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Finalmente vince l’orso d’oro a Berlino che attesta il prestigio della genialità di Miyazaki. Ma non solo, arriva anche l’oscar! Chihiro è una bambina che come tante bambine della sua età è infantile, viziata, lamentosa e coraggiosa perché affronterà, come buttata in un sogno, mostri e spettri ed una insidiosa maga! Chi non vorrebbe essere catapultato in un magico mondo del genere? In una città incantata appunto? La piccola deve salvare mamma e papà trasformati in maiali da un incantesimo in pieno stile Circeo. Nonostante la malvagia Yubaba, la piccola impara ad avere fiducia in sé e questo non è poco, perché le immagini sono capaci di creare un climax filmico e drammaturgico bellissimo, la camera fa riprese evocative, espressive, di parte, soggettive e oggettive. Le soggettive appunto parlano di una mocciosetta che impara a crescere e a riflettere con mille spunti, i quali fanno riflettere anche lo spettatore. E’ un viaggio unico di una piccola che deve fare in fretta altrimenti dimenticherà il proprio nome e sarà per sempre asservita alle trappole della città. Dovrà fare scelte da sola e qui la camera si ferma sempre con stupendi primi piano, accenni di roll, in un binomio primissimopiano/pianointero oppure pmedio/panoramica, oppure e qui sbalordisce primissimopiano / fuori campo (di solito si gioca sul campo/fuori campo)!
Lo spettatore accompagna la piccola passo dopo passo, ricostruendo il cammino di questa protagonista innocente e sognatrice ma capace di ragionare come nel mondo reale per scoprire cosa si cela in quella città fantastica e irreale. Questa favola è pura, è morale, è dolcezza dell’infanzia, è riflessione per gli adulti. E’ un passaggio dalla Chihiro bambina alla stessa sempre bambina ma responsabile; è un mondo che fa la smorfia a quello reale. Personaggi non sempre cattivi o sempre buoni ma l’uno nell’altro. E’ un narrato con ritmo serrato, non rapido ma normale, dolce che ha sequenze molto commoventi come il treno in viaggio sull’acqua, oppure l’abbraccio intenso con il mago Haku.
Quante metafore . Questo viaggio di vita, prende molto il tema odisseo, ma con tratti di Conrad nel suo cuore di tenebra, e ancora miti nipponici, ricorda quell’Uno, nessuno centomila e il Pirandelliano agli esordi, ma ritorna anche alle camere della paura di Kafka. Insomma bel lavoro e bella immedesimazione nel finale che ammonisce lo spettatore su non dimenticare la favola che alberga in ognuno di noi , e quella favola si chiama “Infanzia”.