Full Throttle Remastered - Recensione PlayStation 4
Dopo Grim Fandango e Day of the Tentacle, Double Fine recupera un altro classico LucasArts
di TWINKLE
In un imprecisato futuro alternativo, Ben, il capo di una banda di motociclisti chiamata Polecats, incontra in un locale Malcolm Corley (dopo avergli “scavalcato” la limousine), sua vecchia conoscenza e presidente della Corley Motors, l’ultima azienda rimasta a fabbricare motociclette. Diretto all’assemblea degli azionisti in cui si decideranno le sorti dell’azienda, in compagnia del vicepresidente Adrian Ripburger, Malcom propone a Ben di scortarlo fino a destinazione, apparentemente per difendersi dalle scorribande dei motociclisti in zona. Il presidente in realtà sospetta che l’ambizioso Ripburger stia architettando qualcosa per rilevare la sua azienda.
Con Full Throttle Remastered (PS4, PS Vita e PC) continua, e molto probabilmente si conclude, l’opera di recupero dei classici LucasArts da parte della Double Fine Productions di Tim Schafer, dando per buona la filosofia di quest’ultimo secondo cui solo chi ha lavorato ai giochi originali può rimetterci mano, avendone la giusta cognizione. L’ordine con cui sono state realizzate e pubblicate queste rimasterizzazioni, non è stato però generoso con il povero Full Throttle, poiché in realtà fu un’opera transitoria proprio tra Day of the Tentacle, ultimo esponente delle avventure grafiche vecchia scuola SCUMM con la loro tipica interfaccia dei verbi, e l’ambizioso Grim Fandango (1998), con il suo innovativo aspetto grafico tridimensionale.
Il risultato è un gioco riuscito un po' a metà, certamente il più debole della “trilogia Schafer” e che già all’epoca manifestò una lampante incertezza sulle sue reali intenzioni, scontentando parte della fanbase Lucas la quale vide in Full Throttle, non a torto, una eccessiva semplificazione di quegli enigmi così ingegnosi che tanto avevano amato nelle precedenti avventure della casa di sviluppo, in favore di filmati e scene scriptate, arrivando in molte delle sue fasi a varcare la soglia di “cartone animato interattivo”.
Va considerato che nel 1995 la LucasArts, sotto la direzione del nuovo presidente Jack Sorensen, attraversa un periodo in cui avverte, intorno a sé, importanti innovazioni in campo grafico, sempre più orientato verso il 3D, ed è in questo contesto che viene realizzato Full Throttle, deciso almeno nelle intenzioni a svecchiare un genere sempre più minacciato. Con il senno di poi, l’uscita e il successo l’anno successivo del bellissimo Broken Sword dimostrò in realtà che le avventure grafiche Lucas non dovevano temere tanto il progresso grafico, quanto semmai la sua dirigenza che di lì a poco avrebbe visto il rilancio di Star Wars in concomitanza con la nuova trilogia, la primaria e sicura fonte di guadagno a scapito di soggetti originali, ridotti numericamente e sempre più ai margini.
Full Throttle fu comunque un grande successo, consacrando definitivamente Tim Schafer in quello che fu il suo primo progetto in solitario (senza Gilbert o Grossman alla sceneggiatura), e i suoi difetti non gli hanno impedito di diventare comunque un cult del genere.
Innanzitutto è lodevole il suo volersi distaccare da quanto visto in precedenza, sia per atmosfera che per puro game design. La quasi assenza di backtracking, elemento cardine e in certi casi abusato delle avventure grafiche, e la sua spiccata linearità non sono che elementi in funzione di una sceneggiatura solida e priva di divagazioni.
Full Throttle non è una farsa, non mira unicamente a far ridere e divertire il giocatore ma bensì a catapultarlo nel suo mondo arido e desolante, seppur per poco tempo.
L’esigua durata è infatti uno dei punti dolenti del gioco del 1995 nonché inevitabile conseguenza della già accennata semplificazione degli enigmi (pochi oggetti e non unibili tra loro portano alle soluzioni in tempi rapidi), a cui sopperisce fortunatamente il carisma una curata messa in scena raffigurante queste vite ai margini, di queste aride terre infestate da bande di motociclisti, moderni pirati al di fuori della società e mossi da vincoli e ideologie indissolubili.
Dal punto di vista grafico infatti mai prima di allora si erano visti così tanti primi piani in un’avventura Lucas, la prima programmata esclusivamente per CD-Rom e la quale si avvalse dell’allora nuovo software INSANE di Vincent Lee (INteractive Streaming ANimation Engine) che permetteva di calcolare musiche e animazioni in tempo reale da CD, convivendo in multitasking con il vecchio SCUMM. Ciò dona al gioco di Schafer un tocco cinematografico e un cambio di registro senza pari, grazie anche alla solita bravura dei grafici Peter Chan e Larry Ahern, non è un caso se MTV propose alla Lucas la realizzazione di una serie animata dedicata a Ben.
La vecchia e ormai ingombrante interfaccia dei verbi viene qui sostituita da uno stiloso puntatore di comparsa a forma di teschio (idea ripresa successivamente con il doblone di Monkey Island 3), che permette l’interazione con lo scenario e i personaggi tramite le azioni “guarda”, “prendi/afferra”, “parla” e il nuovo “calcio”, quest’ultimo in perfetta linea con il carattere e il contesto del personaggio. Le tanto discusse scene “action” risentono invece del passare del tempo e del codice che iniziava a mostrare il fianco i certi frangenti, e il riferimento ricade inevitabilmente sul non proprio riuscito minigame del Destruction Derby.
L’opera di rimasterizzazione segue il modus operandi ammirato nella precedente, quindi un ridisegno integrale di fondali (con ovvio allargamento al 16:9) e personaggi, a cui va però ad aggiungersi un lavoro di restauro su filmati e oggetti 3D, il che spiega del perché Full Throttle sia stato lasciato per ultimo tra i remaster realizzati da Double Fine, data la notevole mole di lavoro che questo richiedeva. Manca qualche rifinitura e alcune palette non convincono pienamente, ma il risultato è comunque notevole e le patch potranno aggiungere dei correttivi.
Presente anche in questo caso la funzione che permette di passare alla versione classica del gioco, in tal modo è possibile coglierne tutte le differenze con la semplice pressione di un tasto, non solo sul versante visivo ma anche su quello sonoro.
Full Throttle Remaster infatti restaura interamente anche la colonna sonora, dando nuova freschezza alle iconiche tracce composte da Peter McConnel e alle energiche canzoni rock del gruppo The Gone Jackals, così come al doppiaggio originale (lo stesso però non si può dire di quello italiano, preso di peso dal 1995), che vanta doppiatori di primo livello.
Tra gli extra tornano, come da tradizione, i commenti audio degli autori attivabili in-game, con Tim Schafer, Larry Ahern, Peter McConnel, Clint Bajakian e Stephen Chaw che raccontano aneddoti e curiosità sullo sviluppo del gioco, sempre graditi per i fan della fu LucasArts e spesso divertenti.