meno di zero e porta ad una situazione finale che definire paradossale è un eufemismo, con la coppia finale che non comunica ad anni dal matrimonio, dove non c'è neppure desiderio sessuale, ma solo due persone che si sono annullate a vicenda. È forse questo il "morire insieme"? Probabile. Una relazione in cui entrambe le parti sono codipendenti, può essere effettivamente paragonata ad un doppio suicidio. E la "perdente" (metto tra virgolette perché oggettivamente, visto il soggetto che Natsuo è diventato al termine dell'opera, la vera perdente è quella che sta con lui) che pur realizzando la propria carriera sembra aver rinunciato a tutto il resto. La motivazione di tutto ciò? "Fato" e magia, inseriti forzatamente con evidenti "comode" amnesie o addirittura stravolgimenti della realtà, nonché cambi di idea non meglio giustificati, dove c'è chi si colpevolizza per errori mai commessi e chi non viene mai responsabilizzato per i suoi errori, anzi. Un pastrocchio senza fine. Ma a parte ciò, l'autrice forse spiega che il finale è negativo, un esempio limite dei danni che possono fare le emozioni incontrollate? No. L'autrice spaccia tutto ciò come "puro amore" e "destino", premiando di fatto una visione in cui in una relazione bisogna annullarsi totalmente, rinunciare al proprio sé, in cui amore significa anche danneggiare il soggetto del proprio affetto (una contraddizione in termini), dove la comunicazione non è importante dato che la "vincente" non è mai stata in grado di comunicare onestamente (al punto di non essere neppure in grado i dichiararsi, per paura d essere respinta), dove il forzarsi su una persona a prescindere dalla sua volontà è positivo e considerato espressione della massima devozione. Il tutto considerando che entrambi sanno razionalmente sin dal principio che si stanno danneggiando a vicenda - e non gli importa, fin tanto che riescano a soddisfare le proprie necessità "affettive". Il trionfo dell'egoismo mascherato da altruismo (ancora, la codipendenza). La vittoria dell'immobilismo (e il capitolo finale extra è emblematico in questo) contro il cambiamento in meglio.

In pratica questo manga utilizza doppi standard per giudicare le azioni dei protagonisti, chi si preoccupa veramente di far crescere il protagonista, di non danneggiarlo, di farlo riflettere sulle sue responsabilità è bollato come egoista, mentre chi egoisticamente cerca di stare vicino a lui anche sapendo di fargli del male, che lo vizia e cerca di compiacerlo con lo scopo di stare con lui, che si forza su di lui a tutti i costi sotto una facciata di finto altruismo, è additato come apoteosi della santità. E il risultato è la negazione di ogni logica e consistenza narrativa: è come se io scrivessi un libro sulla droga, descrivo come la droga abbia effetti deleteri sull'organismo con forte possibilità di morire, ma alla fine del libro io consigli a tutti i lettori di farsi una bella overdose.
Questa è, purtroppo, la situazione con DG. Non a caso il finale è stato aspramente criticato dalla maggioranza dei lettori, anche in patria, e si sono create situazioni paradossali come il trasferimento dell'editor prima della fine della pubblicazione del manga, e la decisione da parte di Kodansha di non usufruire nel prossimo futuro dei servigi di Kei Sasuga, perlomeno sulle pagine di Weekly Shonen Magazine, dove l'opera era pubblicata. Un peccato perché l'opera sembrava in grado di suscitare intense emozioni, ma il terribile finale cancella in un solo colpo tutto ciò che c'era di buono.