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“Yu-Gi-Oh! 5D’s” è la quarta serie animata di “Yu-Gi-Oh!” (terza se si vuole evitare di prendere in considerazione quella della Toei del 1998 da noi rimasta sempre inedita), andata in onda originariamente tra il 2008 e il 2011 per un totale di ben 154 episodi. Da noi è giunta in modo particolarmente rocambolesco, venendo trasmessa a partire dal 2009 su Italia 1, per poi approdare successivamente su Boing e infine tornare su Italia 1, dove si è conclusa nel 2016. All’epoca per me fu particolarmente complicato vedere la serie in questo modo, con lunghe attese e continui cambi di programmazione. Recentemente ho deciso quindi di recuperarla, per avere una visione più completa, più chiara e naturalmente per avere un giudizio più preciso. Ma, esattamente come per la serie precedente, “Yu-Gi-Oh! GX”, anche questa volta dare un giudizio uniforme all’intera produzione è stato pressoché impossibile, visto che pure in questo caso le vicende raccontate si sono rivelate estremamente altalenanti e la trama, soprattutto dalla terza stagione in poi, ha perso progressivamente le certezze accumulate.

L’aspetto più curioso di questa serie è che in un certo senso vanta pregi e difetti contrapposti rispetto alla precedente. “Yu-Gi-Oh! GX” aveva infatti una storia che partiva piuttosto male, con tante vicende infantili e mal strutturate, almeno fino alla seconda stagione. Poi, dalla terza, si verificava un clamoroso e inaspettato salto di qualità sia a livello di trama che, soprattutto, di caratterizzazione dei personaggi. Insomma, si trattava di un prodotto che dava il meglio di sé verso le battute finali e forse anche per questo risultava più facile conservarne un ricordo tutto sommato positivo. “Yu-Gi-Oh! 5D’s” è praticamente l’opposto. L’inizio è molto promettente, con tanti personaggi di spessore, eventi perfettamente concatenati, una trama coerente, zero momenti morti, temi profondi e delle atmosfere piuttosto cupe. Rimasi molto sorpreso da quanto la narrazione si concentrasse sul dare un approfondimento psicologico ai vari protagonisti, e mi colpirono molto alcuni temi quali la discriminazione e l’odio sociale. Tutto questo vale per le prime due stagioni, che lasciavano ben sperare per il prosieguo della serie. Ma dalla terza in poi, qualcosa è andato storto.

In primo luogo, si verifica un cambio netto della struttura narrativa. Se prima ogni episodio riservava degli sviluppi importanti per la storia, da questo momento in poi iniziano a esserci un bel po’ di riempitivi, che non sempre sono malvagi, ma che certamente abbassano il livello di intensità di una storia che improvvisamente non sembra più sapere dove andare a sbattere. Qui già si avverte il difetto più grave di tutta la serie, che nelle ultime due stagioni diventa ancora più lampante: la totale indecisione su quali tracce narrative sviluppare e come farlo. Nella terza stagione vengono lanciate un sacco di trame e sotto-trame che vengono sviluppate con ritmi così lenti e in modo talmente frammentato, che, quando diventano importanti, tendenzialmente ti sei dimenticato di cosa parlassero. La palese ambiguità degli sceneggiatori sulla direzione da far intraprendere alla serie non riesce in alcun modo a essere mascherata da quell’aura di mistero che teoricamente dovrebbe incuriosire lo spettatore. Non ci riesce perché ogni storyline si rivela troppo povera e inconsistente per meritare quasi un centinaio di episodi di attesa. Non è un caso che tutti i personaggi dalla terza stagione in poi si siano rivelati tremendamente dimenticabili. Sherry, Bruno, tutti i cattivoni incappucciati che inizialmente si vedono ogni morte di papa e che poi improvvisamente diventano il perno della storia, sono personaggi che hanno qualcosa da raccontare, ma sono stati gestiti troppo male, e l’alone di mistero che li circondava era talmente spesso, che è stato impossibile interessarsi sul serio alle loro vicende presenti e passate.

La serie non regredisce solo sul piano della trama, ma anche su quello dell’atmosfera e della caratterizzazione dei personaggi. Dalla terza stagione in poi assistiamo a delle atmosfere più solari e rilassate, il che funziona in un primo momento, in virtù degli sviluppi finali della seconda stagione. Tuttavia, la distensione nei temi e negli argomenti che si verifica è andata veramente troppo oltre. Tutte quelle discussioni sulle differenze sociali, sulla discriminazione, sull’odio per la diversità, sparisce tutto. Erano temi già affrontati e ci poteva stare che fossero in parte accantonati. Ma la sensazione è che di punto in bianco siano stati totalmente cancellati e per nulla sostituiti da altre tematiche di uguale spessore. Motivo per cui dalla terza alla quinta stagione si verifica un susseguirsi di vicende prive di quel mordente sociale e politico che aveva caratterizzato le prime avventure di Yusei. Ogni tanto le atmosfere tornano a essere più cupe e drammatiche, mentre lo svuotamento del lato più riflessivo della serie si rivela irreversibile. Per quanto riguarda i personaggi c’è ben poco da dire, fino alla seconda stagione sono caratterizzati molto bene, hanno dei caratteri sfaccettati e ci si concentra molto sulle loro paure e sui loro desideri. Dalla terza sono solo delle macchiette simpatiche. Fin qui ho descritto molti aspetti che sono progressivamente peggiorati, ma ci tengo a specificare che il declino di questa serie sia stato in realtà abbastanza graduale, e secondo me è solo dalla quarta che si inizia a provare una vera e propria disillusione verso la trama. Le vicende che animano le ultime stagioni non sono totalmente da buttare, la maggior parte degli episodi si segue con piacere, ma a un certo punto viene comunque a mancare una prospettiva di trama interessante e convincente.

Nonostante tutte queste critiche, “Yu-Gi-Oh! 5D’s” sarebbe sicuramente potuta risultare una serie più che discreta, se fosse stata soddisfacente su un punto imprescindibile: i duelli, e qui arriva la grande delusione per gli amanti del gioco. I duelli che si vedono in questa serie, per la maggior parte, non sono nulla di che. E no, non a causa delle famigerate moto, che comunque di sicuro non hanno portato dei benefici. La mediocrità dei duelli di “Yu-Gi-Oh! 5D’s” è più strutturale, e infatti si manifesta anche nei duelli con i piedi piantati a terra. In primo luogo, la scelta folle di inventarsi delle nuove regole di sana pianta. Chi conosce il gioco sa che è già bello incasinato di suo; quindi, non c’è alcuna motivazione per inventarsi delle nuove regole che, guarda caso, da quel che mi è sembrato di vedere non sono piaciute a nessuno. Non sono troppo opprimenti per carità, ma a maggior ragione era meglio non introdurle.

L’unica introduzione interessante è quella dei mostri Synchro, che all’epoca si rivelò azzeccatissima per il gioco reale, mentre per la serie secondo me ha generato più problemi che altro. Rispetto alle fusioni, le evocazioni Synchro non valorizzano in alcun modo il prodotto animato in sé. Se le prime si basano su mostri specifici che, fondendosi, assumono un aspetto che riprende il design di quelli originali, i Synchro sul puro piano della spettacolarità fanno pena, perché si ottengono con mostri completamente diversi e spesso quasi ridicoli a livello di estetica. Per quanto concerne le regole, sono il primo a riconoscere che avevano perfettamente senso e che nel gioco reale fossero molto divertenti. Ma applicate all’animazione sono una gigantesca forzatura priva di coerenza e creatività visiva. Inoltre, proprio per ‘spammare’ questi Synchro nei deck di ogni personaggio, questi ultimi hanno finito per avere a loro disposizione dei mazzi fin troppo generici e poco riconoscibili. E qui la differenza con “Yu-Gi-Oh! GX” si fa abissale. Nella serie precedente quasi ogni personaggio aveva il suo deck che rappresentava un archetipo specifico (Jaden gli Eroi Elementari, Aster gli Eroi del Destino, Zane i Cyber Drago ecc.). Questa correlazione personaggio-archetipo permetteva di associare meglio i protagonisti al loro deck, fungendo da elemento fortemente caratterizzante. In “Yu-Gi-Oh! 5D’s” questa cosa non esiste. Giusto qualche personaggio ha qualche archetipo (Leo con i morfotronici, Crow con gli alanera), ma sono una netta minoranza. Anche in “GX” ovviamente c’erano dei duelli banali e personaggi con deck a caso, ma il livello medio era sicuramente più alto e non mancavano i duelli eccezionali. Qui però di partite memorabili non ve ne sono, e raramente si rimane colpiti dalle strategie e dalle tattiche dei personaggi.

In conclusione, “Yu-Gi-Oh! 5D’s” era una serie partita alla grande, ma che si è persa per strada. Personalmente, non la reputo insufficiente, perché comunque per un buon numero di episodi è riuscita a raccontare delle vicende innovative per il franchise e ambiziose sul piano tematico. Ma non posso ignorare la regressione avvenuta nelle fasi successive. Una serie più corta, con degli obiettivi più definiti e dei duelli meglio costruiti avrebbe sicuramente potuto superare il livello di “GX”, che tuttavia secondo me rimane superiore per crescita dei personaggi, evoluzione narrativa e qualità dei duelli. Consiglio, comunque, di darle una chance, perché anche nei momenti peggiori è una serie che intrattiene, ma per il livello che aveva raggiunto prima era lecito aspettarsi di più.