Recensione
Dareka no Manazashi
8.0/10
Con la visione di questo cortometraggio si rafforza la mia convinzione personale che Shinkai renda al meglio in opere corte.
Con estrema disinvoltura narrativa, in sette minuti il nostro autore è stato capace di toccare più temi importanti e di trasmetterci vari emozioni, prima fra tutte la malinconia.
Non voglio soffermarmi sui particolari della trama, quella la scoprirete, se ne avrete voglia, quando vi cimenterete nella visione. Tuttavia vorrei illustrare il percorso delle innumerevoli argomentazioni affrontate.
Tramite Aya, protagonista di questo corto, ripercorriamo i vari momenti della vita, affrontando tematiche molto care al pubblico e al nostro Shinkai: l'infanzia e la felicità spontanea che si prova a crescere in una famiglia amorevole; l'amore incondizionato che ci donano gli animali, anche quando noi esseri umani li trascuriamo un po'; il rapporto tra genitori e figli, nel bene e nel male; l'adolescenza, con i suoi conflitti e ribellioni; l'età matura, in cui si desidera rendersi autonomi, lasciare la propria famiglia per rendere tangibili i nostri sogni; la solitudine e la consapevolezza che i nostri obiettivi raggiunti possono non corrispondere esattamente alle nostre aspettative di partenza; la scarsa gratificazione lavorativa e personale; la difficoltà ad esprimere i propri sentimenti, a dire la verità e ad ammettere le nostre difficoltà a chi ci sta vicino.
Tutto questo gestito con accortezza, e grande sensibilità, in un breve lasso di tempo, e tecnicamente confezionato come solo Shinkai sa fare: cura e finezza nei dettagli, giochi di luci ormai facilmente riconoscibili, fondali caldi e luminosi, nonché un commento musicale che ben si sposa con grafica e contenuti.
Tuttavia, se devo cercare un difetto a questo lavoro, personalmente ho trovato la voce fuori campo a volte un po' troppo invasiva, e spesso non necessaria, considerato che già personaggi ed immagini parlavano da sole. Ho intuito che la voce narrante fosse da attribuire al gatto, Mii, appartenente alla famiglia, e la scelta è stata anche interessante, ma in certi casi, a parer mio, andava a rompere l'atmosfera creata.
Un corto consigliato a tutti, anche ai non amanti di questo autore. Una storia in cui difficilmente non ci si può non immedesimare, perché estremamente realistica. Queste fasi delle vita, e questi sentimenti e difficoltà, con le sue personali varianti, le abbiamo (o le stiamo) vissute tutti. Per questo motivo la visione genera rimpianto, malinconia e tristezza.
Pensate, ci evoca tutto questo subbuglio interiore, in poco meno di una manciata di minuti! Quanto, in fondo, siamo individui fragili! Perché? Perché tutti vorremmo essere felici come quando eravamo dei bambini protetti e amati incondizionatamente da mamma e papà (per chi ha avuto la fortuna di esserlo).
Ma tutto sommato, commenta la voce fuori campo alla fine, "la vera felicità è una cosa duratura".
Forse. Ma prima bisognerebbe chiedersi cosa per noi sia la "vera" felicità.
Con estrema disinvoltura narrativa, in sette minuti il nostro autore è stato capace di toccare più temi importanti e di trasmetterci vari emozioni, prima fra tutte la malinconia.
Non voglio soffermarmi sui particolari della trama, quella la scoprirete, se ne avrete voglia, quando vi cimenterete nella visione. Tuttavia vorrei illustrare il percorso delle innumerevoli argomentazioni affrontate.
Tramite Aya, protagonista di questo corto, ripercorriamo i vari momenti della vita, affrontando tematiche molto care al pubblico e al nostro Shinkai: l'infanzia e la felicità spontanea che si prova a crescere in una famiglia amorevole; l'amore incondizionato che ci donano gli animali, anche quando noi esseri umani li trascuriamo un po'; il rapporto tra genitori e figli, nel bene e nel male; l'adolescenza, con i suoi conflitti e ribellioni; l'età matura, in cui si desidera rendersi autonomi, lasciare la propria famiglia per rendere tangibili i nostri sogni; la solitudine e la consapevolezza che i nostri obiettivi raggiunti possono non corrispondere esattamente alle nostre aspettative di partenza; la scarsa gratificazione lavorativa e personale; la difficoltà ad esprimere i propri sentimenti, a dire la verità e ad ammettere le nostre difficoltà a chi ci sta vicino.
Tutto questo gestito con accortezza, e grande sensibilità, in un breve lasso di tempo, e tecnicamente confezionato come solo Shinkai sa fare: cura e finezza nei dettagli, giochi di luci ormai facilmente riconoscibili, fondali caldi e luminosi, nonché un commento musicale che ben si sposa con grafica e contenuti.
Tuttavia, se devo cercare un difetto a questo lavoro, personalmente ho trovato la voce fuori campo a volte un po' troppo invasiva, e spesso non necessaria, considerato che già personaggi ed immagini parlavano da sole. Ho intuito che la voce narrante fosse da attribuire al gatto, Mii, appartenente alla famiglia, e la scelta è stata anche interessante, ma in certi casi, a parer mio, andava a rompere l'atmosfera creata.
Un corto consigliato a tutti, anche ai non amanti di questo autore. Una storia in cui difficilmente non ci si può non immedesimare, perché estremamente realistica. Queste fasi delle vita, e questi sentimenti e difficoltà, con le sue personali varianti, le abbiamo (o le stiamo) vissute tutti. Per questo motivo la visione genera rimpianto, malinconia e tristezza.
Pensate, ci evoca tutto questo subbuglio interiore, in poco meno di una manciata di minuti! Quanto, in fondo, siamo individui fragili! Perché? Perché tutti vorremmo essere felici come quando eravamo dei bambini protetti e amati incondizionatamente da mamma e papà (per chi ha avuto la fortuna di esserlo).
Ma tutto sommato, commenta la voce fuori campo alla fine, "la vera felicità è una cosa duratura".
Forse. Ma prima bisognerebbe chiedersi cosa per noi sia la "vera" felicità.