Recensione
Ikoku Nikki - Journal with witch
10.0/10
Raccolgo le parole per recensire quest'opera di Tomoko Yamashita dopo otto mesi dalla fine della sua pubblicazione. Credo che sia una delle opere più preziose, delicate e mature che abbiamo avuto il piacere di leggere in Italia. E allo stesso modo, credo che solo una mano sapiente e una mente sensibile avrebbero potuto partorire gli undici volumi di "Ikoku Nikki" proposti dalla casa editrice Flashbook.
Se avete letto il romanzo di Pollyanna e lo avete apprezzato, questa storia vi piacerà senz'altro perché la dinamica famigliare è esattamente identica. Ciò che cambia, oltre alla chiave moderna con cui è esposta la storia, è la capacità della protagonista di elaborare la perdita dei genitori.
Asa, studentessa delle superiori, dopo la morte improvvisa dei genitori viene ospitata nell'appartamento della zia. L'accoglienza non avviene stendendo alla nipote un tappeto rosso. Asa, infatti, è figlia della sorella con cui la donna aveva chiuso i rapporti. Makio è una donna riservata, che vive della sua scrittura e si rifugia nel suo spazio casalingo. Nonostante sia una scrittrice nota e riconosciuta nel suo ambiente, è insicura e instabile. Se non trasparisse il suo mondo interiore nei suoi libri, la si potrebbe definire arida e anaffettiva. Asa subentra in una routine fatta di brevi metri percorsi tra la scrivania e la cucina, obbligando Makio a stendere un fouton in più e ad affrontare dei mostri passati. Primo fra tutti la martellante idea, provocata dalla sua stessa sorella, che fosse un disastro in tutto. Come potrà legarsi alla figlia di una delle donne che l'ha più trafitta e crescerla? Proprio lei che è stata incapace di mantenere i rapporti solidi con la sua famiglia. Proprio lei che ha preferito la vita da lupo solitario a quella in coppia con un uomo al quale voleva bene.
"Quel giorno il suo sguardo, così simile a quello di un lupo separato dal branco scacciò il destino che mi attendeva, ovvero vivere senza alcun parente".
Asa, orfana di entrambi i genitori, trasferitasi in un luogo non suo e con un trasloco ancora non terminato, trova lentamente spazio nel caos della zia. Ogni giorno prova a rendersi utile per una donna sempre indaffarata e persa nel suo mondo. Si muove tra quei silenzi di cui la scrittrice ha bisogno per alimentare le sue storie e - soprattutto - la osserva. Lo fa con un'attenzione meticolosa, ammirata e desiderosa di essere accettata. La svolta che dà il senso al titolo del manga arriverà quando le due donne si trovano l'una di fronte all'altra, guardandosi negli occhi, confidandosi sulla natura dei sentimenti. La bellezza di Makio si rivela in tutta la sua sincerità e profondità, in quel momento la zia suggerisce alla nipote di tenere un diario come "faro" dei momenti difficili.
Il "faro" e la "vela" sono un binomio proposto a più riprese e quando emergerà il tema della traiettoria da percorrere. Asa è orfana, il faro e la vela sono il padre e la madre che non ha più. Sono due persone che l'hanno accompagnata e che poi per effetto di una tempesta sono sparite dalla sua vita, lasciando la sua barca in balia delle onde e di un mondo che non era preparata ad affrontare da sola. Quando la zia le propone di fare di quel diario il suo faro, lo fa perché saprà che le sarà utile nei giorni in cui Asa sarà costretta a svuotare la casa dei propri genitori oppure ad interrogarsi sul particolare rapporto con il padre. E oltre a questo enorme lavoro introspettivo che Asa fa su sé stessa, mantiene il suo contatto con una quotidianità scolastica, sceglie le sue amicizie e giorno dopo giorno - con una costanza ammirevole - edifica il suo rapporto con Makio. La sua salvezza, il suo unico parente e la "strega" dai capelli scombinati che si alza dalla sedia dopo una notte in bianco trascorsa a scrivere... solo per mangiare la colazione che le ha preparato.
Giorno dopo giorno il rapporto tra zia e nipote, accomunate all'inizio solo dagli stessi legami di parentela, diventa più solido. In alcuni momenti riescono a creare anche una nuova mappa famigliare, grazie al diverso legame vissuto da entrambe le donne con le stesse persone seppure in fasi diverse. Sono inoltre aiutate da personaggi secondari che condividono la loro quotidianità, ciascuno con un proprio posto al loro fianco e mai casuale. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ancora un po', anche se la porzione più grande della narrazione andava chiaramente destinata alle due protagoniste.
Ikoku Nikki può essere una lettura dolorosa perché non sfugge i temi difficili e li "attraversa" tutti. Al contrario dell'allegra e zompettante Pollyanna che gioca alla felicità, trovando sempre un buon motivo per sorridere alla vita. Qui l'autrice propone di fermarsi un attimo e sentirla quella "cosa" che fa stare male, quel vuoto che va osservato, capito e metabolizzato. Lo fa con delicatezza e allo stesso tempo senza sosta. E' una lettura dedicata al proprio io sensibile ma guerriero che ha voglia di entrare nella vita di due persone ferite, per dare compagnia e crescere insieme. Normalmente scrivo perché suggerisco una lettura, mentre in questo caso mi sento di condividerne il piacere della lettura solo a chi in grado di arrivarci con la testa e con il cuore. Proprio come se si leggessero le memorie di qualcun altro, va letto con rispetto, a piccoli passi e chiedendo il permesso.
Se avete letto il romanzo di Pollyanna e lo avete apprezzato, questa storia vi piacerà senz'altro perché la dinamica famigliare è esattamente identica. Ciò che cambia, oltre alla chiave moderna con cui è esposta la storia, è la capacità della protagonista di elaborare la perdita dei genitori.
Asa, studentessa delle superiori, dopo la morte improvvisa dei genitori viene ospitata nell'appartamento della zia. L'accoglienza non avviene stendendo alla nipote un tappeto rosso. Asa, infatti, è figlia della sorella con cui la donna aveva chiuso i rapporti. Makio è una donna riservata, che vive della sua scrittura e si rifugia nel suo spazio casalingo. Nonostante sia una scrittrice nota e riconosciuta nel suo ambiente, è insicura e instabile. Se non trasparisse il suo mondo interiore nei suoi libri, la si potrebbe definire arida e anaffettiva. Asa subentra in una routine fatta di brevi metri percorsi tra la scrivania e la cucina, obbligando Makio a stendere un fouton in più e ad affrontare dei mostri passati. Primo fra tutti la martellante idea, provocata dalla sua stessa sorella, che fosse un disastro in tutto. Come potrà legarsi alla figlia di una delle donne che l'ha più trafitta e crescerla? Proprio lei che è stata incapace di mantenere i rapporti solidi con la sua famiglia. Proprio lei che ha preferito la vita da lupo solitario a quella in coppia con un uomo al quale voleva bene.
"Quel giorno il suo sguardo, così simile a quello di un lupo separato dal branco scacciò il destino che mi attendeva, ovvero vivere senza alcun parente".
Asa, orfana di entrambi i genitori, trasferitasi in un luogo non suo e con un trasloco ancora non terminato, trova lentamente spazio nel caos della zia. Ogni giorno prova a rendersi utile per una donna sempre indaffarata e persa nel suo mondo. Si muove tra quei silenzi di cui la scrittrice ha bisogno per alimentare le sue storie e - soprattutto - la osserva. Lo fa con un'attenzione meticolosa, ammirata e desiderosa di essere accettata. La svolta che dà il senso al titolo del manga arriverà quando le due donne si trovano l'una di fronte all'altra, guardandosi negli occhi, confidandosi sulla natura dei sentimenti. La bellezza di Makio si rivela in tutta la sua sincerità e profondità, in quel momento la zia suggerisce alla nipote di tenere un diario come "faro" dei momenti difficili.
Il "faro" e la "vela" sono un binomio proposto a più riprese e quando emergerà il tema della traiettoria da percorrere. Asa è orfana, il faro e la vela sono il padre e la madre che non ha più. Sono due persone che l'hanno accompagnata e che poi per effetto di una tempesta sono sparite dalla sua vita, lasciando la sua barca in balia delle onde e di un mondo che non era preparata ad affrontare da sola. Quando la zia le propone di fare di quel diario il suo faro, lo fa perché saprà che le sarà utile nei giorni in cui Asa sarà costretta a svuotare la casa dei propri genitori oppure ad interrogarsi sul particolare rapporto con il padre. E oltre a questo enorme lavoro introspettivo che Asa fa su sé stessa, mantiene il suo contatto con una quotidianità scolastica, sceglie le sue amicizie e giorno dopo giorno - con una costanza ammirevole - edifica il suo rapporto con Makio. La sua salvezza, il suo unico parente e la "strega" dai capelli scombinati che si alza dalla sedia dopo una notte in bianco trascorsa a scrivere... solo per mangiare la colazione che le ha preparato.
Giorno dopo giorno il rapporto tra zia e nipote, accomunate all'inizio solo dagli stessi legami di parentela, diventa più solido. In alcuni momenti riescono a creare anche una nuova mappa famigliare, grazie al diverso legame vissuto da entrambe le donne con le stesse persone seppure in fasi diverse. Sono inoltre aiutate da personaggi secondari che condividono la loro quotidianità, ciascuno con un proprio posto al loro fianco e mai casuale. Mi sarebbe piaciuto conoscerli ancora un po', anche se la porzione più grande della narrazione andava chiaramente destinata alle due protagoniste.
Ikoku Nikki può essere una lettura dolorosa perché non sfugge i temi difficili e li "attraversa" tutti. Al contrario dell'allegra e zompettante Pollyanna che gioca alla felicità, trovando sempre un buon motivo per sorridere alla vita. Qui l'autrice propone di fermarsi un attimo e sentirla quella "cosa" che fa stare male, quel vuoto che va osservato, capito e metabolizzato. Lo fa con delicatezza e allo stesso tempo senza sosta. E' una lettura dedicata al proprio io sensibile ma guerriero che ha voglia di entrare nella vita di due persone ferite, per dare compagnia e crescere insieme. Normalmente scrivo perché suggerisco una lettura, mentre in questo caso mi sento di condividerne il piacere della lettura solo a chi in grado di arrivarci con la testa e con il cuore. Proprio come se si leggessero le memorie di qualcun altro, va letto con rispetto, a piccoli passi e chiedendo il permesso.