Quando si inventa qualcosa di nuovo e di successo chiunque vorrebbe ripercorrere quelle stesse strade al fine di sbancare il lunario. Hidetaka Miyazaki ha praticamente inventato un nuovo modo di giocare e non è di certo una cosa che accade tutti i giorni.
Il suo Demon’s Souls era qualcosa di nuovo, un nuovo approccio alla narrazione e agli scontri all’arma bianca, trasmutando in oro idee precedenti come in King’s Field. Quel che Sony non ha guadagnato in economia l’ha guadagnato in reputazione, riversata sull’ascendente di Miyazaki, da allora uno dei capomastri dell’industria videoludica. Ammirazione, invidia, supponenza, rispetto o arroganza hanno accompagnato altri team, alla ricerca del personale “souls” e, di esempi, ne abbiamo avuto a bizzeffe: Lords of the Fallen lo ricordiamo tutti, un titolo con una buona dose di ambizione ma che risultava in fin dei conti una blanda imitazione dell’originale. Sfruttare un tema, il cosiddetto "souls like", è molto complesso, una danza di equilibri parametrici da rispettare con minuzia ed è da qui che altre software house sono partite, alla ricerca della formula perfetta e perché no, originale. Immortal: Unchained è riuscita a unire queste peculiarità allo sparatutto terza persona (non senza problemi), trovando una più consistente versione nel più recente Remnant: From the Ashes. In questo caso, l’ibrido funziona la maggior parte delle volte, rimanendo sempre “malvagio” ma in grado di regalare anche una buona dose di appagamento. Proprio quest’ultimo punto diventa fondamentale nella progettazione di un buon souls: come nella vita, di mazzate se ne prendono parecchie e capiterà spesso di ricominciare da capo. Ma quando tutto diventa frustrante, riprendere può risultare molto difficile e, nel caso di un videogioco, posare (per non dire lanciare) il pad e fare altro è giusto un attimo. La creazione di questo contesto, ci porta a Mortal Shell, titolo targato Cold Symmetry, che si propone più come "From Software like" piuttosto che souls like in senso stretto. Vediamo perché.
Partiamo subito da un elemento che ci ha subito colpito. L’introduzione al mondo di gioco è quasi più violenta rispetto ai titoli che conosciamo; non solo non sappiamo nulla dell’ambiente circostante, ma nemmeno degli oggetti con cui interagiamo. Questo porta l’immedesimazione in questo genere su un altro livello, in cui dovremmo scoprire passo passo cosa l’utilizzo di un oggetto comporta, aumentandone la cosiddetta Familiarità. È così che, trovandoci davanti un fungo, spinti dalla curiosità, lo ingeriamo. Può andarci di fondoschiena, trovando qualcosa in grado di rigenerare una piccola quantità di punti vita nel tempo oppure, discretamente male, come un immediato avvelenamento ma che in qualche modo ci protegge da ulteriori sostanze. Il senso di scoperta dunque si moltiplica perché se è vero (come sembra) che l’ambiente che ci circonda “ci parla”, solo se sappiamo ascoltare e vedere, è vero anche che trovarci di fronte a oggetti sconosciuti incuriosisce ancor di più a esplorare, creando un livello ulteriore di senso di scoperta.
Parlando del mondo di gioco siamo sempre avvolti dall’aurea mistica del dark fantasy sdoganato da Demon’s Souls e i richiami all’universo “miyazakiano” sono innumerevoli e persino palesi. Siamo sempre sul limbo del rispetto verso un autore, cercando di omaggiarlo e della mancanza di reali idee stilistiche, anche se, in qualche modo, funziona. Tralasciando l’ambientazione quasi onirica del tutorial, abbiamo a disposizione due aree, purtroppo non collegate direttamente tra loro. La prima, aperta e con una discreta complessità, ci porta in una valle verde con nemici basilari ma a quanto pare, bravi a suonare il liuto. È qui che si comincia a sperimentare con i comandi, se vogliamo, un’esplorazione intrinseca all’interno di questo genere. Subito veniamo a conoscenza della peculiarità principale del titolo, in grado di risultare persino innovativa: di fatto, gli Shell del titolo del gioco, non sono altro che cadaveri di antichi guerrieri e che possiamo possedere assorbendone tutte le caratteristiche. In poche parole, essi rappresentano le varie classi che abbiamo a disposizione cui è possibile switchare in tempo reale, persino in combattimento. C’è una teoria che circola in giro, su come la mancanza di risorse ci spinga a trovare nuove soluzioni ed essendo, Cold Symmetry, un team molto, molto piccolo, ecco che per sbucar fuori dall’eventuale anonimato, si è ingegnata, portando effettivamente qualcosa che a conti fatti funziona. Tralasciando qualche piccolo problema di bilanciamento tra le due classi a disposizione, l’espediente risulta interessante: il primo dei gusci è un Vassallo, essenzialmente un classico cavaliere armato di spada pesante che vanta una buona resistenza ai colpi avversari. Maggiore corazza significa anche maggiore lentezza, tutto il contrario rispetto all’Accolito. Il cambiamento tra i due Shell può risultare radicale, anche se serve un po’ di studio e dimestichezza per capire come e quando utilizzare questo switch. Ogni Shell inoltre presenta dei potenziamenti, possibili attraverso l’utilizzo di Tar (praticamente le anime) e di Glimpse valuta speciale rilasciata randomicamente solo dai nemici più potenti. Capire le meccaniche di un nuovo souls è qualcosa di unico e anche in questo caso, prendersi il giusto tempo per studiare le tempistiche degli attacchi e delle parate (ci arriviamo), nonché l’effetto degli oggetti è davvero appagante.
Il combat system ricorda alla larga Bloodborne, più nelle intenzioni che nello stile. Essere aggressivi è la vera chiave di volta. Approcciarsi a questi giochi infatti, genera sempre del timore, quasi reverenziale: si gira attorno all’avversario, si da un colpetto, si rotola e si muore. Una volta capito l’inghippo però, la paura diviene coraggio e spavalderia, assestando la nostra serie di colpi eleganti ma con l’esito di morire ugualmente. Trovato l’equilibrio di gioco, si capisce come il titolo sia sì malvagio ma non disonesto. Certo, alcuni colpi hanno attraversato delle pareti, le hitbox molto spesso risultano mal posizionate e il tracking rasenta il ridicolo. Ma è pur sempre una beta, prodotta da un piccolo team. Pad alla mano, si è subito colpiti dalla lentezza delle animazioni ma con attacchi pesanti e leggeri ben differenziati tra loro. Quello che sembra mancare totalmente è il cosiddetto hyper armor, una sorta di equilibrio infinito che evita al personaggio di essere stordito o di veder interrotte le sue combo. In Mortal Shell, tutto questo sembra non esistere anche se ovviamente non abbiamo a disposizione tutti i tasselli del puzzle. Sono presenti solo due armi e non sappiamo in che modo i potenziamenti degli shell possano rendere differente il gameplay. Tralasciando questo però, Mortal Shell si lascia giocare e padroneggiare: tante sono infatti gli elementi a cui fare attenzione, come ad esempio il sistema di parry, il recupero di punti vita e la “made in Sekiro”, seconda chance.
Citando «un videogioco, senza parry, è una m…» anche Mortal Shell presenta la sua versione, seguendo la massima dell’«easy to learn, hard to master». Il parry di fatto non è un’abilità intrinseca del personaggio e non possiamo usarlo a piacimento: il concetto di Resolution verrà fuori non appena verrete colpiti a morte nonostante l’animazione perfetta della parata, questo perché essenzialmente è qualcosa che va caricato. Colpendo i nemici (ecco perché l’aggressività) o col tempo, un ulteriore barra si caricherà, formata da slot. Averli pieni è essenziale per utilizzare l’appagante strumento da parry, utile anche per segnalarci colpi avversari imparabili. Ma la Resolution serve anche per colpi simili alle weapon art di Dark Sous III, colpi micidiali che vedranno la trasformazione dell’arma in qualcos'altro. Ma l’elemento più importante è un altro: non esistono cure particolari, non esistono estus, fiale di sangue o gemme vitali; non esiste neppure un falò dove trovare restoro. E quindi, come ci si cura? Tralasciando i funghi citati poc'anzi, avremo a disposizione cure simili, con un regen limitato e di poco aiuto. L’unico modo per sopravvivere davvero e quello di padroneggiare il riposte subito dopo il parry, che farà assorbire al nostro alter ego l’energia vitale del nemico. Oltre a questo, e ci da una grossa mano una volta capitone il reale senso, abbiamo l’Indurimento, caratteristica peculiare del protagonista, ma a quanto pare anche di alcuni guerrieri nemici. La meccanica citata, al di là di facili battute, indurisce tutto il corpo come fosse pietra, respingendo gli attacchi avversari. In sostanza è uno scudo, ma utilizzabile solo a carica completa. Funzionando anche per gli attacchi a distanza, la vera forza dell’Indurimento è quella di non interrompere la nostra combo e rendendola più efficace con il nemico stordito. L’utilizzo dello scudo per attaccare invece che difendersi solamente mostra un sistema ben studiato, capace di far esprimere al massimo l’adattabilità del giocatore. È indubbio che man mano si giochi la beta, vengano in mente alcune strategie da eseguire e una di queste è legata alla possibilità di rientrare nello shell subito dopo la morte. Come in Sekiro appunto, la prima morte non è la fine di tutto: una volta subito il colpo finale, verremo sbattuti fuori dal nostro guscio e qui le scelte sono due: o continuare a combattere oppure, rientrare nel corpo. Al rientro, saremo di nuovo al massimo delle forze ma c’è di più. Infatti, oltre a poter scegliere lo shell possiamo anche uscirne volontariamente, aprendo altre possibilità d’azione.
Venendo alla mera tecnica, precisiamo ancora una volta che si tratta di una beta e che il gioco completo dovrebbe uscire a fine anno. Tuttavia, alcuni problemi andrebbero forzatamente sistemati come l’assenza di audio il più delle volte, compenetrazioni di "soulsiana" memoria e un I.A. veramente deficitaria, in grado di spegnere gli entusiasmi. Per il resto, è una produzione low budget e si vede, con un art design che fa fatica a risaltare e con modelli poligonali di discreta qualità. Anche l’impianto luci e i vari effetti non sembrano risaltare quel che vediamo, anche se abbiamo visto solo due ambientazioni. Si spera a un rilascio futuro di un ulteriore demo in grado di mostrare i progressi fatti; del resto, i feedback da questa beta saranno tantissimi.
Mortal Shell dunque paga un po’ le aspettative generate da alcuni trailer ben orchestrati. Pad alla mano, la produzione ha mostrato il fianco ad alcuni problemi tecnici ed equilibrio di gioco. La sensazione finora, è quella di un titolo dedicato puramente agli appassionati del genere anche se è difficile dire quale sarà il suo grado di memorabilità. Aspettiamo dunque nuovi aggiornamenti e la release finale ma le idee ci sono, basta fare il passo in più.
Il suo Demon’s Souls era qualcosa di nuovo, un nuovo approccio alla narrazione e agli scontri all’arma bianca, trasmutando in oro idee precedenti come in King’s Field. Quel che Sony non ha guadagnato in economia l’ha guadagnato in reputazione, riversata sull’ascendente di Miyazaki, da allora uno dei capomastri dell’industria videoludica. Ammirazione, invidia, supponenza, rispetto o arroganza hanno accompagnato altri team, alla ricerca del personale “souls” e, di esempi, ne abbiamo avuto a bizzeffe: Lords of the Fallen lo ricordiamo tutti, un titolo con una buona dose di ambizione ma che risultava in fin dei conti una blanda imitazione dell’originale. Sfruttare un tema, il cosiddetto "souls like", è molto complesso, una danza di equilibri parametrici da rispettare con minuzia ed è da qui che altre software house sono partite, alla ricerca della formula perfetta e perché no, originale. Immortal: Unchained è riuscita a unire queste peculiarità allo sparatutto terza persona (non senza problemi), trovando una più consistente versione nel più recente Remnant: From the Ashes. In questo caso, l’ibrido funziona la maggior parte delle volte, rimanendo sempre “malvagio” ma in grado di regalare anche una buona dose di appagamento. Proprio quest’ultimo punto diventa fondamentale nella progettazione di un buon souls: come nella vita, di mazzate se ne prendono parecchie e capiterà spesso di ricominciare da capo. Ma quando tutto diventa frustrante, riprendere può risultare molto difficile e, nel caso di un videogioco, posare (per non dire lanciare) il pad e fare altro è giusto un attimo. La creazione di questo contesto, ci porta a Mortal Shell, titolo targato Cold Symmetry, che si propone più come "From Software like" piuttosto che souls like in senso stretto. Vediamo perché.
Partiamo subito da un elemento che ci ha subito colpito. L’introduzione al mondo di gioco è quasi più violenta rispetto ai titoli che conosciamo; non solo non sappiamo nulla dell’ambiente circostante, ma nemmeno degli oggetti con cui interagiamo. Questo porta l’immedesimazione in questo genere su un altro livello, in cui dovremmo scoprire passo passo cosa l’utilizzo di un oggetto comporta, aumentandone la cosiddetta Familiarità. È così che, trovandoci davanti un fungo, spinti dalla curiosità, lo ingeriamo. Può andarci di fondoschiena, trovando qualcosa in grado di rigenerare una piccola quantità di punti vita nel tempo oppure, discretamente male, come un immediato avvelenamento ma che in qualche modo ci protegge da ulteriori sostanze. Il senso di scoperta dunque si moltiplica perché se è vero (come sembra) che l’ambiente che ci circonda “ci parla”, solo se sappiamo ascoltare e vedere, è vero anche che trovarci di fronte a oggetti sconosciuti incuriosisce ancor di più a esplorare, creando un livello ulteriore di senso di scoperta.
Parlando del mondo di gioco siamo sempre avvolti dall’aurea mistica del dark fantasy sdoganato da Demon’s Souls e i richiami all’universo “miyazakiano” sono innumerevoli e persino palesi. Siamo sempre sul limbo del rispetto verso un autore, cercando di omaggiarlo e della mancanza di reali idee stilistiche, anche se, in qualche modo, funziona. Tralasciando l’ambientazione quasi onirica del tutorial, abbiamo a disposizione due aree, purtroppo non collegate direttamente tra loro. La prima, aperta e con una discreta complessità, ci porta in una valle verde con nemici basilari ma a quanto pare, bravi a suonare il liuto. È qui che si comincia a sperimentare con i comandi, se vogliamo, un’esplorazione intrinseca all’interno di questo genere. Subito veniamo a conoscenza della peculiarità principale del titolo, in grado di risultare persino innovativa: di fatto, gli Shell del titolo del gioco, non sono altro che cadaveri di antichi guerrieri e che possiamo possedere assorbendone tutte le caratteristiche. In poche parole, essi rappresentano le varie classi che abbiamo a disposizione cui è possibile switchare in tempo reale, persino in combattimento. C’è una teoria che circola in giro, su come la mancanza di risorse ci spinga a trovare nuove soluzioni ed essendo, Cold Symmetry, un team molto, molto piccolo, ecco che per sbucar fuori dall’eventuale anonimato, si è ingegnata, portando effettivamente qualcosa che a conti fatti funziona. Tralasciando qualche piccolo problema di bilanciamento tra le due classi a disposizione, l’espediente risulta interessante: il primo dei gusci è un Vassallo, essenzialmente un classico cavaliere armato di spada pesante che vanta una buona resistenza ai colpi avversari. Maggiore corazza significa anche maggiore lentezza, tutto il contrario rispetto all’Accolito. Il cambiamento tra i due Shell può risultare radicale, anche se serve un po’ di studio e dimestichezza per capire come e quando utilizzare questo switch. Ogni Shell inoltre presenta dei potenziamenti, possibili attraverso l’utilizzo di Tar (praticamente le anime) e di Glimpse valuta speciale rilasciata randomicamente solo dai nemici più potenti. Capire le meccaniche di un nuovo souls è qualcosa di unico e anche in questo caso, prendersi il giusto tempo per studiare le tempistiche degli attacchi e delle parate (ci arriviamo), nonché l’effetto degli oggetti è davvero appagante.
Il combat system ricorda alla larga Bloodborne, più nelle intenzioni che nello stile. Essere aggressivi è la vera chiave di volta. Approcciarsi a questi giochi infatti, genera sempre del timore, quasi reverenziale: si gira attorno all’avversario, si da un colpetto, si rotola e si muore. Una volta capito l’inghippo però, la paura diviene coraggio e spavalderia, assestando la nostra serie di colpi eleganti ma con l’esito di morire ugualmente. Trovato l’equilibrio di gioco, si capisce come il titolo sia sì malvagio ma non disonesto. Certo, alcuni colpi hanno attraversato delle pareti, le hitbox molto spesso risultano mal posizionate e il tracking rasenta il ridicolo. Ma è pur sempre una beta, prodotta da un piccolo team. Pad alla mano, si è subito colpiti dalla lentezza delle animazioni ma con attacchi pesanti e leggeri ben differenziati tra loro. Quello che sembra mancare totalmente è il cosiddetto hyper armor, una sorta di equilibrio infinito che evita al personaggio di essere stordito o di veder interrotte le sue combo. In Mortal Shell, tutto questo sembra non esistere anche se ovviamente non abbiamo a disposizione tutti i tasselli del puzzle. Sono presenti solo due armi e non sappiamo in che modo i potenziamenti degli shell possano rendere differente il gameplay. Tralasciando questo però, Mortal Shell si lascia giocare e padroneggiare: tante sono infatti gli elementi a cui fare attenzione, come ad esempio il sistema di parry, il recupero di punti vita e la “made in Sekiro”, seconda chance.
Citando «un videogioco, senza parry, è una m…» anche Mortal Shell presenta la sua versione, seguendo la massima dell’«easy to learn, hard to master». Il parry di fatto non è un’abilità intrinseca del personaggio e non possiamo usarlo a piacimento: il concetto di Resolution verrà fuori non appena verrete colpiti a morte nonostante l’animazione perfetta della parata, questo perché essenzialmente è qualcosa che va caricato. Colpendo i nemici (ecco perché l’aggressività) o col tempo, un ulteriore barra si caricherà, formata da slot. Averli pieni è essenziale per utilizzare l’appagante strumento da parry, utile anche per segnalarci colpi avversari imparabili. Ma la Resolution serve anche per colpi simili alle weapon art di Dark Sous III, colpi micidiali che vedranno la trasformazione dell’arma in qualcos'altro. Ma l’elemento più importante è un altro: non esistono cure particolari, non esistono estus, fiale di sangue o gemme vitali; non esiste neppure un falò dove trovare restoro. E quindi, come ci si cura? Tralasciando i funghi citati poc'anzi, avremo a disposizione cure simili, con un regen limitato e di poco aiuto. L’unico modo per sopravvivere davvero e quello di padroneggiare il riposte subito dopo il parry, che farà assorbire al nostro alter ego l’energia vitale del nemico. Oltre a questo, e ci da una grossa mano una volta capitone il reale senso, abbiamo l’Indurimento, caratteristica peculiare del protagonista, ma a quanto pare anche di alcuni guerrieri nemici. La meccanica citata, al di là di facili battute, indurisce tutto il corpo come fosse pietra, respingendo gli attacchi avversari. In sostanza è uno scudo, ma utilizzabile solo a carica completa. Funzionando anche per gli attacchi a distanza, la vera forza dell’Indurimento è quella di non interrompere la nostra combo e rendendola più efficace con il nemico stordito. L’utilizzo dello scudo per attaccare invece che difendersi solamente mostra un sistema ben studiato, capace di far esprimere al massimo l’adattabilità del giocatore. È indubbio che man mano si giochi la beta, vengano in mente alcune strategie da eseguire e una di queste è legata alla possibilità di rientrare nello shell subito dopo la morte. Come in Sekiro appunto, la prima morte non è la fine di tutto: una volta subito il colpo finale, verremo sbattuti fuori dal nostro guscio e qui le scelte sono due: o continuare a combattere oppure, rientrare nel corpo. Al rientro, saremo di nuovo al massimo delle forze ma c’è di più. Infatti, oltre a poter scegliere lo shell possiamo anche uscirne volontariamente, aprendo altre possibilità d’azione.
Venendo alla mera tecnica, precisiamo ancora una volta che si tratta di una beta e che il gioco completo dovrebbe uscire a fine anno. Tuttavia, alcuni problemi andrebbero forzatamente sistemati come l’assenza di audio il più delle volte, compenetrazioni di "soulsiana" memoria e un I.A. veramente deficitaria, in grado di spegnere gli entusiasmi. Per il resto, è una produzione low budget e si vede, con un art design che fa fatica a risaltare e con modelli poligonali di discreta qualità. Anche l’impianto luci e i vari effetti non sembrano risaltare quel che vediamo, anche se abbiamo visto solo due ambientazioni. Si spera a un rilascio futuro di un ulteriore demo in grado di mostrare i progressi fatti; del resto, i feedback da questa beta saranno tantissimi.
Mortal Shell dunque paga un po’ le aspettative generate da alcuni trailer ben orchestrati. Pad alla mano, la produzione ha mostrato il fianco ad alcuni problemi tecnici ed equilibrio di gioco. La sensazione finora, è quella di un titolo dedicato puramente agli appassionati del genere anche se è difficile dire quale sarà il suo grado di memorabilità. Aspettiamo dunque nuovi aggiornamenti e la release finale ma le idee ci sono, basta fare il passo in più.
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