Recensione
Ajin
8.0/10
«Ajin» è un manga seinen - indirizzato a un pubblico maturo - realizzato tra il 2012 e il 2021, un'opera che pare essersi affermata in maniera abbastanza convinta sulla scena manga [e anime] e che dimostra di possedere tutte le armi per giustificare tale impresa.
Ve lo anticipo da subito senza mezzi termini: qui siamo di fronte a un capolavoro. Trovo ci sia poco spazio a soggettività, opinioni e gusti personali da parte del pubblico (me compreso): Ajin è tanta, tanta roba.
Per onestà preciso che, nonostante questo, io non posso dire comunque di averlo davvero apprezzato: per me un manga, a prescindere dalla tecnica e dalla mole dei suoi contenuti (mole che qui è davvero immensa), deve innanzitutto lasciarmi il sorriso, un bel ricordo, un bel messaggio finale, o comunque qualcosa che mi porti a rileggerlo. Questa sensazione nel caso di Ajin non credo di averla provata, visto che l'ho dato via e che la sua mancanza non l'ho mai percepita (anche se qui intervengono diversi fattori, tra cui anche la crescita personale e la minor passione verso il mondo dei manga), ma nonostante questo l'idea che Ajin fosse un capolavoro c'era ed è rimasta lì dov'è, senza obiezioni. Andiamo avanti.
La trama vede Kei Nagai, uno studente modello dall'intelligenza smisurata, scoprire di essere un ajin: una rara specie di individui - scoperta per caso pochi anni prima - dalla peculiare caratteristica di essere immortali. La vita di Kei viene quindi stravolta e lo porta a una costante fuga dalle forze di polizia: gli basta poco per capire che, se dovessero catturarlo, gli esperimenti su di lui renderebbero la sua vita un inferno e la sua immortalità una condanna senza fine; ma cosa accadrà, dopo? Riuscirà a liberarsi degli umani che gli danno la caccia? Collaborerà con Sato, l'ajin che vuole vendicarsi della razza umana e delle violenze che lui e i suoi simili hanno subìto? Oppure sceglierà di contrastarlo, schierandosi con quelli che dovrebbero essere i buoni?
Il manga non impiega più di metà del primo volume per dimostrarci di essere un capolavoro. In un attimo ci si ritrova a fuggire insieme a Kei e a Kaito, l'amico d'infanzia che per lungo tempo a Kei è stato detto di ripudiare; [ci si ritrova] faccia a faccia con un mondo crudele, in cui non appena scopro che mio figlio è un ajin inizio a trattarlo da alieno, non da figlio; un mondo in cui ciascuno è fermo nelle proprie idee e nel proprio odio, a partire dai protagonisti, tra i quali ci sono davvero poche e marginali eccezioni che ci dimostrano di provare amore e avere - forse - un buon cuore da anteporre al proprio cinismo.
Ciliegina sulla torta: il disegno, l'aspetto più difficile da lodare, perché i complimenti non rendono abbastanza. Tratto pulito, scuro, forte uso dell'inchiostro, dettagli al millimetro sia nelle espressioni facciali che nei combattimenti, come anche nelle ambientazioni; un disegno che rende i suoi personaggi pregni di un enorme fascino, anche quando sono brutti. Ma «Ajin» non è solo questo: Ajin è anche un manga dalla storia profonda, dai momenti di suspense senza fine, dalle strategie - elaborate dai protagonisti - e dai colpi di scena che ti lasciano senza fiato; i suoi 17 volumi volano che è una bellezza e per tutto il tempo non ho fatto altro che chiedermi: chi c'è dietro la sua realizzazione? La bravura è un conto, l'allenamento è un conto, ma qui siamo davanti a uno spettacolo senza pari. Uno spettacolo tale che ho supposto che chi lavorasse ad Ajin dovesse aver avuto, oltre a una fortissima dedizione, anche una storia travagliata, qualcosa che lo avesse motivato a elevare l'opera così in alto.
Sì, insomma, mi sono fatto prendere un po' la mano, e questo l'ho capito specialmente nell'arco finale, in particolare superato il 12/13esimo volume. Qui la storia inizia un po' ad appiattirsi, le idee a scarseggiare e le trovate a risultare meno efficaci, anche se - tocca dirlo - ciò è evidenziato dal passaggio caldo-freddo avvenuto dopo una serie di tavole che per 10 volumi abbondanti ci hanno riempito gli occhi e il cuore. A fronte di queste riflessioni io credo che «Ajin» abbia peccato sotto due aspetti, ovvero:
1)che abbia scelto di narrare una storia dai toni forti, duri e freddi, una storia priva di un eroe vero e proprio, che non trasmette dei messaggi realmente piacevoli (l'autore infatti sembra condividere o comunque voler enfatizzare i pensieri duri nei confronti di un mondo cinico come il nostro, tuttavia questi pensieri a mio avviso nella realtà già abbondano e gradirei mi venisse piuttosto fornita una chiave di lettura alternativa).
2)che abbia scelto di estendere qualcosa che si poteva - nell'arco finale - riassumere. È chiaro ma soprattutto comprensibile che, dopo 17 volumi così densi di contenuto, le idee inizino a scarseggiare, ma piuttosto avrei cercato di tardare un attimo la sua conclusione in favore di uno sviluppo, almeno per quelli come me, un attimo più apprezzabile. Rimane il fatto che anche nella sua conclusione Ajin è rimasto fedele all'alto livello della propria tecnica e che, a essere sinceri, i finali sono sempre stati il tallone d'Achille di ogni singolo manga; anzi, di ogni singola opera (fumetto e non) che esista dall'alba dei tempi.
Concludendo: «Ajin» è un'opera di alto livello che merita senza dubbio, un manga che consiglierei di acquistare a occhi chiusi per il semplice fatto che o riesce a far impazzire il lettore o, in alternativa, gli regala un'ottima avventura; anche qualora - come me - rientraste nella fascia di lettori più esigenti e puntigliosi, continuerei a consigliarvi l'acquisto, visto che a rivendere Ajin si impiegano circa due secondi vista la popolarità dell'opera.
Ve lo anticipo da subito senza mezzi termini: qui siamo di fronte a un capolavoro. Trovo ci sia poco spazio a soggettività, opinioni e gusti personali da parte del pubblico (me compreso): Ajin è tanta, tanta roba.
Per onestà preciso che, nonostante questo, io non posso dire comunque di averlo davvero apprezzato: per me un manga, a prescindere dalla tecnica e dalla mole dei suoi contenuti (mole che qui è davvero immensa), deve innanzitutto lasciarmi il sorriso, un bel ricordo, un bel messaggio finale, o comunque qualcosa che mi porti a rileggerlo. Questa sensazione nel caso di Ajin non credo di averla provata, visto che l'ho dato via e che la sua mancanza non l'ho mai percepita (anche se qui intervengono diversi fattori, tra cui anche la crescita personale e la minor passione verso il mondo dei manga), ma nonostante questo l'idea che Ajin fosse un capolavoro c'era ed è rimasta lì dov'è, senza obiezioni. Andiamo avanti.
La trama vede Kei Nagai, uno studente modello dall'intelligenza smisurata, scoprire di essere un ajin: una rara specie di individui - scoperta per caso pochi anni prima - dalla peculiare caratteristica di essere immortali. La vita di Kei viene quindi stravolta e lo porta a una costante fuga dalle forze di polizia: gli basta poco per capire che, se dovessero catturarlo, gli esperimenti su di lui renderebbero la sua vita un inferno e la sua immortalità una condanna senza fine; ma cosa accadrà, dopo? Riuscirà a liberarsi degli umani che gli danno la caccia? Collaborerà con Sato, l'ajin che vuole vendicarsi della razza umana e delle violenze che lui e i suoi simili hanno subìto? Oppure sceglierà di contrastarlo, schierandosi con quelli che dovrebbero essere i buoni?
Il manga non impiega più di metà del primo volume per dimostrarci di essere un capolavoro. In un attimo ci si ritrova a fuggire insieme a Kei e a Kaito, l'amico d'infanzia che per lungo tempo a Kei è stato detto di ripudiare; [ci si ritrova] faccia a faccia con un mondo crudele, in cui non appena scopro che mio figlio è un ajin inizio a trattarlo da alieno, non da figlio; un mondo in cui ciascuno è fermo nelle proprie idee e nel proprio odio, a partire dai protagonisti, tra i quali ci sono davvero poche e marginali eccezioni che ci dimostrano di provare amore e avere - forse - un buon cuore da anteporre al proprio cinismo.
Ciliegina sulla torta: il disegno, l'aspetto più difficile da lodare, perché i complimenti non rendono abbastanza. Tratto pulito, scuro, forte uso dell'inchiostro, dettagli al millimetro sia nelle espressioni facciali che nei combattimenti, come anche nelle ambientazioni; un disegno che rende i suoi personaggi pregni di un enorme fascino, anche quando sono brutti. Ma «Ajin» non è solo questo: Ajin è anche un manga dalla storia profonda, dai momenti di suspense senza fine, dalle strategie - elaborate dai protagonisti - e dai colpi di scena che ti lasciano senza fiato; i suoi 17 volumi volano che è una bellezza e per tutto il tempo non ho fatto altro che chiedermi: chi c'è dietro la sua realizzazione? La bravura è un conto, l'allenamento è un conto, ma qui siamo davanti a uno spettacolo senza pari. Uno spettacolo tale che ho supposto che chi lavorasse ad Ajin dovesse aver avuto, oltre a una fortissima dedizione, anche una storia travagliata, qualcosa che lo avesse motivato a elevare l'opera così in alto.
Sì, insomma, mi sono fatto prendere un po' la mano, e questo l'ho capito specialmente nell'arco finale, in particolare superato il 12/13esimo volume. Qui la storia inizia un po' ad appiattirsi, le idee a scarseggiare e le trovate a risultare meno efficaci, anche se - tocca dirlo - ciò è evidenziato dal passaggio caldo-freddo avvenuto dopo una serie di tavole che per 10 volumi abbondanti ci hanno riempito gli occhi e il cuore. A fronte di queste riflessioni io credo che «Ajin» abbia peccato sotto due aspetti, ovvero:
1)che abbia scelto di narrare una storia dai toni forti, duri e freddi, una storia priva di un eroe vero e proprio, che non trasmette dei messaggi realmente piacevoli (l'autore infatti sembra condividere o comunque voler enfatizzare i pensieri duri nei confronti di un mondo cinico come il nostro, tuttavia questi pensieri a mio avviso nella realtà già abbondano e gradirei mi venisse piuttosto fornita una chiave di lettura alternativa).
2)che abbia scelto di estendere qualcosa che si poteva - nell'arco finale - riassumere. È chiaro ma soprattutto comprensibile che, dopo 17 volumi così densi di contenuto, le idee inizino a scarseggiare, ma piuttosto avrei cercato di tardare un attimo la sua conclusione in favore di uno sviluppo, almeno per quelli come me, un attimo più apprezzabile. Rimane il fatto che anche nella sua conclusione Ajin è rimasto fedele all'alto livello della propria tecnica e che, a essere sinceri, i finali sono sempre stati il tallone d'Achille di ogni singolo manga; anzi, di ogni singola opera (fumetto e non) che esista dall'alba dei tempi.
Concludendo: «Ajin» è un'opera di alto livello che merita senza dubbio, un manga che consiglierei di acquistare a occhi chiusi per il semplice fatto che o riesce a far impazzire il lettore o, in alternativa, gli regala un'ottima avventura; anche qualora - come me - rientraste nella fascia di lettori più esigenti e puntigliosi, continuerei a consigliarvi l'acquisto, visto che a rivendere Ajin si impiegano circa due secondi vista la popolarità dell'opera.