Recensione
Domestic Girlfriend
2.0/10
Recensione di Aggretsuko
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Attenzione: la recensione contiene spoiler!
Di solito mi guardo bene dallo scrivere recensioni perché tendo ad essere prolissa, ma in questo caso faccio un’eccezione. La recensione è lunga e contiene spoiler, quindi siete avvisati.
"Domestic Girlfriend": ovvero come cercare di far passare una pessima telenovela come “storia d’amore con risvolti psicologici” risultando in un disastro contraddittorio infarcito di messaggi tossici, avente come ciliegina sulla torta uno dei peggiori finali che abbia mai visto in un manga e che riesce a cancellare in una manciata di capitoli quel poco di buono che poteva essere rimasto, preferendo giocare solo ed esclusivamente sull’effetto emozionale anziché su logica, consistenza e significato.
Un peccato, perché i disegni sono veramente bellissimi e comunicativi, i personaggi principali hanno il loro appeal, almeno inizialmente: purtroppo Kei Sasuga dimostra una bravura grafica inversamente proporzionale alla capacità di sceneggiatura.
Ma quali sono i difetti principali di quest’opera? In primo luogo, le forzature. Non è raro incappare in lavori dove si risolve una situazione o si crea tensione tramite un espediente più o meno campato in aria, ma in questo caso si esagera, e alla grande. Praticamente abbiamo cliffhanger quasi ad ogni capitolo, situazioni buttate lì senza sviluppo precedente e spesso senza sviluppo successivo, come le miriadi di personaggi buttati lì giusto per fare comparsata per “dire qualcosa” che poi spariscono nel nulla o che al massimo appaiono in un cameo giusto per fare presenza, senza contare che il loro “insegnamento di vita” viene spesso ignorato a piè pari o trattato come se non fosse mai successo. Persino i personaggi principali hanno spesso amnesie e si comportano in modo contraddittorio con quanto essi stessi dichiarano, salvo poi ricordarsi miracolosamente delle azioni passate traendone spunto per fare azioni ancora più illogiche di quelle precedenti. Ma non ci si ferma qui. Infatti, oltre alle forzature di trama e di sviluppo dei personaggi, assistiamo anche da parte dell’autrice alla totale mancanza di rispetto di una delle regole fondamentali della buona scrittura, ossia quella che dice di “mostrare, e non dire”. L’interpretazione di moltissime situazioni viene addirittura forzata sul lettore nonostante vada in palese contrasto con la logica e di fatto questo semplicemente non funziona e contribuisce al disorientamento totale. A questo aggiungiamo un fastidiosissimo "doppiopesismo di fondo", ossia se un’azione è compiuta dal personaggio A viene presentata negativamente, la stessa azione con intensità maggiore fatta dal personaggio B viene imposta come totalmente positiva, con le costruzioni psicologiche che vanno a farsi benedire in favore di dramma fine a sé stesso e di una narrativa che deve andare in un certo modo, non perché figlia di un naturale e realistico sviluppo ma perché: “ho deciso che deve andare così anche se contrasta con tutto quello che ho scritto o mostrato prima”. E il finale è la summa di tutti questi punti negativi, con personaggi che agiscono fuori luogo e senza rapporto con le loro azioni e il loro modo di pensare passati, finte responsabilità date ad alcuni personaggi e vere responsabilità taciute, retcon a go-go fatto per giustificare un determinato esito, con motivazioni illogiche o aberranti. In tutto ciò, in questa “storia d’amore” di amore ne rimane veramente poco, con le “spiegazioni” post-finale dell’autrice che sinceramente fanno solo capire come si sia voluto dare un finale “scandaloso” fine a sé stesso, senza alcuna congruenza o motivazione tranne che quella di fare leva sulla morbosità di una parte del pubblico e di voler “soddisfare tutti” fallendo anche in quello. Dato che però non posso fare esempi se non si fanno spoiler, passo alla sezione successiva.
Il problema principale, oltre alle forzature di trama, è il pressare sul lettore una visione distorta e malata dell’amore come “amore vero”. Sasuga infatti ci dice che Rui rappresenterebbe il “Koi” (amore romantico/passionale, immaturo, che “prende”) mentre Hina sarebbe l’”Ai” (amore puro/incondizionale, maturo, che “dà”) e che è Hina quella che deve sposare Natsuo perché “non può più vivere senza di lui” e che “Natsuo impara ad amare con Rui ma lo mette in pratica con Hina”. A parte l’incongruenza di imparare ad amare una persona e passare ad un’altra in cinque minuti scarsi (come se le relazioni non vadano vissute, ma si possano "imparare" come su un libro di testo), c’è già una grossa falla in questa spiegazione: chi “non può vivere senza” pone appunto una condizione molto pesante al suo amore, quella del bisogno. Se Hina ha bisogno di Natsuo per vivere, come può essere il suo amore “puro” o “incondizionale” o “dare”? Se io ho bisogno di una persona per vivere, è perché sto cercando che questa persona renda me felice, non sto pensando a rendere felice l’altro. E questo è tutto fuorché amore. Infatti, Hina è descritta per tutto il manga come un esempio da manuale di “love addiction” (insana dipendenza affettiva) di cui il “non posso più vivere senza di lui” è proprio la caratteristica fondamentale: per questo mette in pericolo consapevolmente l’oggetto del suo “amore” accettando, anzi proponendo con il suo “se vuoi stare con me devi essere pronto a morire insieme a me” a un ragazzino di 17 anni una relazione tossica e pericolosa per entrambi (nonostante ci sia l’alternativa sicura e lecita di essere onesta e ferma, di aspettare fino al suo diploma), nasconde i suoi sentimenti per paura di essere respinta (è scritto chiaramente), non ha nessun riguardo per sé stessa (mancanza del senso di sé) e grazie a ciò non ha neppure rispetto per gli altri, non ha nessun rispetto per la relazione della sorella con Natsuo e mente in continuazione sia a lui che alla sorella. Ma tutto questo è OK, secondo Sasuga, perché viene tenuto nascosto a Natsuo e Rui. Come se la forma coprisse la sostanza. Senza contare la gelosia che non la fa dormire, i continui sogni ad occhi aperti, l’atteggiamento spesso manipolatorio e irrispettoso (ne metto solo alcuni, perché la lista è lunga): basti citare le razionalizzazioni (non ho mentito quando ho detto di non aver visto quella foto perché l’ingrandimento era la prima volta che lo vedevo, io e Natsuo non abbiamo fatto nulla di male perché ci amavamo – come se il problema fosse l’amarsi oppure no e non il fatto che consapevolmente lo abbia messo in pericolo per soddisfare i propri bisogni…), il ripetuto approfittarsi di lui quando è addormentato (prima con un bacio e poi, all’ospedale, peggio), il “people pleasing” (dire sempre di sì anche se si è in disaccordo, vedere quando Natsuo dice di non volere più scrivere e dirgli che è OK e poi andare a piangere nell’armadio… sì, ho detto armadio), il “non voler sentire” quando Natsuo vorrebbe chiudere con lei, il cercare di distrarre Natsuo dopo che Rui lo aveva chiamato per il suo ventesimo compleanno, la promessa di dirsi tutto (estorta facendo leva sulla sua gratitudine) puntualmente tradita dopo un capitolo, il non sapere accettare un “no” come risposta, l’aiuto e regali forzati anche se non necessari, non richiesti o persino rifiutati. Aiuto che nasconde poi chiaramente un doppio fine anche se lei dice il contrario: difatti prima dice che il suo supporto è disinteressato ma poi quando Rui le dice che è incinta Hina va a piangere da Marie, segno inequivocabile che invece l’interesse ci fosse, eccome, e che invece di essere felice per il futuro nascituro Hina si preoccupi solo delle proprie necessità romantiche. Nella vita reale queste sarebbero vere e proprie manipolazioni e dimostrazioni della propria morbosa necessità di pretendere che Natsuo la "renda felice". Invece si cerca di far passare comunque le sue azioni come “altruiste” anche quando le motivazioni dicono il contrario. Il suo rapporto con Natsuo è al segno dell’autolesionismo e della mancanza di qualunque crescita personale (quali sono gli obiettivi della vita di Hina a parte Natsuo? Nulla di nulla. Maturazione nel corso dell’opera? Zero), del non rispetto per sé stessa: ricordiamolo, chi non ama sé stesso non può veramente amare gli altri (ritorniamo alla voce bisogno: cercare di farsi amare dagli altri “buttandosi sotto ad un treno per loro” perché non si è capaci di amare sé stessi che la propria felicità sia legata solo ad una persona non è amare). Ma anche Natsuo è trattato come un bambino fino alla fine, basti pensare a come Hina si forzi nel suo appartamento “per proteggerlo”, o al fatto che Hina senza ragioni valide lo copra sempre “per il suo bene” (senza neanche cercare di capire quale sia effettivamente il suo bene), anche mentendo alla sorella, impedendogli di fatto di crescere (cosa che fa numerose altre volte, perché è evidente che non lo consideri un adulto tranne che per quanto riguarda la camera da letto…). E alla fine non riuscirebbe ad essere felice se Natsuo sta con qualcun altro invece che con lei, anche se lui fosse felice (ancora, questo c’entra con l’amore come i cavoli a merenda). E questo soprattutto perché lo idealizza solo come “quello che morirebbe per lei” (come dichiara esplicitamente a Marie) ossia, per quanto lui potrebbe spingersi a fare e non per Natsuo come persona in sé. Insomma, questo non è certo descritto come un amore vero o incondizionale che “dà”: queste sono piuttosto le caratteristiche di una infatuazione con risvolti ossessivi e dipendenza. E difatti l’autrice fa una confusione totale tra amore (sentimento basato sulla volontà di rendere felice un’altra persona, ma che non sfugge dalla realtà, che unisce testa e cuore) e infatuazione (emozioni incontrollate, nessun riguardo per sé stessi e per gli altri, “non potere fare a meno”). E la dipendenza affettiva non è un comportamento altruista (nasce infatti da scarsa stima di sé e necessità di controllo di una relazione), anzi non beneficia nessuno. Ma Sasuga purtroppo ci dice l’insano è sano, quindi ci dice che amare vuol dire avere nessun rispetto per sé stessi e per gli altri, di fare le cosa più assurde per cercare di dimostrare qualcosa anziché trovare una soluzione condivisa, mentire invece di dire le cose come stanno, e che quindi la forza di un amore non è fondata sul rispetto reciproco, l’avere cura di noi stessi e dell’altro, sulla comunicazione, ma in breve secondo Sasuga l’intensità di un amore si misura in quanto poco amiamo noi stessi e quanto patetici ci rendiamo di fronte alla persona che diciamo di amare. Mentre in realtà i comportamenti ossessivi non hanno mai connotazioni o risultati positivi, e un buon scrittore lo sa: come esempi letterari basti pensare a Heatcliff e Cathy, a Gatsby, o ad Anna Karenina.
Natsuo vorrebbe essere dipinto dall’autrice come “uomo ideale”, ma a conti fatti se fosse una persona reale sarebbe una persona terribile. A parte l’incoerenza, l’incapacità di prendere una decisione e tenerla in piedi (emblematico il fatto che alla fine le due sorelle se lo “scambino” come fosse una figurina, e nemmeno la decisione finale è opera sua, proprio a dimostrare che è senza una spina dorsale) ci viene mostrato che è un bugiardo patologico (praticamente il finale ci dice che ha mentito a Rui per anni e persino sulla tomba della madre) e che è affetto dalla “sindrome del salvatore” in quanto fa di tutto per “aiutare” gli altri, spesso con prepotenza ma non sembra essere in grado di aiutare sé stesso: è emblematico quello che succede durante la tormenta ad Aomori, con lui che cede la stanza di hotel a degli sconosciuti che avevano scordato di prenotare “per non far piangere un bambino”, mentendo a Rui, e finendo quasi per uccidere entrambi. E non c’era nessuna necessità di farlo, dato che il bambino aveva due genitori adulti in grado di cavarsela e che erano responsabili per lui. Quindi a dimostrare come anche avendo buone intenzioni se si dà sfogo ad emozioni incontrollate si va incontro al disastro. Cosa che invece nel finale viene totalmente negata. Non dà il minimo valore a sé stesso, come si capisce nel dialogo onirico con la madre dopo la coltellata, quando gli viene chiesto se volesse vivere, lui dice che per lui potrebbe pure morire lì, ma siccome qualcun altro sarebbe stato triste, allora sarebbe stato meglio vivere. Nobile? No, questa è una negazione del senso di sé, qualcosa di estremamente negativo, perché se è vero che nella vita abbiamo relazioni con gli altri, sopprimere i nostri desideri, ambizioni, sentimenti (che hanno lo stesso valore di quelli altrui) per cercare validazione esterna ci porterà prima o poi a un vicolo cieco. E non mi si venga a dire che “è la mentalità Giapponese”. No, non lo è, almeno se si parla del Giappone moderno, visto che abbiamo innumerevoli opere che provengono dal paese del Sol levante, non solo manga, che vertono proprio sul necessario bisogno di amare sé stessi per poter amare veramente il prossimo e vivere felici. E se ad un certo punto Natsuo sembra avere uno sviluppo, nel senso che capisce che essere adulto significa avere anche delle responsabilità verso sé stesso, che concedere troppo è sbagliato e che non è tanto importante quello che gli altri vorrebbero da lui, ma quello che vuole lui, ciò che è sano per lui, che le relazioni non sono qualcosa di scontato e che occorre valutare ciò che è meglio per noi e per gli altri, che condividere è fondamentale, il finale annulla del tutto questo sviluppo e ci viene detto che monologhi interni, evoluzione dei sentimenti, crescita sono tutti falsi e che la cosa più importante è che lui “debba” annullarsi e “dedicare la sua vita a Hina” perché lei è “incapace di vivere senza di lui”, e al diavolo la salute mentale della futura figlia. Ci dice che per lui amare è fare sì che Rui, che lui diceva di amare, a cui ha chiesto lui per primo di sposarlo, che gli sta dando un figlio e con cui voleva condividere la vita fino a 5 minuti prima dell’incidente di Hina non conti più nulla nonostante sapesse già che Hina lo amasse e che “aveva fatto sacrifici per lui”, e che la persona che dice di amare ora è giusto che continui a farsi del male inutilmente -e non poco- in suo nome (dato che Hina non ha mai una presa di coscienza che il suo atteggiamento è profondamente errato, anzi, visto che agendo in un dato modo ottiene quello che vuole, continuerà ad agire così). E il bello è che il Natsuo che ci viene mostrato prima dell’incidente è comunque un Natsuo felice, felice di stare con Rui e di prendersi cura di lei e del bambino, e di essere riamato da Rui a sua volta, di aver costruito una famiglia. Mentre ci viene detto nel finale che no, che tutto questo non era vero e che lui stava mentendo a sé stesso e agli altri. Senza alcun motivo logico o plausibile per le sue menzogne, dato che se avesse voluto stare con Hina avrebbe avuto decine di occasioni e, dopo il capitolo 216, Rui non avrebbe avuto comunque nulla da ridire. E questo dopo una lunghissima introspezione dove lui cerca di fare chiarezza sui suoi sentimenti arrivando peraltro ad una conclusione assennata. Ma “invece no”. A parte le motivazioni insensate e la negazione del proprio sviluppo, insomma, altro che “uomo ideale”: Natsuo è un personaggio che si fregia delle migliori intenzioni ma poi in realtà, dato a quanto pare è incapace di crescere e frenare la sua egoistica voglia di validazione esterna, causando solo disastri per le persone che dice di amare. Poi però l’autrice in un tweet si chiede come mai i Giapponesi schifino “il suo Natsuo” e gli preferiscano ad esempio Yuusaku Godai di Maison Ikkoku. Beh, cara Sasuga, per il semplice fatto che Godai rimane sempre fedele ai suoi sentimenti senza mentire a sé stesso, ha un’evoluzione ed uno sviluppo veri e ben chiari, crescendo e diventando una persona affidabile, cosa che certo non si può dire di un tizio che per tre anni giura eterno amore ad una ragazza, la mette incinta e la sta per sposare per sua stessa decisione, per poi andarsene con chi “ha bisogno di lui”, ma che ha anche quasi distrutto la vita di entrambi e che è troppo egoista per andare avanti, che rifiuta la responsabilità dei propri errori, distruggendo la vita sentimentale della madre di sua figlia, senza contare i problemi psicologici che creerà a quest’ultima. Ricordiamoci: la prossima volta che incontro uno stalker che non può vivere senza di me e che si butta sotto ad un treno “per me”, credo che dovrò cedere, del resto non è importante quello che voglio io o che è sano per me.
Rui ha il suo bel “periodo tossico” pure lei: gelosa, possessiva, “fumantina” (non che Natsuo sia da meno, comunque, più volte dà prova della sua gelosia prima verso Al e poi verso Kajita). Sicuramente la sua relazione parte con il presupposto di “voler essere amata” e quindi dal bisogno. Certo la sua gelosia non è positiva, e vediamo tanti esempi di comportamento negativo a partire dai tanti bisticci o all'episodio di chiedere a Hina di “non farla piangere”. Anche la prima parte di RuixNatsuo è fondata sulla dipendenza e questo ci viene mostrato e se fosse continuata così la cosa migliore per tutti e tre sarebbe stato restare single. La questione della separazione nel capitolo 216 poteva essere gestita meglio (non mi dilungherò sulle motivazioni, fatto sta che Rui non vuole un rapporto con Natsuo basato sull’eccessiva dipendenza e crede di danneggiarlo se rimangono insieme, di essere un peso per lui). Però ci viene anche mostrato che Rui almeno si prende le sue responsabilità, che vede Natsuo come persona (lo ama perché “è Natsuo” e non perché “scrive le storie per me” o “morirebbe per me” (anzi, lei lo sprona più volte a non fare follie per lei, perché apprezza il pensiero, ma non vuole che si faccia del male), che quindi lo ama come uomo e non come “il principe sul cavallo bianco”) e ci viene detto più volte che è riamata da lui perché gentile, premurosa, intelligente, per la passione che mette nel raggiungere i suoi sogni, ossia per quello che è e non per ”quello che fa per Natsuo”. Ci viene fatto vedere che Rui cerca di comprendere lui e le sue motivazioni, che riconosce i propri errori e che cerca essere una persona migliore e crescere non solo professionalmente, vuole che Natsuo cresca a sua volta e che non sia suo succube, insomma è chiaro dall'evoluzione della storia che passi da “voler essere amata” a “amare”, perché è proprio l’amore che mantiene il senso di sé che ci aiuta a crescere e che aiuta anche le persone intorno a noi a crescere. La sua relazione non è caratterizzata solo dalla tossicità della prima parte, ma anche dal prendersi cura l’uno dell’altro da eguali, non nel senso di età ma da persone che si pongono nella relazione sullo stesso piano. Dallo spingersi a vicenda a crescere e a maturare attraverso le rispettive differenze. E ci viene effettivamente mostrata una Rui che cresce, perde la sua gelosia e la sua tossicità. E il sacrificio che fa alla fine (un sacrificio vero, perché, a differenza di Hina, Rui ha tutto da perdere e nulla da guadagnare) dimostrerebbe che Rui pensa veramente alla felicità di Natsuo pur non partendo da una posizione di bisogno, che lo ama tanto da volerlo felice a prescindere se lui stia con lei oppure no. Ma questo è esattamente ciò che significa un amore incondizionale.
Diciamo quindi che Sasuga nelle sue spiegazioni o a) non capisce nulla di amore e logica o b) è fiera di scrivere boiate e prenderci per i fondelli. Anche nel caso nelle sue spiegazioni si riferisse solo a Natsuo, poi, non ci sarebbe comunque corrispondenza con quanto descritto nel manga: il “dare” di Natsuo verso Hina è molto spesso sin dall’inizio un “prendere” e “pretendere” o si caratterizza solo attraverso gesti plateali ed estremi (io diventerò un grande uomo così che tu possa amarmi, mentre nella realtà all’inizio della sua carriera senza il supporto di Rui si sarebbe arreso) e alla fine accetta che Hina possa continuare a farsi inutilmente del male, a rinunciare alla propria individualità, solo per stare con lui. Nel caso di Rui invece si parla di un prendersi cura costante, di supporto ai rispettivi sogni, di un’attenzione anche alla reciproca crescita personale (e non sto parlando solo dal punto di vista professionale), cosa che con Hina semplicemente non avviene mai, anche reciprocamente. Hina infatti anziché spingerlo a riflettere, crescere, prendersi le sue responsabilità di adulto, lo vizia, non gli mostra mai un punto di vista diverso. E quelle rare volte che lo contraddice, lo fa solo per forzare la sua presenza nella sua vita, per la propria esigenza di starli vicino, esigenza che evidentemente Natsuo non ha, ma che il finale, ancora una volta, ribalta senza addurre motivazioni plausibili. Emblematico il fatto che dopo che Shuu gli dice che Hina lo ama ancora e Fumiya glielo conferma, Natsuo sia negativamente sconvolto e quasi terrorizzato dalla cosa, mentre quando chiama Rui, anche se non riesce a chiederle quali siano i suoi sentimenti verso di lui, riesca a calmarsi e rilassarsi. Così come quando prende la decisione di andare in America un pannello ci mostra che lo fa perché lui considera la relazione con Rui qualcosa di importante e significativo, e non per pietà. Il che ci dovrebbe indicare quale delle due relazioni sia quella “positiva” ma dato che lo scopo non è quello di creare una storia d’amore bensì quello di inserire dramma fine a sé stesso, alla fine risulta mai accaduto.
Che come storia d’amore quest’opera manchi del tutto l’obiettivo non è che sorprenda più di tanto, del resto già dall'inizio ci sbatte addosso la romanticizzazione del “morire insieme” invece del “prendiamoci cura l’uno dell’altro” che è la base di qualunque relazione sana e non tossica (e prendersi cura l’uno dell’altro è cosa ben diversa del “dire sempre di sì" di Hina). Non solo, ma si vuole costantemente presentare “l’amore” tra Hina e Natsuo come un “amore proibito” dimenticandosi di sottolineare che sarebbe proibito solo limitatamente nel tempo, ossia fino alla sua età del consenso, e che quindi qualunque cosa successa dopo i 18 anni di Natsuo avrebbe la stessa valenza di proibito della relazione tra familiari tra Rui e Natsuo, facendo perdere del tutto significato a questa interpretazione. Tralasciamo poi del tutto il fatto che l’età del consenso esiste per ottimi motivi e francamente da come viene presentata Hina nei primi capitoli (emotivamente instabile, che apertamente flirta con uno studente, manipolatrice emotiva) l’autrice non è che porti argomenti a una ipotesi contraria a questa regolamentazione, anzi: il problema vero della loro relazione non è l’amoralità o il conflitto con la società, bensì il nessun riguardo per l’altro che ci viene presentato come amore e ed è completamente errato dire che gli impedimenti a cui quella relazione va incontro siano solo causati da altri o dalla società, e non come causati come è realmente descritto nel manga dalla incapacità di essere minimamente razionali, dalla incapacità di comunicare, dal pensare solo a soddisfare i propri desideri emozionali e sessuali anche a scapito del benessere dell’altra persona. La cosa buffa è che le conseguenze di queste azioni stupide ci vengono mostrate, ma ci viene detto che la responsabilità non è mai di chi le commette, perché se si “ama” tutto è giustificato, anche fare del male a chi si dice di “amare” (e, il bello è che ci viene detto dopo aver fatto numerosi esempi del contrario) o ad altri che vengono presi nel mezzo. E si dice anche che si è degni di amore solo se si fanno i “sacrifici”, che poi spesso non sono tali o perché o non c‘è scelta, o perché nascondono un secondo fine, senza contare che, come detto, si potrebbero tranquillamente evitare applicando le basi del raziocinio; ad esempio, che sacrificio per Hina sarebbe quello di “rompere con lui e trasferirsi” dopo essere stati scoperti, se l’unica alternativa sarebbe stata quella di uno scandalo che -ci viene forzatamente detto dall’autrice- avrebbe rovinato la carriera di Natsuo e portato Hina in prigione? Che sacrificio è quello di stare vicino a Natsuo quando decide di tornare a scrivere, quando è chiaro che c’è lo scopo morboso di ottenere la sua attenzione, senza nemmeno rispettare la decisione di Natsuo che – almeno in quel momento – aveva scelto Rui? I sacrifici, poi, in qualsiasi relazione sana sono l’extrema ratio, non la norma anche quando sono inutili perché c’è un’alternativa se si usa un minimo di cervello. Una relazione che si basa sul sacrificio fine a sé stesso si può definire solo con una parola: tossica. Se la relazione viene vissuta solo come un “debbo provare il mio amore martirizzandomi mediante gesti inutili” non è amore ma, come detto, un sintomo di dipendenza, perdita del sé e necessità di controllo da una parte e dell’approfittarsi dall’altra. Sacrifici che poi –ci viene detto- come giustificazione al finale- Rui non farebbe ma in realtà -ci viene mostrato- che li propone e farebbe eccome, non solo il lasciare Natsuo a Hina per “rendere entrambi felici” ma anche proponendo a Natsuo di tornare a casa per sostenerlo dopo la morte di Togen lasciando il suo addestramento (cosa a cui è Natsuo a dire di no, e Rui –sanamente- rispetta la sua decisione di voler in primo luogo cercare di affrontare i suoi problemi da sé, cosa che invece Hina non fa) o decidendo di rinunciare alle sue opportunità professionali per tenere il bambino (cosa che poi non risulta necessaria perché Rui, comunicando, riesce a trovare persone che la sostengano invece di fare la martire) o stando otto anni in una casa crescendo una figlia e vedendo tutti i giorni l’uomo che amava proclamare la sua ossessione (non amore, perché il Natsuo finale è a tratti veramente inquietante e dimostra di dipendenza a sua volta) per un’altra donna.
Il finale è quindi l’apice di tutte queste forzature: oltre a distruggere completamente lo sviluppo di Rui e Natsuo (perché Hina era già da tempo un personaggio monodimensionale, tipica rappresentazione della donna che esiste solo in relazione ad un uomo e che non ha più nulla della propria identità), fa comportare anche i personaggi secondari come se la loro caratterizzazione e le loro esperienze non siano mai esistite. Shuu, che fuggiva da un matrimonio imposto per dovere, cerca di spingere Natsuo verso Hina “per responsabilità” anche se lui gli dice che è innamorato di un’altra? Kiriya, che ha ben presente i problemi delle relazioni tra studenti e insegnanti, e che non conosce praticamente nulla della storia tra Natsuo e Rui, e che sa che aspettano un bambino, che va a dire a Natsuo di “non dimenticare quello che Hina ha fatto per lui” (metterlo in pericolo, immagino). Marie, che sa che a volte è giusto tenere lontani persone che si amano per il loro stesso bene (il riferimento è allo yakuza di cui è ancora innamorato dopo tanto tempo), che si è tenuto sempre super partes, e che più volte ha criticato Hina (molto blandamente, se consideriamo i discorsi con Rui), che va letteralmente a mettere una pistola emozionale alla testa di Rui e Natsuo e che parla di “amore puro”? Per non parlare di come tratta Rui in ospedale. Una scrittura che è oltre i limiti del ridicolo. Rui, che non si capisce perché si debba sentire in colpa (per essere stata più diretta e non essersi tenuta dentro i propri sentimenti?) nella sua decisione finale tiene conto solo della sorella che non ha mai avuto rispetto della sua relazione, che non si è curata di lei quando rischiava di perdere il lavoro in America (preferendo andare ad ubriacarsi perché preoccupata solo della propria egoistica voglia di stare con Natsuo, mentre ad esempio Rui chiede a Natsuo di vegliare su Hina quando è minacciata dallo stalker) quando le sue responsabilità andrebbero prima di tutto alla futura figlia, e invece di chiedere a Natsuo cosa voglia fare (come implicherebbe il suo più recente sviluppo), decide prima lei che è meglio non sposarsi? Natsuo, che dopo le sue esperienze durante l’arco della droga e seguenti, aveva capito che la dipendenza era un male, che si è responsabili della propria felicità, che si ha valore come persona anche se si sono incontrati dei fallimenti e che non si può solo appoggiarsi agli altri, ma occorre prima di tutto cercare di risollevarci e a dare valore a noi stessi, che accetta un ricatto emozionale e che vuole stare con una persona che è totalmente dipendente da lui, e che ha annullato sé stessa (cosa che non aveva fatto persino con Momo all’inizio del manga, accettare una relazione in cui una delle parti sarebbe stata eccessivamente dipendente) e quindi continuare a farle del male impedendole di realizzare che è una persona completa a sua volta? Senza contare sentimenti che paiono accendersi e spegnersi come fossero comandati mediante interruttori. E Hina, che viene trattata da tutti come se fosse un angelo per averlo “difeso dal reporter” quando a) lo scandalo è il risultato delle sue azioni b) il modo corretto di agire sarebbe stato quello di avvertire Natsuo e Rui e di trovare una soluzione assieme c) non è che abbia fermato col suo corpo un asteroide diretto a Natsuo, ma ha rovinato la carriera di un tizio che sarà stato uno stronzo ma stava facendo il suo sia pure non nobile lavoro e d) si attira le sue ire ma non dicendo nulla a Rui e Natsuo si mette inutilmente in pericolo e mette pure in pericolo la sorella e la futura nascitura. Insomma, secondo l’autrice Natsuo dovrebbe stare con Hina per quello che lei ha fatto per lui, quando quello che ha fatto per lui in realtà lo ha fatto per sé stessa e per i suoi supposti bisogni esistenziali, e i problemi che “risolve” in realtà li ha causati lei in primis? Coerenza, innanzi tutto.
Che poi, l’autrice compie un ulteriore controsenso nel far ricadere tutte le responsabilità del finale su Rui, perché “lei si è messa in mezzo a due persone legate dal destino” e “ha rubato il ragazzo alla sorella” quando oggettivamente questa è una scemenza enorme quanto una casa. E’ stato per colpa di Rui che Hina e Natsuo si sono lasciati, o per la loro stupidità? Rui non aveva il diritto di dire a Natsuo che era innamorata di lui una volta che lui ed Hina si erano lasciati? Gli ha messo una pistola alla testa per farlo mettere con lei? Lo ha costretto a dichiararsi? Ha costretto lei Hina e Natsuo a non essere capaci di comunicare? Hina non gli aveva forse detto che rinunciava a Natsuo perché altrimenti si sarebbero autodistrutti? Ha costretto lei Hina e Natsuo a mettersi in pericolo l’un l’altra? Ha forse costretto Natsuo a volare a New York per chiederle di sposarlo, quando lui già sapeva che Hina lo amava ancora? Il reporter, monta il caso a causa sua? Quando Hina –che sa che può danneggiare Natsuo tornando a Tokyo – decide di tornare lo stesso per riprenderselo incurante del problema e guarda caso il reporter si occupa proprio di quello? E’ colpa di Rui se Hina non ha nulla, o è Hina che a causa della sua ossessione non si occupa di mandare avanti la sua vita? E perché lei e la figlia sono meno importanti di Hina, tutto ad un tratto? Insomma, Rui deve pagare non per i propri errori, bensì per quelli della sorella, che oltretutto si mette con Natsuo senza il minimo senso di colpa (giusto perché è cosi “altruista”) e senza neppure un “grazie” verso chi ha veramente rinunciato a qualcosa che aveva costruito, per lei? Come si fa a definire quello che fa Hina come “forza” se ci è mostrato in continuazione che la sorgente di quello che fa è la disperazione, l’aggrapparsi alla speranza che se si metterà insieme a Natsuo magicamente il suo vuoto esistenziale sparirà? In sostanza, una forzatura infinita. E si potrebbe andare avanti per ore, tante sono le contraddizioni e le cose che vanno male in questa storia e il "doppiopesismo" è palese. Basti pensare a come Rui venga etichettata come “quasi ossessionata” se reagisce male a un Natsuo che le ha nascosto cose importanti e si confida con un’altra persona (che era stata ritrovata seminuda nel suo letto) a quel proposito mentre Hina, che non dorme a causa della gelosia, ha un solo pensiero fisso in mente, mente spudoratamente, viene carinamente definita “persona che ama troppo” dalla stessa persona di cui sopra. Che poi, questo pare un triste riferimento alla codipendenza (“Donne che amano troppo” è uno dei libri dove è stato inizialmente descritto questo problema –guarda caso quello che affligge Hina - e il problema è che l’”amare troppo” in realtà è sintomo del non amare affatto sé stessi e quindi non poter amare nemmeno realmente gli altri, del cercare solo di riempire un vuoto esistenziale cercando approvazione negli altri tramite, appunto l’annullamento del sé). E a questo proposito, c’è un intero arco (quello della droga) in cui si paragona la dipendenza dalla droga a quella dalle relazioni (cosa reale) e come sia necessario uscire da queste dipendenze per tornare a vivere pienamente, perché come persone si ha sempre un valore a prescindere da quello che si ritiene di avere o meno, e a prescindere da quello che gli altri fanno e dicono. Tutto giusto, peccato che questo per Sasuga valga solo per la relazione con Rui, creando così uno dei più fulgidi esempi di “Mary Sue” con Hina, che incredibilmente riesce a fare la cosa giusta anche se sbaglia tutto. Eh sì, perché se Hina è totalmente dipendente da Natsuo e il finale vede anche Natsuo totalmente dipendente da Hina (ricordiamo, cancellando al contempo il suo sviluppo in un adulto autosufficiente) questo viene etichettato come “finale felice” perché “destino”, con una relazione che –ci viene detto - funzionerà anche se – ci viene mostrato- nessuno dei problemi che ne minavano le basi sono stati risolti. Un capolavoro di coerenza.
E, ripeto, il problema non sono solo le conseguenze del finale ma come ci si arriva a suon di forzature su forzature (e ce ne sono tante, passando da Al il violentatore perdonato come se nulla fosse al modo in cui viene trattata la questione del mobbing verso Rui, che non viene creduta quando denuncia lei stessa le angherie subite ma –guarda un po’- solo quando arriva Natsuo a “salvarla” tutto il resto dello staff a parte i tre razzisti da operetta la supporta, l’anello magico che sveglia la “bella addormentata”), negando lo sviluppo ed i temi precedenti, e per il fatto che vengano proposte come positive perché come detto, l’ossessione e la “love addiction” di positivo semplicemente non hanno nulla, dire il contrario significa semplicemente mentire al lettore. E il bello è che il problema di cosa sia una relazione sana viene posto, ma la direzione dell’autrice va contro ogni logica ed esperienza proponendo come “vincente” non la relazione che evolve passando da tossica ad equilibrata, bensì quella che scade sempre di più nell’ossessione. Quella dove i componenti non sono partner, come dovrebbe accadere in qualunque matrimonio felice. Tornando agli esempi letterari precedenti, sarebbe come se Anna Karenina invece di morire sotto il treno venga salvata, con Vronski che ritorna improvvisamente amorevole e totalmente dedicato a lei e il marito di Anna che la dipinge come esempio di donna ideale. O Magari Daisy, vedendo tutto quello che Jay Gatsby aveva realizzato pensando a lei, avrebbe dovuto lasciare il marito Tom e magari si sarebbe potuto vedere Tom ringraziare Jay per essere stato così dedito a sua moglie. Se questi romanzi fossero finiti così, immagino che staremmo tutti ridendo alle spalle di Tolstoj e Fitzgerald a quest’ora. Ricordiamoci che Tolstoj aveva chiaramente chiesto ai suoi lettori di non simpatizzare con Anna per le sue sventure, perché lei stessa era la causa di tutti i suoi mali. Qui, per farla breve, accade il contrario: secondo l’autrice i personaggi con le pecche maggiori ti devono piacere per forza proprio per il loro agire sconsiderato verso sé stessi e gli altri e per la loro incapacità di cambiare, mentre se si prova ad essere persone migliori e a non danneggiare chi si ama si è “arroganti” e “egoisti”. Persino l’idea che Sasuga propone della “vera coppia” del capitolo 126 è imbarazzante: si vorrebbe dire che una vera coppia si forma affrontando insieme le difficoltà (cosa che poi con Natsuo ed Hina semplicemente non accade in tutta l’opera, perché insieme non affrontano praticamente nulla, non arrivano mai ad una conclusione di una discussione su eventuali divergenze) ma quelle che Sasuga propone per “difficoltà” sono dei veri e propri abusi, visto che si parla di un marito che dopo essersi ubriacato torna a casa e si dimostra violento, o che forza le sue decisioni fondamentali per il futuro di coppia senza nemmeno consultare la moglie in proposito, con bambino annesso. Della serie “la donna è giusto che subisca violenze domestiche, solo così può dimostrare il proprio amore”. E la cosa brutta è che a scrivere queste cose sia proprio una donna. Quindi non mi metto neanche a considerare un qualsiasi messaggio che possa venire fuori da questa storia, dato che non ne esiste nemmeno mezzo positivo, anzi.
Insomma, forzature, controsensi, buchi di trama, stravolgimento del concetto stesso di amore incondizionale, trattazione delle relazioni amorose incomprensibile nel 2020, finta psicologia che scade nella sua antitesi (vedi la “tesi dell’anima gemella” superiore a qualsiasi sviluppo relazionale, costruzione che qualunque persona che abbia una minima infarinatura di psicologia rabbrividirebbe al sentire) voglia di trattare tematiche “importanti” ma fatto in maniera imbarazzante (es. il razzismo), temi portati avanti per decine o centinaia di capitoli e buttati totalmente a mare nel finale, questo è "Domestic Girlfriend", che pur essendo commercializzato come “storia d’amore” ne tradisce il significato e termina come farebbe un hentai, promuovendo un fetish invece che la sostanza. Che gioca solo sul dramma cercando di suscitare emozioni ma, che almeno personalmente, non lascia che irritazione per una storia mal scritta e mal gestita, che butta al vento un’occasione di ricavare qualcosa di buono da un incipit trash, anzi riesce a buttarsi talmente in profondità nel trash da non risultare più nemmeno divertente. Il che non sarebbe un difetto se questo fosse dichiaratamente un prodotto commercializzato con il solo scopo di solleticare il lato morboso/erotico di una parte dei lettori. Ma ci viene invece presentato e venduto come storia d’amore ambientata in un contesto semirealistico, e come tale vale meno di zero. Forse bisognerebbe capire una volta per tutte che non è buttando dentro a casaccio sesso, dramma e situazioni moralmente ambigue che si crea una storia matura.
La mia speranza per questa autrice è che migliori notevolmente ed eviti queste boiate drammatiche senza cognizione di causa.
Dispiace, visto che come illustratrice è veramente molto brava e i suoi disegni sono molto comunicativi e ben curati. Ma dal punto di vista della narrazione e dei temi, lasciamo stare.
Di solito mi guardo bene dallo scrivere recensioni perché tendo ad essere prolissa, ma in questo caso faccio un’eccezione. La recensione è lunga e contiene spoiler, quindi siete avvisati.
"Domestic Girlfriend": ovvero come cercare di far passare una pessima telenovela come “storia d’amore con risvolti psicologici” risultando in un disastro contraddittorio infarcito di messaggi tossici, avente come ciliegina sulla torta uno dei peggiori finali che abbia mai visto in un manga e che riesce a cancellare in una manciata di capitoli quel poco di buono che poteva essere rimasto, preferendo giocare solo ed esclusivamente sull’effetto emozionale anziché su logica, consistenza e significato.
Un peccato, perché i disegni sono veramente bellissimi e comunicativi, i personaggi principali hanno il loro appeal, almeno inizialmente: purtroppo Kei Sasuga dimostra una bravura grafica inversamente proporzionale alla capacità di sceneggiatura.
Ma quali sono i difetti principali di quest’opera? In primo luogo, le forzature. Non è raro incappare in lavori dove si risolve una situazione o si crea tensione tramite un espediente più o meno campato in aria, ma in questo caso si esagera, e alla grande. Praticamente abbiamo cliffhanger quasi ad ogni capitolo, situazioni buttate lì senza sviluppo precedente e spesso senza sviluppo successivo, come le miriadi di personaggi buttati lì giusto per fare comparsata per “dire qualcosa” che poi spariscono nel nulla o che al massimo appaiono in un cameo giusto per fare presenza, senza contare che il loro “insegnamento di vita” viene spesso ignorato a piè pari o trattato come se non fosse mai successo. Persino i personaggi principali hanno spesso amnesie e si comportano in modo contraddittorio con quanto essi stessi dichiarano, salvo poi ricordarsi miracolosamente delle azioni passate traendone spunto per fare azioni ancora più illogiche di quelle precedenti. Ma non ci si ferma qui. Infatti, oltre alle forzature di trama e di sviluppo dei personaggi, assistiamo anche da parte dell’autrice alla totale mancanza di rispetto di una delle regole fondamentali della buona scrittura, ossia quella che dice di “mostrare, e non dire”. L’interpretazione di moltissime situazioni viene addirittura forzata sul lettore nonostante vada in palese contrasto con la logica e di fatto questo semplicemente non funziona e contribuisce al disorientamento totale. A questo aggiungiamo un fastidiosissimo "doppiopesismo di fondo", ossia se un’azione è compiuta dal personaggio A viene presentata negativamente, la stessa azione con intensità maggiore fatta dal personaggio B viene imposta come totalmente positiva, con le costruzioni psicologiche che vanno a farsi benedire in favore di dramma fine a sé stesso e di una narrativa che deve andare in un certo modo, non perché figlia di un naturale e realistico sviluppo ma perché: “ho deciso che deve andare così anche se contrasta con tutto quello che ho scritto o mostrato prima”. E il finale è la summa di tutti questi punti negativi, con personaggi che agiscono fuori luogo e senza rapporto con le loro azioni e il loro modo di pensare passati, finte responsabilità date ad alcuni personaggi e vere responsabilità taciute, retcon a go-go fatto per giustificare un determinato esito, con motivazioni illogiche o aberranti. In tutto ciò, in questa “storia d’amore” di amore ne rimane veramente poco, con le “spiegazioni” post-finale dell’autrice che sinceramente fanno solo capire come si sia voluto dare un finale “scandaloso” fine a sé stesso, senza alcuna congruenza o motivazione tranne che quella di fare leva sulla morbosità di una parte del pubblico e di voler “soddisfare tutti” fallendo anche in quello. Dato che però non posso fare esempi se non si fanno spoiler, passo alla sezione successiva.
Il problema principale, oltre alle forzature di trama, è il pressare sul lettore una visione distorta e malata dell’amore come “amore vero”. Sasuga infatti ci dice che Rui rappresenterebbe il “Koi” (amore romantico/passionale, immaturo, che “prende”) mentre Hina sarebbe l’”Ai” (amore puro/incondizionale, maturo, che “dà”) e che è Hina quella che deve sposare Natsuo perché “non può più vivere senza di lui” e che “Natsuo impara ad amare con Rui ma lo mette in pratica con Hina”. A parte l’incongruenza di imparare ad amare una persona e passare ad un’altra in cinque minuti scarsi (come se le relazioni non vadano vissute, ma si possano "imparare" come su un libro di testo), c’è già una grossa falla in questa spiegazione: chi “non può vivere senza” pone appunto una condizione molto pesante al suo amore, quella del bisogno. Se Hina ha bisogno di Natsuo per vivere, come può essere il suo amore “puro” o “incondizionale” o “dare”? Se io ho bisogno di una persona per vivere, è perché sto cercando che questa persona renda me felice, non sto pensando a rendere felice l’altro. E questo è tutto fuorché amore. Infatti, Hina è descritta per tutto il manga come un esempio da manuale di “love addiction” (insana dipendenza affettiva) di cui il “non posso più vivere senza di lui” è proprio la caratteristica fondamentale: per questo mette in pericolo consapevolmente l’oggetto del suo “amore” accettando, anzi proponendo con il suo “se vuoi stare con me devi essere pronto a morire insieme a me” a un ragazzino di 17 anni una relazione tossica e pericolosa per entrambi (nonostante ci sia l’alternativa sicura e lecita di essere onesta e ferma, di aspettare fino al suo diploma), nasconde i suoi sentimenti per paura di essere respinta (è scritto chiaramente), non ha nessun riguardo per sé stessa (mancanza del senso di sé) e grazie a ciò non ha neppure rispetto per gli altri, non ha nessun rispetto per la relazione della sorella con Natsuo e mente in continuazione sia a lui che alla sorella. Ma tutto questo è OK, secondo Sasuga, perché viene tenuto nascosto a Natsuo e Rui. Come se la forma coprisse la sostanza. Senza contare la gelosia che non la fa dormire, i continui sogni ad occhi aperti, l’atteggiamento spesso manipolatorio e irrispettoso (ne metto solo alcuni, perché la lista è lunga): basti citare le razionalizzazioni (non ho mentito quando ho detto di non aver visto quella foto perché l’ingrandimento era la prima volta che lo vedevo, io e Natsuo non abbiamo fatto nulla di male perché ci amavamo – come se il problema fosse l’amarsi oppure no e non il fatto che consapevolmente lo abbia messo in pericolo per soddisfare i propri bisogni…), il ripetuto approfittarsi di lui quando è addormentato (prima con un bacio e poi, all’ospedale, peggio), il “people pleasing” (dire sempre di sì anche se si è in disaccordo, vedere quando Natsuo dice di non volere più scrivere e dirgli che è OK e poi andare a piangere nell’armadio… sì, ho detto armadio), il “non voler sentire” quando Natsuo vorrebbe chiudere con lei, il cercare di distrarre Natsuo dopo che Rui lo aveva chiamato per il suo ventesimo compleanno, la promessa di dirsi tutto (estorta facendo leva sulla sua gratitudine) puntualmente tradita dopo un capitolo, il non sapere accettare un “no” come risposta, l’aiuto e regali forzati anche se non necessari, non richiesti o persino rifiutati. Aiuto che nasconde poi chiaramente un doppio fine anche se lei dice il contrario: difatti prima dice che il suo supporto è disinteressato ma poi quando Rui le dice che è incinta Hina va a piangere da Marie, segno inequivocabile che invece l’interesse ci fosse, eccome, e che invece di essere felice per il futuro nascituro Hina si preoccupi solo delle proprie necessità romantiche. Nella vita reale queste sarebbero vere e proprie manipolazioni e dimostrazioni della propria morbosa necessità di pretendere che Natsuo la "renda felice". Invece si cerca di far passare comunque le sue azioni come “altruiste” anche quando le motivazioni dicono il contrario. Il suo rapporto con Natsuo è al segno dell’autolesionismo e della mancanza di qualunque crescita personale (quali sono gli obiettivi della vita di Hina a parte Natsuo? Nulla di nulla. Maturazione nel corso dell’opera? Zero), del non rispetto per sé stessa: ricordiamolo, chi non ama sé stesso non può veramente amare gli altri (ritorniamo alla voce bisogno: cercare di farsi amare dagli altri “buttandosi sotto ad un treno per loro” perché non si è capaci di amare sé stessi che la propria felicità sia legata solo ad una persona non è amare). Ma anche Natsuo è trattato come un bambino fino alla fine, basti pensare a come Hina si forzi nel suo appartamento “per proteggerlo”, o al fatto che Hina senza ragioni valide lo copra sempre “per il suo bene” (senza neanche cercare di capire quale sia effettivamente il suo bene), anche mentendo alla sorella, impedendogli di fatto di crescere (cosa che fa numerose altre volte, perché è evidente che non lo consideri un adulto tranne che per quanto riguarda la camera da letto…). E alla fine non riuscirebbe ad essere felice se Natsuo sta con qualcun altro invece che con lei, anche se lui fosse felice (ancora, questo c’entra con l’amore come i cavoli a merenda). E questo soprattutto perché lo idealizza solo come “quello che morirebbe per lei” (come dichiara esplicitamente a Marie) ossia, per quanto lui potrebbe spingersi a fare e non per Natsuo come persona in sé. Insomma, questo non è certo descritto come un amore vero o incondizionale che “dà”: queste sono piuttosto le caratteristiche di una infatuazione con risvolti ossessivi e dipendenza. E difatti l’autrice fa una confusione totale tra amore (sentimento basato sulla volontà di rendere felice un’altra persona, ma che non sfugge dalla realtà, che unisce testa e cuore) e infatuazione (emozioni incontrollate, nessun riguardo per sé stessi e per gli altri, “non potere fare a meno”). E la dipendenza affettiva non è un comportamento altruista (nasce infatti da scarsa stima di sé e necessità di controllo di una relazione), anzi non beneficia nessuno. Ma Sasuga purtroppo ci dice l’insano è sano, quindi ci dice che amare vuol dire avere nessun rispetto per sé stessi e per gli altri, di fare le cosa più assurde per cercare di dimostrare qualcosa anziché trovare una soluzione condivisa, mentire invece di dire le cose come stanno, e che quindi la forza di un amore non è fondata sul rispetto reciproco, l’avere cura di noi stessi e dell’altro, sulla comunicazione, ma in breve secondo Sasuga l’intensità di un amore si misura in quanto poco amiamo noi stessi e quanto patetici ci rendiamo di fronte alla persona che diciamo di amare. Mentre in realtà i comportamenti ossessivi non hanno mai connotazioni o risultati positivi, e un buon scrittore lo sa: come esempi letterari basti pensare a Heatcliff e Cathy, a Gatsby, o ad Anna Karenina.
Natsuo vorrebbe essere dipinto dall’autrice come “uomo ideale”, ma a conti fatti se fosse una persona reale sarebbe una persona terribile. A parte l’incoerenza, l’incapacità di prendere una decisione e tenerla in piedi (emblematico il fatto che alla fine le due sorelle se lo “scambino” come fosse una figurina, e nemmeno la decisione finale è opera sua, proprio a dimostrare che è senza una spina dorsale) ci viene mostrato che è un bugiardo patologico (praticamente il finale ci dice che ha mentito a Rui per anni e persino sulla tomba della madre) e che è affetto dalla “sindrome del salvatore” in quanto fa di tutto per “aiutare” gli altri, spesso con prepotenza ma non sembra essere in grado di aiutare sé stesso: è emblematico quello che succede durante la tormenta ad Aomori, con lui che cede la stanza di hotel a degli sconosciuti che avevano scordato di prenotare “per non far piangere un bambino”, mentendo a Rui, e finendo quasi per uccidere entrambi. E non c’era nessuna necessità di farlo, dato che il bambino aveva due genitori adulti in grado di cavarsela e che erano responsabili per lui. Quindi a dimostrare come anche avendo buone intenzioni se si dà sfogo ad emozioni incontrollate si va incontro al disastro. Cosa che invece nel finale viene totalmente negata. Non dà il minimo valore a sé stesso, come si capisce nel dialogo onirico con la madre dopo la coltellata, quando gli viene chiesto se volesse vivere, lui dice che per lui potrebbe pure morire lì, ma siccome qualcun altro sarebbe stato triste, allora sarebbe stato meglio vivere. Nobile? No, questa è una negazione del senso di sé, qualcosa di estremamente negativo, perché se è vero che nella vita abbiamo relazioni con gli altri, sopprimere i nostri desideri, ambizioni, sentimenti (che hanno lo stesso valore di quelli altrui) per cercare validazione esterna ci porterà prima o poi a un vicolo cieco. E non mi si venga a dire che “è la mentalità Giapponese”. No, non lo è, almeno se si parla del Giappone moderno, visto che abbiamo innumerevoli opere che provengono dal paese del Sol levante, non solo manga, che vertono proprio sul necessario bisogno di amare sé stessi per poter amare veramente il prossimo e vivere felici. E se ad un certo punto Natsuo sembra avere uno sviluppo, nel senso che capisce che essere adulto significa avere anche delle responsabilità verso sé stesso, che concedere troppo è sbagliato e che non è tanto importante quello che gli altri vorrebbero da lui, ma quello che vuole lui, ciò che è sano per lui, che le relazioni non sono qualcosa di scontato e che occorre valutare ciò che è meglio per noi e per gli altri, che condividere è fondamentale, il finale annulla del tutto questo sviluppo e ci viene detto che monologhi interni, evoluzione dei sentimenti, crescita sono tutti falsi e che la cosa più importante è che lui “debba” annullarsi e “dedicare la sua vita a Hina” perché lei è “incapace di vivere senza di lui”, e al diavolo la salute mentale della futura figlia. Ci dice che per lui amare è fare sì che Rui, che lui diceva di amare, a cui ha chiesto lui per primo di sposarlo, che gli sta dando un figlio e con cui voleva condividere la vita fino a 5 minuti prima dell’incidente di Hina non conti più nulla nonostante sapesse già che Hina lo amasse e che “aveva fatto sacrifici per lui”, e che la persona che dice di amare ora è giusto che continui a farsi del male inutilmente -e non poco- in suo nome (dato che Hina non ha mai una presa di coscienza che il suo atteggiamento è profondamente errato, anzi, visto che agendo in un dato modo ottiene quello che vuole, continuerà ad agire così). E il bello è che il Natsuo che ci viene mostrato prima dell’incidente è comunque un Natsuo felice, felice di stare con Rui e di prendersi cura di lei e del bambino, e di essere riamato da Rui a sua volta, di aver costruito una famiglia. Mentre ci viene detto nel finale che no, che tutto questo non era vero e che lui stava mentendo a sé stesso e agli altri. Senza alcun motivo logico o plausibile per le sue menzogne, dato che se avesse voluto stare con Hina avrebbe avuto decine di occasioni e, dopo il capitolo 216, Rui non avrebbe avuto comunque nulla da ridire. E questo dopo una lunghissima introspezione dove lui cerca di fare chiarezza sui suoi sentimenti arrivando peraltro ad una conclusione assennata. Ma “invece no”. A parte le motivazioni insensate e la negazione del proprio sviluppo, insomma, altro che “uomo ideale”: Natsuo è un personaggio che si fregia delle migliori intenzioni ma poi in realtà, dato a quanto pare è incapace di crescere e frenare la sua egoistica voglia di validazione esterna, causando solo disastri per le persone che dice di amare. Poi però l’autrice in un tweet si chiede come mai i Giapponesi schifino “il suo Natsuo” e gli preferiscano ad esempio Yuusaku Godai di Maison Ikkoku. Beh, cara Sasuga, per il semplice fatto che Godai rimane sempre fedele ai suoi sentimenti senza mentire a sé stesso, ha un’evoluzione ed uno sviluppo veri e ben chiari, crescendo e diventando una persona affidabile, cosa che certo non si può dire di un tizio che per tre anni giura eterno amore ad una ragazza, la mette incinta e la sta per sposare per sua stessa decisione, per poi andarsene con chi “ha bisogno di lui”, ma che ha anche quasi distrutto la vita di entrambi e che è troppo egoista per andare avanti, che rifiuta la responsabilità dei propri errori, distruggendo la vita sentimentale della madre di sua figlia, senza contare i problemi psicologici che creerà a quest’ultima. Ricordiamoci: la prossima volta che incontro uno stalker che non può vivere senza di me e che si butta sotto ad un treno “per me”, credo che dovrò cedere, del resto non è importante quello che voglio io o che è sano per me.
Rui ha il suo bel “periodo tossico” pure lei: gelosa, possessiva, “fumantina” (non che Natsuo sia da meno, comunque, più volte dà prova della sua gelosia prima verso Al e poi verso Kajita). Sicuramente la sua relazione parte con il presupposto di “voler essere amata” e quindi dal bisogno. Certo la sua gelosia non è positiva, e vediamo tanti esempi di comportamento negativo a partire dai tanti bisticci o all'episodio di chiedere a Hina di “non farla piangere”. Anche la prima parte di RuixNatsuo è fondata sulla dipendenza e questo ci viene mostrato e se fosse continuata così la cosa migliore per tutti e tre sarebbe stato restare single. La questione della separazione nel capitolo 216 poteva essere gestita meglio (non mi dilungherò sulle motivazioni, fatto sta che Rui non vuole un rapporto con Natsuo basato sull’eccessiva dipendenza e crede di danneggiarlo se rimangono insieme, di essere un peso per lui). Però ci viene anche mostrato che Rui almeno si prende le sue responsabilità, che vede Natsuo come persona (lo ama perché “è Natsuo” e non perché “scrive le storie per me” o “morirebbe per me” (anzi, lei lo sprona più volte a non fare follie per lei, perché apprezza il pensiero, ma non vuole che si faccia del male), che quindi lo ama come uomo e non come “il principe sul cavallo bianco”) e ci viene detto più volte che è riamata da lui perché gentile, premurosa, intelligente, per la passione che mette nel raggiungere i suoi sogni, ossia per quello che è e non per ”quello che fa per Natsuo”. Ci viene fatto vedere che Rui cerca di comprendere lui e le sue motivazioni, che riconosce i propri errori e che cerca essere una persona migliore e crescere non solo professionalmente, vuole che Natsuo cresca a sua volta e che non sia suo succube, insomma è chiaro dall'evoluzione della storia che passi da “voler essere amata” a “amare”, perché è proprio l’amore che mantiene il senso di sé che ci aiuta a crescere e che aiuta anche le persone intorno a noi a crescere. La sua relazione non è caratterizzata solo dalla tossicità della prima parte, ma anche dal prendersi cura l’uno dell’altro da eguali, non nel senso di età ma da persone che si pongono nella relazione sullo stesso piano. Dallo spingersi a vicenda a crescere e a maturare attraverso le rispettive differenze. E ci viene effettivamente mostrata una Rui che cresce, perde la sua gelosia e la sua tossicità. E il sacrificio che fa alla fine (un sacrificio vero, perché, a differenza di Hina, Rui ha tutto da perdere e nulla da guadagnare) dimostrerebbe che Rui pensa veramente alla felicità di Natsuo pur non partendo da una posizione di bisogno, che lo ama tanto da volerlo felice a prescindere se lui stia con lei oppure no. Ma questo è esattamente ciò che significa un amore incondizionale.
Diciamo quindi che Sasuga nelle sue spiegazioni o a) non capisce nulla di amore e logica o b) è fiera di scrivere boiate e prenderci per i fondelli. Anche nel caso nelle sue spiegazioni si riferisse solo a Natsuo, poi, non ci sarebbe comunque corrispondenza con quanto descritto nel manga: il “dare” di Natsuo verso Hina è molto spesso sin dall’inizio un “prendere” e “pretendere” o si caratterizza solo attraverso gesti plateali ed estremi (io diventerò un grande uomo così che tu possa amarmi, mentre nella realtà all’inizio della sua carriera senza il supporto di Rui si sarebbe arreso) e alla fine accetta che Hina possa continuare a farsi inutilmente del male, a rinunciare alla propria individualità, solo per stare con lui. Nel caso di Rui invece si parla di un prendersi cura costante, di supporto ai rispettivi sogni, di un’attenzione anche alla reciproca crescita personale (e non sto parlando solo dal punto di vista professionale), cosa che con Hina semplicemente non avviene mai, anche reciprocamente. Hina infatti anziché spingerlo a riflettere, crescere, prendersi le sue responsabilità di adulto, lo vizia, non gli mostra mai un punto di vista diverso. E quelle rare volte che lo contraddice, lo fa solo per forzare la sua presenza nella sua vita, per la propria esigenza di starli vicino, esigenza che evidentemente Natsuo non ha, ma che il finale, ancora una volta, ribalta senza addurre motivazioni plausibili. Emblematico il fatto che dopo che Shuu gli dice che Hina lo ama ancora e Fumiya glielo conferma, Natsuo sia negativamente sconvolto e quasi terrorizzato dalla cosa, mentre quando chiama Rui, anche se non riesce a chiederle quali siano i suoi sentimenti verso di lui, riesca a calmarsi e rilassarsi. Così come quando prende la decisione di andare in America un pannello ci mostra che lo fa perché lui considera la relazione con Rui qualcosa di importante e significativo, e non per pietà. Il che ci dovrebbe indicare quale delle due relazioni sia quella “positiva” ma dato che lo scopo non è quello di creare una storia d’amore bensì quello di inserire dramma fine a sé stesso, alla fine risulta mai accaduto.
Che come storia d’amore quest’opera manchi del tutto l’obiettivo non è che sorprenda più di tanto, del resto già dall'inizio ci sbatte addosso la romanticizzazione del “morire insieme” invece del “prendiamoci cura l’uno dell’altro” che è la base di qualunque relazione sana e non tossica (e prendersi cura l’uno dell’altro è cosa ben diversa del “dire sempre di sì" di Hina). Non solo, ma si vuole costantemente presentare “l’amore” tra Hina e Natsuo come un “amore proibito” dimenticandosi di sottolineare che sarebbe proibito solo limitatamente nel tempo, ossia fino alla sua età del consenso, e che quindi qualunque cosa successa dopo i 18 anni di Natsuo avrebbe la stessa valenza di proibito della relazione tra familiari tra Rui e Natsuo, facendo perdere del tutto significato a questa interpretazione. Tralasciamo poi del tutto il fatto che l’età del consenso esiste per ottimi motivi e francamente da come viene presentata Hina nei primi capitoli (emotivamente instabile, che apertamente flirta con uno studente, manipolatrice emotiva) l’autrice non è che porti argomenti a una ipotesi contraria a questa regolamentazione, anzi: il problema vero della loro relazione non è l’amoralità o il conflitto con la società, bensì il nessun riguardo per l’altro che ci viene presentato come amore e ed è completamente errato dire che gli impedimenti a cui quella relazione va incontro siano solo causati da altri o dalla società, e non come causati come è realmente descritto nel manga dalla incapacità di essere minimamente razionali, dalla incapacità di comunicare, dal pensare solo a soddisfare i propri desideri emozionali e sessuali anche a scapito del benessere dell’altra persona. La cosa buffa è che le conseguenze di queste azioni stupide ci vengono mostrate, ma ci viene detto che la responsabilità non è mai di chi le commette, perché se si “ama” tutto è giustificato, anche fare del male a chi si dice di “amare” (e, il bello è che ci viene detto dopo aver fatto numerosi esempi del contrario) o ad altri che vengono presi nel mezzo. E si dice anche che si è degni di amore solo se si fanno i “sacrifici”, che poi spesso non sono tali o perché o non c‘è scelta, o perché nascondono un secondo fine, senza contare che, come detto, si potrebbero tranquillamente evitare applicando le basi del raziocinio; ad esempio, che sacrificio per Hina sarebbe quello di “rompere con lui e trasferirsi” dopo essere stati scoperti, se l’unica alternativa sarebbe stata quella di uno scandalo che -ci viene forzatamente detto dall’autrice- avrebbe rovinato la carriera di Natsuo e portato Hina in prigione? Che sacrificio è quello di stare vicino a Natsuo quando decide di tornare a scrivere, quando è chiaro che c’è lo scopo morboso di ottenere la sua attenzione, senza nemmeno rispettare la decisione di Natsuo che – almeno in quel momento – aveva scelto Rui? I sacrifici, poi, in qualsiasi relazione sana sono l’extrema ratio, non la norma anche quando sono inutili perché c’è un’alternativa se si usa un minimo di cervello. Una relazione che si basa sul sacrificio fine a sé stesso si può definire solo con una parola: tossica. Se la relazione viene vissuta solo come un “debbo provare il mio amore martirizzandomi mediante gesti inutili” non è amore ma, come detto, un sintomo di dipendenza, perdita del sé e necessità di controllo da una parte e dell’approfittarsi dall’altra. Sacrifici che poi –ci viene detto- come giustificazione al finale- Rui non farebbe ma in realtà -ci viene mostrato- che li propone e farebbe eccome, non solo il lasciare Natsuo a Hina per “rendere entrambi felici” ma anche proponendo a Natsuo di tornare a casa per sostenerlo dopo la morte di Togen lasciando il suo addestramento (cosa a cui è Natsuo a dire di no, e Rui –sanamente- rispetta la sua decisione di voler in primo luogo cercare di affrontare i suoi problemi da sé, cosa che invece Hina non fa) o decidendo di rinunciare alle sue opportunità professionali per tenere il bambino (cosa che poi non risulta necessaria perché Rui, comunicando, riesce a trovare persone che la sostengano invece di fare la martire) o stando otto anni in una casa crescendo una figlia e vedendo tutti i giorni l’uomo che amava proclamare la sua ossessione (non amore, perché il Natsuo finale è a tratti veramente inquietante e dimostra di dipendenza a sua volta) per un’altra donna.
Il finale è quindi l’apice di tutte queste forzature: oltre a distruggere completamente lo sviluppo di Rui e Natsuo (perché Hina era già da tempo un personaggio monodimensionale, tipica rappresentazione della donna che esiste solo in relazione ad un uomo e che non ha più nulla della propria identità), fa comportare anche i personaggi secondari come se la loro caratterizzazione e le loro esperienze non siano mai esistite. Shuu, che fuggiva da un matrimonio imposto per dovere, cerca di spingere Natsuo verso Hina “per responsabilità” anche se lui gli dice che è innamorato di un’altra? Kiriya, che ha ben presente i problemi delle relazioni tra studenti e insegnanti, e che non conosce praticamente nulla della storia tra Natsuo e Rui, e che sa che aspettano un bambino, che va a dire a Natsuo di “non dimenticare quello che Hina ha fatto per lui” (metterlo in pericolo, immagino). Marie, che sa che a volte è giusto tenere lontani persone che si amano per il loro stesso bene (il riferimento è allo yakuza di cui è ancora innamorato dopo tanto tempo), che si è tenuto sempre super partes, e che più volte ha criticato Hina (molto blandamente, se consideriamo i discorsi con Rui), che va letteralmente a mettere una pistola emozionale alla testa di Rui e Natsuo e che parla di “amore puro”? Per non parlare di come tratta Rui in ospedale. Una scrittura che è oltre i limiti del ridicolo. Rui, che non si capisce perché si debba sentire in colpa (per essere stata più diretta e non essersi tenuta dentro i propri sentimenti?) nella sua decisione finale tiene conto solo della sorella che non ha mai avuto rispetto della sua relazione, che non si è curata di lei quando rischiava di perdere il lavoro in America (preferendo andare ad ubriacarsi perché preoccupata solo della propria egoistica voglia di stare con Natsuo, mentre ad esempio Rui chiede a Natsuo di vegliare su Hina quando è minacciata dallo stalker) quando le sue responsabilità andrebbero prima di tutto alla futura figlia, e invece di chiedere a Natsuo cosa voglia fare (come implicherebbe il suo più recente sviluppo), decide prima lei che è meglio non sposarsi? Natsuo, che dopo le sue esperienze durante l’arco della droga e seguenti, aveva capito che la dipendenza era un male, che si è responsabili della propria felicità, che si ha valore come persona anche se si sono incontrati dei fallimenti e che non si può solo appoggiarsi agli altri, ma occorre prima di tutto cercare di risollevarci e a dare valore a noi stessi, che accetta un ricatto emozionale e che vuole stare con una persona che è totalmente dipendente da lui, e che ha annullato sé stessa (cosa che non aveva fatto persino con Momo all’inizio del manga, accettare una relazione in cui una delle parti sarebbe stata eccessivamente dipendente) e quindi continuare a farle del male impedendole di realizzare che è una persona completa a sua volta? Senza contare sentimenti che paiono accendersi e spegnersi come fossero comandati mediante interruttori. E Hina, che viene trattata da tutti come se fosse un angelo per averlo “difeso dal reporter” quando a) lo scandalo è il risultato delle sue azioni b) il modo corretto di agire sarebbe stato quello di avvertire Natsuo e Rui e di trovare una soluzione assieme c) non è che abbia fermato col suo corpo un asteroide diretto a Natsuo, ma ha rovinato la carriera di un tizio che sarà stato uno stronzo ma stava facendo il suo sia pure non nobile lavoro e d) si attira le sue ire ma non dicendo nulla a Rui e Natsuo si mette inutilmente in pericolo e mette pure in pericolo la sorella e la futura nascitura. Insomma, secondo l’autrice Natsuo dovrebbe stare con Hina per quello che lei ha fatto per lui, quando quello che ha fatto per lui in realtà lo ha fatto per sé stessa e per i suoi supposti bisogni esistenziali, e i problemi che “risolve” in realtà li ha causati lei in primis? Coerenza, innanzi tutto.
Che poi, l’autrice compie un ulteriore controsenso nel far ricadere tutte le responsabilità del finale su Rui, perché “lei si è messa in mezzo a due persone legate dal destino” e “ha rubato il ragazzo alla sorella” quando oggettivamente questa è una scemenza enorme quanto una casa. E’ stato per colpa di Rui che Hina e Natsuo si sono lasciati, o per la loro stupidità? Rui non aveva il diritto di dire a Natsuo che era innamorata di lui una volta che lui ed Hina si erano lasciati? Gli ha messo una pistola alla testa per farlo mettere con lei? Lo ha costretto a dichiararsi? Ha costretto lei Hina e Natsuo a non essere capaci di comunicare? Hina non gli aveva forse detto che rinunciava a Natsuo perché altrimenti si sarebbero autodistrutti? Ha costretto lei Hina e Natsuo a mettersi in pericolo l’un l’altra? Ha forse costretto Natsuo a volare a New York per chiederle di sposarlo, quando lui già sapeva che Hina lo amava ancora? Il reporter, monta il caso a causa sua? Quando Hina –che sa che può danneggiare Natsuo tornando a Tokyo – decide di tornare lo stesso per riprenderselo incurante del problema e guarda caso il reporter si occupa proprio di quello? E’ colpa di Rui se Hina non ha nulla, o è Hina che a causa della sua ossessione non si occupa di mandare avanti la sua vita? E perché lei e la figlia sono meno importanti di Hina, tutto ad un tratto? Insomma, Rui deve pagare non per i propri errori, bensì per quelli della sorella, che oltretutto si mette con Natsuo senza il minimo senso di colpa (giusto perché è cosi “altruista”) e senza neppure un “grazie” verso chi ha veramente rinunciato a qualcosa che aveva costruito, per lei? Come si fa a definire quello che fa Hina come “forza” se ci è mostrato in continuazione che la sorgente di quello che fa è la disperazione, l’aggrapparsi alla speranza che se si metterà insieme a Natsuo magicamente il suo vuoto esistenziale sparirà? In sostanza, una forzatura infinita. E si potrebbe andare avanti per ore, tante sono le contraddizioni e le cose che vanno male in questa storia e il "doppiopesismo" è palese. Basti pensare a come Rui venga etichettata come “quasi ossessionata” se reagisce male a un Natsuo che le ha nascosto cose importanti e si confida con un’altra persona (che era stata ritrovata seminuda nel suo letto) a quel proposito mentre Hina, che non dorme a causa della gelosia, ha un solo pensiero fisso in mente, mente spudoratamente, viene carinamente definita “persona che ama troppo” dalla stessa persona di cui sopra. Che poi, questo pare un triste riferimento alla codipendenza (“Donne che amano troppo” è uno dei libri dove è stato inizialmente descritto questo problema –guarda caso quello che affligge Hina - e il problema è che l’”amare troppo” in realtà è sintomo del non amare affatto sé stessi e quindi non poter amare nemmeno realmente gli altri, del cercare solo di riempire un vuoto esistenziale cercando approvazione negli altri tramite, appunto l’annullamento del sé). E a questo proposito, c’è un intero arco (quello della droga) in cui si paragona la dipendenza dalla droga a quella dalle relazioni (cosa reale) e come sia necessario uscire da queste dipendenze per tornare a vivere pienamente, perché come persone si ha sempre un valore a prescindere da quello che si ritiene di avere o meno, e a prescindere da quello che gli altri fanno e dicono. Tutto giusto, peccato che questo per Sasuga valga solo per la relazione con Rui, creando così uno dei più fulgidi esempi di “Mary Sue” con Hina, che incredibilmente riesce a fare la cosa giusta anche se sbaglia tutto. Eh sì, perché se Hina è totalmente dipendente da Natsuo e il finale vede anche Natsuo totalmente dipendente da Hina (ricordiamo, cancellando al contempo il suo sviluppo in un adulto autosufficiente) questo viene etichettato come “finale felice” perché “destino”, con una relazione che –ci viene detto - funzionerà anche se – ci viene mostrato- nessuno dei problemi che ne minavano le basi sono stati risolti. Un capolavoro di coerenza.
E, ripeto, il problema non sono solo le conseguenze del finale ma come ci si arriva a suon di forzature su forzature (e ce ne sono tante, passando da Al il violentatore perdonato come se nulla fosse al modo in cui viene trattata la questione del mobbing verso Rui, che non viene creduta quando denuncia lei stessa le angherie subite ma –guarda un po’- solo quando arriva Natsuo a “salvarla” tutto il resto dello staff a parte i tre razzisti da operetta la supporta, l’anello magico che sveglia la “bella addormentata”), negando lo sviluppo ed i temi precedenti, e per il fatto che vengano proposte come positive perché come detto, l’ossessione e la “love addiction” di positivo semplicemente non hanno nulla, dire il contrario significa semplicemente mentire al lettore. E il bello è che il problema di cosa sia una relazione sana viene posto, ma la direzione dell’autrice va contro ogni logica ed esperienza proponendo come “vincente” non la relazione che evolve passando da tossica ad equilibrata, bensì quella che scade sempre di più nell’ossessione. Quella dove i componenti non sono partner, come dovrebbe accadere in qualunque matrimonio felice. Tornando agli esempi letterari precedenti, sarebbe come se Anna Karenina invece di morire sotto il treno venga salvata, con Vronski che ritorna improvvisamente amorevole e totalmente dedicato a lei e il marito di Anna che la dipinge come esempio di donna ideale. O Magari Daisy, vedendo tutto quello che Jay Gatsby aveva realizzato pensando a lei, avrebbe dovuto lasciare il marito Tom e magari si sarebbe potuto vedere Tom ringraziare Jay per essere stato così dedito a sua moglie. Se questi romanzi fossero finiti così, immagino che staremmo tutti ridendo alle spalle di Tolstoj e Fitzgerald a quest’ora. Ricordiamoci che Tolstoj aveva chiaramente chiesto ai suoi lettori di non simpatizzare con Anna per le sue sventure, perché lei stessa era la causa di tutti i suoi mali. Qui, per farla breve, accade il contrario: secondo l’autrice i personaggi con le pecche maggiori ti devono piacere per forza proprio per il loro agire sconsiderato verso sé stessi e gli altri e per la loro incapacità di cambiare, mentre se si prova ad essere persone migliori e a non danneggiare chi si ama si è “arroganti” e “egoisti”. Persino l’idea che Sasuga propone della “vera coppia” del capitolo 126 è imbarazzante: si vorrebbe dire che una vera coppia si forma affrontando insieme le difficoltà (cosa che poi con Natsuo ed Hina semplicemente non accade in tutta l’opera, perché insieme non affrontano praticamente nulla, non arrivano mai ad una conclusione di una discussione su eventuali divergenze) ma quelle che Sasuga propone per “difficoltà” sono dei veri e propri abusi, visto che si parla di un marito che dopo essersi ubriacato torna a casa e si dimostra violento, o che forza le sue decisioni fondamentali per il futuro di coppia senza nemmeno consultare la moglie in proposito, con bambino annesso. Della serie “la donna è giusto che subisca violenze domestiche, solo così può dimostrare il proprio amore”. E la cosa brutta è che a scrivere queste cose sia proprio una donna. Quindi non mi metto neanche a considerare un qualsiasi messaggio che possa venire fuori da questa storia, dato che non ne esiste nemmeno mezzo positivo, anzi.
Insomma, forzature, controsensi, buchi di trama, stravolgimento del concetto stesso di amore incondizionale, trattazione delle relazioni amorose incomprensibile nel 2020, finta psicologia che scade nella sua antitesi (vedi la “tesi dell’anima gemella” superiore a qualsiasi sviluppo relazionale, costruzione che qualunque persona che abbia una minima infarinatura di psicologia rabbrividirebbe al sentire) voglia di trattare tematiche “importanti” ma fatto in maniera imbarazzante (es. il razzismo), temi portati avanti per decine o centinaia di capitoli e buttati totalmente a mare nel finale, questo è "Domestic Girlfriend", che pur essendo commercializzato come “storia d’amore” ne tradisce il significato e termina come farebbe un hentai, promuovendo un fetish invece che la sostanza. Che gioca solo sul dramma cercando di suscitare emozioni ma, che almeno personalmente, non lascia che irritazione per una storia mal scritta e mal gestita, che butta al vento un’occasione di ricavare qualcosa di buono da un incipit trash, anzi riesce a buttarsi talmente in profondità nel trash da non risultare più nemmeno divertente. Il che non sarebbe un difetto se questo fosse dichiaratamente un prodotto commercializzato con il solo scopo di solleticare il lato morboso/erotico di una parte dei lettori. Ma ci viene invece presentato e venduto come storia d’amore ambientata in un contesto semirealistico, e come tale vale meno di zero. Forse bisognerebbe capire una volta per tutte che non è buttando dentro a casaccio sesso, dramma e situazioni moralmente ambigue che si crea una storia matura.
La mia speranza per questa autrice è che migliori notevolmente ed eviti queste boiate drammatiche senza cognizione di causa.
Dispiace, visto che come illustratrice è veramente molto brava e i suoi disegni sono molto comunicativi e ben curati. Ma dal punto di vista della narrazione e dei temi, lasciamo stare.