Recensione
Recensione di dawnraptor
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Una bugia fa in tempo a viaggiare mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe. Non è importante confermare se la citazione sia di Mark Twain o di Jonathan Swift o, addirittura, di qualcun altro. Quello che conta è che, lo sappiamo tutti, sulla bocca del popolo le notizie viaggiano alla velocità della luce, in un processo di progressiva distorsione da fare invidia ai risultati dell’antico gioco del telefono senza fili, che chi ha diversi decenni sulle spalle probabilmente conosce molto bene. Se tale processo viene voluto, appoggiato e favorito dal potere in carica, i risultati per la verità non possono che essere disastrosi.
“Wolfwalkers - Il popolo dei lupi” di Tomm Moore e Ross Stewart giunge a noi come compimento ideale di una trilogia dal sapore irlandese, dopo “The Secret of Kells” e “La canzone del mare”.
Nel 1650 a Kilkenny, in Irlanda, gli Inglesi stanno cercando di ampliare possedimenti e sfere di influenza, ovviamente a scapito degli Irlandesi autoctoni. Sono capitanati da Lord Protector, che un po’ ricorda l’Oliver Cromwell realmente vissuto e che, storicamente, guidò gli inglesi nella loro conquista e assimilazione delle popolazioni irlandesi. Come si assimila e sottomette un popolo? Cancellandone le radici e le tradizioni. Così, in parallelo con quanto storicamente accaduto, in nome di un Dio intransigente, quel Dio la cui presunta volontà viene usata da terzi per commettere qualsiasi atrocità, il nostro tiranno decide di abbattere la foresta alle porte della città e, soprattutto, di uccidere tutti i lupi che, a suo dire, minacciano la vita della altrimenti tranquilla cittadina. Sono feroci, terribili, devono essere sterminati! Peccato che, almeno nell’universo piuttosto edulcorato dei cartoni animati, i ferocissimi lupi non li vediamo mai uccidere niente e nessuno. Ringhiano, ululano, corrono, digrignano i denti, e al massimo ti graffiano con gli artigli o mordono per difesa.
La grande truffa dell’informazione fornita al popolo ignorante dell’epoca vuole che qualsiasi minaccia alle aspirazioni di conquista di qualcuno diventi automaticamente un inganno del demonio. E, quando c’è di mezzo il demonio, nulla è troppo crudele o feroce per batterlo, qualsiasi azione, anche la più immonda, è giustificata dal fatto che il nemico è un accolito di Satana. Ma il branco dei lupi che vive nel bosco, improvvisamente assediato su tutti i fronti, cacciato, minacciato, cosa dovrebbe fare? Più che feroce, è confuso e sbandato!
I nomi sono emblematici: c’è un Lord Protector - da cui in realtà ci si dovrebbe proteggere - e un certo Goodfellowe, il cacciatore inglese ispirato ad un uomo realmente esistito, che viene incaricato dello sterminio di tutti i lupi. L’intransigenza e la follia del governante traspaiono già dai suoi ordini assurdi: Lord Protector vorrebbe la sparizione di tutti i lupi di una foresta non in due anni, e nemmeno in due mesi o settimane... no: egli concede ben due giorni, per questo immane compito!
Ma l’eroina della nostra storia è la figlia di detto cacciatore, Robyn, inizialmente la solita ragazzina/bambina ribelle che pensa di sapere e poter fare tutto, con l’intransigenza dei giovani che ritengono di essere i soli ad avere le risposte a tutti i problemi del mondo. È venuta in Irlanda col padre, perché la madre è morta tempo prima. A questa ragazzina il mondo riservato alle donne del suo tempo, rigorosamente circoscritto alle faccende domestiche, sta stretto. Giustamente! E se un po’ ci irrita la sua supponenza, d’altro canto come donna non posso che plaudire alla sua ribellione. Una femminista antesignana? Ma già al minuto 10 siamo pronti a prenderla a schiaffi. A me, almeno, prudevano le mani: è il prototipo della piccola idiota che si crede onnipotente e onnisciente, si caccia nei guai e costringe gli altri a mettersi in pericolo per andarla a salvare... un po’ come certi surfisti cretini che escono con la tempesta. E magari a causa loro qualcuno ci rimette la pelle o le piume.
Inizialmente Robyn, aspirante cacciatrice sulle orme del padre, è decisa ad aiutarlo a sterminare i lupi, nonostante il diktat di Lord Protector che vuole tutte le donne con lo strofinaccio in mano o dietro i fornelli. Ma, ben presto, l’incontro con Mebh, una misteriosa e selvaggia ragazzina, sarà il seme da cui germoglieranno cambiamenti di pensiero, di fronte e di vita. La piccola Mebh, smaliziata e selvatica, nasconde un grande segreto: è una Wolfwalker, una che, anche se non balla, coi lupi ci cammina. Le sue capacità possono essere trasmesse ad altri e saranno causa di gran disturbo al meccanismo solo apparentemente ben oliato di Lord Protector.
Mebh sta cercando la sua mamma scomparsa e l’aiuto di Robyn sarà cruciale. Sullo sfondo della lotta all’ultimo sangue tra il popolo dei lupi e quello dei cittadini, si svilupperà l’amicizia sbocciata nel punto di contatto fra i due mondi: le due ragazzine inizialmente di opposte fazioni ci insegneranno come due realtà completamente diverse possano convivere armoniosamente. È un film di ragazze, e per questo a me ancor più gradito.
I temi trattati sono importanti: la paura e il rifiuto del diverso, la colonizzazione, la distruzione, lo sterminio. Ma, dall’altra parte, stanno la forza dell’amicizia, della comprensione, dell’apertura a concetti nuovi e a nuovi stili di vita. Quando guardi la vita dal punto di vista dei lupi, ti rendi conto che forse - forse! - ti hanno propinato un sacco di fandonie. Il tutto è raccontato con una mano gentile che lascia veramente incantati. Trattandosi di un racconto per giovanissimi - ma anche per non più giovani - l’assenza di perdite fra i “buoni” e il finale felice sono praticamente d’obbligo, anche se il quasi indispensabile romanzetto di fine pellicola poteva esserci risparmiato. Evidentemente si voleva far passare il messaggio dell’importanza della famiglia, e quale miglior integrazione di questa?
Ma tutto ciò non può ovviamente prescindere dal comparto grafico e audio. Se i temi trattati sono importanti, lo stile grafico non è da meno. Dimenticatevi i disegni in stile orientale. Qui siamo in piena favola: la grafica solo apparentemente ricorda, almeno in principio, lo stile Disney di antica memoria, o di altri cartoni molto vecchi, con rimandi a “Robin Hood”, probabilmente perché anglosassone. Molto presto, ci si rende conto che lo stile è personalissimo e interessante. In rigoroso 2D fatto a mano, i disegni hanno un’aria antica e apparentemente infantile ma, dopo pochi minuti di acclimatazione, molto gradevole. Soprattutto, i fondali acquarellati, nei vari toni di marrone e verde utilizzati nel bosco, contribuiscono con la loro esplosione di colori a dare l’idea di mondi fatati due passi al di là del nostro cancello. Per contro, gli ambienti cittadini risultano volutamente più spenti e grigi, rigidi. E, nei momenti di maggiore paura e tensione, i colori passano ai toni del blu, contribuendo a veicolare le sensazioni.
La prospettiva, questa sconosciuta! Si è scelto di disegnare le costruzioni in maniera bidimensionale, senza ricorrere alle leggi prospettiche. All’interno di un edificio, ho visto persone salire delle scale come le avrei disegnate io alle elementari (non che ora le disegnerei meglio, anzi). L’effetto è incredibilmente interessante e bizzarro, davvero peculiare.
È soprattutto emblematica la contrapposizione fra il mondo della città, racchiusa in un rettangolo di linee dritte, e la natura, coi suoi tratti più gentili e tondeggianti. Una, chiusa e intransigente, costretta dalle sue regole imposte e assurde. L’altra, più aperta alle possibilità e alla vita secondo le regole mutevoli dell’ambiente. La stessa Mebh è dotata di occhi verdi e di una gran criniera tonda di capelli rossi che la identificano nettamente come irlandese, una di quegli Irlandesi che i colonizzatori inglesi vogliono in ogni modo soggiogare. Storicamente, il lupo è il simbolo spirituale del Paese, e il suo sterminio e la distruzione delle foreste contribuirono non poco a cambiare la percezione di sé degli Irlandesi. Sono storie che non si dovrebbe smettere mai di raccontare, specie perché purtroppo sono tristemente attuali.
E le musiche? Il commento musicale di Bruno Coulais è ben degno di questo piccolo gioiello. La colonna sonora in sé è splendida, l’opening è molto bella e suggestiva, ma il momento forse culminante di tutto il film è la canzone “Running With The Wolves” di Aurora, che accompagna le prime esperienze di Robyn sotto forma di lupo, nella sua prima corsa sotto la luna. Sono minuti di intenso pathos, così come, finalmente, la riunione di Mebh con la sua mamma, una scena di incredibile poesia.
Riassumendo, “Wolfwalkers - Il popolo dei lupi” è un’opera veramente ben riuscita a cui, forse, si può muovere il solo appunto di essere un po’ troppo “buonista”: i conflitti vengono risolti fin troppo facilmente e, per così dire, tutti i santi finiscono in gloria. Ma si tratta, se vogliamo, praticamente di un obbligo, in un prodotto del genere. Promosso abbondantemente e caldamente consigliato a tutti, con la sola accortezza di accompagnare eventualmente i bambini più piccoli, che in qualche scena potrebbero spaventarsi. Ma, questo, andrebbe fatto sempre.
“Wolfwalkers - Il popolo dei lupi” di Tomm Moore e Ross Stewart giunge a noi come compimento ideale di una trilogia dal sapore irlandese, dopo “The Secret of Kells” e “La canzone del mare”.
Nel 1650 a Kilkenny, in Irlanda, gli Inglesi stanno cercando di ampliare possedimenti e sfere di influenza, ovviamente a scapito degli Irlandesi autoctoni. Sono capitanati da Lord Protector, che un po’ ricorda l’Oliver Cromwell realmente vissuto e che, storicamente, guidò gli inglesi nella loro conquista e assimilazione delle popolazioni irlandesi. Come si assimila e sottomette un popolo? Cancellandone le radici e le tradizioni. Così, in parallelo con quanto storicamente accaduto, in nome di un Dio intransigente, quel Dio la cui presunta volontà viene usata da terzi per commettere qualsiasi atrocità, il nostro tiranno decide di abbattere la foresta alle porte della città e, soprattutto, di uccidere tutti i lupi che, a suo dire, minacciano la vita della altrimenti tranquilla cittadina. Sono feroci, terribili, devono essere sterminati! Peccato che, almeno nell’universo piuttosto edulcorato dei cartoni animati, i ferocissimi lupi non li vediamo mai uccidere niente e nessuno. Ringhiano, ululano, corrono, digrignano i denti, e al massimo ti graffiano con gli artigli o mordono per difesa.
La grande truffa dell’informazione fornita al popolo ignorante dell’epoca vuole che qualsiasi minaccia alle aspirazioni di conquista di qualcuno diventi automaticamente un inganno del demonio. E, quando c’è di mezzo il demonio, nulla è troppo crudele o feroce per batterlo, qualsiasi azione, anche la più immonda, è giustificata dal fatto che il nemico è un accolito di Satana. Ma il branco dei lupi che vive nel bosco, improvvisamente assediato su tutti i fronti, cacciato, minacciato, cosa dovrebbe fare? Più che feroce, è confuso e sbandato!
I nomi sono emblematici: c’è un Lord Protector - da cui in realtà ci si dovrebbe proteggere - e un certo Goodfellowe, il cacciatore inglese ispirato ad un uomo realmente esistito, che viene incaricato dello sterminio di tutti i lupi. L’intransigenza e la follia del governante traspaiono già dai suoi ordini assurdi: Lord Protector vorrebbe la sparizione di tutti i lupi di una foresta non in due anni, e nemmeno in due mesi o settimane... no: egli concede ben due giorni, per questo immane compito!
Ma l’eroina della nostra storia è la figlia di detto cacciatore, Robyn, inizialmente la solita ragazzina/bambina ribelle che pensa di sapere e poter fare tutto, con l’intransigenza dei giovani che ritengono di essere i soli ad avere le risposte a tutti i problemi del mondo. È venuta in Irlanda col padre, perché la madre è morta tempo prima. A questa ragazzina il mondo riservato alle donne del suo tempo, rigorosamente circoscritto alle faccende domestiche, sta stretto. Giustamente! E se un po’ ci irrita la sua supponenza, d’altro canto come donna non posso che plaudire alla sua ribellione. Una femminista antesignana? Ma già al minuto 10 siamo pronti a prenderla a schiaffi. A me, almeno, prudevano le mani: è il prototipo della piccola idiota che si crede onnipotente e onnisciente, si caccia nei guai e costringe gli altri a mettersi in pericolo per andarla a salvare... un po’ come certi surfisti cretini che escono con la tempesta. E magari a causa loro qualcuno ci rimette la pelle o le piume.
Inizialmente Robyn, aspirante cacciatrice sulle orme del padre, è decisa ad aiutarlo a sterminare i lupi, nonostante il diktat di Lord Protector che vuole tutte le donne con lo strofinaccio in mano o dietro i fornelli. Ma, ben presto, l’incontro con Mebh, una misteriosa e selvaggia ragazzina, sarà il seme da cui germoglieranno cambiamenti di pensiero, di fronte e di vita. La piccola Mebh, smaliziata e selvatica, nasconde un grande segreto: è una Wolfwalker, una che, anche se non balla, coi lupi ci cammina. Le sue capacità possono essere trasmesse ad altri e saranno causa di gran disturbo al meccanismo solo apparentemente ben oliato di Lord Protector.
Mebh sta cercando la sua mamma scomparsa e l’aiuto di Robyn sarà cruciale. Sullo sfondo della lotta all’ultimo sangue tra il popolo dei lupi e quello dei cittadini, si svilupperà l’amicizia sbocciata nel punto di contatto fra i due mondi: le due ragazzine inizialmente di opposte fazioni ci insegneranno come due realtà completamente diverse possano convivere armoniosamente. È un film di ragazze, e per questo a me ancor più gradito.
I temi trattati sono importanti: la paura e il rifiuto del diverso, la colonizzazione, la distruzione, lo sterminio. Ma, dall’altra parte, stanno la forza dell’amicizia, della comprensione, dell’apertura a concetti nuovi e a nuovi stili di vita. Quando guardi la vita dal punto di vista dei lupi, ti rendi conto che forse - forse! - ti hanno propinato un sacco di fandonie. Il tutto è raccontato con una mano gentile che lascia veramente incantati. Trattandosi di un racconto per giovanissimi - ma anche per non più giovani - l’assenza di perdite fra i “buoni” e il finale felice sono praticamente d’obbligo, anche se il quasi indispensabile romanzetto di fine pellicola poteva esserci risparmiato. Evidentemente si voleva far passare il messaggio dell’importanza della famiglia, e quale miglior integrazione di questa?
Ma tutto ciò non può ovviamente prescindere dal comparto grafico e audio. Se i temi trattati sono importanti, lo stile grafico non è da meno. Dimenticatevi i disegni in stile orientale. Qui siamo in piena favola: la grafica solo apparentemente ricorda, almeno in principio, lo stile Disney di antica memoria, o di altri cartoni molto vecchi, con rimandi a “Robin Hood”, probabilmente perché anglosassone. Molto presto, ci si rende conto che lo stile è personalissimo e interessante. In rigoroso 2D fatto a mano, i disegni hanno un’aria antica e apparentemente infantile ma, dopo pochi minuti di acclimatazione, molto gradevole. Soprattutto, i fondali acquarellati, nei vari toni di marrone e verde utilizzati nel bosco, contribuiscono con la loro esplosione di colori a dare l’idea di mondi fatati due passi al di là del nostro cancello. Per contro, gli ambienti cittadini risultano volutamente più spenti e grigi, rigidi. E, nei momenti di maggiore paura e tensione, i colori passano ai toni del blu, contribuendo a veicolare le sensazioni.
La prospettiva, questa sconosciuta! Si è scelto di disegnare le costruzioni in maniera bidimensionale, senza ricorrere alle leggi prospettiche. All’interno di un edificio, ho visto persone salire delle scale come le avrei disegnate io alle elementari (non che ora le disegnerei meglio, anzi). L’effetto è incredibilmente interessante e bizzarro, davvero peculiare.
È soprattutto emblematica la contrapposizione fra il mondo della città, racchiusa in un rettangolo di linee dritte, e la natura, coi suoi tratti più gentili e tondeggianti. Una, chiusa e intransigente, costretta dalle sue regole imposte e assurde. L’altra, più aperta alle possibilità e alla vita secondo le regole mutevoli dell’ambiente. La stessa Mebh è dotata di occhi verdi e di una gran criniera tonda di capelli rossi che la identificano nettamente come irlandese, una di quegli Irlandesi che i colonizzatori inglesi vogliono in ogni modo soggiogare. Storicamente, il lupo è il simbolo spirituale del Paese, e il suo sterminio e la distruzione delle foreste contribuirono non poco a cambiare la percezione di sé degli Irlandesi. Sono storie che non si dovrebbe smettere mai di raccontare, specie perché purtroppo sono tristemente attuali.
E le musiche? Il commento musicale di Bruno Coulais è ben degno di questo piccolo gioiello. La colonna sonora in sé è splendida, l’opening è molto bella e suggestiva, ma il momento forse culminante di tutto il film è la canzone “Running With The Wolves” di Aurora, che accompagna le prime esperienze di Robyn sotto forma di lupo, nella sua prima corsa sotto la luna. Sono minuti di intenso pathos, così come, finalmente, la riunione di Mebh con la sua mamma, una scena di incredibile poesia.
Riassumendo, “Wolfwalkers - Il popolo dei lupi” è un’opera veramente ben riuscita a cui, forse, si può muovere il solo appunto di essere un po’ troppo “buonista”: i conflitti vengono risolti fin troppo facilmente e, per così dire, tutti i santi finiscono in gloria. Ma si tratta, se vogliamo, praticamente di un obbligo, in un prodotto del genere. Promosso abbondantemente e caldamente consigliato a tutti, con la sola accortezza di accompagnare eventualmente i bambini più piccoli, che in qualche scena potrebbero spaventarsi. Ma, questo, andrebbe fatto sempre.