Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno - Recensione
Il gioco di ruolo Level-5 debutta finalmente su PS4 e PC, vediamo se è valsa l'attesa
di TWINKLE
Succeduto alla misteriosa morte del padre, il giovanissimo Evan è l’erede al trono di Gatmandù, paese dove convivono due differenti razze, i felinidi e i murinidi. La notte che precede l’attesa cerimonia di incoronazione, nella camera di Evan appare improvvisamente un uomo di nome Roland, con suo stesso stupore catapultato in questo luogo da un altro mondo, dove ricopre la carica di presidente di un importante nazione. Evan chiama immediatamente le guardie, queste però non rispondono ai suoi ordini ma anzi attaccano il Re alle spalle, che si salva solo grazie ai pronti riflessi di Roland; l’ex consigliere del Re Ratoleon ha infatti ordito un colpo di stato ordinando a tutti i soldati murinidi di uccidere l’erede al trono per usurparne il trono. Evan si vede costretto così a fuggire dal regno, non senza difficoltà, accompagnato da Roland, il viaggiatore proveniente da un altro mondo ma che si dimostrerà ben presto un prezioso alleato. Mosso da un’incrollabile forza di volontà, Evan viaggerà per il continente visitando luoghi e incontrando le persone più disparate, prefiggendosi lo scopo, ai limiti dell’irrealizzabile, di fondare e costruire un nuovo regno dove “tutti possano essere felici”: Eostaria.
Con il Tales Studio disperso in un’altra dimensione e il nuovo progetto di From Software ancora avvolto nel mistero, la maggior proposta 2018 di Bandai Namco per quel che concerne il gioco di ruolo nipponico è senza dubbio alcuno Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno (PS4, PC), seguito di quel Ni no Kuni: La Minaccia della Strega Cinerea rilasciato tramite una PlayStation 3 ormai sul finire del suo ciclo vitale, ma che si scoprì avere un’utenza ancora (o di nuovo) vogliosa di JRPG vecchio stampo, al tempo dati erroneamente per morenti. Il risultato fu un trionfo per la critica e vendite oltre le aspettative del colosso nipponico, in grado, a fronte di un’accoglienza freddina in patria, di superare il milione di copie worldwide.
Bandai Namco intercetta così nel 2013 i delusi di una sempre più distratta e multiforme Square Enix, inizia a pubblicare e tradurre regolarmente i Tales, riesuma i Digimon, punta forte su SAO e pone in tal modo le basi per la creazione di un secondo importante polo per gli appassionati di giochi di ruolo di provenienza nipponica. Oggi la situazione in cui si trova catapultato Ni no Kuni II è profondamente diversa rispetto al 2013; lo scorso anno i fortunati possessori di PS4 appassionati di JRPG si sono trovati tra le mani non uno, ma ben due capolavori del calibro di Nier: Automata e Persona 5, che forti di un probabilmente irripetibile mix di premi guadagnati e vendite accumulate oltre le più rosee previsioni, hanno inevitabilmente alzato l’asticella e in un certo senso creato un pericoloso solco qualitativo per il genere.
Level-5 però non è un team di cialtroni, con ormai tre generazioni di esperienza alle spalle sul campo dei giochi di ruolo, la compagnia capitanata dall’instancabile e onnipresente Akihiro Hino ha lavorato sul nuovo hardware per 4 anni, rinviando due volte l’uscita allo scopo di confezionare un’avventura degna e maestosa, capace non solo di superare il predecessore, ma anche qualunque altro RPG creato da questo team di sviluppo. Non è un caso se in Ni no Kuni II si trovino forti elementi di Dark Cloud, divenendone quasi una sorta di terzo capitolo in ex aequo con la serie a cui effettivamente appartiene, Level-5 sembra aver infuso in questo progetto ambizioni e trascorsi accumulati nei suoi vent’anni di attività.
A cambiare è il tono della storia, il tredicenne Oliver che finisce in un altro mondo per cercare sua madre lascia qui il posto ad un Re diseredato, l’aspetto intimista e famigliare del prototipo viene messo da parte, almeno nelle prime fasi, in favore di una fiaba corale di più ampio respiro in cui convergono una moltitudine di personaggi e sotto-trame. Lo spunto narrativo di Ni no Kuni II si basa sul semplice concetto del dare e del ricevere; per erigere il suo nuovo regno Evan dovrà chiedere l’appoggio di persone comuni, commercianti, guerrieri e regnanti stessi con cui stipulare alleanze. Ognuno in questo mondo sembra avere un qualche problema ed Evan ne è il pronto rimedio, e da qui il favore ricambiato, detta così ne sembra una banale semplificazione ma la storia di Ni no Kuni II funziona nel suo mettere in scena una vicenda fantasy classica ma non banale, capace di tramutarsi in una scorrevolezza piacevole, dove cali e forzature in agguato tipiche del genere vengono ammaestrate con la dovuta perizia.
Visitando i luoghi Evan cresce interiormente acquisendo l’esperienza necessaria a guidare prima un manipolo di avventurieri, poi un intero popolo. Il viaggio di Evan è il tramite verso una comprensione tra i popoli, ognuno con le sue culture spesso incomprensibili, dalla città di Canghai, dove tutto, tasse e processi inclusi, è gestito attraverso il gioco d’azzardo, a Talasside, un regno dove sembra sia addirittura proibito innamorarsi. Grandi paesi dai grandi problemi, più che il Ghibli l’ultimo Level-5 ricorda la schematicità di One Piece con le sue tre fasi: l’arrivo in un luogo affascinante e strambo, la scoperta della crisi che lo attraversa, la risoluzione o la rottura di uno status quo, che vede Evan come il Monkey D. Luffy della situazione, destinato con le sue azioni e la sua determinazione a cambiare il mondo. Questo per i primi 6 capitoli dopo i quali il disegno narrativo vira verso altre direzioni, non senza qualche sfumatura e colpo di scena, riuscendo nel non sempre facile compito di non annoiare, nonostante una dilatazione degli eventi che più di una volta ha caratterizzato le produzioni di questo studio. Ni no Kuni II è infatti molto abile a mantenere alto l’interesse e ad evitare divagazioni di sorta (che pur sarebbero tantissime) scegliendo, ad esempio, di sbloccare le sub-quest di una città solo dopo aver portato a compimento la sua missione principale.
Non che Level-5 abbia mai brillato da tale punto di vista ma qualcosa di più si poteva fare, forse, nella stesura dei personaggi di supporto, per quanto si denoti un marcato miglioramento rispetto a quanto visto ne La Minaccia della Strega Cinerea, di cui a stento si rammentano i nomi. Roland è per Evan guida e punto di riferimento, un curioso paradosso considerata la sua estraneità a questo mondo, ma comunque ben gestito in tutta la durata dell’avventura, mentre Zoran e Shanty non sono che l’innocua riproposizione dei briganti buoni tanto cari all’animazione giapponese di genere, da Laputa in giù. I restanti due sono puro accessorio. Il classicismo di Level-5 però non va da considerarsi come un difetto quando a plasmare l’Avventura con la A maiuscola vi sono dei maestri, perché va bene abbiamo apprezzato l’anticonformismo e le tematiche trattate da determinate produzioni, ma se poi tutti sentono il bisogno di tornare su Dragon Quest, a combattere draghi e visitare castelli, qualcosa vorrà pur dire, e la storia di Evan rientra perfettamente in quest'ottica.
Ancor meglio se si hanno mille cose da fare, Level-5 non si è mai risparmiata in contenuti e in fusioni di generi, ma qui ha raggiunto una quadratura in quanto versatilità ludica che ha pochi precedenti, senza per questo risultare dispersivo o accessorio. Tutto in Ni no Kuni II sembra essere al suo posto e tutto ha una sua utilità che va a ripercuotersi come un perfetto ingranaggio sul sistema di gioco, a partire dall’elemento gestionale del regno dove si ritorna di colpo su Dark Chronicle, in cui praticamente si svuotava la città di Vallecatini per popolare i nostri villaggi sperduti costruiti da zero. Completando favori e missioni si andranno a reclutare i “Talenti” come negozianti, cuochi, carpentieri, contadini, guerrieri, forgiatori e avanti di questo passo fino a che la nostra Eostaria non sarà dotata di ogni servizio utile alla sua comunità, ma soprattutto alla nostra crescita. Far crescere i negozi farà sì che potremo creare le armi e gli oggetti migliori, sviluppando il cantiere navale potremo dotare il nostro veliero di nuovi potenziamenti, migliorare il laboratorio magico ci permetterà di imparare nuovi incantesimi, eccetera. Molto simpatico poi il Foglialibro, una voce dell’inventario che simula un vero e proprio social network, dove troveremo notizie dal mondo, pensieri dei vari personaggi ed eventualmente indizi utili su mostri e tesori nascosti.
Addio ai Famigli ed è anche giusto così, perché al di fuori degli irriducibili fan di Pokémon ci siamo un po’ rotti le scatole da anni di catturare e collezionare duecento mostriciattoli se tanto poi se ne utilizzano 6. Ni no Kuni II incenerisce letteralmente l’intero sistema di battaglia del suo predecessore, che era un po’ a turni, ma anche un po’ libero, si usavano i mostri ma anche gli umani, insomma un ibrido che non funzionava granché, mentre il sequel ne sposa uno decisamente più action stile Tales of Zestiria con zero stacco tra esplorazione e battaglia (eccetto che nella world map). I personaggi hanno ognuno a disposizione armi di mischia e di gittata, con cui effettuare attacchi speciali o lanciare incantesimi, tutto molto più fluido, tutto molto più divertente, con le battaglie dei boss che raggiungono un livello di spettacolarità considerevole.
L’intelligenza dei compagni di squadra si è dimostrata abbastanza affidabile negli scontri comuni, mentre lo stesso non si può dire delle battaglie con i boss, dove tendono ad attaccare frontalmente con una certa noncuranza anche quando questi stanno platealmente caricando il mega laser della morte™. In ogni caso è comunque possibile passare da un personaggio all’altro con la semplice pressione del tasto direzionale, mentre lascia leggermente perplessi in termini di difficoltà la gestione dell’utilizzo in battaglia degli oggetti, dato che ne possiamo utilizzare quanti ne vogliamo a tempo di gioco fermo, come se fossimo nell’inventario da campo, limitati solo dalla presenza di un cap quantitativo (per esempio non più di 10 erbe curative), scelta che rende Ni no kuni II un action RPG con qualche concessione di troppo. Piccolezze che non vanno comunque ad inficiare il divertimento di battaglie finalmente più dinamiche, ma non per questo prive di componente strategica.
I Cioffi (Higgledies nella versione inglese) sono la novità offensiva di questo sequel, degli esserini elementali che all’occorrenza ci verranno incontro in battaglia aiutandoci in vari modi, lanciando ad un nostro comando un tipo di attacco oppure una magia di supporto. I Cioffi si trovano in natura, avvistabili nei pressi di alcune lastre di pietra sparse per i dungeon, e si uniscono al gruppo in cambio di uno specifico oggetto o alimento, ma c’è ovviamente un edificio, a Eostaria, a loro dedicato per crearne di nuovi e potenziare quelli già in possesso.
Un regno però non cresce e non si gestisce solo sconfiggendo qualche mostro sparso, ed è qui che entra in scena un’altra novità di Ni no Kuni II: le battaglie campali. Possiamo considerare queste fasi come un RTS semplificato, in cui con la pressione dei tasti dorsali si ruotano le diverse tipologie di truppe che circondano Evan per indirizzarli contro i nemici, basandosi su un principio di debolezze e resistenze delle forze in campo. Questa aggiunta conferisce comunque varietà al gioco e al sistema di sviluppo, dato che le nostre truppe necessitano di essere potenziate a dovere per affrontare le battaglie più ardue. Ed è la stessa World Map, mai così varia quando non proprio labirintica, ad essere teatro di queste battaglie, vista ora non più come una passiva fase per raggiungere la città successiva ma come parte integrante del sistema di gioco.
Se il primo Ni no Kuni riuscì a salire alla ribalta internazionale e attirare le attenzioni anche di chi magari non mastica quotidianamente RPG, fu grazie principalmente al suo stile estetico, che si avvalse della collaborazione dello stimato Studio Ghibli sia per le scene animate, sia per la presenza di alcune personalità dello staff, su tutti il compositore Joe Hisaishi. Pur questa volta senza l’apporto diretto dello studio di Miyazaki e compagni, il sequel segue sulla stessa linea del predecessore, riconfermando direzione e staff artistico, in primis l’animatore veterano Yoshiyuki Momose (La Tomba delle Lucciole, Pioggia di Ricordi, Porco Rosso, Pom Poko..) e confezionando anche questa volta un’avventura dallo stile ricercato e curato nei minimi particolari. L’obiettivo dei designer è nascondere qualsivoglia impressione poligonale e dar vita ad un vero e proprio anime interattivo, mai infatti si era visto un cel-shading così brillante, così vivo, ad animare personaggi e ambienti di tale dettaglio e con caratteristiche uniche; non ha ad esempio probabilmente precedenti la resa estetica dell’ottone, con i suoi particolari riflessi, con cui è stata interamente realizzata la città di Sequonia. Non più vincolati ad un’origine portatile (il primo Ni no Kuni nacque su Nintendo DS), i Level-5 sfruttano a dovere le potenzialità del nuovo hardware per creare un mondo più grande e più vario, senza per questo rinunciare alla ricerca al dettaglio e garantendo una continuità estetica assoluta tra le cut-scene e le fasi giocate.
Alla sua seconda esperienza videoludica, Joe Hisaishi comprende che comporre le musiche per un RPG da decine di ore è tutt’altra cosa, rispetto ai film, dato che queste sono destinate a ripetersi più volte nel corso dell’avventura, con il rischio che possano annoiare sempre dietro l’angolo. Il tema principale torna in tutta la sua carica, accompagnato da una selezioni di brani decisamente più varia rispetto al passato ed in grado di catturare perfettamente l’atmosfera dei luoghi, come per esempio il mediterraneo e al contempo melanconico accompagnamento musicale di Talasside. Presenza di doppio audio giapponese e inglese, superfluo dire quale dei due sia consigliato sia per una questione qualitativa ma anche di fedeltà. Ad esempio il personaggio di Shanty in inglese è stata rinominata Tani, ma il testo italiano (e degli altri paesi europei) ha mantenuto il più fedele Shanty, andando a creare una divergenza fra testo e parlato qualora si scelga il doppiaggio anglofono. Alcuni potrebbero non gradire la riproposizione testuale del dialetto romano, che nel primo Ni no Kuni caratterizzò il simpatico Lucciconio, una scelta condivisibile o meno che però rientra in un contesto di continuità con il precedente capitolo, limitandosi anche in questo caso al solo personaggio di Solario, il nume tutelare del protagonista.