Recensione
Ride Back
5.0/10
Attenzione, qualche spoiler (ma nulla di che)
Ero in cerca di una serie d’azione godibile, disimpegnata e non troppo lunga e le numerose lodi che ho trovato in rete mi hanno spinto verso questo Rideback, anime di 12 episodi targato Madhouse la cui protagonista è Rin Ogata, ex ballerina che scopre di avere un innato talento nel guidare le futuristiche moto del titolo, talento che attirerà l’attenzione di molte persone, non tutte interessate da un punto di vista sportivo.
Ebbene, la serie è effettivamente corta e non impegnativa - anche se è evidente il tentativo, fallito alla grande, di dare spessore con l’introduzione di tematiche sociali -, ma il divertimento e l’interesse che ho provato durante la visione sono prossimi allo zero. Oltre a essere molto noioso (probabilmente l’avrei interrotto prima della fine se gli episodi fossero stati 24 invece di 12), questo anime mi ha dato la netta sensazione di non avere affatto le idee chiare su dove volesse andare a parare.
La prima puntata non è che l’ennesima rielaborazione di uno dei più abusati cliché dell’animazione giapponese: la protagonista, che inizialmente manco sa cosa sia un Rideback (anche se un paio di puntate dopo le sovviene di avere un fratellino fanatico di tali veicoli...), si ritrova per caso a pilotarne uno, scoprendo così di avere un eccezionale talento per questo sport. Come partenza non è il massimo, tuttavia poteva essere interessante analizzare la psicologia di un’atleta che, dopo aver dovuto abbandonare la sua disciplina, ne scopre una nuova.
Purtroppo il mio già scarso entusiasmo diminuisce ulteriormente con i due episodi successivi, che abbandonano quest’unico spunto decente continuando invece a proporci un concentrato di stereotipi del genere sportivo: la nostra eroina trova un’amica/rivale (naturalmente bionda, bella e di buona famiglia oltre che fortissima), si lascia sfidare e riesce pure a tenerle testa, dopodiché si passa direttamente alle gare ufficiali con tanto di rimonte miracolose. Il tutto mentre sullo sfondo incominciano a prendere corpo intrighi e complotti politici che sembrano non c’entrare nulla col resto.
Fino a qui, l’impressione è di stare guardando qualcosa di decisamente banale: ogni avvenimento è estremamente prevedibile, le sfide coi Rideback sono tutto meno che esaltanti, inoltre, nonostante i co-protagonisti si ostinino a dire il contrario, Rin non dimostra affatto di avere una personalità forte e apprezzabile.
Tutto cambia con l’episodio 4: da qui in poi gli aspetti sportivi vengono completamente messi da parte in favore di una pasticciatissima vicenda fantapolitica a base di regimi autoritari, terroristi e scontri con la polizia. Ed è proprio a questo punto che la mia noia si trasforma in perplessità.
Ve lo dirò chiaramente: alla fine non sono mica riuscita a capire quali scopi questo anime si prefiggesse, ma, qualsiasi essi fossero, sono abbastanza sicura che non siano stati raggiunti.
Rideback parte come il più banale degli sportivi, per poi cambiare rotta e diventare… cosa?
Una serie in cui l’azione fa da padrona, in cui tutto ciò che accade è un mero pretesto per parlare dei Rideback e vederli all’opera?
Questo spiegherebbe la superficialità con cui viene gestita la trama e perché tali mezzi sembrino essere il centro dell’universo, ma in ogni caso ci sono troppi tempi morti per un titolo d’azione e le scene movimentate, oltre a non essere molte, non sono particolarmente coinvolgenti (qualche sgommata e un bel po’ di ralenti).
E se mi sbagliassi, se l’aspetto principale fosse invece la vicenda politica e le riflessioni che dovrebbe ispirare?
Beh, in questo caso la stroncatura è doppiamente giustificata! Mi spiace, ma se si vuole affrontare certi argomenti con serietà non si può mettere in piedi uno scenario socio-politico ridicolo anche per un action movie di serie B e gestirlo in maniera ancora più assurda! C’è ‘sto GGP che prende e perde il potere così, in 10 secondi perché la trama lo richiede, il ridicolissimo cattivone sembra uscito direttamente da un qualche vecchio film con Chuck Norris (gli mancava solo una svastica tatuata da qualche parte e una maglietta con scritto “Evil”), militari con la mira e l’intelligenza di un criceto, squadroni invincibili che si fanno disintegrare dalle piroette di una ragazzina… Con tutto il rispetto, mi sa che in un contesto tanto banale certi temi li può vedere solo chi vuol vederli a tutti i costi, a me non basta sentir pronunciare a caso parole come "terrorismo" o "repressione" per dire che si sono affrontate certe tematiche.
Ma forse sto di nuovo sbagliando: visto il ritmo lento di molti passaggi e i momenti di introspezione, questo anime puntava sull’approfondimento psicologico!
Già, ma in questo caso sarebbero serviti personaggi ben caratterizzati, non gente dalla personalità appena abbozzata e spesso senza motivazioni né scopi (non saprei nemmeno dire quali fossero i personaggi principali e quali i secondari!), e nemmeno la protagonista, lo ripeto, mi è sembrata molto interessante da un punto di vista psicologico, dopo un po' le sue riflessioni iniziano ad essere monotone - cara Rin, abbiamo capito che Fuego t’attizza perché sostituisce le tue gambe infortunate e che avevi paura di non riuscire a superare tua madre, quante volte ce lo devi ripetere?
Insomma, per farla breve questa mi pare la tipica serie né carne né pesce, che non sapendo quali spunti approfondire tra i molti che ha a disposizione prova a portarli avanti tutti, finendo col non trattarne nessuno in maniera soddisfacente e risultando quindi deludente sotto qualunque punto di vista la si voglia considerare.
Anche tecnicamente non c’è da gridare al miracolo. La CG è ben integrata, ne convengo, ed è animato benino, ma il design dei personaggi, a parte forse quello di Tamayo, non è un granché, mentre la colonna sonora alterna buoni brani ad altri piuttosto insignificanti. Bocciate le noiosissime sigle, che ho regolarmente skippato dalla terza puntata in avanti.
In definitiva, una serie poco riuscita e altrettanto poco convincente che ben presto nessuno ricorderà, non la consiglierei né per riflettere né come svago.
Io a dire il vero la sto già dimenticando: rileggendo il commento mi sono accorta di aver scritto “Ran” invece di “Rin” in ben due occasioni!
Ero in cerca di una serie d’azione godibile, disimpegnata e non troppo lunga e le numerose lodi che ho trovato in rete mi hanno spinto verso questo Rideback, anime di 12 episodi targato Madhouse la cui protagonista è Rin Ogata, ex ballerina che scopre di avere un innato talento nel guidare le futuristiche moto del titolo, talento che attirerà l’attenzione di molte persone, non tutte interessate da un punto di vista sportivo.
Ebbene, la serie è effettivamente corta e non impegnativa - anche se è evidente il tentativo, fallito alla grande, di dare spessore con l’introduzione di tematiche sociali -, ma il divertimento e l’interesse che ho provato durante la visione sono prossimi allo zero. Oltre a essere molto noioso (probabilmente l’avrei interrotto prima della fine se gli episodi fossero stati 24 invece di 12), questo anime mi ha dato la netta sensazione di non avere affatto le idee chiare su dove volesse andare a parare.
La prima puntata non è che l’ennesima rielaborazione di uno dei più abusati cliché dell’animazione giapponese: la protagonista, che inizialmente manco sa cosa sia un Rideback (anche se un paio di puntate dopo le sovviene di avere un fratellino fanatico di tali veicoli...), si ritrova per caso a pilotarne uno, scoprendo così di avere un eccezionale talento per questo sport. Come partenza non è il massimo, tuttavia poteva essere interessante analizzare la psicologia di un’atleta che, dopo aver dovuto abbandonare la sua disciplina, ne scopre una nuova.
Purtroppo il mio già scarso entusiasmo diminuisce ulteriormente con i due episodi successivi, che abbandonano quest’unico spunto decente continuando invece a proporci un concentrato di stereotipi del genere sportivo: la nostra eroina trova un’amica/rivale (naturalmente bionda, bella e di buona famiglia oltre che fortissima), si lascia sfidare e riesce pure a tenerle testa, dopodiché si passa direttamente alle gare ufficiali con tanto di rimonte miracolose. Il tutto mentre sullo sfondo incominciano a prendere corpo intrighi e complotti politici che sembrano non c’entrare nulla col resto.
Fino a qui, l’impressione è di stare guardando qualcosa di decisamente banale: ogni avvenimento è estremamente prevedibile, le sfide coi Rideback sono tutto meno che esaltanti, inoltre, nonostante i co-protagonisti si ostinino a dire il contrario, Rin non dimostra affatto di avere una personalità forte e apprezzabile.
Tutto cambia con l’episodio 4: da qui in poi gli aspetti sportivi vengono completamente messi da parte in favore di una pasticciatissima vicenda fantapolitica a base di regimi autoritari, terroristi e scontri con la polizia. Ed è proprio a questo punto che la mia noia si trasforma in perplessità.
Ve lo dirò chiaramente: alla fine non sono mica riuscita a capire quali scopi questo anime si prefiggesse, ma, qualsiasi essi fossero, sono abbastanza sicura che non siano stati raggiunti.
Rideback parte come il più banale degli sportivi, per poi cambiare rotta e diventare… cosa?
Una serie in cui l’azione fa da padrona, in cui tutto ciò che accade è un mero pretesto per parlare dei Rideback e vederli all’opera?
Questo spiegherebbe la superficialità con cui viene gestita la trama e perché tali mezzi sembrino essere il centro dell’universo, ma in ogni caso ci sono troppi tempi morti per un titolo d’azione e le scene movimentate, oltre a non essere molte, non sono particolarmente coinvolgenti (qualche sgommata e un bel po’ di ralenti).
E se mi sbagliassi, se l’aspetto principale fosse invece la vicenda politica e le riflessioni che dovrebbe ispirare?
Beh, in questo caso la stroncatura è doppiamente giustificata! Mi spiace, ma se si vuole affrontare certi argomenti con serietà non si può mettere in piedi uno scenario socio-politico ridicolo anche per un action movie di serie B e gestirlo in maniera ancora più assurda! C’è ‘sto GGP che prende e perde il potere così, in 10 secondi perché la trama lo richiede, il ridicolissimo cattivone sembra uscito direttamente da un qualche vecchio film con Chuck Norris (gli mancava solo una svastica tatuata da qualche parte e una maglietta con scritto “Evil”), militari con la mira e l’intelligenza di un criceto, squadroni invincibili che si fanno disintegrare dalle piroette di una ragazzina… Con tutto il rispetto, mi sa che in un contesto tanto banale certi temi li può vedere solo chi vuol vederli a tutti i costi, a me non basta sentir pronunciare a caso parole come "terrorismo" o "repressione" per dire che si sono affrontate certe tematiche.
Ma forse sto di nuovo sbagliando: visto il ritmo lento di molti passaggi e i momenti di introspezione, questo anime puntava sull’approfondimento psicologico!
Già, ma in questo caso sarebbero serviti personaggi ben caratterizzati, non gente dalla personalità appena abbozzata e spesso senza motivazioni né scopi (non saprei nemmeno dire quali fossero i personaggi principali e quali i secondari!), e nemmeno la protagonista, lo ripeto, mi è sembrata molto interessante da un punto di vista psicologico, dopo un po' le sue riflessioni iniziano ad essere monotone - cara Rin, abbiamo capito che Fuego t’attizza perché sostituisce le tue gambe infortunate e che avevi paura di non riuscire a superare tua madre, quante volte ce lo devi ripetere?
Insomma, per farla breve questa mi pare la tipica serie né carne né pesce, che non sapendo quali spunti approfondire tra i molti che ha a disposizione prova a portarli avanti tutti, finendo col non trattarne nessuno in maniera soddisfacente e risultando quindi deludente sotto qualunque punto di vista la si voglia considerare.
Anche tecnicamente non c’è da gridare al miracolo. La CG è ben integrata, ne convengo, ed è animato benino, ma il design dei personaggi, a parte forse quello di Tamayo, non è un granché, mentre la colonna sonora alterna buoni brani ad altri piuttosto insignificanti. Bocciate le noiosissime sigle, che ho regolarmente skippato dalla terza puntata in avanti.
In definitiva, una serie poco riuscita e altrettanto poco convincente che ben presto nessuno ricorderà, non la consiglierei né per riflettere né come svago.
Io a dire il vero la sto già dimenticando: rileggendo il commento mi sono accorta di aver scritto “Ran” invece di “Rin” in ben due occasioni!