Verse, il misterioso essere proveniente da un’altra dimensione apparso durante la finale dello scorso KOF, è stato sconfitto dai finalisti del torneo, ma nonostante la minaccia sia stata debellata, la sua comparsa sembra sia destinata ad avere altri effetti sulla nostra realtà. Qualche tempo dopo la fine del KOF viene annunciata la prossima edizione, sostenuta da un nuovo sponsor. Chizuru Kagura percepisce qualcosa che interferisce con il sigillo di Orochi, altrimenti noto come Volontà di Gaia, decide così di allearsi quindi con gli altri due possessori dei Tesori Sacri, Kyo Kusanagi e Iori Yagami, per partecipare al KOF; Benimaru si unisce invece all’Hero Team di Shun’ei, il cui potere ha uno stretto legame con quello di Verse, allo scopo di tenere d’occhio la sua crescita al posto del maestro Tung Fu Rue. Vecchi e nuovi volti si iscrivono al torneo, tra cui spicca il misterioso Rival Team capitanato dalla giovane Isla, che sembra avere un potere simile a quello di Shun’ei.
 

La serie di The King of Fighters torna ad oltre cinque anni dal capitolo XIV, un lustro in cui in realtà non molto è cambiato nel panorama picchiaduristico, destinato ad essere dominato dai soliti tre, massimo quattro nomi con predicibile alternanza. La nuova SNK, tradizionalmente di stanzia ad Osaka ma dal 2015 di maggioritaria proprietà cinese, in questo lasso di tempo si è prodigata nel rilanciare i suoi iconici personaggi, sempre molto popolari più in Asia che in occidente, tramite giochi mobile, produzioni multimediali e collaborazioni di ogni genere; le apparizioni di Mai Shiranui in Dead or Alive 5 e 6, Terry Bogard in Super Smas Bros., Geese Howard in Tekken 7 e Haohmaru in SoulCalibur VI non sono che gli esempi più noti. Tralasciando il dimenticabile SNK Heroine Tag Team Frenzy (2018), il ben più meritevole nuovo capitolo di Samurai Shodown del 2019, affidatosi al collaudato Unreal Engine, rappresenta la volontà della compagnia di ritagliarsi un posto di rilievo nel mercato dei picchiaduro, cercando di migliorare laddove produzione ed esperienza lo consentono. Dunque, se The King of Fighters XIV è stata la base di una ripartenza in chiave 2.5D, generalmente ben accolta nonostante gli inziali sberleffi sulla grafica, il numero XV si colloca oltre, assecondando l'idea del sequel di rifinitura (come del resto lo è il genere di appartenenza), pur privo di pretenziosità narrative o di rottura, ma non per questo senza una precisa solidità strutturale e consolidata direzione del sistema di gioco.
 

In superficie, parte della filosofia dei prodotti SNK va da ricercarsi nel loro strizzare l’occhio al passato, al decennio d’oro delle sale giochi e delle lotte da strada, e in tal senso The King of Fighters XV non si risparmia in citazionismo e autoreferenzialità, nella sua esposizione di luoghi e trascinanti sonorità estranee allo scandire del tempo, laddove i capitoli anni ’90 erano invece specchio dell’immediatezza e di mode subculturali dell’epoca, in virtù della loro frenetica cadenza annuale. Ecco quindi che personaggi storici, quali Team Fatal Fury e Art of Fighting, disegnati all’epoca in cinque minuti e ingessati in un classicismo a tratti museale, fanno da contraltare ad una nuova generazione di combattenti, che guarda inevitabilmente a oriente, alla moderna Cina (lasciando per la prima volta da parte la Corea di Kim Kaphwan, almeno al lancio), come anche al Sud America, già esplorato con alcune (va detto poco memorabili) new entry nel capitolo XIV ma che qui vede nella cilena Isla, teoricamente la “Iori Yagami” per Shun’ei, il più importante innesto nel cast. Krohnen è quel tocco metropolitano/cyberpunk della saga NESTS che per la regola dei picchiaduro di lungo corso prima o poi doveva di nuovo palesarsi, un K9999 epurato da quella scomoda somiglianza con il Tetsuo di Akira che rendeva difficile il suo ripescaggio, mentre era ben più prevedibile e atteso, già con il finale del XIV, il ritorno di Ash Crimson, discusso ma forse anche per questo mai dimenticato protagonista della saga precedente, accompagnato da Elizabeth.
 

Avviando The King of Fighters XV non si rimane di certo colpiti dall’interfaccia principale, asettica ed essenziale come poche altre, in grado però di dare un’immediata panoramica sull’offerta del gioco SNK, evidenziando in azzurro le modalità online, decisamente più ricche di quelle dedicate al gioco in singolo. Queste si compongono in incontro classificato, incontro casuale (non soggetto a modifiche di rango) incontro in stanza e allenamento online, a cui seguono quella dose di funzioni di replay e modifica del proprio profilo che non deve mancare in un picchiaduro che vuole avere anche una sua componente “social”, che si traduce nel seguire e nel farsi seguire da altri giocatori, i quali saranno così in grado di vedere i nostri replay, comodamente scaricabili anche nella console (o nel PC). Storia, Versus, Allenamento e Missione sono invece le modalità dedicate al gioco offline; il corpus narrativo va di pari passo con il consistente numero di personaggi, ognuno, come noto, facente parte di un team e di conseguenza con finali dedicati (e in caso dei team più importanti anche delle cut-scene in occasione del boss), a cui si aggiungono una raccolta di finali segreti sbloccabili completando la storia con determinate formazioni non ufficiali, che andranno ad arricchire la Galleria, in cui tra gli extra troviamo anche un trascinante corto animato diretto da Masami Ōbari, nonché la selezione musicale nel DJ Station. Questa gradita modalità permette di modificare interamente la colonna sonora del gioco, ed include tutte, ma proprio tutte le musiche della serie, da The King of Fighters ’94 fino all’ultimo uscito, con in più alcuni extra come Metal Slug e altri classici della casa.
 

The King of Fighters XV conferma ovviamente il sistema a quattro tasti della saga, che si compone di due pugni e due calci di diversa potenza. Torna dal precedente episodio la Max Mode, visibile tramite una barra blu posta sopra quella delle Special e attivabile alla pressione dei tasti B+C, ma con delle modifiche rispetto all’edizione XIV, a partire dal costo di attivazione (2 porzioni di barra Special invece che una) e soprattutto per la sua versione Quick Mode, contraddistinta da un colore viola anziché azzurro la quale, similmente alla Hyperdrive di KOF XIII, permette una volta entrati nella difesa dell’avversario la continuazione di una combo in pressione sull’avversario, utilizzando “gratuitamente” le mosse EX, oppure/seguendo poi con una Super, per un periodo limitato. Lo Shatter Strike invece rappresenta una novità assoluta di questo capitolo, con il quale, al costo di una barra, il personaggio effettua un violento colpo che in base al suo utilizzo può avere una funzione difensiva (in pressing stunna l’avversario), oppure offensiva (se l’avversario è in aria verrà scaraventato verso la parete, permettendo così di infierire sul suo rimbalzo).
 

Queste implementazioni, unitamente alle altre collaudate meccaniche quali il Roll, la Guard Cancel, le Cancel, siano esse tra Super o Climax, e i ben quattro tipi di salto, rendono The King of Fighters XV un picchiaduro profondo come pochi altri, anche se questo non deve necessariamente essere un ostacolo per coloro che vogliono approcciarvisi. La semplicità di far entrare una chain combo, con una metodologia offensiva di avvicinamento solitamente simile per tutti i personaggi (partono sempre con i colpi deboli, dal basso o dall’alto) e gli imput delle tecniche per nulla astruse, rendono il gioco meno elitista di quanto qualcuno vorrebbe farlo passare, e questo non certo per la riconferma delle auto-combo, abbastanza inutilizzate online già nei rank intermedi, chi se ne lamenta è evidente che lì rimane, a livello basico.
Certo vi sono personaggi più user-friendly di altri, come quelli di Fatal Fury, Art of Fighting o i classici Kyo e Iori, che si contrappongono a combattenti con una curva di apprendimento più ripida (Angel su tutti), discorso che in ogni caso vale per qualsivoglia picchiaduro con un roster così ampio, in cui è difficile non trovare personalità adatte al nostro stile di gioco.
Le immancabili patch correttive saranno chiamate a correggere alcune beghe del bilanciamento e a migliorare l’esperienza online, che in queste prime settimane si è dimostrata comunque abbastanza buona, in virtù di una discreta partecipazione e di un netcode munito dell’ormai essenziale sistema rollback, le uniche criticità si sono presentate giusto nell’attesa del matchmaking. Non è purtroppo presente il crossplay tra le varie piattaforme (eccetto quelle della stessa famiglia, chiaramente), quindi è bene regolarsi di conseguenza quando si va a scegliere per quale sistema acquistarlo. Graficamente KOF XV attesta un notevole passo avanti rispetto al suo predecessore, con colori più brillanti, effetti e modelli poligonali dignitosi, anche se i lavori di ArcSystem Works rimangono ancora su un livello superiore. Ai 39 personaggi di base se ne aggiungeranno dodici nel corso del 2022, il percorso di The King of Fighters XV è appena iniziato, ed è iniziato con il piede giusto.
 
The King of Fighters XV, terza tappa del Rinascimento SNK dopo il XIV e Samurai Shodown ‘19, conscio di aver esaurito la spinta dell’effetto nostalgia, capisce che la strada da percorrere è quella del perfezionamento, gettando addosso al combattente le prime vere novità di ammodernamento al sistema di combo avvistabili da non pochi anni a questa parte, in aggiunta a poche ma meglio inserite new entry e un online moderno e funzionale. Il calderone di epoche e di stili trova una nuova forza nel confrontare il videogame anni '90 di stereotipi e di cartoline da viaggio del PaoPao Café e del deserto di Metal Slug 2, con quella fase anarchica successiva al 2002 che luoghi mistici ricorrenti da Hong Kong, mode di Harajuku e il ritorno di personaggi come Ash Crimson ben incarnano. KOF è tornato ed è qui per rimanere.