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Se tu - lettore - non hai un'età molto diversa dalla mia, probabilmente sai bene che essere adolescenti a metà degli anni '00 non era esattamente una cosa semplice. Specie poi se ti trovavi in una città diversa, in una scuola nuova, con persone che non conosci.
Tu a quelle persone potevi parlaci o meno, potevano piacerti o no, ma potevi sapere per certo che tutti quanti - da qualche parte nello zaino Eastpak - avevano un lettore mp3, per ascoltare la musica con le cuffiette.
Ed era abbastanza facile prevedere che musica c'era dentro. Era facile perché un altra cosa che sapevi per certo, era che tornati a casa dalle superiori, tutti passavano del tempo davanti alla tv ad ascoltare musica. Tutti passavano del tempo davanti ad MTV.
E da una parte c'erano quelli che ascoltavano il rap di Eminem e 50 cent, poi c'erano i metallari che avevano i SOAD o i 30STM, ai rockettari piacevano i Foo Fighters, ai punk i Green Day. I fighetti si mettevano Justin Timberlake. Quelli che non sapevano cosa ascoltare avevano senz'altro qualcosa dei Red Hot nelle loro playlist, e quelli che ascoltavano pessima musica ascoltavano i Tokio Hotel... o viceversa.
Ma i Linkin Park li ascoltavamo tutti, indistintamente.
Dimostrami il contrario, avanti...
Tutti lo sapevamo. Forse nessuno lo diceva, ma a tutti piacevano.

Ed i Linkin Park li ascoltavamo perché erano perfetti. Strofa tranquilla in rap e ritornello metal urlato ed arrabbiato, era una formula che non poteva non funzionare nell'annidarsi dentro al cuore dei ragazzi.
E se mi sforzo un momento sento ancora la delusione di tanti che nel 2006, durante i primi singoli di Minutes To Midnight, annunciavano la disfatta di un gruppo che aveva messo da parte il suono ruvido e capace di accogliere le accese sensazioni di un adolescente, a favore di una formula più accessibile e popolare, contenitore di un messaggio più universale.
Forse è per questo che i video di Meteora giravano ancora tra il 2005 ed il 2007. C'era ancora rabbia, disagio, malcontento, a c'era bisogno di quelle valvole di sfogo.
E se mi sforzo ancora un'attimo riesco a ripescare alcune scintille di quelle che erano le sensazioni di quando partiva quel tuono in Breaking The Habit. Quelle scene in revese che erano abbastanza confuse ed enigmatiche, cosi come pure il testo, perché non si sapeva bene cosa urlasse Chester, ma quello che sapevamo - ed era lampante - era che fosse arrabbiato. Stavolta sul serio. Stavolta con se stesso. Facile sbraitare quando hai una band che fa casino dietro, ma in questo pezzo lo sentivi chiaramente, siccome ci hanno messo poca chitarra, poco casino, tanta atmosfera. Una scura nebbia di desolazione opprimente.
Lo capivo che quelle urla erano rivolte al mio io interiore. Lo capivo che in realtà se avevo un lato di me sempre incazzato, il problema era io, era l'incapacità di esprimermi in un periodo cosi complicato, era il voler urlare un malessere che non capivo cosa fosse... o forse erano solo i Tokio Hotel.

Ed allora quando il suono di un mp3 si tramutava in immagini su MTV, sapevi che non eri solo. Sapevi che anche gli altri da qualche parte non erano sempre in pace con loro stessi, e forse questo aiutava un po' tutti a farci pace con quel disagio interiore.
Che poi vattelo a ricordare cosa fosse. Forse il normale disagio di un adolescente che deve iniziare a affrontare i problemi del mondo, forse un effetto collaterale della voglia di stare soli perché cosa vuoi che ne capiscano gli altri... Ma ricordo bene che qualsiasi cosa fosse, i Linkin Park erano li, con una combinazione musicale e delle sensazioni che intercettavamo, magari senza capire tutto, ma che sentivamo nostre. Almeno fino a Minutes to Midnight (che tra parentesi è un buon album, ma non era più quella musica che ti parlava da coetanea).
Questa non è la recensione del video di Breaking The Habit. E cosa ti aspettavi? che a 15 anni sapessi cosa fosse la Gonzo, Kazuto Nakazawa, o anche solo l'animazione giappo?

Voto 8, ma per tanto per dare un numero, non puoi dare un voto alle sensazioni. Figuriamoci quelle di un adolescente.