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Avevo cominciato la lettura di “A sign of affection” con grandi aspettative, visto il clamore che stava riscuotendo soprattutto tra gli estimatori del genere. Con mia sorpresa l’impressione avutane si è dimostrata molto negativa in brevissimo tempo, tanto da lasciarmi incapace di comprendere il clamore che le aleggia attorno.
La protagonista di questo manga è una ragazza sorda, elemento infrequente, che da alla storia una ventata di freschezza rispetto ai comuni shoujo. L’autrice si è rivelata molto sensibile verso questa tematica, tanto da documentare con attenzione sia i suoi studi sull’argomento (ricerche, interviste ecc.), che le ragioni di alcune scelte narrative calate nella realtà sociale del Giappone. Fin qui tutto molto interessante e degno della fama che si è guadagnato. A mio giudizio i problemi sorgono con la controparte maschile, un compagno di università della protagonista, bello (ma questo non è nemmeno necessario dirlo), poliglotta, caritatevole, cittadino del mondo, sempre in viaggio con uno zaino in spalla e tanta voglia di conoscere nuove culture (quanta perfezione in un solo personaggio, forse anche troppa!).
Seguiranno SPOILER.

Lei appare stregata da lui sin da subito, stante il fascino che un soggetto così ben “referenziato” suscita, oltre che sulla protagonista, come ripetuto più volte nel corso del manga, su tutta la popolazione femminile dell’università. Si potrebbe dire che si tratti del classico ragazzo popolare, nulla di nuovo sotto il sole. Invece no.
Sin dalle primissime battute lui DICE di essere fortemente attratto da lei: sottolinea di non aver mai conosciuto una ragazza come lei (ma nel senso di sorda), tra tutte le lingue che conosce quella dei segni gli manca (e la vorrebbe apprendere proprio da lei dopo due giorni che l’ha conosciuta), rimarca di essere attratto da lei perché la trova pura e innocente, (perché sorda - aridaje!).
Dopo tutte queste “belle” parole, ciò che rimane è l’insopprimibile sensazione che il suo interesse nei confronti di lei sia più accademico, che non romantico, quasi fosse un animale esotico da mettere in gabbia e studiare.
Le interazioni dei due sono prive di chimica, causa non solo le espressioni vitree donate dall’autrice, ma soprattutto perché non c’è un istante in cui le parole di lui, anche nei dialoghi con i personaggi secondari, comunichino un sincero apprezzamento nei riguardi di lei come individuo, aldilà della sua sordità.
Anzi, se non si trattasse dell’interesse romantico eletto, si potrebbe facilmente pensare che la stia vilmente usando per soddisfare la sua curiosità, in attesa di trovare un nuovo hobby.
Assolutamente inutile, quindi, se non deleterio, che i due si fidanzino in una decina di capitoli, non lasciando spazio per uno sviluppo dell’individualità dei due personaggi.
Anche se questa potrebbe essere solo la mia visione della coppia, è un fatto che la storia diventi rapidamente stagnante e non riesca ad evolversi da questa condizione.
I personaggi non vengono ulteriormente approfonditi: non si conosce altro di loro oltre quello che viene detto nelle pagine introduttive e la relazione si sviluppa passivamente.
Senza dubbio lodevole la scelta di rappresentare la sordità e soprattutto di volerne mostrare i riflessi nella quotidianità, ma gli aspetti positivi si fermano lì. “A sign of affection” si riduce a uno slice of life piatto, dove quello che manca è proprio l’affetto.