Recensione
Living Corpse
5.5/10
Idea piuttosto avanti per il tempo, dove il genere "zombie" iniziava a sperimentare (perlopiù con la commedia), mentre Hino decide di riportarlo al dramma degli albori, indagando sulla sofferenza del vivere il decadimento fisico sul proprio corpo.
Non tutto però va per il verso giusto e l'idea di fondo purtroppo rimane quello, una base sulla quale non viene costruito quello che si prefissava. L'aspetto psicologico non viene mai a galla, il dolore è unicamente grafico, fumettoso, vuoi per delle scene troppo stereotipate o per una ricostruzione degli ambienti medici fuori dal tempo che non restituiscono i timori, l'inquietudine e la sofferenza provata dalla cavia in questione.
L'adattamento non aiuta. Visto il decadimento delle carni il nostro non-morto protagonista ha evidenti problemi nel comunicare, ma questo rende comico/delirante il tutto poiché si è scelto di farlo esprimere un po' come si faceva negli anni 60/70 coi personaggi di colore, alla "zi, badrone" tanto per capirci. Ammetto che non è facile immedesimarsi ed entrare realmente nella vicenda.
L'idea del vivere questa sofferenza, indagare sulla morte, scoprire nel frattempo il come sia morto e vederlo utilizzato dai medici come mera cavia sulla carta sono scelte vincenti, impattanti e decisamente all'avanguardia per il tempo, ma come detto l'opera non riesce a dare forma a nulla di tutto ciò, nonostante anche qui si riprenda sul finale, riuscito, ma che non riesce a restituire il dramma della vicenda che risulta più parodistica che altro, vuoi anche per il taglio decisamente retrò e fuori tempo massimo per alcune idee e e scelte stilistiche.
Non tutto però va per il verso giusto e l'idea di fondo purtroppo rimane quello, una base sulla quale non viene costruito quello che si prefissava. L'aspetto psicologico non viene mai a galla, il dolore è unicamente grafico, fumettoso, vuoi per delle scene troppo stereotipate o per una ricostruzione degli ambienti medici fuori dal tempo che non restituiscono i timori, l'inquietudine e la sofferenza provata dalla cavia in questione.
L'adattamento non aiuta. Visto il decadimento delle carni il nostro non-morto protagonista ha evidenti problemi nel comunicare, ma questo rende comico/delirante il tutto poiché si è scelto di farlo esprimere un po' come si faceva negli anni 60/70 coi personaggi di colore, alla "zi, badrone" tanto per capirci. Ammetto che non è facile immedesimarsi ed entrare realmente nella vicenda.
L'idea del vivere questa sofferenza, indagare sulla morte, scoprire nel frattempo il come sia morto e vederlo utilizzato dai medici come mera cavia sulla carta sono scelte vincenti, impattanti e decisamente all'avanguardia per il tempo, ma come detto l'opera non riesce a dare forma a nulla di tutto ciò, nonostante anche qui si riprenda sul finale, riuscito, ma che non riesce a restituire il dramma della vicenda che risulta più parodistica che altro, vuoi anche per il taglio decisamente retrò e fuori tempo massimo per alcune idee e e scelte stilistiche.